XXXXIII
Peter era tornato sé stesso. Di nuovo nel proprio vero corpo, senza peso, senza una forma definita, capì come mai, sin dal risveglio nella gabbia, aveva trovato così difficile essere umano. Si stiracchiò, era stato intrappolato in un abito troppo stretto troppo a lungo, un tessuto pruriginoso, fragile e pieno di difetti. Sollevò la mano e provò a toccarsi il viso, ma questa vi sparì attraverso. Sospirò, ma non emise aria e nemmeno un suono. Sentì uno sguardo familiare addosso e, voltandosi, vide Uncino. Il sorriso sulle sue labbra era eloquente. Pochi istanti e, davanti al corvino, comparve James, ancora addormentato. La tentazione di raggiungerlo fu tremenda, ma Peter sapeva che sarebbe stato un tentativo inutile, tanto non sarebbe riuscito a toccarlo, né l'altro l'avrebbe percepito. Forse qualche lato positivo c'era nell'avere la pelle. Attese ancora qualche secondo, ma cominciava a diventare impaziente e gettò un occhio davanti a sé. La luce che si sprigionò fu sufficiente a fargli riempire tutte le pareti circostanti per un istante. Durò poco, ma lo fece sentire invincibile. Quando Pan comparve ai suoi piedi, gli tirò un paio di strattoni e questi si svegliò. Senza perdere un istante, il ragazzino scattò in piedi e raggiunse Uncino, in questo modo Peter arrivò abbastanza vicino a James da tentare di afferrarlo, fu quasi sul punto di riuscirci, ma poi ritrasse la mano. Non ancora. Senza troppi convenevoli, i tre cominciarono ad avviarsi verso la luce e, ad ogni passo, lui li osservò divenire sempre più piccoli mentre il suo corpo si ingrandiva, stagliandosi muto nelle pareti circostanti, in attesa del segnale del suo Capitano. Mano a mano che si avvicinarono, la fonte luminosa si rivelò una porta circolare, bianca e, accanto ad essa, ve ne era un'altra identica, nera. Era da essa che provenivano le tenebre in cui vagavano. Voltandosi, Uncino diede le spalle agli ingressi.
"Pan, il flauto"
Il minore reagì prontamente ed estrasse dalla cintura lo strumento. Nello stesso momento, James cercò nella tasca l'orologio. Il terrore che attraversò il suo volto mentre frugava ovunque nella giacca fece temere a Peter che stesse per svenire. Sollevato il capo, l'uomo si rivolse all'altro sé e, furibondo, lo afferrò per il colletto.
"Dov'è?! Quando me l'hai rubato?! Restituiscimelo!"
Pan intervenne subito, ma era troppo giovane, troppo debole per separare i due.
"Tranquillo, è nelle mani giuste..."
Detto ciò, fece un cenno con il capo. Allungando il braccio, Peter fece partire il meccanismo, svuotò la mente e si concentrò su un'unica cosa, recuperare una forma fisica. Proprio come avvenuto nel suo sogno, gli parve di immergersi in uno specchio d'acqua. Prima le mani, protratte davanti a sé, furono libere così poté finalmente aggrapparsi al piano esterno e tirarsi fuori dalla parete. Quando il suo volto uscì, riassunse dei connotati, un naso per respirare, occhi per poter vedere chiaramente l'espressione sconvolta di Pan e, soprattutto, quella di James. Finalmente le sue labbra si aprirono di nuovo e la voce vi fluì attraverso in un grido liberatorio. Si trascinò a terra mentre gli organi interni si riformarono porzione dopo porzione e la pelle si scavava nuovamente di ogni cicatrice lasciata dal Sole e dal mare. L'orologio stretto nella mano ticchettava veloce, come il suo cuore, ne percepiva i fremiti contro il palmo, aveva recuperato anche il senso del tatto e ciò gli fece comprendere che davvero era tornato carne e sangue. Rimase carponi un momento, prese fiato, calmò il respiro ed il ticchettio rallentò. Tentò di rimettersi dritto in piedi, ma le ginocchia gli tremavano ancora, fece un passo in avanti e fu allora che trovò Uncino davanti a sé, pronto a sorreggerlo.
"Con calma..."
Rassicurato, Peter prese tutto il tempo che gli serviva per raddrizzarsi.
"No! Non è possibile!"
Dal modo in cui la voce di Pan stridette, il fulvo capì che non era affatto felice di vederlo. Niente di strano, per nulla.
"Tu non... sei umano! Non puoi avere un corpo!"
Furioso, il ragazzino gli andò incontro, ma prima che potesse raggiungerlo, Uncino lo tenne a distanza. Non ebbe nemmeno bisogno di estrarre la propria lama, uno sguardo fu più che sufficiente.
"C-Capitano..."
La voce del giovane tremò e la sua rabbia si soffocò nella sottomissione per il proprio superiore. Nel frattempo, gli occhi di Peter superarono i due e si posarono inevitabilmente in quelli di James, ancora immobile, incapace di proferire parola o muovere un muscolo. I punti in cui i bordi dell'orologio si facevano più frastagliati cominciarono a pungergli la pelle, ma non riuscì ad allentare la presa.
"Peter"
Si rivolse agli occhi neri di Uncino. Fu piacevole sentirsi chiamare con il proprio nome.
"Ce la fai a camminare?"
"Sì, Capitano"
Gli posò una mano sulla spalla e portò le labbra vicino al suo orecchio.
"Allora vai a prendere ciò che ti appartiene"
Fece il primo passo con un po' di incertezza, ma poi recuperò il ritmo ed avanzò. Non andò molto lontano, Pan gli bloccò il passaggio. Era già stanco di averlo intorno, se i loro ruoli fossero stati ancora invertiti gli sarebbe bastato eliminare qualsiasi fonte di luce e non sarebbe più stato costretto a sopportarne la presenza nemmeno di sfuggita.
"Come ti permetti di rispondere al mio Capitano come se fosse il tuo?!"
Lo ignorò passandogli oltre, ma questi non desistette e gli tagliò di nuovo la strada.
"Ti credi tanto forte perché hai con te l'orologio, ma..."
Iniziò a sventolargli il flauto davanti al viso.
"... io sono la chiave per uscire di qui e, appena metterò piede fuori dalla porta tu tornerai al tuo posto! Sotto la suola delle mie scarpe!"
Lasciando indietro Uncino, Peter spinse a lato Pan e accelerò ancora il passo.
"Ehi!"
No, a dirla tutta non lo stava ascoltando, per niente. Quel marmocchio poteva inveire quanto voleva, perdere la voce insultandolo e minacciandolo, non era bravo nel provocare neanche la metà del Signor Benson, in più Peter aveva un obiettivo più importante da raggiungere, James. Non appena ebbe stretto il corvino tra le braccia, si rese conto di quanto forte stesse tremando. Lo scosse un singhiozzo. Gli accarezzò la nuca e scese lungo la schiena seguendo i lunghi boccoli, profumava ancora di cacao e vino rosso, salsedine, inchiostro, legno. Tutta la sua vita era lì, in quell'abbraccio, nei loro profumi uniti. Per merito di un errore. Quando le mani di James si posarono sul suo petto, sussultò, separandosi di poco vide che erano davvero lì, entrambe, anche la destra, nessun moncherino, nessuna protesi. Non ci si sarebbe mai abituato.
"Te l'avevo detto che per me non significava niente... Non l'ho ricevuta io quella ferita..."
Peter arrossì e distolse lo sguardo, doveva averla fissata più del necessario.
"Ma non importa ora"
Lo spinse indietro, ma il fulvo restò dove si trovava e mantenne saldamente l'abbraccio.
"Lasciami e restituiscimi il pegno"
Cercava di mantenere la voce fredda e controllata, ma ad ogni sillaba il suo intento si dissipava nelle lacrime.
"Anch'io sono felice di rivederti... e di poterti toccare"
Gli accarezzò la guancia e lo baciò, ma James girò la testa a lato appoggiandola oltre la sua spalla in modo che non tentasse di rifarlo ancora.
"Devi tornare normale! Devi realizzare il tuo desiderio! Devi entrare nella sua ciurma!"
"Devo? Pensavo stessimo parlando di ciò che voglio"
Il corvino afferrò le sue braccia e strinse la presa.
"No, non dirlo... Ti prego..."
"Sì, invece"
Sorrise.
"Io voglio te. Non fingere che la cosa ti sorprenda. Lo sapevi già"
Ormai aveva la pelle inumidita dal pianto dell'altro, ma non gli importava.
"Certo che lo so, ma non è giusto! Buttare via il futuro che potresti avere, la tua libertà... No, non posso lasciartelo fare!"
"Nemmeno io"
Uncino si fece avanti, ma Peter non lasciò la presa su James.
"Io e lei abbiamo un accordo, Capitano. Non si azzardi a venir meno alla parola data"
"Non lo farò, Peter, ma permettimi di interrompere. Sono stanco di ascoltare in silenzio mentre James ti riempie la testa di belle parole e bugie"
Il corvino si voltò furente e, nonostante le lacrime, fronteggiò l'espressione di Uncino.
"Che vuoi dire? Non sto mentendo! Io voglio davvero che sia libero! Che entri nella tua ciurma! Sono anche disposto a tornare ad essere una sola persona con te pur di riuscirci!"
Le sue parole erano sincere, ma Peter sentì che c'era di più, l'altro non stava dicendo tutta la verità. Uncino rise.
"Se non hai intenzione di dirglielo tu, sarò costretto a farlo personalmente"
Il fulvo sentì come l'abbraccio alleggerirsi e poi, quando cercò con gli occhi le familiari iridi blu che tanto amava, James abbassò il capo.
"Lui ti vuole nella mia ciurma, ma l'unico modo in cui vuole che accada è che torni ad essere ciò che eri prima. Un'ombra senz'anima, senza vita. L'ombra di Pan"
Quanti danni per un unico, minuscolo errore. James strinse i pugni e distolse lo sguardo rivolgendosi verso l'oscurità. Non aveva la forza di guardare quale espressione attraversasse in quel momento il volto di Peter. Uncino stava dicendo la verità, quello era il piano, fin dall'inizio il corvino sapeva che il ragazzo era destinato a tornare sé stesso nel mondo reale e, senza più la magia dell'Isola, sarebbe diventato un'ombra normale, il riflesso inanimato di Pan, ma così dovevano andare le cose. Quella consapevolezza lo aveva logorato sempre più mano a mano che il loro rapporto era andato intensificandosi. Nemmeno era previsto che si conoscessero, il Signor Starkey avrebbe dovuto limitarsi a far crescere Pan, a renderlo "adulto", ma invece nella cerimonia aveva commesso il terribile errore di usare la parola "uomo". Il Grande Spirito aveva utilizzato quel termine per agire a proprio piacimento ed aveva reso "uomo" quindi "essere umano" la sola parte vivente di Peter Pan che non lo era, ovvero la sua ombra. Li aveva scambiati di posto. Reso carne uno e tenebra l'altro. James nemmeno se ne era reso conto subito, ma poi aveva visto come il giovane, colpito dalla luce, permetteva a Pan di riemergere. Per quello aveva emesso il veto sul Sole e si era sempre assicurato di tenere il mozzo il più occupato possibile, in modo che non si rendesse conto di nulla. L'equilibrio fra i due non era affatto stabile, Peter non era abituato ad essere un uomo in carne ed ossa, ad avere un corpo, a gestire emozioni più complesse, spesso cedeva alla pressione di Pan, diventava lagnoso, capriccioso, voleva mollare, perfino togliersi la vita e ciò avrebbe cancellato ogni sforzo di James.
"Non intendi dire nulla?"
Il fulvo sospirò.
"Lo avrei fatto. Per te. Per gli altri. Sarei stato pronto a morire. Ma tu non hai smesso di spronarmi ad andare avanti, a non abbandonare il mio sogno. Hai conquistato Pan, ti bastava lui per arrivare fin qui, perché allora hai perso tempo con me?"
James alzò la testa, lo sguardo dell'altro era così intenso che lo paralizzò e, allo stesso tempo, sciolse la sua lingua. Inutile tenere altri segreti. L'uscita era a portata di mano, la libertà lì aspettava.
"Perché funzioni, entrambi dovete volere la stessa cosa... Sì, quando passerete oltre, tornerete ad essere una sola persona, ma per ora il Grande Spirito vi considera due entità diverse, perché entrambi avete un corpo fisico"
"E quindi? Cosa significa?"
Il corvino indicò la porta nera.
"Per avere qualcosa devi offrire qualcosa di uguale valore. Se tu non volessi per niente entrare nella ciurma di Uncino e prendessi una porta diversa da quella di Pan, come pagheresti il tuo debito e lui il suo?"
"Ed ora come lo..."
Peter sollevò il pegno e lo osservò attentamente.
"Esatto, quello è un lasciapassare. Per una persona sola"
Pan guardò il flauto nella propria mano.
"Quindi uno è per me e l'altro è per il Capitano!"
"Esatto, se Peter sarà la tua ombra non potrete essere considerati due persone diverse ed il lasciapassare funzionerà per entrambi"
Il fulvo strinse la presa sull'orologio.
"E tu? Come passerai la porta?"
Le iridi verdi del ragazzo perforarono Uncino colme di rabbia.
"Io... Io..."
James non seppe se rispondere, riguardava il suo passato, il motivo per cui era arrivato su quell'Isola maledetta. Non avendo il coraggio di parlarne, si rivolse al corvino in cerca di supporto ed il pirata fece un passo avanti.
"Il nostro è un caso diverso. Noi possiamo passare insieme la porta perché, in effetti, siamo la stessa persona. Sono giunto sull'Isola con un solo desiderio, l'immortalità, ma, per averla, ho dovuto dare qualcosa in cambio, la mia umanità. Il Grande Spirito aveva bisogno di un cattivo crudele, spietato al punto da non tirarsi indietro nemmeno davanti ad un bambino ed eccomi qui"
Sorrise, ma in modo così gelido da far venire la pelle d'oca.
"Quando c'era Pan emergevo io, così come l'ombra cresce alle spalle della luce"
Posò l'uncino sulla sua spalla e James si irrigidì.
"Però questo i miei uomini non dovevano saperlo. Io potevo dare loro ordini solo durante i nostri scontri, ma nella quotidianità chi mai ascolterebbe uno sconosciuto? Un uomo fragile, pieno di paure ed insicurezze?"
Non appena l'altro si staccò, finalmente James tornò a respirare e lo osservò mentre si avvicinava a Pan. Porgendo la mano al ragazzino, si fece consegnare il flauto, il biondo vi rinunciò senza alcuna esitazione, ammirava il maggiore ed era evidentemente disposto ad acconsentire a qualunque richiesta gli avesse fatto.
"Capitano, posso chiederle una cosa?"
Il maggiore sospirò mentre ispezionava il pegno. Era del tutto disinteressato ai dubbi di Pan, ma poi si rivolse verso Peter e, quando quest'ultimo gli fece un cenno con il capo, il corvino acconsentì.
"Chiedi, Pan"
"Come mai il Grande Spirito aveva bisogno di darmi un nemico?"
"Semplice, perché potessi divertirti e giocare ai pirati. Tutto su quest'Isola maledetta è per te, perché tu non abbia pensieri. Qui non potrai mai perdere, essere ferito, non sperimenterai mai nulla della vita vera, di quanto difficile e tremendo sia crescere, né mai lo saprai"
All'orecchio di James giunse un ticchettio ormai fin troppo familiare e, quando si girò verso Peter, si rese conto che aveva attivato il pegno. In un secondo Pan fu a terra, in procinto di affondare nel pavimento fino al busto, metà del suo corpo era già diventato un'ombra intangibile. Fu straziante, il terrore nel suo giovane sguardo, la disperazione con cui tentò di allungare la mano verso Uncino, che però continuava ad ignorarlo ed, infine, il grido che abbandonò le sue labbra quando inevitabilmente sparì ai piedi del fulvo.
"Che cosa stai facendo?!"
"Quello che voglio"
Chiuse l'orologio.
"Il passato è nel passato. Può essere stato divertente, ma adesso è ora di crescere"
"Peter no!"
Cercò di recuperare il pegno, ma Uncino si mise in mezzo.
"Non era questo il piano! Pan è solo un ragazzino! Dovevamo ricominciare d'accapo con lui nel mondo reale! Dargli la possibilità di crescere e migliorare!"
"Ed io? Cosa ne sarà di me?"
Peter lo fronteggiò, furioso. Immerso in quelle tenebre, fu come se i suoi contorni si confondessero in esse. Solo le sue iridi verdi sembravano impossibili da oscurare.
"Dovrei morire? Rinunciare a te? Per lui?! Mai!"
James strinse le labbra e poi, a fatica, tornò a parlare.
"Peter..."
Allungò la mano sinistra e prese quella del fulvo, fu allora che ricordò di avere anche la destra e la sollevò appoggiandogliela sul volto.
"Vuoi uccidere Pan? Sei pronto a rubargli la vita che non ha mai avuto?"
Peter gli porse il pegno.
"Tu vuoi uccidermi? Sei pronto a rubarmi la vita che non ho mai avuto?"
Sentì il cuore battere così forte nel petto che quasi gli spezzò le ossa. Sarebbe bastato un gesto rapido e avrebbe potuto rimettere le cose al loro posto, riportare Pan in superficie, attraversare le porte e chiudere la storia come previsto dal piano fin dall'inizio. A quel punto però, non ce l'avrebbe mai fatta. Non poteva uccidere Peter, non ne aveva la forza, quindi agì come il codardo che era. La sola soluzione era convincere il ragazzo ad agire personalmente.
"È... diverso... Tu non... dovresti essere vivo. Devi fare ciò che è giusto"
Abbassò il capo e sentì l'altro sospirare.
"Quanto ti ci è voluto per convincerti di questa cosa? Sappiamo entrambi che, ormai, non stiamo parlando solo di me, ma anche di te. Pensi davvero di non essere vivo? Di essere solo una parte di una persona che non sei da chissà quanto tempo?"
Gli sollevò il mento.
"Tu sei vivo, James, come me. Non dovremmo esserlo? Forse, ma lo siamo. Questa vita è un dono e voglio usarla per essere felice"
Detto ciò, indietreggiò affiancandosi ad Uncino.
"Questa è la mia scelta e, se Pan dovrà morire, sono pronto a sacrificarlo. Mi dispiace che tu non sia in grado di apprezzare l'occasione che ti è stata data, ma so che sarebbe inutile convincerti a cambiare i tuoi piani proprio ora. Non l'hai fatto quando ti ho offerto il mio amore, quindi non accadrà mai. Almeno potrò starti vicino nel mondo reale, mi basta questo"
Con gli sguardi di entrambi addosso, James fu messo all'angolo. Anche se si fosse rifiutato di accettare le loro condizioni non sarebbe valso a nulla, non aveva mai avuto il potere di decidere, sin da quando era stato separato da Uncino. Non era abbastanza forte o determinato. A dirla tutta, nemmeno gli interessava tornare ad essere il vecchio sé, l'importante era che la ciurma della Jolly Roger venisse rimandata a casa, nient'altro, e questo comprendeva il loro amato Capitano. Voleva una vita per sé, ma non poteva anteporla alla felicità di quegli uomini che lo avevano accompagnato così a lungo. Aveva accettato il proprio destino, assurdo che Peter non fosse in grado di fare altrettanto.
"Se non c'è altro, andiamo"
La luce proveniente dalla porta si fece più intensa, allo stesso modo le tenebre si compattarono. James sentì il buio opprimerlo passo dopo passo. Era una presenza ostile, una rabbia soffocante a privarlo del respiro, a tappargli la bocca e puntargli una lama alla gola. Venne immobilizzato. No. Non era un'impressione. Qualcun altro li aveva seguiti fin lì.
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