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CAPITOLO 3

Passai alcuni centri abitati, dai nomi sconosciuti, difficili da pronunciare. Le loro luci mi seguirono per un po' rassicurandomi. Poi il percorso si fece in pendenza, a tratti tortuoso. La macchina faticò, talvolta, a mantenere la seconda e mi obbligò a scalare. La strada sembrava non finire più.

Valtournenche...

Cervinia non doveva più essere lontana a giudicare dalla cartina.

Le luci della strada si spensero in concomitanza con un altro tuono, immergendomi nell'oscurità.

I fari di una jeep in lontananza mi spinsero ad accelerare per raggiungerla. Seguendola mi sentivo più tranquilla del tragitto da fare, data la pioggia incessante e la nebbia bianca.

Il fango gli imbrattava gran parte della carrozzeria grigia, fino a ricoprire quasi totalmente il copri-ruota di scorta nero, che aveva appeso dietro. Land Rover c'era scritto in un vistoso ovale verde, posto al centro. Non me ne intendevo di macchine, ma avrei detto comunque che era un modello vecchio. Troppo rumorosa per i miei gusti, con una stella nera su ogni fiancata, che si intravedeva ogni volta che curvava.

La tallonai lungo i tornanti ripidi, che affrontava rallentando e accelerando, facendosi seguire da una sbuffante nuvola di fumo nero. Con andatura costante. Senza sbalzi di velocità, o brusche frenate. Conosceva la strada, pensai, da come proseguiva tranquillamente senza lasciarsi sorprendere dal tragitto. Cosa che invece facevo io, rischiando di far spegnere la macchina ad ogni svolta.

Poi improvvisamente decelerò, mise la freccia e fece una deviazione a destra. Azionai la freccia anch'io e svoltai a mia volta. Proseguii per un po' pedinandola lungo la strada sempre in salita fino a quando, a sorpresa, si fermò.

Rimasi ad aspettare che ripartisse, dietro, col motore acceso. Non riuscivo a distinguere nulla al di là della jeep, nonostante i tergicristalli continuassero ritmicamente a spazzare via l'acqua dai vetri, ma qualcosa di sicuro bloccava la strada. Non c'erano luci nemmeno lì intorno per riuscire a vedere meglio, a parte quelle delle nostre auto, che si dissolvevano nella nebbia. C'erano solo alberi scuri che chiudevano ai lati la strada e che il buio, di quella sera ormai inoltrata, rendeva quasi inquietanti.

I fari della jeep, inaspettatamente, si spensero e qualcuno scese dalla parte della guida. Si voltò verso la mia macchina ferma ancora in moto e rimase immobile, sotto la pioggia.

Era un uomo... Pareva irritato dalla mia presenza da come si muoveva indeciso avanti e indietro e non ne capivo il motivo. Come se fosse titubante sul fare qualcosa.

Forse era solo infastidito dai fari della mia macchina, che aveva puntati addosso... Li abbassai per non accecarlo e lo studiai, diffidente. Non era il caso di suscitare curiosità. Questo lo sapevo.

Era alto a giudicare da quanto la sua altezza superasse quella della jeep. Aveva i capelli scuri, mossi. Non troppo corti, ma non riuscivo a distinguerne bene il volto, che rimaneva in ombra. Il suo giubbotto sembrava scuro, come i suoi pantaloni.

Quello di cui ero certa, per la verità, era che tutto in lui sembrava scuro... I suoi capelli, i suoi occhi che, sapevo, mi fissavano, anche gli scarponi che spuntavano sotto i jeans sembravano scuri...

Tutto di quel luogo mi sembrava tale e non mi piaceva affatto...

Poi con una mano alzata a riparare gli occhi dalla luce ancora forte dei fari, puntò deciso verso la mia macchina, tra la pioggia che si era fatta sottile. Con fare risoluto, quasi ostile. Sporgendosi di lato nel tentativo di individuarmi all'interno. Sembrava voler capire chi fossi. E questo mi agitava terribilmente...

D'istinto chiusi la sicura delle portiere e quando mi fu accanto, pigiai il pulsante per abbassare a metà il finestrino e lo studiai, sempre più preoccupata.

"Che succede?" gli chiesi cauta.

Era giovane. Avrei detto più o meno quanto me. I suoi occhi insofferenti mi esaminarono, senza che lui parlasse, squadrandomi per quanto gli riusciva possibile. L'arcata delle sue sopracciglia era bassa, il naso dritto, non troppo largo e aveva una barba appena accennata a incorniciare le labbra, non troppo carnose. Alcuni riccioli bruni, grondanti di pioggia, gli cadevano, appiccicati, ai lati della fronte in maniera disordinata, ma sembrava non importargliene più di tanto, come se in quel momento avesse altro a cui pensare.

Il suo sguardo inflessibile bloccò il mio. Corrugò la fronte e un senso di timore mi colse all'istante. Tentai di nascondermi alla sua vista, indietreggiando sul sedile, per rimanere il più possibile lontano dalla poca luce che rimandavano i fari della mia macchina. Non mi convinceva come mi fissava.

C'era qualcosa che mi inquietava nel suo viso... La sua espressione seria mi innervosiva. Vi coglievo un'ombra di minaccia... quasi stesse meditando qualcosa di sinistro... quasi stesse seguendo un'idea precisa e questo gli impedisse di sorridere.

Mantenendo un piglio severo, d'un tatto, appoggiò le mani al tetto bagnato della macchina, imperturbabile alla pioggia che continuava a cadere lieve e d'improvviso parlò.

"Ci conosciamo?" domandò.

Aveva la voce profonda e una punta di fastidio in come pronunciò la frase.

"No. Perché?" risposi, abbassando immediatamente il volto, con aria colpevole.

Il suo sguardo inquisitore, che sentivo puntato addosso, mi impauriva. Il mio viso non poteva essergli familiare... Nessun giornale aveva riportato foto... neppure i notiziari. Ne ero sicura.

Eppure in quel momento mi sentii incapace di cancellare dalla mia mente la paura che scaturiva da quel dubbio. Da quella possibilità che non avevo considerato.

Lo fissai solo un istante, incapace di aggiungere altro, in attesa delle sue conclusioni.

Una maschera di panico sul viso.

"D'accordo, senti..." proseguì calmo, "Non so chi ti abbia mandato, nè quali siano le tue intenzioni, ma sappi che non sono un tipo molto socievole e non sto cercando compagnia femminile" aveva sul volto un'aria di sfida, "Quindi..." sospirò, "Ti conviene tornartene da dove sei venuta, per quanto mi riguarda. Stai solo sprecando tempo..."

Spalancai gli occhi sconcertata. Non era certo quello che mi aspettavo dicesse.

Non riuscivo a comprendere... chi ti abbia mandato? Le tue intenzioni?! Che cosa intendeva dire? Che cosa poteva importare a me del tipo che era o se cercava o meno compagnia femminile?!

Che diamine significa, poi, "stai solo sprecando tempo?!"

"Non capisco, mi creda" azzardai.

"Certo..." rise appena, "E adesso mi dirai anche che Aldo non c'entra e che non lo conosci, che non l'hai mai sentito nominare... bla, bla, bla..."

Aldo?! Chi diavolo era Aldo?!

"Puoi pure dire al tuo amico che non ho bisogno di certe attenzioni. Poteva risparmiarsi il pensiero..."

Restai a bocca aperta.

Ma che si credeva?! Io poi!

Adesso avevo inteso perfettamente a cosa si riferiva...

A pensarla in un altro momento avrebbe anche potuto sembrare comica la sua allusione, ma in quel frangente non lo era affatto. Mi urtava soltanto...

Cercai di controllare il nervosismo.

"No, guardi... credo che ci sia un equivoco. Non so di cosa stia parlando, francamente. E non ho alcuna intenzione su di lei, se ci tiene a saperlo. Davvero..." puntualizzai fingendo tranquillità e cercando di non irritarlo di più con le mie parole.

"Beh..." strinse le labbra, "Allora perché mi hai seguito fin sotto casa?" continuò fermo.

"Io non l'ho seguita fin sotto casa! Ma che sta dicendo?"

Lo vidi sospirare ed abbassare il capo con un ghigno derisorio.

Ma era completamente folle! Ma che cavolo! Sotto casa addirittura... quello era uno squilibrato!

"Sicuro..." commentò ironico.

"Creda pure quello che vuole, se la fa star meglio, ma io non..."

Una luce improvvisa accompagnata da un tuono, che squarciò il buio, mi fece ancora trasalire, interrompendomi dal proseguire. Mi portai una mano al petto per lo spavento e buttai fuori l'aria che stavo trattenendo da un po'. La nebbia si diradò un poco, mentre la pioggia riprendeva a picchiettare sul tetto dell'abitacolo con maggior insistenza.

Non bastò ad allontanarlo. Rimase lì. L'espressione scocciata. In attesa...

Di cosa, poi? Che altro dovevo dirgli?

Dovevo togliermi da quell'impiccio, invece. Non stare a perdere altro tempo. Ecco, cosa dovevo fare.

Ma poi perché ero finita in quell'impiccio?

Non avevo le forze di trovare una risposta. Erano altre le mie priorità...

Inaspettatamente la luce dei lampioni al bordo della strada tornò e i miei occhi colsero in fondo, dietro la sua figura, l'ombra di qualcosa che pareva un edificio. Qualcosa che di lì a poco distinsi meglio. In tutta la sua interezza.

Guardai lui, poi tornai a fissare davanti.

Oddio! Dimmi che non è vero!

Incontrollabilmente mi portai una mano alla bocca.

Tutto, d'un tratto, si fece chiaro alla mia mente.

Alzai il viso nuovamente nel suo, sbigottita. Mortificata.

Le sue parole, ad una ad una, acquistarono significato. Un significato davanti al quale rimpicciolivo, a poco a poco, per la vergogna.

Io ero la squilibrata ai suoi occhi! Avevo seguito veramente qualcuno fin sotto casa. E quel qualcuno era lui! Sul serio!

Un'espressione mista di sorpresa e disagio mi si disegnò visibilmente sul volto.

"Già... questa è casa mia!" sottolineò con una vena sarcastica nella voce, intendendo il mio imbarazzo.

Come avevo potuto non accorgermene?! Come avevo potuto essere così stupida?!

Cercai invano di sfuggire il suo sguardo, rovistando nella mia mente alla ricerca della cosa giusta da dire in quel momento.

"Oh... Temo di aver commesso un imperdonabile errore. Mi scusi... non volevo... Non conosco bene la strada e le luci si sono spente all'improvviso e... Pensavo che lei andasse nella mia stessa direzione... La nebbia mi ha confuso e così l'ho... " non riuscivo neppure a dirla quella parola.

Una vampata di caldo mi investì le guance quando incontrai i suoi occhi impassibili.

Lui parve ponderare le mie parole, dubbioso.

"Non sei di queste parti?!" mi chiese interrompendo il mio fastidio, "In effetti non ti ho mai visto..."

"No. Sono solo di passaggio" tagliai corto.

"Beh... non è il periodo ottimale per una vacanza qui. Dov'è che stai andando?"

"A Cervinia" risposi vaga, eludendo la prima parte del suo discorso.

"Mmm..." respirò profondamente prendendosi il tempo per considerare la mia ammissione. Non andò oltre nell'approfondire il discorso; non gliene importava in fondo.

"Comunque c'eri quasi..." continuò, "Ti basta ripercorrere all'indietro il viale di casa mia e scendere di nuovo per riprendere la regionale che va in salita. Poche curve ancora. Passi il tunnel che trovi e al di là c'è Cervinia." mi informò formale accompagnando le parole con un gesto evasivo della mano.

Il suo messaggio era chiaro: puoi anche dileguarti adesso. Anzi, mi faresti un vero piacere se lo facessi...

Dovevo ascoltare quel consiglio taciuto... e subito! Prima che mi ponesse altre domande...

"Sì...Grazie" dissi fuggente, "Ho capito... Dopo il tunnel"

Misi la prima per muovermi, mentre il tizio si spostava di un passo per farmi largo. Ma come se mi volesse fare uno sgarro, la macchina si spense facendomi sobbalzare sul sedile.

Merda!

Evitai di proposito di rivolgerli lo sguardo.

Rimisi in moto con una gracchiata, spegnendola di nuovo.

Merda, merda, merda!

"Vuole una mano?"

"No, grazie..." dovevo andarmene, mi ripetei. Sentivo le gote avvampare sotto il suo sguardo.

Perché mi stava fissando! Sentivo che lo stava facendo!

Al terzo tentativo finalmente cambiai il senso di marcia e con una sgommata non voluta mi allontanai, senza salutarlo altro che con un cenno del capo.

Maledizione! Dovevo rimanere più tranquilla! Dovevo rilassarmi!

Lui mi fissò a lungo. Riuscivo a distinguerlo nel retrovisore. Rimase fermo, sotto la pioggia, a seguirmi fino a quando non scomparii alla sua vista per riprendere il mio percorso, mentre l'oscurità, rassicurante ora, tornava ad avvolgermi.

Inspirai ed espirai più volte, rumorosamente.

Calma! Devi ritrovare la calma! Mi ordinai.

Nella mente continuavo ad avere il suo sguardo severo che mi inchiodava e qualcosa si rimescolò in me. Una fitta improvvisa mi strinse lo stomaco e un brivido mi percorse da capo a piedi.

Non mi piaceva... era riuscito ad agitarmi e questo non era un bene per me.

Dovevo tenere i nervi saldi. Ne andava del mio futuro. Della mia vita...

Per fortuna non avrei dovuto incontrarlo ancora. Non viveva solo lui da quelle parti... No, davvero...

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