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CAPITOLO 46

Un suono nitido di sirene mi arrivò alle orecchie, sempre più vicino. Un fremito di freddo mi percorse. Sentivo le mani che avevo posato sul fianco, viscide di sangue.

Non sarei più tornata indietro, ormai... no davvero...

Stavo morendo davvero questa volta e forse era giusto che fosse così. Era il mio destino, già da quella sera.

Non avrei potuto desiderare una morte migliore... per mano di Fabrizio... Lui che avevo amato e che mi aveva amato fino a compiere un gesto estremo, ma che sapeva mi avrebbe reso libera, per sempre.

Il suo volto all'improvviso mi apparve davanti. Si inginocchiò accanto a me. L'espressione grave, preoccupata.

Era vivo! Dio, ti ringrazio! Lui era vivo!

"Maledizione!" imprecò.

Le sue mani rivoltarono il mio corpo, delicatamente e mi studiò la ferita al fianco. Lo sguardo ancora cupo, pensieroso.

Un colpo di tosse mi scosse d'un tratto e una fitta mi sferzò come un rasoio. Lui mi sollevò il capo per aiutarmi a respirare meglio.

"Fabrizio..." gli dissi, con un filo di voce.

Desideravo che mi perdonasse. In quel momento era ciò che più mi importava. Non volevo andarmene per sempre, senza che lui lo facesse.

"Sta calma... Non parlare" aveva gli occhi lucidi. Si sentiva responsabile.

Con tutte le forze che mi rimanevano, appoggiai una mano sul suo braccio e lo obbligai a fissarmi.

"Voglio che tu mi ascolti, Fabrizio... So che oramai... è lo stesso per te... Ma voglio che tu mi creda... Non posso morire senza che tu..."

"Chiara... Tu non..." cercò di fermarmi.

"No... Lasciami parlare..." la mia voce divenne fioca.

Sentii le sirene vicinissime. Erano arrivati i soccorsi.

Non mi sarebbero serviti... Non più...

Guardai i suoi occhi verdi, intensi... In quegli occhi avevo trovato la pace. Avevo visto riflessa la mia immagine e avevo capito chi ero. Mi si strinse il cuore al pensiero che non li avrei più incontrati. Tentai di sfiorare il suo viso e la mia mano tremante toccò per un attimo la sua pelle.

"Non volevo farti del male... Non volevo mentirti..." le lacrime mi inondarono il viso.

Avevo deciso di non amare più, di non lasciarmi più andare all'amore, ma lui mi aveva insegnato a farlo di nuovo... a crederci ancora... Lui mi aveva amato davvero.

Fabrizio mi guardò. Gli occhi velati.

"Non ha più importanza..." sussurrò.

Improvvisamente mi sentii mancare per il sangue perso. Il buio, implacabile, mi riempì gli occhi e la mia mano crollò a terra... ferma...

Udii da lontano Fabrizio chiamare il mio nome, ma non potevo rispondere ormai. La sua voce si fece sempre più distante, fino a che non scomparve del tutto e si spense in me anche l'ultimo pensiero.

Ma non era quella la mia fine. Non era così che dovevo morire. Ero debole, ma non fino al punto di dovermene andare da questo mondo per sempre.

D'un tratto una voce femminile mi riecheggiò all'orecchio.

"Chiara!" era agitata, "Chiara!"

Era lei che mi chiamava...

Quella voce allarmata mi risvegliò all'istante. Le mie palpebre si costrinsero ad aprirsi e Fabrizio, chino su di me mi fu di nuovo davanti. Mi fissava inquieto. Catturò i miei occhi e gli scappò un sorriso.

"Stanno arrivando i soccorsi... Andrà tutto bene" mi rassicurò con gli occhi pieni di lacrime di sollievo.

Fu in quel momento che un movimento alle sue spalle attirò la mia attenzione.

Massimo vacillando si stava rimettendo in piedi. Barcollò un istante e rischiò di cadere. Il suo sguardo era traboccante di collera, carico di risentimento. La pistola era ancora tra le sue mani. La teneva stretta, bloccata a puntare la mira su Fabrizio che gli dava le spalle.

Lui, preso dalle emozioni, non se ne accorse e continuò a sorreggermi.

Gli avrebbe sparato! Lo avrebbe ucciso!

Il mio sguardo si spalancò, spaventato. Fabrizio mi studiò, senza capire. La sua pistola era ancora nella fondina aperta... Istintivamente l'afferrai, recuperai le forze e mi issai veloce, premendo il grilletto, senza indugiare, contro Massimo. Il proiettile preciso lo colpì in fronte e questa volta rovinò a terra restando immobile. Gli occhi sbarrati, fissi verso l'alto.

Fabrizio sgranò lo sguardo e si voltò, comprendendo solo in quel momento quello che stava accadendo. La pistola mi sfuggì dalle mani e cadde sul pavimento con un rumore sordo. Le forze, così come erano arrivate in mio soccorso, mi abbandonarono e mi accasciai nuovamente indietro tra le sue braccia.

Non riuscì a dire niente.

I passi concitati di qualcuno si fecero sentire sulla veranda. Li udii dentro casa e due militi della croce rossa, insieme ad un medico si chinarono su di me.

"Presto! Dobbiamo fare presto..."

Lui si allontanò, ma incrociò ancora lo sguardo con il mio. Il suo respiro faticava a tornare tranquillo e ne conoscevo il motivo.

A fianco a lui c'era lei... Adele...

Mi aveva risvegliato all'improvviso, permettendomi di salvarlo. Se non lo avesse fatto non avrei potuto fare niente.

Tesi una mano a toccare la sua, senza riuscire a farlo.

Mi sorrise e si voltò a guardare Fabrizio.

Sbattei le palpebre convinta ancora che fosse un'illusione, una visione causata dalla debolezza. Eppure dentro di me non riuscivo a convincermene. Adele era reale più di quello che volevo convincermi a credere. Non ne avrei capito a fondo il motivo. Non avrei potuto comprendere come era stato possibile, ma lei era stata accanto a me tutto il tempo. Avevo avvertito la sua presenza...

Lei era stata con me...

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