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XXI

La cabina era avvolta dai bisbigli della notte, il cigolio del legno in continuo assestamento, lo scrosciare gentile delle onde, il picchiettio della pioggia contro il vetro dell'ampia finestra, un grido lontano, probabilmente lo stridio di un gabbiano. Ombre sconosciute pendolavano attraverso le pareti, agitandosi in danze convulse ogni qualvolta un sibilo di vento faceva ondeggiare la fiamma della lanterna, trasformandosi in bestie inquietanti e minacciose pronte a balzare per azzannarlo. A causa di quel senso di inquietudine, Peter non era stato capace di chiudere occhio restando imbambolato ad osservare le assi del soffitto, le venature di ogni tavola e le spaccature, danni causati dalla salsedine o da battaglie del passato. L'unguento con cui il Capitano lo aveva medicato si era ormai seccato, liberandolo dal dolore pungente delle bruciature, le coperte in cui era stato avvolto erano morbide e profumavano di fresco e pulito, il cuscino ed il materasso erano comodi, sicuramente molto più del pavimento della Jolly Roger o della vecchia amaca sgualcita di Virgil, insomma, non c'era motivo per il sonno di tardare così tanto ad arrivare. Voltando la testa di lato lentamente, il suo sguardo si posò ancora una volta sulla cascata di boccoli corvini di Uncino. Steso al suo fianco, l'uomo se ne stava rivolto verso il bordo del letto, aveva il respiro lento, misurato, ciò gli fece sorgere il dubbio che nemmeno lui fosse stato capace di addormentarsi, ma ebbe troppa paura per accertarsene. Erano insieme, l'uno accanto all'altro, nello stesso letto, e questo non faceva altro che riportare alla mente del giovane tutto ciò che avevano fatto insieme in quelle quattro mura. Anche se erano stati eventi sporadici, i contatti fisici avuti con il maggiore avevano risvegliato in lui qualcosa di nuovo, un bisogno che, da Pan, non aveva mai provato prima e, sapere che ci fosse molto altro, sia di sé, che di quel mondo, di cui non era a conoscenza, lo faceva fremere d'impazienza. Si sentì sprofondare nella vergogna. Non era il momento di pensare a cose del genere, aveva causato un sacco di problemi, quindi doveva riflettere solo su quello e, soprattutto, su come far sì che non capitasse una seconda volta. Sollevando una mano davanti al viso, si accorse presto di non riuscire a tenerla ferma saldamente come avrebbe voluto, le dita compivano piccoli scatti laterali riaprendo così le croste delle bruciature e delle abrasioni da corda. Barnabas gli aveva detto che le cicatrici incarnavano il mestiere e che il mare gliene avrebbe lasciate molte, era stato profetico. 
"Peter"
Lasciando scendere il braccio, il ragazzo si voltò incrociando l'espressione torva del Capitano. Si era girato così piano che non se ne era neppure accorto. I segni della stanchezza sul suo viso erano evidenti nonostante il buio.
"Come mai sei ancora sveglio?"
Mettendosi a sedere, il pirata sciolse il nastro che teneva chiuso il colletto della camicia e lo utilizzò per legarsi i capelli. Anche con una mano sola, ci riuscì senza fatica, ma l'attenzione di Peter, più che alla maestria manuale del corvino, fu rivolta al petto del maggiore, ora scoperto. A causa dell'assenza dello spago, il tessuto largo dell'indumento si era sfaldato aprendosi a sufficienza da lasciar intravvedere delle cicatrici e, soprattutto, dei tatuaggi prima nascosti. In effetti non lo aveva mai visto completamente nudo, chissà quanti e quali segni dovevano aver scolpito l'animo ed il corpo di un uomo come Uncino. Sedendosi a propria volta, Peter abbassò lo sguardo, era molto a disagio, ma non tanto per la situazione, quanto più per il modo incontrollabile con cui sentiva crescere la propria impudenza. Voleva vedere di più, sapere di più, avere di più.
"S-Scusi, Capitano. Non riesco a dormire. So che dovrei, ma ho tanti... pensieri per la testa. Se la disturbo posso mettermi sul pavimento"
"Nessun disturbo, ma dovresti davvero imparare a non fissare così a lungo le persone. Se devi dirmi qualcosa svegliami e fallo"
E così la sua dignità si esaurì, ma, persa quella, divenne più deciso, in realtà aveva davvero bisogno di chiedere qualcosa all'altro, certo, si era perso ad osservarlo per ragioni diverse, ma sarebbe stato uno spreco non approfittare dell'occasione. Non aveva niente da perdere. Viste le esperienze passate sull'argomento, c'era la possibilità che Uncino non rispondesse o tentasse un approccio evasivo, ma questa volta non glielo avrebbe concesso così facilmente, era già condannato alla gabbia, di certo non poteva esserci nulla di peggio, neppure la morte a quel punto. Preso un bel respiro, alzò la testa e sfidò l'oceano in tempesta con fermezza.    
"Capitano. Lei parla sempre di me e con me come se Peter e Pan fossero due persone diverse"
Nemmeno un cenno o una reazione, di alcun tipo, fu come se Uncino si fosse congelato. Perfino i suoi occhi non rivelarono alcuna emozione, ma, proprio perché erano così vicini, e il giovane si era concentrato su di essi mentre parlava, si rese conto di come andarono scurirsi. Ne fu intimidito, ma non si fermò. 
"Avevo sempre pensato che fosse dovuto al mio cambiamento, un modo per distinguere il me bambino, contro il quale ha così a lungo combattuto, e quello adulto. Credevo mi chiamasse Pan per ferirmi, per ricordarmi quanto sia ancora immaturo e inadatto a diventare un suo pirata. Pensavo che, in realtà, ero sempre io, ma, questa notte, quando l'ho vista di nuovo cambiare..."
Una presa, salda come una morsa, gli si strinse intorno al braccio e, un istante dopo, Peter si ritrovò schiacciato contro il materasso. Uncino lo sormontava, il fatto di doversi sostenere con una mano sola avrebbe dovuto metterlo in difficoltà, ma era ben cosciente della propria condizione ed usò ogni parte di sé per tenerlo immobilizzato. Un ginocchio contro lo stomaco, l'altro a bloccargli l'anca destra al limite della lussazione e poi la mano aperta contro lo sterno a strappargli il respiro dai polmoni. Non fu solo l'assalto improvviso a zittire e terrorizzare il giovane, ma il sorriso che solcò le labbra del maggiore, così ampio e, allo stesso tempo, stretto, sofferto, quasi vi stesse soffocando un grido. Il respiro del Capitano si fece pesante e le sue palpebre si strinsero saldamente, come fosse stato colpito da una fitta improvvisa, la pelle gli si imperlò di sudore mentre tendeva ogni muscolo del corpo finendo poco dopo per crollargli addosso, sfinito. Trascorsero in quella posizione attimi interminabili, Peter non si mosse, ma, poco a poco, recuperò la calma e strinse l'altro scostandone i capelli dietro le spalle per cercare di guardarne il viso e capire cosa fosse successo. Quando il maggiore aprì gli occhi, vi rivide la consueta tonalità di blu, anche l'espressione fredda e tirata di poco prima si era sciolta nella solita compostezza. Uncino emise un lungo respiro e poi si sollevò, quel poco necessario ad avvicinare ancora di più i loro visi, e, pima che Peter potesse anche solo pensare di dire qualcosa, unì le loro labbra. Non gli importò che l'altro l'avesse fatto per evitare di ricevere delle domande riguardo l'accaduto, si limitò a godere di ogni istante fino a quando la morsa a tenerlo saldamente contro il materasso non si allentò e fu di nuovo libero. Osservare quell'uomo, così forte ed imperturbabile, rimettersi seduto a fatica, fragile e stanco a causa propria, lo fece sentire terribilmente in colpa. Fu ammirato da come l'altro, nonostante le proprie condizioni, riuscì a non emettere neanche un fiato, nessun gemito di dolore soffocato o un'increspatura nello sguardo a tradirlo, semplicemente si spostò sedendosi a bordo del letto. Massaggiandosi il petto e stiracchiando la gamba per scacciare il torpore e le fitte causate dal corvino, Peter prese coraggio e gli si affiancò cautamente. Doveva essere un segreto davvero molto difficile da sopportare per Uncino e, visto con quanta violenza aveva reagito alla sua domanda, tirare fuori quell'argomento metteva a rischio entrambi, fisicamente ed emotivamente. Il suo Capitano stava sostenendo un macigno dal quale non sembrava in grado di liberarsi, doveva, anzi, voleva aiutarlo, in qualunque modo, non aveva paura ed avrebbe accettato qualsiasi conseguenza. Probabilmente la sua offerta sarebbe stata ricacciata con crudeltà, ancora non c'era abbastanza fiducia reciproca e, ciò che era successo quella notte, non aveva di certo migliorato le cose. Se davvero voleva dimostrare all'altro la propria buona volontà, doveva riprendere il controllo e, se Pan era una persona separata dal sé stesso attuale, eliminarlo, definitivamente.
"Non serve che lei mi spieghi nulla, Capitano. Ci tenevo solo a farle capire che so di aver sbagliato, sia oggi che negli ultimi giorni"
Portandoglisi davanti, Peter si inginocchiò a terra e, poco a poco, cercò di recuperare il contatto visivo tra loro. Non fu difficile, il corvino era vigile e lo stava ascoltando con attenzione.
"Anche se non so di cosa si tratti, ho capito qual è stato il mio errore. Io non sono Pan, così come lei non è Uncino... Perciò le chiedo scusa per averla chiamata così"

Indimenticabile. Quella sarebbe stata senza dubbio una di quelle serate che restano marchiate a fuoco nella mente e, la parte migliore, era che ancora non era finita. Dopo una frase del genere, non se ne parlava di mettersi a dormire, non che Uncino ne sentisse particolarmente il bisogno, ma, a quel punto, non avrebbe permesso nemmeno a Peter di chiudere occhio. In tutta sincerità, il tentativo di fuga di Pan lo aveva depresso parecchio, dandogli quasi la certezza che non vi fosse alcuna speranza di riuscita per il piano che aveva così a lungo preparato, ma, per fortuna, il ragazzo, anche se inconsciamente, aveva riassestato il timone sulla giusta rotta. Ora era rimasto un solo dubbio da risolvere, era più giusto punire il mozzo per aver causato problemi o perdonarlo visto che aveva compreso il proprio errore ed era così impaziente di porvi rimedio? Una cosa era sicura, averlo lì, inginocchiato tra le proprie gambe, stava sviando i suoi pensieri portandolo ad immaginare torture che, più che alla sofferenza, erano votate al piacere. Coprendosi il viso con la mano buona, Uncino vi premette le labbra soffocandovi una risata. Si sentiva uno sciocco, nemmeno durante l'adolescenza aveva mai desiderato godere del contatto fisico di qualcuno tanto da non riuscire a mantenersi lucido. Certo, Peter era diventato un bel ragazzo, ma non era solo una questione estetica o fisica, era proprio il suo modo di fare, di reagire alle situazioni, di trovare le esatte parole per avvincerlo e alleggerirlo.  
"Capitano..."
Ne sentì le mani fredde contro la stoffa dei pantaloni e, non appena abbassò il braccio, i loro sguardi si incrociarono.
"Se vuole posso tornare sottocoperta in questo modo può riposare in tranquillità"
"Tu non vai proprio da nessuna parte"
Lo interruppe afferrandolo per il colletto della camicia e portandone il volto più vicino al proprio. 
"Non rovinare ciò che mi hai detto poco fa tirandoti di nuovo indietro. Fuggire è una cosa che non ti si addice, né da Pan, né da Peter... Comunque, se proverai solo a fare un passo fuori dalla mia cabina ti farò incatenare al letto"
Il minore divenne paonazzo ed il suo respiro accelerò. Aveva ancora la presa salda contro le sue ginocchia, il corpo teso in avanti, lo sguardo vispo, senza più una traccia di stanchezza. 
"Quindi... è vero? C-Ci sono... due..."
Lo zittì con un bacio, fu il metodo più pratico e veloce. Non era il momento giusto per dare spiegazioni al ragazzo, erano entrambi emotivamente scossi, inoltre Peter era ancora troppo immaturo, non sarebbe riuscito a restare lucido davanti alla verità. Fino a quando Uncino non fosse stato sicuro della fermezza d'animo sia dell'altro che della propria, avrebbe continuato a portare quel peso da solo, per la sicurezza di tutti. Erano sulla buona strada, ma ancora molto lontani dalla meta. Fin troppo preda delle proprie preoccupazioni, si rese a malapena conto di quanto coinvolto fosse Peter in quel contatto tra le loro labbra, fu solo quando lo percepì fremere sotto il proprio tocco che tornò in sé e si separò. Era stato un bacio molto salato, dopotutto il mozzo era caduto in mare non più di qualche ora prima e la salsedine gli si era posata sulla pelle come un velo. Bastava guardarlo per rendersi conto che era già suo, un cucciolo obbediente, pronto a spingersi ben oltre quello scambio innocente, con un po' di esperienza gli avrebbe strappato le redini del comando, una prospettiva davvero allettante, ma ben lontana dal diventare realtà. Sospirando, il corvino lasciò la presa dagli abiti del minore e gli fece cenno di portarglisi accanto.
"Torna sul letto, il pavimento della nave è umido, rischi di peggiorare le tue condizioni fisiche"
Anche se chiaramente confuso, il mozzo obbedì appoggiandoglisi al fianco con delicatezza. Restarono in silenzio per qualche secondo, Peter strinse le mani a pugno contro le gambe, sino a quando le nocche non gli sbiancarono, fu impossibile smettere di osservarlo. La sua imbranataggine nel contatto fisico, le sue reazioni così intense e sincere, lo rendevano una preda facile e molto divertente da sorprendere e catturare. Osservandolo, il Capitano pensò seriamente di torturarlo ancora un po', solo per vedere fino a che punto avrebbe potuto spingersi prima di portarlo al limite, ma poi, il minore smise di tenere lo sguardo basso e si voltò. Aveva un'espressione seria, avvilita, ma determinata.
"Mi... dirà mai di Pan e Uncino o continuerà a f-fare queste cose per non rispondermi?"
Lo lasciò spiazzato, si era accorto del suo tentativo di distrazione. Forse non era del tutto innocente e manipolabile quanto sembrava. A quel punto, tanto valeva essere sinceri, almeno in parte.
"Ho semplicemente pensato che fosse giusto premiarti per aver compreso il tuo errore. Comunque, riguardo alla tua domanda, ritengo che tu non sia ancora pronto per affrontare questa questione"
Peter si morse il labbro fino a farlo sbiancare e lo afferrò per la manica.
"Come... Come posso dimostrarle che lo sono?! Farò qualsiasi cosa mi dirà, ma voglio aiutarla, Capitano! Questa condizione riguarda anche me, quindi potrei esserle utile se solo mi desse un po' di fiducia!"
Quella richiesta spassionata era stata pronunciata con tanta impudenza che finì per innervosirlo. Non gli era mai piaciuto doversi ripetere, Peter non aveva idea della terribile situazione in cui era così bramoso di inserirsi, quindi era inutile che insistesse, come suo Capitano aveva già preso la giusta decisione. Per nulla al mondo avrebbe rivelato qualcosa sulla loro condizione fino a quando restava una minima occasione per Pan di recuperare il controllo. Non c'era alcuna possibilità che permettesse a quell'inutile moccioso di rovinare il suo piano, la parola di Peter non era una rassicurazione sufficiente. Sollevando la mano con tranquillità, Uncino donò al mozzo una carezza lungo la guancia che il minore accettò rispondendo con un sorriso carico di speranza. Fu allora che il corvino spostò le dita lungo la sua mandibola coperta di un sottile strato di barba e, flettendo i muscoli, lo afferrò rapidamente in modo da non lasciargli il tempo di reagire quando strinse la presa. Obbligò lo sguardo di Peter nel proprio e riuscì a sentire la tensione aumentare, tanto che il ragazzo si paralizzò e trattenne il respiro.
"Qual è la cosa che più desideri al mondo, Peter?"
In quelle iridi color smeraldo, Uncino vide comparire un bagliore nuovo. Per un momento l'altro sembrò sul punto di rispondere alla domanda, ma poi le sue guance presero colore e spostò lo sguardo. Sembrava davvero molto imbarazzato, non voleva dirgli la verità, in parte la trovò una cosa seccante, ma poi si rese conto di non essere davvero innervosito da quel segreto, ma anzi, piuttosto intrigato.
"E-ecco... Voglio entrare nella sua ciurma"
Una bugia, c'era dell'altro. Sarebbe stato divertente estorcergli quella confessione nel modo più lento ed inesorabile possibile, ma prima aveva qualcosa di più importante da insegnargli.
"Allora concentrati solo sul diventare uno dei miei uomini. Metti a fuoco questo obiettivo e non lasciare che nulla si metta sulla tua strada, né il resto della ciurma, né io e nemmeno Pan"
Lo lasciò andare, tanto ormai ne aveva ottenuto la completa attenzione. Qualsiasi fosse lo scopo a portarlo avanti, di certo non se lo sarebbe lasciato sfuggire. Nessuna catena può legare e imprigionare una persona più dei suoi stessi sogni.
"Ogni goccia di sudore, ogni sforzo per avere ciò che desideri è ciò che ti tiene in vita, ciò che ti rende Peter"
Il ragazzo annuì, ma la sua espressione restò triste, pensierosa. Come al solito, il mozzo era limpido nei propri sentimenti, facile da leggere come le stelle in una notte chiara, era combattuto, in lotta con sé stesso. Non erano molte le questioni a preoccuparlo da quando era arrivato sulla Jolly Roger, ma, quella più importante, era sicuramente lui stesso. Ottenere il rispetto della più alta carica a bordo, votarsi ai suoi ordini, quella era la sua ragione di vita, quindi, qualsiasi fosse il suo desiderio più grande, era plausibile che Uncino vi fosse coinvolto. Ad un tratto, Peter gli si appoggiò al petto e, con una spinta, facilitato anche dal fatto che il corvino fosse distratto a scutarlo, riuscì a farlo stendere sul materasso per poi portarglisi sopra.
"Voglio sapere il suo nome, Capitano! La persona che lotta ogni giorno con Uncino per vivere! Come ha ordinato lei stesso, non intendo permetterle di mettersi sulla mia strada! La prego, me lo dica!"
"James"
Rispose con franchezza lasciando l'altro di sasso. Era chiaro che non si aspettasse di ricevere una risposta così diretta. Non aveva mai avuto intenzione di nascondere il proprio nome, non era un segreto, ma, per Peter, venirne a conoscenza non sarebbe stata una rivelazione gratuita.
"Ora, prova a dirlo"
Il mozzo deglutì e tentò di spostarsi di lato per sfuggirgli, non glielo permise.
"J-J... James"
Sentire il proprio nome fu una strana sensazione, ma assolutamente piacevole. Ne era certo, non ne avrebbe più potuto fare a meno.
"Quando stai nella mia cabina e siamo soli, voglio che mi chiami così"
"N-Non posso! L-lei è... Ed io sono solo..."
"Obbedisci, è un ordine e niente formalità"
"S-se è un ordine... Ti obbedirò... James"

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