CAPITOLO 47
La mattina dopo mi risvegliai con una luce forte di neon, sopra la testa, quasi abbagliante. Mi guardai intorno con aria smarrita, cercando di capire dove fossi. Ero in una stanzetta di ospedale singola, ma spaziosa. Asettica, essenziale come una qualsiasi stanza di ospedale. Il bagliore del mattino passava appena, attraverso le tapparelle abbassate, quasi fino a metà.
Mi avevano sistemato su un letto dalle lenzuola bianche, rigide che sapevano di disinfettante. Il cuscino era rigido, piatto, piuttosto scomodo. Al braccio avevo attaccato il tubicino di una flebo e il bottiglino, appeso sull'asta, con un liquido trasparente, era quasi vuoto.
Provai ad issarmi un poco e una fitta mi si accese immediatamente al fianco e al costato e lanciai un gemito. In quell'istante quel poco che ricordavo diventò più chiaro alla mia mente.
Ero stata ferita al fianco... Fabrizio mi aveva sparato.
Vi posai una mano e mi resi conto del bendaggio quadrato che ricopriva la ferita.
La porta si aprì in quell'istante e Fabrizio sbirciò dentro. Il mio sguardo fu attratto dalla sua figura ferma, indecisa. I suoi occhi incrociarono i miei e il suo viso si distese.
Si illuminò non appena si accorse che ero sveglia. Così come il mio.
"Posso?" domandò prima di farsi avanti.
"Certo! Vieni!" il mio cuore accelerò incontrollabilmente. Ero contenta che fosse lì.
Lo sguardo che mi lanciò mi convinse che era lo stesso per lui.
"Come ti senti?" mi chiese titubante, dopo essersi schiarito la voce.
"Sto bene... Sì... mi sento un po' rotta, ma sto bene" lo rassicurai.
Accennò un sorriso e si avvicinò alla sedia di plastica azzurra, che c'era vicino al mio letto, sedendocisi sopra.
"Il dottore ha detto che è tutto a posto" cercò di rasserenarmi, "Ma passerà tra poco e vuole parlarti... Immaginava ti saresti risvegliata"
I ricordi si fecero mano a mano più nitidi, mentre lo guardavo. Ricordi sgradevoli...
Abbassai gli occhi prima di parlare di nuovo.
"E' morto?" gli chiesi in un sussurro.
Sapeva a chi mi riferivo. Lo avevo odiato con tutta me stessa, avrei voluto vederlo morto decine di volte, ma averlo ucciso io, adesso, non mi sollevava dalla colpa. Era un pazzo, questo probabilmente era vero, ma era pur sempre una vita... Una vita che avevo tolto da questo mondo e non ne avevo comunque il diritto.
"Sì..." rispose contrito.
Si sentiva che il tono della sua voce era inquieto. Inquieto per l'espressione cupa che avevo sul volto.
Le lacrime mi riempirono gli occhi e caddero silenziose sul lenzuolo. Fabrizio mi prese una mano con dolcezza e la strinse tra le sue, sollevandola dal letto.
"Non ti farà più del male..." una venatura di angoscia incupì la sua voce al pensiero di quello che era accaduto.
"L'ho ucciso io, Fabrizio! Io..."
"Non hai avuto scelta..." cercò di tranquillizzarmi, "Dovevi fermarlo o la sua follia non avrebbe avuto fine"
"Mi rimarrà comunque il rimorso..." ammisi più a me che a lui. Alzai lo sguardo e trovai il suo, rendendomi conto dell'ombra che lo attraversava, "Mi dispiace Fabrizio... Non volevo mentirti..."
Sollevò una mano e mi sfiorò il viso, asciugandomi le lacrime dalle guance.
"Non sei tu che deve scusarsi... né che deve avere dei rimorsi" mi fissò prima colpevole, poi imbarazzato, "Sono io che ho sbagliato... L'ho capito un istante dopo averti lasciato in quel modo al ristorante. Quando sono tornato a cercarti ed ho visto che non c'eri più, ho provato un vuoto al cuore. Davide mi ha raccontato tutto e lì ho avuto la certezza che ero stato uno stupido a parlarti come avevo fatto e non ci ho visto più... Ho avuto paura di arrivare troppo tardi e che te ne fossi andata davvero, per sempre..."
Non commentai e lui continuò.
"Ma la cosa peggiore è stata quando ho capito che lui era lì con te e avevi bisogno di aiuto. Avrei voluto trascinarti via con me all'istante! Mi dispiace di averti sparato, ho sbagliato... ma non ho visto alternative... Ti avrebbe ucciso nella sua furia. Volevo solo ferirti a una gamba perché non potesse portarti con sé e ti lasciasse andare, ma poi lui si è mosso e..."
"E invece hai fatto la cosa giusta" lo interruppi.
In quell'istante si irrigidì e si staccò da me, a capo chino.
La paura che fossi risentita con lui per quel gesto non gli dava pace.
"Tu mi hai salvato la vita, Fabrizio! E di questo te ne sarò sempre grata... Avrò sempre un debito con te" non volevo si sentisse angosciato. Lui si era esposto per me, mettendo la sua vita a repentaglio.
"No... hai già pagato il tuo debito, se è così che lo senti. Massimo mi avrebbe ucciso se non lo avessi fermato. Sei tu che mi hai salvato la vita"
La porta della camera si aprì inaspettatamente e comparve il dottore.
"Buongiorno. Vedo che è sveglia!" mi salutò cordiale.
"Sì... Buongiorno" risposi tentando di sistemarmi meglio. Mi mossi e trattenni una smorfia di dolore.
"Stia ferma. Non le conviene. Oltre alla ferita al fianco ha due costole incrinate e contusioni dappertutto. Ci vorrà un po' di tempo prima che riesca a muoversi liberamente" suggerì sorridendo.
A quelle parole mi resi conto meglio della fasciatura intorno al torace e del gonfiore che sporgeva in avanti, sotto l'occhio.
"Come si sente?" proseguì attento.
"Tutto sommato, bene" risposi.
"Ottimo! Era quello che speravo..." il suo sguardo si fece serio, prima di proseguire con le braccia ai fianchi.
"Vorrei parlarle di una questione... un po' delicata"
"Spero niente di grave" mi misi sull'allerta.
Non replicò. Si rivolse invece a Fabrizio con autorità, "Le spiace uscire?"
"Certo!" fece lui dirigendosi verso la porta.
Il sangue cominciò a friggermi nella testa.
Che altro c'era?
"No. Lo lasci stare. Può rimanere!" lo bloccai, "Parli pure liberamente... Non mi dà fastidio"
Avevo bisogno del suo appoggio. Sentivo di averne...
Il dottore lo studiò un attimo, poi guardò me e decise di assecondarmi.
"D'accordo allora..." assentì, "Vorrei trattenerla ancora un po'. Non so dirle fino a quando, ma preferisco tenerla sotto osservazione. La ferita al fianco non si è rivelata poi così grave come avevo temuto in un primo momento. Non ha lesionato alcun organo interno, ma la perdita di sangue e le ferite che ha, anche se superficiali, l'hanno piuttosto indebolita. Per non parlare delle contusioni: è un miracolo che non l'abbia perso. Sono più tranquillo se rimane qui"
La sua ultima frase mi lasciò perplessa.
"Che cosa significa? Scusi, ma credo di non aver capito bene"
"Parlavo delle sue condizioni"
"Le mie condizioni?" ero confusa.
"Lei è incinta signora Villo. Di tre settimane direi..."
A quelle parole un capogiro mi bloccò per la paura di cadere, nonostante fossi a letto. Lo scrutai senza riuscire a credere a ciò che diceva. La mia mente si rifiutava ancora di razionalizzare le sue parole.
No... non era vero...
"Questo non è possibile, mi creda. Ci dev'essere stato un errore. Io non posso avere bambini" lo informai con un sorriso tirato sulle labbra.
Un'agitazione incontenibile stava crescendo dentro di me, facendo traballare le mie certezze.
"Beh... Credo che l'abbiano informata male allora... Lei è incinta, signora Villo. Non c'è alcun errore. Se la pallottola avesse colpito pochi centimetri più in là, avrebbe potuto perderlo. E' una grazia che non sia successo, viste le botte che ha subito, comunque...".
Incinta...
Allora c'era un motivo alle mie nausee mattutine! Al fatto che non sopportassi più l'odore del caffè! Non era l'agitazione che li aveva scatenati. Era un altro il motivo.
Istintivamente mi portai una mano sul grembo e il mio petto prese a scendere e a salire rapidamente.
L'espressione del mio viso, esitante prima, si animò di botto e divenne trepidante. Un'improvvisa ed euforica emozione mi riempì l'anima.
Un bambino! Aspettavo un bambino!
Non avrei mai creduto di poter udire quelle parole... Non avrei mai creduto potesse accadere.
Fabrizio si passò una mano tra i capelli, agghiacciato dalla notizia.
In quel momento il mio cuore fu assalito da mille emozioni: mi rividi nello studio del ginecologo e rivissi il senso di fallimento quando mi aveva parlato, ripensai a Martina e a quanto avevo desiderato un figlio, a tutte le notti che io e Fabrizio avevamo trascorso insieme... e alla gioia incontenibile che provavo in quel momento.
"E il bambino sta bene? E' sicuro, dottore?" gli domandai ansiosa.
Con la coda dell'occhio non potei fare a meno di osservare Fabrizio passeggiare inquieto per la stanza a quella domanda. Il suo viso era di colpo sbiancato. La sua espressione era cambiata. Pareva terrorizzato all'idea che fossi incinta.
"E' tutto a posto. Stia tranquilla... I valori sono quasi rientrati nella norma. Adesso deve pensare a lei. Una gravidanza è impegnativa, quindi cerchi di rimettersi. Ce n'è bisogno..."
Aspettavo un bambino!
Dopo tanta sofferenza, la gioia più grande. Inaspettata. Quando mi ero convinta che non sarebbe mai accaduto.
"Grazie, dottore! Resterò tutto il tempo che ritiene necessario. Farò del mio meglio, mi creda!" risposi eccitata.
"Ora cerchi di riposare. Passerò ancora nel pomeriggio... E mangi qualcosa. Mi raccomando!" mi ordinò.
Sorrise e salutato anche Fabrizio uscì, lasciandoci soli.
Non parlai subito. Quella gioia era soltanto mia, purtroppo. Fabrizio si passò una mano sulla fronte, evitando di guardarmi. Poi si voltò e mosse un passò nella mia direzione.
"Sei incinta! Aspetti un bambino!" ripetè, fermo ai piedi del letto.
Appoggiò le mani alla sponda e lasciò che il peso del suo corpo crollasse.
Sembrava distrutto. Non aveva il coraggio di avvicinarsi a me. Mi fissava con gli occhi lucidi, tentando di ricacciare indietro le lacrime, turbato.
"Senti Fabrizio, non me ne disferò se è questo che mi dirai. L'ho desiderato troppo, nella mia vita. Lo crescerò da sola... Tu non devi sentirti responsabile per questo bambino" lo rassicurai.
Sapevo che quella gravidanza gli stava sconvolgendo la vita e non era pronto per farlo. Lui aveva già una figlia da crescere. Quello che stava accadendo avrebbe complicato le cose, ne ero consapevole.
Il suo viso serio mi fissò e nei suoi occhi lessi una tristezza che non sospettavo.
"Perché pensi queste cose?" mi chiese avvilito.
"Non c'è bisogno che tu me lo dica. Mi basta guardarti... Sei scioccato all'idea di un bambino"
Si avvicinò e si sedette sulle coperte a fianco a me.
"Sono scioccato, è vero, ma non per quello che pensi tu" abbassò la testa, provando rimorso. "Avrei potuto compromettere la tua gravidanza... Avrei potuto uccidere nostro figlio! E' questo che mi angoscia"
Nostro figlio... è così che lo aveva chiamato. Nostro... Tutte le mie paure evaporarono all'istante.
"Io non voglio che tu te ne disfi, né che tu lo cresca da sola... Come puoi pensarlo?" alzò gli occhi nei miei e restò in silenzio un istante, prima di proseguire.
In quel momento, mentre lo osservavo tra le lacrime, capii che avevo bisogno di averlo al mio fianco, che non ce l'avrei fatta, senza lui.
"Ci ho pensato molto ultimamente..." abbassò gli occhi e sorrise timido, "Non riesco più a immaginare la mia vita senza di te ormai" mi disse prendendomi una mano tra le sue, "E non c'entra il bambino, perché non potrei rinunciare a te lo stesso. Non voglio perderti. Voglio che tu rimanga con me, ogni giorno che ci resterà ancora da vivere... Voglio svegliarmi accanto a te, condividere con te tutto quello che ci riserverà ancora il futuro... Voglio invecchiare insieme a te... fino alla fine... Non voglio nient'altro... Solo te" il suo sguardo intenso sfiorò il mio e lo lambì delicatamente.
Lo volevo anch'io. Lo desideravo da tanto... Amare ed essere amata allo stesso modo.
"Ti amo, Chiara! Ti amo da morire!"
Lo amavo anch'io. Avevo conosciuto l'amore solo con lui.
"Non ho avuto mai niente di più bello di te nella mia vita..." gli sussurrai.
Fabrizio mi posò dolcemente una mano sul grembo e una luce gli accese il viso.
"Ora ce l'hai..." bisbigliò.
Lo accarezzai su una guancia.
Era vero. Erano due le cose belle della mia vita adesso.
Lui la trattenne delicatamente e la baciò. Il suo sguardo si fece sicuro, prima di parlare ancora.
"So che magari è presto per chiedertelo e magari non è il posto adatto, ma non posso aspettare... ora non posso più" trattene un istante il respiro, "Chiara... Vuoi sposarmi?" mi chiese ansioso.
Il mio passato morì per sempre in quell'istante. Cancellato dalla gioia che provavo.
"Sì..." risposi guardandolo negli occhi, raggiante, "Mille volte sì!"
Lo volevo, volevo lui.
Fabrizio tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò a me sorridendo. Allungò un braccio e mi abbandonai contro di lui. Mi accarezzò i capelli.
"Non pensavo di poter essere ancora felice, come lo sono in questo momento" mi disse all'orecchio, "Un figlio tutto nostro!" si ripetè al massimo della gioia.
Mi strinse, senza staccarsi da me per un tempo infinito. Poi mi prese il viso tra le mani e posò le sue labbra sulle mie.
Ora sapevo che non ci saremmo lasciati mai più... questa volta per sempre...
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