CAPITOLO 32
Col cellulare tra le mani, camminavo nervosa per la casa. Volevo disperatamente spiegarmi con lui. Dirgli tutta la verità. Desideravo sentire ancora la sua voce; la sua voce che mi perdonava e mi accettava per quello che ero, ma qualcosa dentro continuava a frenarmi dal farlo.
Ero arrivata fino al comporre i primi tre numeri, prima che l'agitazione mi bloccasse, costringendomi a spegnere la chiamata.
Anche se ero certa Fabrizio si fosse attaccato a me, come potevo prevedere la sua reazione di fronte a una rivelazione simile?
Aveva detto che si era sempre negato qualcosa, e che l'aveva trovato in me. Come l'avrebbe presa scoprire che non potevo dargli quel qualcosa che cercava?
Non potevo rifargli vivere un incubo, perché è questo che avrei fatto... lo avrei rigettato in un incubo, probabilmente peggiore.
Mi accasciai sul letto, in preda all'angoscia e gettai un'occhiata all'orologio, stretto attorno al mio polso, rinunciando definitivamente a chiamarlo.
Le undici...
La mia mente andò lontana...
C'era un'altra voce che avrei voluto ascoltare in quel momento... quella di Silvie...
Non l'avevo più sentita da quando ero partita. Lei stessa mi aveva chiesto di non farlo. Eppure continuavo a sentirne la necessità, soprattutto ora che era passato del tempo e che mi sentivo più tranquilla. I fili della nostra esistenza erano talmente intrecciati che saremmo rimaste unite per sempre.
Era la sorella di mia madre. Da quando lei era venuta a mancare, l'aveva sostituita in tutto dentro di me. Era diventata la mia consigliera, la mia confidente, la mia guida ed era l'unico affetto che mi rimaneva della mia famiglia.
Era stata lei ad aiutarmi a fuggire. Da sola, probabilmente, non avrei mai avuto il coraggio di farlo.
Aveva un carattere forte, molto più del mio. Combattiva, ostinata, inflessibile... Ed era questo quello di cui avevo bisogno ora. Un bisogno disperato...
Non chiamarmi, aveva detto. Ma lo stesso volevo sentire la sua voce e volevo rasserenarla che stavo bene... sapere che anche per lei era lo stesso.
Mi sarebbero bastate solo poche parole. Solo parlarle...
D'istinto afferrai il telefonino e composi il suo numero di casa.
"Pronto" fece la sua voce dopo pochi squilli.
"Ciao. Sono io" non ci fu bisogno di dire altro che lei capì.
"Mio Dio! Come stai? Va tutto bene?" esclamò ansiosa. Era felice di risentirmi e così mi sentivo io.
"Ho trovato un posto sicuro dove stare. Volevo che lo sapessi"
"Ero sicura che sarebbe successo. Non sai quanto sono contenta"
"E tu come stai?"
"E' tutto a posto. Non devi preoccuparti per me" il suo tono d'improvviso cambiò e si fece preoccupato, "Non avresti dovuto chiamarmi comunque... Anche se sono felice che tu lo abbia fatto"
"Volevo sentirti..."
"Non abbassare la guardia, bambina. Non puoi ancora farlo. Prima devi..."
"Lo so, lo so... Tranquilla" la interruppi, "Lo farò..."
Non le avrei detto dov'ero, ma che ero ancora in Italia, sì... "Sono ancora qui ad ogni modo. Sono in..." feci intenzionata a proseguire.
"No!" m'interruppe, "Non dirmi dove sei. È meglio che non lo sappia" continuò.
Ci capivamo ancora prima di parlare. Come se riuscissimo a leggerci nel pensiero. E lei sapeva cosa stavo per dire.
"Se vuole mi trova lo stesso..." ammisi sconsolata.
"Non succederà, non devi neanche pensarlo! Ma non voglio saperlo, ecco... preferisco..."
C'era una cosa che avrei voluto domandarle. In fondo era anche quello il motivo della mia chiamata, anche se non avevo il coraggio di ammetterlo a me stessa. Lui era l'incubo maggiore. Non sapevo se mai si sarebbe mosso, era vero, ma lo temevo. E questo mi impediva di vivere le emozioni che provavo fino in fondo. Di vivere Fabrizio... e avevo bisogno di una sua rassicurazione.
"Silvie..." deglutii l'amaro che mi costava chiederglielo, "L'hai più visto?"
Sospirò prima di parlare.
"Sì... Non posso nascondertelo... E' venuto qui..." subito un brivido mi scosse i nervi.
Era andato da lei! Il pensiero mi stringeva in petto soffocandomi.
"Quando?"
"Qualche giorno fa, ma non credo sospetti qualcosa. È stata più una visita di cortesia... sta tranquilla. Non mi ha chiesto niente. E' tutto come quando sei partita" proseguì, "Ma... non voglio sapere dove ti trovi. E' meglio così... Non voglio che per colpa mia..."
Non la lasciai terminare.
"Tu non hai nessuna colpa e non l'avrai mai! Ricordalo questo. Mi dispiace solo averti messo in mezzo..." la mia voce si incrinò e i miei occhi trattennero a stento le lacrime, "Non avrei mai voluto..."
"Ehi... Finirà... Vedrai, finirà..." cercò di consolarmi.
Chiusi gli occhi respirando a fondo, cercando di ricacciarle indietro.
Come avrei voluto avesse ragione!
"Credici, hai capito?"
"Non è facile..."
"E allora sforzati! Devi avere più fiducia in te stessa: le cose sono già cambiate. Fidati..."
Respirò profondamente poco convinta di avermi rassicurato. Era arduo farlo...
Temevo per me e temevo per lei. Non potevo nasconderglielo fino in fondo. Ciò di cui era capace quell'essere era impensabile.
"Voglio che tu mi giuri una cosa comunque" restò in ascolto, "Dammi la tua parola che mi chiamerai se dovesse succedere qualcosa. Qualsiasi cosa! Puoi usare questo numero: è sicuro"
"Che vuoi che succeda? Vuoi smetterla di pensare a me..."
"Promettimelo! Qualsiasi cosa!" ripetei.
"E va bene. D'accordo. Lo farò..." mi tranquillizzò, "Non ce ne sarà bisogno in ogni caso..."
"Non lo sai"
"Sì, che lo so"
"Hai visto di cosa è capace. Potrebbe farlo a te..."
"Ehi! Non lo farà. Andrà tutto bene. Ascoltami! Tutto bene!"
Aveva colto la mia inquietudine e come suo solito provava a smorzarla. Con il suo abituale ottimismo. Quello che non avevo io.
"Sei sempre stata forte; fin da quando eri piccola. Non mollare adesso. Promettimelo! Non voglio sentirti così sfiduciata..."
"Non sono sfiduciata, Silvie... E' solo che..."
Che avevo paura...
"Non ti serve nessuno... rammentalo sempre" era quello che più la preoccupava: che dovessi affrontare tutto da sola e mi scoraggiassi, "Basti a te stessa. La forza che hai dentro di te è sufficiente..."
Non potevo tacerglielo, volevo dirglielo. Tranquillizzarla almeno su questo.
Tentennai, "Non sono più sola, Silvie. Sai... sto bene qui... c'è gente che si è affezionata a me. Qualcuno in modo particolare. Un amico... E' gentile..."
Non riuscii a continuare che lei comprese.
"Di cosa ti preoccupi allora? Non sai quanto ne sono felice! Te lo meriti. Hai diritto ad un pò di serenità..."
Un pò di serenità... era questo il punto... non riuscivo a trovarla. E non l'avrei neppure regalata a Fabrizio... gli avrei fatto vivere l'inferno...
L'angoscia mi spezzava il cuore.
"No, che non ce l'ho invece" la interruppi, "E forse non ce l'avrò mai! Ce l'ho ancora appiccicato addosso. A volte ho quasi l'impressione di vederlo tra la gente... che lui... Basterebbe un nonnulla per..." la mia voce usci stridula nel dirlo. Non ce la facevo a continuare.
"Non voglio sentirtelo dire! La vecchia te, non esiste più, hai capito? È questa la tua fortuna: puoi rifarti una vita. Credici!"
Aveva ragione: la vecchia me non esisteva più. Ero un'altra adesso.
Eppure, nonostante me lo ripetessi anch'io, c'era un peso che mi gravava sullo stomaco. Non riuscivo a togliermelo...
Non replicai.
"Arrivo!" la sentii gridare a qualcuno.
Non era sola. Soltanto allora mi pentii di essere stata così precipitosa. Adesso avrebbe dovuto giustificare la mia chiamata.
"Devo andare... Forse è meglio... abbiamo parlato fin troppo"
"D'accordo, d'accordo..." anche Silvie non era tranquilla, nonostante cercasse di rassicurare me. Era inutile fingere: non lo saremmo state mai, fino in fondo.
"Posso richiamarti?" non volevo lasciarla. Desideravo tenere aperto il contatto con lei. Averle parlato, anche se per poco, aveva riacceso la necessità che avevo covato in segreto di sentirla.
"Non farlo, piccola. Non ancora!" mi ammonì, "Staremo di nuovo insieme, te lo prometto. Ma non è ancora il momento. Diamo tempo al tempo... non precipitiamo le cose..."
Lo sapevo dentro di me: non era ancora il momento adatto. Era ancora troppo recente quell'incendio. E tutto ciò che portava con sè...
"Sta sempre attenta, mi raccomando!"
"Lo sto facendo..." non disse nulla, ma ero certa ne fosse rassicurata.
Concluse dicendo solo.... "Ciao"
"Ti voglio bene" risposi in un sussurro.
"Anch'io" replicò, "Te ne vorrò sempre, piccola. Sempre..."
Non ci dicemmo altro e insieme riagganciammo.
Così... seduta sul letto, col cellulare ancora tra le mani, andai lontano coi ricordi...
Erano passati quasi due mesi da allora... era un segnale positivo.
Allora perchè avvertivo una strana inquietudine e non riuscivo a farne a meno.
Perchè?
Mi alzai ed andai in cucina. Guardai fuori della finestra, sbirciando tra le fessure della persiana.
La nevicata pareva incessante. Cadeva fitta, ghiacciata. Con un vento violentissimo. Picchiava contro le finestre chiuse. La sentivo frusciare. Sferzare le ante. Farinosa e insolita.
Un turbamento si insinuò tra i miei pensieri, seguendo l'eco delle sue parole: una visita di cortesia, aveva detto.
Non era solito fare visite di cortesia... a nessuno... le sue visite avevano sempre uno scopo... glielo imponeva il suo lavoro, oltre che la sua indole...
Perchè era andato da lei, allora? Quale altro motivo nascondeva?
È tutto come quando sei partita, mi aveva assicurato.. e allora cosa lo aveva spinto a recarsi a casa sua?
C'era un non so che di dissonante in tutto quello. Qualcosa che mi disturbava e mi inquietava allo stesso tempo...
Mi riscossi da quelle riflessioni, quando sentii picchiare alla porta. Un colpo leggero, ripetuto due volte ravvicinate. Con la stessa cadenza.
O almeno così mi parve...
Restai in ascolto.
Un altro tocco. Questa volta più nitido. Poi altri tre...
Le luci erano accese in casa. Chiunque fosse, sapeva che ero lì...
Le spensi immediatamente.
Fabrizio non poteva essere. Mangiava dai suoi. Andava a prendere Martina...
Il mio respiro aumentò. Scostai le tende e guardai al di là del vetro: non riuscivo a distinguere nulla. Nessuno che giustificasse il suono che avevo appena udito.
Forse era solo il vento. Chi avrebbe potuto arrivare fin lì con quel tempaccio? E poi con quale scopo?
Forse lo avevo immaginato. La tensione che avevo addosso quella sera mi aveva solo ingannato...
Qualcuno bussò più forte, con l'intenzione di farsi aprire. Questa volta in maniera decisa.
Non lo avevo immaginato: c'era qualcuno veramente!
Il panico si impadronì di me all'istante. Il mio respiro divenne corto.
Non potevo aprire!
Il tocco si fece più forte ancora. Più insistente di prima.
Una maschera di terrore sul viso...
Rimasi in silenzio, senza muovere un passo. Immobile come immobile era la mia mente, incapace di realizzare chi potesse esserci dietro quella porta...
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