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L'aria della notte contro il viso, il bagliore delle stelle nel cielo, una Luna piena e lucente a specchiarsi tra le onde di un mare scuro e placido, addormentato eppure vivo nel suo lento ondeggiare. Stare sul ponte della Jolly Roger fece sentire Peter meno triste dopo la riunione dell'equipaggio del pomeriggio, inoltre, la brezza fresca, lo aiutò a risvegliarsi un po' dalla stanchezza accumulata. Abbassando le maniche della nuova camicia e cercando di darsi una sistemata dalla polvere che, inevitabilmente, gli si era appoggiata tra i capelli e sulle ginocchia, si sentì finalmente pronto ad avviarsi alla cabina di Uncino. Superata la metà della nave, oltre l'albero maestro, ecco che, a poca distanza, la fiamma di una lanterna aumentò d'intensità. Nel silenzio, la porta degli alloggi del Capitano si spalancò, era il corvino in persona. Bloccandosi sul posto, rimase ad osservarne la figura farsi sempre più vicina e, quando furono ormai a meno di un metro, Peter poté sentire il proprio cuore battere molto più forte. Sapeva il motivo per cui era stato richiamato lì, era arrivato il momento della sua punizione, eppure, per quanto se lo ripetesse, non fu un grado di provare la minima paura, né di scacciare il rossore dal proprio volto. 
"Il tramonto è passato da parecchio. Come mai hai tardato per la pulizia del ponte?" Sorpreso, si ritrovò ad abbassare la testa per l'imbarazzo. Era stato così preso dal voler continuare il più possibile nell'armeria da aver dimenticato i propri doveri, non c'erano scusanti per quell'errore, dopotutto gli ordini di Uncino erano stati chiari. 
"Oggi la nave è rimasta senza vedetta visto che il signor Sullivan ha dovuto aiutarti, in più il signor Benson mi ha riferito che non hai prestato attenzione mentre ti dava gli ordini, oltre al fatto che il tuo odore di cambusa rischia di impestare l'intero vascello" Ad ogni rimprovero ricevuto dall'altro, si sentì sprofondare. Pensava di essersi comportato al meglio, eppure, ancora una volta, invece di fare passi avanti, aveva finito per causare ulteriori problemi.
"Chiedo scusa, Capitano... Io..."
"Spogliati" Alzando la testa, Peter ricordò quanto successo all'armaiolo quando aveva osato disubbidire al Capitano, ne ricordò i lamenti sotto le frustate e i segni rossi a marchiarne la schiena. Si sentì rabbrividire in tutto il corpo. Stava per essere punito come un vero pirata, delle nuove cicatrici si sarebbero sovrapposte a quelle lasciate dalle ustioni del Sole e, come gli aveva spiegato Barnabas, avrebbero incarnato in lui la vita di mare rendendolo un vero uomo. Sbottonando la camicia, vide Uncino tornare in cabina e, non appena ebbe sfilato entrambe le maniche, lo seguì all'interno.
"Probabilmente teme che urlerò svegliando tutti, ma non accadrà! Le mie labbra saranno serrate così gli dimostrerò quanto sono... cresciuto?" Ad attenderlo oltre la soglia non c'era ciò che si aspettava, infatti, a scaldare l'aria, vi era l'ampio catino che aveva utilizzato per lavare i piatti accumulati durante il periodo passato in cambusa. L'acqua contenuta era pulita, rilasciava un piacevole tepore e produceva delle bolle, segno che vi doveva essere stato gettato del sapone. 
"Anche i pantaloni, sbrigati, non hai tutta a notte. Devi ramazzare il ponte e preparami la cena" Non se lo aspettava, non aveva nemmeno idea se si trattasse di una prova di qualche tipo per testarlo, eppure, dal tono usato, non sembrava che il Capitano stesse scherzando. Mentre il corvino andava a sedersi alla scrivania concentrandosi su degli incartamenti accumulati sopra essa, Peter eseguì l'ordine ricevuto. Finì di spogliarsi e lasciò a terra gli abiti entrando nel catino cautamente per evitare di bagnare il pavimento. Era davvero stretto, o forse era il suo corpo ad essersi fatto troppo grosso, sta di fatto che, per potervi stare comodamente, fu obbligato a mettersi in ginocchio. Muovendosi alla ricerca di una posizione comoda, rimase per un po' ad osservare l'altro a lavoro, ancora incredulo al pensiero che lo avesse chiamato lì per quel motivo, ma poi, preoccupato al pensiero di disturbarlo, si voltò dandogli la schiena. 
"Perché?"
"O così o ti faccio gettare in mare. Questa puzza deve sparire, ma, visto che non puoi lavarti al Sole come gli altri, la notte è il solo momento possibile. Sul ponte ci sono correnti notturne fredde, dovresti saperlo dopo aver dormito nella gabbia. Non mi serve un mozzo malato, quindi questa era la sola soluzione. Domani ringrazia il nostromo Smee, è stato lui a prepararti il bagno, capito?"
"Agli ordini, Capitano" Per quanto fosse una spiegazione logica, Peter non poté fare a meno di sentire una strana sensazione pervaderlo, dopotutto stava usufruendo degli alloggi personali di Uncino per un proprio bisogno. Una volta pulito, decise che gli avrebbe preparato una cena indimenticabile come ringraziamento, era il minimo che potesse fare. In un attimo, cercò e trovò sul fondo una vecchia spugna e cominciò a grattare per bene braccia, petto e spalle, facendo particolare attenzione ai punti in cui ancora erano visibili le cicatrici. Anche le mani ormai erano piene di ferite, piccole e grandi, causate da pentole bollenti o coltelli sfuggiti al suo controllo, non vi prestò attenzione sino a quando non vi passò sopra ripulendole dallo strato di polvere ed unto accumulato. Fu piacevole restare a mollo per un po', il sapone fece il suo dovere e, quando ebbe finito anche di sciacquare i capelli, fu sul punto di uscire, ma si sentì tirare di nuovo verso il basso e si paralizzò. Mentre era impegnato ad insaponarsi, il Capitano aveva abbandonato la scrivania e gli si era portato alle spalle, poteva sentirne il gelido uncino contro la spalla. 
"Fermo" La punta acuminata si spostò al suo collo, obbligandolo ad alzare la testa. Usando la sinistra, il corvino gli tolse di mano la spugna e, con delicatezza, cominciò a passare sulla sua schiena. Fu estremamente lento, essere in una posizione così pericolosa e, allo stesso tempo, ricevere delle tali attenzioni dal Capitano, portò il suo corpo a formicolare nei punti di contatto con quello dell'altro. Ben presto da un semplice prurito, divenne qualcosa di più, soprattutto quando sentì il respiro del pirata contro la spalla ed i lunghi boccoli di quest'ultimo solleticargli la guancia. Se solo non vi fosse stato l'uncino, Peter avrebbe potuto voltarsi a lato e sprofondare in quei meravigliosi occhi blu ancora una volta, come durante i loro scontri, ma senza che vi fossero lame taglienti o le sbarre della prigione a dividerli. 
"Peter..." Il contatto della spugna sparì e così anche quello gelido della protesi metallica del Capitano, eppure il fulvo rimase esattamente nella posizione in cui si trovava, il corpo paralizzato, il fiato corto e qualcosa di strano e del tutto nuovo a premergli fra le gambe. Rimase interdetto, il solo ricordo della voce del corvino pronunciare il suo nome a risuonargli nelle orecchie, nessun movimento alle spalle. Tirandosi in piedi, nonostante il fastidio, si voltò subito e così si ritrovò faccia a faccia con Uncino, non sorrideva eppure le sue guance avevano preso colore ed i suoi occhi blu apparivano più scuri, profondi, a causa delle sue pupille, fattesi più ampie. 
"Ti ho detto di stare fermo..." Quel roco modo di parlare, Peter lo trovò strano, gli fece venire il fiatone, la voce potente e ammaliante del Capitano aveva fatto sì che il respiro lo abbandonasse. 
"Capitano... Il mio corpo... Brucia. Cosa mi ha fatto?" Sì sentì incredibilmente vivo, percepiva ogni cosa intorno a sé, dal cigolio delle assi sotto le scarpe del maggiore, al suo cuore nero battere attraverso i tessuti pregiati degli abiti. Provò l'inspiegabile desiderio di toccarlo, di avvinghiarglisi in modo che potesse capire a sua volta quanto simili fossero in quell'istante, fu un istinto fortissimo che lo spinse ad avvicinarsi ancora al viso del Capitano con il proprio.
"Vorrei aver rubato quel Bacio a Starkey per darlo a voi adesso..." Un battito di ciglia e gli occhi di Uncino cambiarono espressione e, facendosi serio, questi fece un passo indietro spezzando il contatto che si era creato fra loro.
"Di che bacio parli?!" Di colpo, Peter si sentì mancare il pavimento sotto i piedi e finì per ricadere nel catino di schiena. Fu doloroso e, in più, causò il rovesciamento di un buon quantitativo d'acqua per la stanza e sulle scarpe del Capitano. Il ragazzo non ebbe il tempo di scusarsi, infatti, appena si riprese dalla botta, Uncino era già uscito lasciando la porta aperta. Senza il corvino, il bruciore andò affievolendosi, aveva ancora molto da scoprire sul proprio corpo, ma, prima di questo, c'era ancora del lavoro ad aspettarlo in quella breve notte. Alzandosi, recuperò i vestiti ormai zuppi e, strizzandoli, andò alla scrivania per avere un punto d'appoggio. Sul piano di lavoro c'era una mappa dell'Isola Che Non C'è aperta e, sul bordo, nel mezzo del mare, una piccola "X". Sarebbe potuta essere l'attuale posizione della Jolly Roger, ma se fosse stato così, allora, il resto, sarebbe stato sbagliato. Tutto si fece buio.      

Afferrato di peso il Gentleman Starkey, Uncino lo trascinò verso lo stanzino della sartoria dove lo appese alla parete e fissò negli occhi pieni di panico. Si rese conto solo in quel momento di non sapere come intavolare quel discorso senza che sembrasse una scenata di gelosia. Terrorizzato, il suo sottoposto, ormai totalmente sveglio, cominciò a tremare impaurito, chiaramente confuso dal suo comportamento. 
"C-Capitano..." Stringendo la presa sul suo colletto, il corvino chiuse gli occhi e prese un bel respiro rimettendo l'altro con i piedi a terra. Aveva perso il controllo, tutto a causa di un momento di debolezza ed un paio di iridi color smeraldo, si era lasciato trascinare dalle parole di Pan senza rifletterci appieno. Quel semplice ragazzino non poteva sapere nulla dei baci, nemmeno il modo con cui aveva formulato la frase faceva intuire che fra lui e quel pirata vi fosse qualcosa, insomma, si erano parlati solo in poche occasioni. 
"Vi chiedo scusa, signor Starkey. Oggi è successo qualcosa con Pe... con Pan, riguardo un bacio?" Cadendo in ginocchio, l'altro sembrò recuperare un po' di colorito, era impallidito a causa dell'accaduto, comprensibile, dopotutto, dovendo mantenere il ruolo di Capitano forte e sicuro di sé, raramente usciva dai gangheri e solo per delle ragioni plausibili. No, Peter non era una buona motivazione per agire senza freni. Insomma, non aveva in programma che accadesse nulla di simile, a partire da quando si era alzato dalla sedia per portarglisi alle spalle, era stata una serie di comportamenti inspiegabili.  
"No, Capitano! Gli ho solo fornito dei vestiti puliti e poi l'ho rimandato al lavoro!" Era la verità, ma neppure Pan gli aveva mentito, doveva esserci dell'altro, per forza. 
"Sicuro che sia tutto qui? Non vorrei essere costretto ad insistere" L'uomo ci rifletté intensamente, gli lasciò tutto il tempo di cui ebbe bisogno e, infine, ebbe un'illuminazione e corse al tavolo frugando tra vari oggetti per poi porgergli un normale ditale.
"Pan era interessato a questo! N-non c'è altro, lo giuro!" Prendendolo, il corvino lo osservò il piccolo coperchietto metallico e lo avvolse nel palmo per poi sorridere al marinaio.
"Vi ringrazio, signor Starkey. La prossima volta, vedete di riferirmi ogni piccolo dettaglio e non ci saranno altri spiacevoli risvegli" Uscendo dalla stanza, Uncino diede un'altra occhiata al ditale e tornò sui propri passi diretto al ponte superiore, non aveva nemmeno dato altri ordini al ragazzo prima di lasciarlo solo nella propria cabina. Stava per avviarsi lungo l'ultimo corridoio quando sentì dei suoni provenire dalla cucina, trovò Pan proprio lì e ne attirò l'attenzione schiarendosi la voce. Il corvino non poté non notare il modo in cui le guance del ragazzo si fecero più rosse ed il suo sorriso aumentò alla sua vista. A quanto pare quella perdita di autocontrollo di poco prima aveva lasciato qualcosa di nuovo in entrambi. 
"Capitano, se volete potete tornare alla vostra cabina. Ho asciugato come ho potuto e presto la vostra cena sarà pronta, quindi..." Un passo, poi due, alla fine Uncino lo raggiunse e, afferrandogli una mano, vi appoggiò sopra il ditale per poi richiudervi sopra le dita.
"Il... Il Bacio..." I loro sguardi si incontrarono ancora e di nuovo Uncino scorse negli occhi dell'altro un bagliore dorato che, per poco, rischiò di farlo ricadere nell'errore di poco prima. Era chiaro che per lui fosse lo stesso, solo una forza inspiegabile pareva trattenerli entrambi dallo  spingersi oltre e seguire totalmente il proprio istinto alla cieca.  
"Tutto ciò che si trova su questa nave mi appartiene, te l'ho già detto mi sembra. Quindi solo io posso darti questo Bacio. Chiaro?" Pan annuì stringendo al petto il regalo, poi comincio a sporgersi verso il suo volto, ma prima che potessero sfiorarsi, dalla pentola giunse un ribollire che richiamò il mozzo ai fornelli giusto in tempo per evitare il peggio. Uncino ebbe il primo istinto di ammonire l'altro per non avergli risposto usando le parole, ma decise di lasciar perdere ed uscì dalla cambusa diretto alla propria cabina. Nel tragitto, il corvino recuperò anche la ramazza ed il secchio, in modo che il ragazzo non potesse usarli come scusa per sfuggirgli in seguito. Tornato in camera la trovò ben sistemata, il catino era sparito, il pavimento, anche se ancora umido, sembrava molto più pulito e, soprattutto, notò che qualcosa era fuori posto. La penna d'oca non era nel calamaio dove l'aveva lasciata. Andando alla cartina dell'isola la trovò coperta di fogli sopra i quali erano state segnate delle modifiche al disegno originale. Li ispezionò uno dopo l'altro, ne calcolò le coordinate e il cambio di distanza, erano diverse da quelle prese accuratamente nel corso degli anni, ma, in effetti, avrebbe spiegato come mai, dopo tutto quel tempo, non era stato in grado di raggiungere il proprio obiettivo. Aveva appena concluso un terzo delle misurazioni quando bussarono alla porta, ma lui non alzò nemmeno gli occhi, infatti, dando uno sguardo più accurato, si rese conto che, nelle aggiunte, mischiate al suo inchiostro nero, vi erano come delle pagliuzze luminose di provenienza sconosciuta.
"Avanti" Trovò assurdo il pensiero di aver commesso errori così madornali, se davvero le modifiche apportate fossero state corrette, l'assetto dell'isola sarebbe cambiato totalmente. Aveva battuto quei luoghi centimetro dopo centimetro, qualunque cosa lo avesse portato fuori strada doveva essere sovrannaturale. Afferrato il calamaio, vi diede un'occhiata per assicurarsi che non vi fosse nulla di strano, ma non vi erano differenze, era come al solito.
"Oh, mi dispiace, Capitano. So che non avrei dovuto farlo, e i miei disegni non sono nemmeno così precisi, ma il suo era completamente sbagliato..." Appoggiando sul bordo del tavolo il solito vassoio d'argento e sollevandone il coperchio, Pan si fece indietro e fu sul punto di prendere la ramazza ed il secchio dalle sue spalle, ma fu allora che ne approfittò e, con la mano buona, lo afferrò bloccandolo contro la parete.
"Lo sapevo... Ecco perché non riuscivo ad orientarmi!" Di nuovo rapito dagli occhi verdi di Pan, Uncino rivide in essi riflesso il solito bagliore dorato e sorrise, era proprio come aveva immaginato, lui era davvero la chiave di lettura che avrebbe potuto guidarli alla meta.
"Non so di cosa stia parlando, Capitano"
"Quest'isola si prende gioco di me e delle mie misurazioni, ma con te invece... Tu... Come hai fatto a capire che la mia mappa era sbagliata?" Trascinandolo dalla camicia fino a riportarlo davanti alla scrivania, non perse di vista il suo sguardo nemmeno per un secondo. 
"Fammi vedere esattamente cos'hai fatto" Pan, osservando i fogli fatti poco prima e poi la mappa, cominciò a concentrarsi, ne percorse i contorni con le dita, ma, quando il disegno principale si sovrappose per la prima volta al suo, si fermò. Scosse la testa ed afferrò nella mano la piuma d'oca appoggiandola sulla carta, chiuse gli occhi per un momento e, quando li riaprì, sclera, iride e pupilla erano mutati assumendo una tonalità dorata. I capelli gli si schiarirono fino al biondo, e il suo corpo si sollevò da terra venendo avvolto da quella che aveva tutta l'aria di essere polvere magica. Indietreggiando, Uncino lo vide modificare gli schizzi di poco prima, ne cambiò le linee di nuovo e, quando fu sul punto di farle incontrare all'immagine originaria, lo vide voltarsi verso di sé e le sue labbra si incurvarono in un ghigno spavaldo. 
"Provaci ancora, vecchio stoccafisso!" Ed ecco tornare nelle sue vene le fiele dell'odio, quello non era lo stesso Pan di un secondo prima, l'incantesimo aveva riportato alla luce il familiare ragazzino presuntuoso, almeno nella mente. Afferrato il fioretto, fu sul punto di mettersi in guardia, ma l'incanto si spezzò ed il corpo del suo nemico cadde a terra pesantemente in un profondo sonno. Tutto ciò che era stato prodotto dal mozzo in quella forma, si fece meno chiaro. Superando il giovane addormentato, copiò in fretta ciò che aveva riportato, comprese delle scritte che prima non aveva notato, riuscì a salvarne una buona parte prima che esse sparissero del tutto. Era stato un brutto colpo, aveva separato il ragazzo dall'isola sperando che così l'influsso della magia su di lui si riducesse per convincerlo a rivelarne i segreti, ma a quanto pare ci sarebbe voluto più tempo del previsto. Uncino però, nonostante la sconfitta, non poté evitare di sorridere, percepì il proprio cuore battere all'impazzata e, il desiderio di sgozzare l'altro in quel momento, si pervase di nuova linfa. Il sentimento che lo aveva colto in quell'ultimo periodo sparì del tutto inghiottito dalle tenebre e, inginocchiandosi davanti al mozzo, portò la mano sana alla sua gola e cominciò a stringere le dita contro la carotide. Dimentico del piano, il Capitano avvicinò anche l'uncino, pronto ad aprire in due il viso del ragazzo da parte a parte sfregiandolo indelebilmente quando, un lieve bagliore gli infastidì gli occhi bloccandolo. A terra, a poca distanza da loro, il ditale che aveva regalato a Pan rifletté i raggi della Luna contro il suo viso riportandolo alla realtà. Lasciata la presa, il corvino si sentì più calmo e, tolta la giacca, vi coprì il fulvo per poi posizionargli sotto la testa uno dei cuscini della sedia. 
"Non mi arrenderò mai come te, Pan" 

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