CAPITOLO 27
Una volta pronti, ci incamminammo verso la pizzeria che c'era all'interno del Palaghiaccio, con Martina nel mezzo che ci teneva per mano. Come se fossimo stati una famiglia e per un attimo quasi me ne convinsi.
Il locale era luminoso, non troppo grande, arredato in maniera moderna e affollato nonostante fosse lunedì. Gente comune, famiglie, qualche coppia qua e là e tanti, tanti gruppetti di teenager. I tavolini erano quasi tutti occupati e parecchi si stavano già liberando.
"Ci sarebbe un tavolo per tre?" chiese Fabrizio a un uomo intento a sfornare le pizze, al di là di un lungo bancone ricoperto di mattonelle a scacchi rossi.
Aveva i capelli grigi e un berrettino bianco a bustina sulla testa. Le maniche corte gli scoprivano i muscoli delle braccia e indossava un grembiule bianco, come i pantaloni.
Si voltò e il suo viso si illuminò all'istante.
"Fabrizio! Che ci fai da questa parti? Che piacere rivederti!" sistemò le pizze nei piatti e lasciò la preparazione delle altre al pizzaiolo che lo aiutava, dedicandoci immediatamente le sue attenzioni.
Si ripulì le mani sporche di farina in un canovaccio e ci venne incontro, sorridente.
"Ero da queste parti e ho pensato di venire a trovarti" gli disse Fabrizio posandogli una mano sulla spalla.
"Hai fatto bene! E' passato un secolo dall'ultima volta che ti ho preparato qualcosa! Come stai?" gli chiese stringendogli la mano.
"La solita vita... Ti trovo bene" tagliò corto Fabrizio.
"Eh... Sto invecchiando, Fabrizio... Prima o poi mollo tutto!"
Fabrizio rise di gusto.
"E' da quando giocavo a hockey che te lo sento dire"
"E' vero!" rise anche lui, "Mi conosci troppo bene... E' la mia vita da sempre. Finirò per non farlo mai... Vieni vi trovo io un posto da qualche parte. Stasera c'è gente"
"Ma..." fece bloccandosi sorpreso rivolgendosi a Martina, "Santo cielo! Non dirmi che questa è la tua signorina?" esclamò scompigliandole i capelli e facendola ridere.
"Martina ti ricordi di Gianni?" le chiese Fabrizio, orgoglioso.
Lei annuì soltanto, facendosi d'un tratto timida.
"E questa è la mia amica Adele" continuò, presentandomi.
Gianni mi tese la mano cordialmente, esaminandomi da capo a piedi.
"Non sei di queste parti" disse incuriosito.
"Mi sono trasferita da poco" replicai, raggirando la risposta.
"Dicevo! Hai un'aria più raffinata rispetto a certi montanari" l'allusione a Fabrizio era palese.
"Ehi! Vacci piano. Cos'hai contro i montanari? Siamo gente rispettabile, noi!" replicò lui fingendosi offeso.
Gianni si rivolse a me con fare saccente.
"Ragazza! Sappi che sei in compagnia del miglior giocatore di hockey degli ultimi tempi... E' un vero peccato che abbia deciso di ritirarsi per fare il montanaro. Te lo assicuro!" commentò.
"Questo lo pensi tu, Gianni. C'era e c'è ancora gente migliore di me. Fidati!"
"Sarà... ma non riuscirai a convincermi tanto facilmente" lo ammonì guardandolo sbieco, "Abbiamo vinto ben cinque campionati grazie a te. Non lo dimenticare!".
"E' stata solo fortuna..." si vedeva che il complimento gli faceva piacere, anche se non voleva darlo troppo a vedere.
"Chiamala pure fortuna se ti fa piacere, ma per me è bravura" insistette Gianni.
"Venite. Seguitemi!" ci esortò.
Prese un menù da un tavolo e si diresse verso un angolo appartato. Lo posò su un tavolino libero e ci fece segno di accomodarci.
"Decidete pure con comodo. Intanto vi mando una ragazza per le bevande..."
Si allontanò per cercarne una libera e, mentre se ne andava, ci sistemammo attorno al tavolo. Mi ritrovai seduta accanto a Fabrizio, un po' più vicina di quello che avevo immaginato, ma non mi rincrebbe.
Non gli feci domande sul suo passato da giocatore, così che lui non si spingesse a farne a me e mi accontentai dell'idea che già mi ero fatta su di lui, udendo la conversazione di poco prima.
"Mi piace questo posto" gli dissi invece, per cercare di avviare la conversazione.
"Davvero?" esclamò soddisfatto, "Mi fa piacere. E fanno anche delle pizze favolose! La maxi che fa Gianni è la fine del mondo! Bisogna mangiarla almeno in due, però... E' enorme! Ma tu ordina pure quello che preferisci... Sono tutte buone"
"No, va bene. Prendiamo una maxi. Voglio fidarmi" lo guardai sorridendo e mi sentii arrossire.
Non ricordavo quanto tempo era passato dall'ultima volta che era capitato... Da quando un uomo mi aveva fatto provare quell'emozione, ma mi sentivo di nuovo viva, dopo tanto tempo.
Ordinammo alla ragazza e ci rilassammo guardandoci in giro.
"Papà" lo chiamò Martina, "Posso andare a vedere Gianni mentre fa le pizze? Quando arriva la nostra, arrivo..."
"Non mi va che ti allontani, lo sai" le rispose nervoso.
"Ma papà... non sarò lontano. Vado solo fino lì" gli disse indicando Gianni a poca distanza da noi, "E poi starò con Gianni... Ti prego..."
Fabrizio irrigidì la mascella, combattuto.
"Lasciala andare" lo esortai, "Starà bene. Sta tranquillo"
Lui mi guardò e decise di fidarsi.
"E va bene vai, ma appena ti chiamo ti voglio qui... Mi raccomando"
"Grazie papy" esclamò esultante.
La guardammo allontanarsi e Fabrizio si lasciò scappare un sospiro.
"Mi chiedo come farò quando sarà un'adolescente e vorrà uscire da sola... Il solo pensiero mi uccide" confessò, "Non riesco a pensarla distante da me. Lo so che è esagerato, ma ho paura... paura di perderla"
"Ti capisco. Credo sia normale per un genitore. Ma crescerà e avrà bisogno di staccarsi da te comunque..."
Fabrizio si mosse irrequieto sulla sedia all'idea.
"Succederà. Capita a tutti" ribattei ridendo, "Pensa a quando s'innamorerà. E' inevitabilmente... un giorno lo farà. E' la vita... Dovrai lasciarla andare se le vuoi bene. Potrai solo sperare che sia di un bravo ragazzo, ma non riuscirai a fermarla..." proseguii con amarezza ripensando a me.
"Forse hai ragione, ma non sarà facile. Te lo assicuro. Mi preoccupo per lei" mi sorrise e bevve un sorso di birra. Poi la guardò e il suo viso si scurì, "L'idea che un giorno s'innamorerà poi..." ripeté tra sé.
"Accade a tutti prima o poi. Non puoi tenerla in una boccia di vetro!"
"Anche a te? Voglio dire... ti è capitato di innamorarti?" posò la bottiglia sul tavolino e mi fissò ansioso di conoscere la risposta.
"Vuoi dire da adolescente?"
Assentì bevendo un sorso di birra dalla bottiglietta.
"Certo! Come avrei potuto non farlo: che tu ci creda o no, lo sono stata anch'io" entrambi ci lasciammo coinvolgere da una risata, "Mi sono innamorata continuamente al liceo" sospirai, pensando a quegli anni spensierati, "Di tutti e di nessuno, in realtà, ma lo sono stata per tutti e cinque gli anni" ammisi scherzosamente.
"E dopo? Ti sei mai innamorata seriamente di qualcuno?" domandò curioso.
La mia salivazione andò immediatamente a zero. Il mio riso si spense gradualmente.
Non mi aspettavo quella domanda e subito rialzai quel muro che tanto conoscevo attorno a me.
"Una volta ho pensato di esserlo. Ma è stato tempo fa..." risposi stringata, tormentando il tovagliolo che avevo sul tavolo di fianco
"Che cosa è successo?" insistette.
"Non era quello che credevo... Lui non era la persona che immaginavo ed è finita... Non poteva continuare" serrai le labbra, asciutta, stringendomi nelle spalle, "Tutto qua"
Sì... tutto qua. Come se fosse stato così facile, pensai avvilita.
Non riuscivo a capacitarmi di essermi spinta fino a quel punto. Mi stavo sbilanciando...
Fabrizio mi studiò e non ce la fece a trattenersi.
"E non ti è più capitato di innamorarti allo stesso modo? Seriamente, intendo..." catturò il mio sguardo alla ricerca di conferme o di smentite e lasciai che lo leggesse.
Ma non ebbi il tempo di continuare sull'argomento che arrivò la pizza, insieme a Martina. E la cosa mi rilassò enormemente. Non avrei saputo cosa rispondere, anche se in fondo a me stessa conoscevo perfettamente la risposta.
Per un po' fummo occupati a mangiare e solo allora mi accorsi di essere affamata. Tutto quel pattinare ci aveva messo appetito, era inutile negarlo. La pizza si rivelò buonissima, come mi aveva predetto Fabrizio. Leggerissima, friabile e incredibilmente ricca di ingredienti. Ma dopo il primo quarto ero strapiena e mi arresi.
"Mangi come un uccellino! Te l'ha mai detto nessuno?" commentò Fabrizio.
"Veramente no... Mi hanno detto tante cose, ma no... questa mi mancava, in effetti"
Un brivido di eccitazione mi sorprese per il modo in cui i suoi occhi mi scrutavano il viso, intanto che parlavo.
Sì... mi era ancora capitato di innamorarmi seriamente di qualcuno... mi dissi, me ne stavo rendendo conto... Stava succedendo in fretta, ma non potevo evitarlo.
Lo guardai ridere alla mia battuta e concentrarsi su Martina, per pulirle la bocca, sporca di pomodoro e i suoi occhi si accorsero dei miei. Restò a fissarli senza parlare e smorzò il suo sorriso, facendosi d'un tratto assorto.
Avrei tanto voluto dirgli la verità... ma non mi avrebbe più guardato allo stesso modo... E forse dentro di me, era proprio quello che temevo e che mi frenava dal farlo...
"Me lo fai assaggiare?" mi chiese Martina, quando mi portarono il dolce.
"Certo! Apri la bocca..." feci porgendole il cucchiaino con la crema ai frutti di bosco.
"E' buona! Me ne dai ancora un po'?" domandò ballando sulla sedia.
"Martina!" la rimproverò Fabrizio, "Dovrebbe essere il dolce di Adele! E poi tu hai già mangiato il tuo, non esagerare..."
"Lascia stare" lo interruppi subito, "E' tanta per me... Gliela do volentieri... Solo un po', tanto per toglierle l'idea" gli sussurrai piano, senza farmi sentire da lei.
Ripulii la sua ciotola e gliene versai qualche cucchiaiata, mentre lei mi osservava, attenta.
La guardai gustarsela a piccole dosi e il mio viso s'intenerì. Era così graziosa!
"Sarai una brava mamma" osservò d'improvviso Fabrizio che mi studiava da un po'.
"No... io... non credo" risposi impacciata.
"Perché? Si vede che i bambini ti piacciono!"
Mi girai verso Martina, per accertarmi che non fosse attenta alla nostra conversazione, prima di rispondergli.
"Io... non ne posso avere..." bisbigliai. Distolsi lo sguardo dal suo, incredula di averlo potuto ammettere.
Non so perché gli feci anche quella confidenza, ma prima che ci potessi pensare, l'avevo già detto.
Ricordavo perfettamente il verdetto del ginecologo: "A volte può succedere e non c'è un motivo evidente. Succede e basta... Ci sono donne in salute che non ne riescono ad avere e la scienza non è stata ancora in grado di scoprire il perché...". Era stato meglio così, a ripensarci... Avrei messo al mondo un infelice... Soltanto questo...
Eppure ci avevo sofferto e ci soffrivo ancora. Ripensarci mi provocava un dolore fisico. Di nuovo quel ricordo era lì per tormentarmi. Nonostante mi sforzassi di non farmi toccare restava in agguato, pronto ad affiorare per schiacciarmi ancora.
"Mi dispiace" fu tutto ciò che riuscì a dire.
Era mortificato, si sentiva dal suo tono di voce. Il suo sorriso si era smorzato all'istante.
"Anche a me" feci un sospiro, "Ma me ne sono fatta una ragione ormai..." abbassai lo sguardo su Martina, intenta a ripulire la sua ciotola.
"E' per questo che sei venuta qui?" mi domandò tentando di capire.
"Oh... no. Non per questo... no..." mi offriva l'occasione per poter confessare la verità.
Fui sopraffatta dall'ansia.
Ero davvero pronta per raccontargliela?
Non potevo prevedere la sua reazione di fronte a ciò che gli avrei rivelato nel caso fossi stata sincera fino alla fine.
E se mi avesse condannato? Se non avesse potuto accettarla?
No. decisi, gliela avrei taciuta.
"Te l'ho detto... Avevo bisogno di un cambiamento... La mia vita è piuttosto complicata..." scossi la testa accennando un sorriso, rinunciando a farlo.
Non continuò. Mi guardò soltanto, senza chiedere di più. Era evidente che non avrei continuato. Non me la sentivo ancora di rivelargli tutto del mio passato... me ne vergognavo troppo e mi sentivo in colpa per come, alla fine, erano andate le cose... Eppure desideravo che sapesse chi ero veramente... non dovermi più nascondere, soprattutto a lui...
Solo allora mi accorsi del reale motivo: volevo essere accettata da lui... perdonata da lui, così che potessi fare altrettanto io, con me stessa.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro