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VII

Peter si scoprì bravo a pelare le patate, probabilmente a causa di tutto il tempo passato ad intagliare il legno con il pugnale. I tuberi erano meno duri della corteccia, la forma tonda gli aveva causato un po' di difficoltà, ma alla fine si era trattato solo di fare un po' di pratica, qualche settimana ed era diventato sempre più rapido. Aiutare in cucina, anche se complicato dall'ubriachezza molesta di Clifton, aveva un suo lato divertente e curioso, tutte quelle ricette da imparare, gli ingredienti, le spezie, non avrebbe mai pensato che, un atto semplice come il mangiare, potesse derivare da qualcosa di così elaborato. Con i bimbi sperduti non si era mai preoccupato di cose simili, bastava che portassero delle carcasse agli indiani e ci pensavano loro a metterle sul fuoco in cambio di una porzione. Nell'equipaggio non era molto diverso, finché il cibo era buono andava bene, di sentire sapori particolari o di cogliere modifiche che apportava all'ultimo per rendere il gusto migliore, non se ne curavano. A volte questo lo buttava giù, il cuoco lo rimproverava di preoccuparsi troppo per delle bocche rese insipide dal rum, ma lui non riusciva a farne a meno, per fortuna qualche soddisfazione, dal punto di vista delle alte cariche della nave, riusciva a averla. Infatti, il nostromo Smee, sin dal primo giorno in cui lo aveva spedito in cambusa, aveva preteso di essere il primo ad assaggiare qualsiasi cosa avesse preparato, anche se in minima parte, ed era sempre pronto a fargli qualche appunto, aiutandolo a migliorarsi. Si era posto l'obiettivo di preparare piatti abbastanza accettabili da poter essere serviti direttamente a Uncino, ma ancora non c'era riuscito. Era Clifton ad occuparsi del rancio del Capitano e non gli permetteva mai di assistere alla preparazione, in modo da non ricevere alcun tipo di suggerimento o aiuto, non che ne volesse, intendeva cavarsela da solo. Così passava i suoi giorni, in coperta a cucinare durante il giorno e sul ponte a ramazzare di notte, con addosso lo sguardo di almeno uno dei marinai. Aveva imparato ad addormentarsi in ogni momento buono, poco dopo i pasti, mentre anche gli altri facevano la pennichella, durante le riunioni della ciurma all'alba ed al tramonto, se finiva presto con i suoi doveri semplicemente si accasciava dovunque si trovasse. Sognava di rado, ma sempre la stessa polvere dorata, non dormiva mai abbastanza a lungo da riuscire ad arrivare fino alla fine, ma non gli importava. Nonostante la fatica, era felice, davvero felice, nemmeno degli strani sogni avrebbero potuto cambiare la situazione. Sentendosi scuotere, Peter aprì le palpebre e vide davanti a sé il muso di un maiale, sussultò subito per la sorpresa rischiando di far cadere il gigantesco pentolone che aveva tra le mani. Giusto, si era addormentato a terra dopo aver finito di lavare i piatti nel catino, si fece un appunto mentale per ricordarsi di andare a cambiarne l'acqua quella sera. Strofinandosi gli occhi, sentì Mr Chips strusciarsi contro la camicia e, non ricevendo le sue attenzioni, ne afferrò un lembo e cominciò a tirare.
"Mr Chips! Aspetta, fermati golosona! Adesso ti do la tua razione, ma lasciami! Se rovino la canotta il nostromo ha detto che mi farà andare in giro nudo!" Libero dall'animale ed appoggiate di lato le stoviglie, il ragazzo si diede una sistemata e si drizzò composto davanti al medico di bordo. 
"Buongiorno, signor Barnabas"
"Buongiorno, Peter. Hai disinfettato la bruciatura oggi?" Il ragazzo non rispose, si limitò ad esporre cautamente il polso sinistro al marinaio in modo che potesse darci uno sguardo. Era successo qualche giorno prima, si era appoggiato ad una pentola bollente per pochissimo, insomma, niente di grave, eppure il dottore aveva deciso di visitarlo ogni giorno fino alla completa guarigione. Peter sperò fino all'ultimo che l'altro non si accorgesse dell'incuranza a cui aveva abbandonato la ferita. A causa del lavoro si era scordato di occuparsene per il secondo giorno consecutivo. Ovviamente, l'occhio esperto del signor Porter non si fece ingannare. Lo afferrò poco sopra la ferita e lo trascinò al tavolo per poi versare direttamente sopra l'ustione un'abbondante dose di sale. Il ragazzo strinse i denti e tentò di non fare resistenza, dopotutto erano quelli i loro accordi, se dimenticava le medicazioni, anche le più semplici, avrebbe dovuto subire quelle estreme del marinaio senza fiatare. Fu un bruciore persistente che non se ne andò fino a quando l'altro non lo risciacquò mollando la presa. Portandosi il braccio al petto, Peter riprese fiato e rimase in silenzio osservando il dottore recuperare del bendaggio pulito dalla cintura. 
"La prossima volta so che non te lo dimenticherai, giusto, Peter?" 
"Sì, Barnabas..." Facendogli abbassare di nuovo il polso, il medico coprì il punto arrossato con della lozione per poi fasciarlo con cura. Era incredibile pensare che un uomo così forte e brutale in certi momenti, sapesse essere premuroso e gentile in altri. Medicato il punto leso, il ragazzo ricevette una spinta dal basso, Mr Chips lo fissava speranzosa grugnendo in attesa del cibo. Andando subito a recuperare la ciotola in cui gettava i rimasugli delle verdure, Peter la appoggiò a terra e così la sua grufolante amica ebbe il proprio rancio. Quella maialina era una compagnia piacevole, nonostante fosse femmina, il signor Porter era stato obbligato a darle un titolo maschile, purtroppo avere donne a bordo portava male e questo valeva anche se si trattava di animali. A lui non importava che fosse o no un maschio, gli bastava darle una carezza ogni tanto e riceverne le coccole quando era l'ora di mangiare.
"Allora, ci sono stati problemi con Clifton di recente?"
"No, nessuno. Me lo chiedi tutti i giorni, ma la mia risposta è sempre la stessa! Tu ti preoccupi troppo, Barnabas. Me la so cavare" In un rapido scatto, nonostante la mole massiccia, il medico di bordo lo inchiodò alla parete più vicina e lo guardò incupito. Era stato così veloce che Peter non lo aveva neppure visto. 
"Sì, sarai anche cresciuto molto qui irrobustendo il tuo fisico, ma pensare di sapertela cavare da solo è pura pazzia! Non dimenticarlo, Peter, c'è un motivo per cui ancora non sei nella ciurma! Senza saper volare, sei un debole ed il mare, i deboli, li inghiotte" Tirato dall'orlo del pantalone da Mr Chips, Porter lo lasciò andare e recuperò sotto braccio il proprio animaletto. Inginocchiandosi a terra, Peter guardò la fasciatura sul braccio per un secondo e poi alzò la testa osservando l'altro mentre usciva, sapeva che aveva ragione ed era fastidioso ammetterlo a sé stesso, doveva trovare il modo di diventare più forte. Sospirando, allontanò quel senso di impotenza sistemando le vettovaglie e fu allora che entrarono in cambusa Spugna e Clifton, il primo teneva tra le mani un vassoio con un coperchio metallico. Era il momento per lui di sparire, dovevano preparare il pasto di Uncino.
"Buongiorno, Nostromo Smee"
"Esci, Pan" Obbedì senza discutere e, fuori dalla soglia, per poco non si scontrò con altri due componenti dell'equipaggio. Il Gentleman Starkey e il signor Benson stavano discutendo animatamente, erano sicuramente diretti ai livelli inferiori della nave, forse per riposare dopo il rancio. Durante la sua permanenza lì, Peter aveva sentito spesso che, il merito della sua cattura, era stato del primo dei due, gli era grato e non aveva ancora avuto modo di ringraziarlo a dovere, quella poteva essere una buona occasione prima di tornare al proprio ciclo di lavoro. 
"S-Scusi, signor Starkey" I marinai si fermarono poco prima delle scale e, l'interpellato, si voltò nella sua direzione con un'espressione perplessa, in effetti era la prima volta che si rivolgevano la parola direttamente da quando si trovava lì.
"Tornatene al lavoro, mozzo. Se vuoi maledirmi, fallo per i fatti tuoi" disse freddamente per poi dargli le spalle e proseguire per la sua strada. Peter strinse i pugni ed alzò la voce.
"Ho un debito con lei!" Quelle parole furono sufficienti a bloccarlo, guadagnò qualche secondo in più della sua attenzione e decise di non sprecarlo. 
"Mi permetta di ripagarla, Gentleman Starkey!" Sospirando, l'altro sembrò sul punto di scendere definitivamente al piano inferiore quando il signor Benson ricominciò con il discorso che avevano interrotto poco prima e la situazione cambiò. Tornando sui propri passi, l'elegantone passò oltre al vecchio armaiolo sino a quando non furono praticamente faccia a faccia. Incrociando il suo sguardo, l'uomo sollevò una mano ed indicò l'altro marinaio alle proprie spalle. Il signor Benson li osservò confuso, sorpreso dall'essere stato preso in causa, e lo stesso venne automatico anche al ragazzo che non capì cosa centrasse con la sua richiesta.
"Da quando ti ho catturato, Grant non fa altro che chiedermi di parlare con il Capitano per convincerlo a far sistemare l'armeria, ma io non ne ho alcuna intenzione. Vuoi ripagarmi? Convinci il Capitano ad accettare. Fallo ed il nostro debito sarà saldato!"                

La notte era calata sull'Isola Che Non C'è, il ponte della Jolly Roger era silenzioso, solo un lento fruscio di ramazza si intercalava allo scrosciare delle onde giungendo alle orecchie concentrate di Uncino. Seduto alla propria scrivania, il Capitano era intento a scrivere alcuni valori sulla solita e consumata mappa prima di spostarsi al clavicembalo per suonare ed almeno tentare di addormentarsi. Stava per alzarsi quando accadde qualcosa di totalmente inaspettato. Dei passi si fecero più vicini alla cabina e, poco dopo, qualcuno bussò. Non poteva trattarsi di un componente dell'equipaggio a quell'ora, tutti sapevano che, il solo motivo per cui era consentito infastidirlo dopo il tramonto, era un'incursione notturna di Pan. Solo una persona a bordo non era a conoscenza di quella regola, l'unico a non potergli chiedere udienza in nessun altro momento della giornata. Sorridendo, Uncino ripose il pennino e si diede una sistemata alla camicia rimettendo la protesi al polso destro per poi girare la sedia, spalle alla porta, solo allora parlò.
"Avanti" I cardini cigolarono timidamente e, attraverso lo specchio all'angolo della cabina, il corvino vide la figura di Pan fare il suo ingresso, ramazza alla mano e testa bassa. Non riusciva a scorgerne bene i tratti, la lanterna appoggiata sul tavolo non offriva un'illuminazione sufficiente, ma era impossibile non riconoscerlo. 
"B-Buonasera, Capitano..." la voce del ragazzo era incerta, non doveva essere stato facile per lui farsi avanti. Sicuramente non aveva chiesto a Smee il permesso di parlargli, eppure Uncino non si sentì di punirlo, era più incuriosito di sapere cosa potesse aver spinto l'altro a volerlo rivedere dopo tutte quelle settimane. Forse desiderava più ore di riposo, o cibo migliore, magari lavorare in cucina si era rivelato un compito troppo noioso, difficile o impegnativo, qualsiasi fosse stata la richiesta, non avrebbe perso l'occasione di ottenere in cambio il più possibile. Mettendosi in piedi, si girò verso Pan e, nel lento movimento, ruotò anche la sedia per poi accomodarvisi appoggiando i gomiti alla scrivania. 
"Buonasera, Pan" Fu difficile per il corvino nascondere la sorpresa nel vedere quanto fosse cambiato il suo acerrimo nemico nel periodo in cui lo aveva tenuto a distanza. Il fisico gracilino, l'altezza modesta, il viso leggermente coperto di peluria, lo sguardo spento, i capelli color dell'oro, erano un'immagine sbiadita di un passato che non esisteva più. Ora, davanti a lui, stava un giovane uomo dal fisico sano e robusto, ben più alto di prima, fulvo e con la pelle solcata da evidenti cicatrici, la quale però, a causa del confinamento forzato, aveva mantenuto il proprio pallore.
"Chiudi la porta, Pan" Obbedendo con solerzia, l'altro entrò completamente nella stanza e si fece più vicino permettendogli così di poterlo guardare meglio alla luce, i suoi occhi verdi avevano ripreso vigore e, nonostante il suo disagio fosse palpabile, non smettevano di sfidare i suoi, un istinto naturale derivato dalle loro tante battaglie. 
"Ora dimmi, come mai sei venuto qui? Per qualsiasi dubbio devi rivolgerti al signor Clifton o, in caso, al nostromo Smee" Stringendo saldamente la ramazza, il ragazzo sembrò prendere coraggio.
"Lo so, Capitano, ma si tratta di una richiesta che solo voi potete concedermi..."
"Parla allora, se possibile cercherò di accontentarti" Era evidente che Pan non si aspettasse nemmeno di ottenere il permesso di parlare della questione, ma la verità era che Uncino era un uomo piuttosto curioso, in più, se la domanda veniva direttamente dal suo letale antagonista, il tutto otteneva una nota di sapore ancora più solleticante.
"Vorrei che esaudisse la richiesta del signor Benson di modificare l'assetto dell'armeria" Non se lo aspettava. Avrebbe immaginato qualsiasi altro tipo di scenario possibile, addirittura di ricevere la preghiera irrealizzabile di venir liberato, ma Pan in fondo era sempre stato imprevedibile, crescere non lo aveva cambiato. Riflettendo per qualche secondo, Uncino aprì il primo cassetto sulla sinistra e vi recuperò la planimetria della nave e il progetto che il signor Grant gli aveva fornito con le modifiche da fare, quest'ultimo fu molto ostico da trovare, ma alla fine la ricerca ebbe successo e cominciò ad analizzarlo con attenzione. Sicuramente la velocità della nave avrebbe beneficiato di quel cambiamento, una distribuzione migliore del peso rendeva più sicuro anche il bilanciamento durante le tempeste e nelle manovre, ma si trattava di un lavoro massiccio. Con la collaborazione di tutta la ciurma si parlava comunque di settimane di lavoro non stop, i marinai avrebbero dovuto abbandonare i propri compiti per dedicarsi esclusivamente a quell'impresa e questo era fuori discussione. 
"Richiesta respinta. È da molto tempo che il signor Benson lo propone. Se fossimo ancora in mare aperto e dovessimo affrontare altri equipaggi darei il mio consenso, ma in quest'isola pacifica non ne abbiamo motivo. La verità è che nessuno vuole consumare energie per qualcosa di non necessario..."
"Io sì!" Abbandonata la ramazza al suolo, Pan si fece più vicino appoggiando i palmi delle mani sul tavolo e sporgendosi verso di lui. Il suo sguardo brillò di una luce dorata, ma, al battito di palpebre successivo, il bagliore sparì ed il ragazzo recuperò il controllo facendo un passo indietro. Uncino sentì il cuore battere forte nella cassa toracica, vedere l'altro reagire in quel modo era stato come ricevere una scossa in tutto il corpo, doveva trattarsi di una questione davvero importante per lui, anche se non ne conosceva il motivo. Che quell'emozione fosse stata paura o sete di combattere nuovamente come ai vecchi tempi, di una cosa il corvino era certo, non avrebbe potuto più tenere il punto su quel no.
"C-Capitano, mi scusi, io..."
"D'accordo. Do il mio permesso, ma voglio che sia tu ad occupartene" Era un'idea folle, tutta la ciurma ne era a conoscenza, eppure, dopo quello scatto d'ira, quell'impeto di vigore di Pan, Uncino sentì come se, di colpo, tutto fosse diventato possibile. Subito il ragazzo fece un ampio sorriso, se avesse avuto ancora i propri poteri, sicuramente si sarebbe sollevato in volo per la gioia. Abbandonata la sedia, il Capitano gli si portò davanti intimorendolo nonostante le loro altezze ormai si equivalessero, ma il suo sguardo era sempre stato molto persuasivo, bastò quello per rimettere all'erta Pan.   
"Da domani mattina non aiuterai più in cucina, ti affiancherai al signor Benson affinché possa completare il suo progetto. Ogni giorno avrete a disposizione l'aiuto del signor Porter e del signor Sullivan per qualche ora e, in più, quello di qualunque altro marinaio che vorrà partecipare. Questi sono i miei ordini. Per te il resto rimane invariato, la notte dovrai comunque ramazzare e, soprattutto, resta il veto sulla luce del Sole" Sull'attenti, il ragazzo non perse il sorriso. 
"Agli ordini! Grazie, Capitano!" 
"Se è tutto, puoi ritirarti" Il fulvo fu sul punto di voltarsi ed andarsene, ma poi si girò improvvisamente e lo avvolse in un caldo abbraccio che lo lasciò di sasso. Non durò più di qualche attimo, eppure Uncino ne rimase interdetto, ma non fu il solo. Quando l'altro si separò, il suo viso divenne ancora più pallido, era preda di puro terrore.
"M-Mi dispiace, C-Capitano... Io non..." Dandogli le spalle nel tentativo di nascondere l'imbarazzo sul proprio volto, Uncino si passò la mano lungo baffi e mento e, incapace di voltarsi di nuovo, chiuse gli occhi. 
"Esci. Che non si ripeta più. Deciderò domani la tua punizione" 
"S-Sì, Capitano..." Passi lenti, il cigolio dei cardini una e poi due volte, il legno della porta appoggiarsi ed infine la maniglia tornare in posizione. Un suono ben più forte di ramazza giunse dal ponte facendosi sempre più distante, il corvino lo percepì fino all'ultimo secondo e, non appena sparì del tutto, poté finalmente scoppiare in una sonora risata. Si stava spaventando da solo, non solo aveva completamente affondato il desiderio di fuga di Pan, ma era riuscito a legarlo a sé in modo così saldo che il ragazzo aveva finito per sviluppare del sincero affetto nei suoi confronti. Il tutto era così perfetto, così ironico che Uncino finì per ridere fino alle lacrime, era una sensazione così travolgente e nuova, mai gli era successo di ottenere una vittoria simile prima di allora. Nemmeno ai tempi in cui era stato il nostromo del terribile Barbanera, nessun tesoro, nessun arrembaggio, nessun nemico sconfitto era mai stato altrettanto paragonabile all'aver spezzato l'animo di Pan sino all'annichilimento totale. Sedendosi sulla branda, osservò il clavicembalo, le dita e l'uncino gli tremavano troppo per l'adrenalina, comporre sarebbe stato impossibile, e non necessario. Il ragazzo gli aveva dato tutto ciò di cui aveva bisogno per fare sonni profondi, o almeno così pensava. Tolta la protesi e coricatosi, il corvino chiuse gli occhi con il sorriso, ma, non appena le palpebre si abbassarono, non riuscì a visualizzare davanti a sé l'espressione piena di paura che l'altro gli aveva regalato poco prima, il solo Pan che riuscì a vedere fu quello che si era sporto dalla sua scrivania. Fu lui a fremere a quel punto. Le iridi color smeraldo del ragazzo, così cariche d'impeto, gli diedero la tachicardia facendolo sudare. Il sangue prese a scorrergli veloce nelle vene e, prima che potesse anche solo provare a capire cosa stesse capitando, una sensazione, che era certo di non aver mai provato prima, si impadronì del suo corpo rendendo più stretti i suoi calzoni.

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