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CAPITOLO 25 (Seconda parte)

"Vuoi vedere la mia camera, Adele? Ho una tenda sopra al letto. E' piena di stelle" mi chiese ad un tratto Martina, speranzosa.

"Non credo che ad Adele interessi" la fermò subito con voce sicura Fabrizio, scuotendo la testa.

Sembrava imbarazzato.

"Perché? Non ti piacciono le tende?" mi chiese lei, avvilita.

I suoi occhioni delusi mi sciolsero ancora.

"Ma certo che mi piacciono. Perché non dovrebbero?"

"Adele" fece Fabrizio, cercando di catturare la mia attenzione, "Ti chiederà di sdraiarti sul suo letto per vederle. Non ti darà tregua" proseguì alzando le sopracciglia in modo sarcastico.

"E come riuscirei a vederle, altrimenti?" il mio sorriso lo disarmò.

Mi guardò soltanto, incapace di ribattere. Ancora una volta incredulo.

"Vieni a vedere, allora!" esclamò Martina eccitata, mentre mi tirava per una mano su per le scale che portavano al secondo piano.

Una volta al piano di sopra si diresse di corsa verso la porta chiusa di fronte alle scale e la spalancò, precipitandosi all'interno.

C'era un letto sormontato da una tenda blu, tonda, aperta sui lati corti, appoggiato al muro di fronte della stanza e dalla struttura bianca, laccata. Davanti un grande tappeto rosa con disegni da bambina.

"Wow..." esclamai entrando, "Questo sì che è un letto! E' la tenda più bella che abbia mai visto prima!"

Martina felice, ridacchiò, entusiasta del mio commento.

Fabrizio mi fissò a stento, ma compiaciuto dal mio modo di fare.

"Sdraiati, Adele!" la sua piccola mano si avvolse ancora intorno alla mia, "Dentro è ancora più bella! Vieni a vedere. Si illumina al buio"

Si inginocchiò per entrare ed io feci la stessa cosa, sdraiandomi come lei a faccia in su, appoggiando la testa sul cuscino che c'era.

Fabrizio abbassò le serrande precedendo le richieste di Martina. Quindi si spostò e restò in piedi. Appoggiato allo stipite della porta a osservarci, a braccia incrociate.

Dall'alto decine di stelle lentamente si accesero. Diventando più brillanti, mano a mano che gli occhi si adattavano al buio.

"E' un cielo fantastico!" non potei non considerare rivolgendomi a Martina.

Lei si voltò e mi stampò un bacio a sorpresa su una guancia. Si adagiò sul fianco per guadarmi in faccia ed io feci lo stesso.

"Papà dice che anche la mia mamma è una stella. Sai... lei è andata in cielo..." sussurrò.

Una fitta mi colpì al cuore.

"Il tuo papà ha ragione. Prima o poi... tutti saliamo su in cielo e diventiamo stelle" le risposi.

La sua ingenuità mi strinse la gola in un nodo.

"Sai... a volte se sogno forte mi sembra che mi sorrida da lassù"

"Sono sicura che lo fa. Parecchie volte anche"

"Tu l'hai conosciuta la mia mamma?" mi domandò speranzosa.

"No... non l'ho conosciuta..." il suo sorriso si spense.

Aveva bisogno di qualcuno che gliela ricordasse. Ma io non potevo farlo, purtroppo.

"Ma..." proseguii, "Se guardo te... mi sembra quasi di vederla... Aveva i capelli uguali ai tuoi... sì erano proprio dorati..." le dissi accarezzandola sul capo, "E rideva sempre... Sì, le piaceva ridere! Aveva il tuo stesso sorriso. Sì... lo stesso sorriso. Ora la vedo bene!" feci quando lei riprese a sorridere.

Il viso di Martina si illuminò e la tristezza parve scomparire dal suo sguardo.

"Adele..." Martina di issò su un gomito e mi guardò dritta negli occhi.

"Dimmi"

"Puoi fare compagnia al mio papà, quando io vado dai nonni? Sai lui è sempre solo... Qui non vengono mai dei grandi che sono ragazze... e tu mi piaci..." era preoccupata. Glielo leggevo negli occhi, "A me va bene se vieni a dormire qui. Puoi usare la mia camera, se vuoi... Basta che non lo lasci solo" si mise a sedere, incrociando le gambe ed io feci come lei lasciandola proseguire. Sentivo voleva confessarmi altro.

"A volte diventa triste... pensa che io non me ne accorga, ma non è così" mi bisbigliò piano all'orecchio, facendosi scudo con una mano, per non farsi sentire da Fabrizio.

Un groppo mi strinse il cuore. Riuscivo solo ad immaginare il dolore che avevano vissuto, ma il pensiero era straziante.

La sua richiesta mi aveva disorientato.

"Beh... Facciamo così..." le proposi, "Se il tuo papà avrà bisogno di me, io ci sarò. Te lo prometto!"

Sapevo che Fabrizio ci stava ascoltando, ma non me la sentii di voltarmi a guardarlo.

Martina sembrò più tranquilla e mi sentii rincuorata. Mi faceva male saperla inquieta. Era solo una bambina con un peso enorme già sulle spalle.

"Forza!" fece Fabrizio interrompendoci ed alzando di nuovo le tapparelle, "Sono le cinque. Tra poco arriva Greta a prenderti. Non vorrai fare tardi..."

"Vado subito!" gridò lei entusiasta, "Vuoi venire con me, Adele?"

"Va' avanti tu" le suggerì subito Fabrizio, togliendomi dall'imbarazzo di dover scegliere, "Arriviamo tra poco... Dai! Va'..."

Martina ci studiò un istante e speditamente uscì dalla stanza, per correre in bagno a cambiarsi.

"Dammi la mano!" fece Fabrizio, avvicinandosi al letto con l'intenzione di aiutarmi ad uscirne fuori.

L'afferrai e mi sentii sperduta. Il suo calore era talmente penetrante, che mi scombussolò.

"Grazie" mormorai, non appena mi rimisi in piedi.

"Grazie a te..." mi disse. I suoi occhi non mollarono i miei, nemmeno per un istante.

"Credo che tu sia la prima che è riuscita a farla sorridere veramente di nuovo. Le piaci... gliel'ho letto negli occhi!" sostenne riferendosi a Martina. Si vedeva che era contento mentre lo diceva.

"E' lei che è incantevole"

"Vuole farmi da guardia del corpo... A volte esagera" sostenne con un sorriso impacciato, riferendosi a quello che mi aveva chiesto lei, poco prima.

"Ti vuole solo molto bene..."

Sorrisi anch'io, indecisa, ma poi non ce la feci più a contenermi ancora.

"Perché non mi hai detto che era tua figlia l'altra mattina al cellulare? Perché non mi hai detto che dovevi tornare a casa da lei?" ora sapevo la verità.

Si schiarì la voce prima di parlare, infilando le mani in tasca. Come soleva fare per gestire l'imbarazzo.

"Di solito non parlo di lei..." si strinse nelle spalle.

"Perché? Non capisco..." gli domandai sempre più confusa, "E' così adorabile che..."

"Beh... non è facile parlare con gli altri di lei. Perché vorrebbe dire parlare di quello che ci è capitato e non tutti sono disposti ad accettarci" mi bloccò lui.

Il mio sguardo stupito lo spinse a continuare.

"E' così purtroppo... È più semplice commiserarci o guardarci con pietà che avvicinarsi a noi e questo non mi piace... Non fa bene a lei e fa male a me. La mia situazione allontana le persone... fa paura per certi versi... Non sanno come comportarsi e preferiscono voltarci le spalle per non doversi confrontare con la nostra sofferenza" in piedi, di fronte a me, chinò il capo.

Poi trovò il coraggio di fissarmi e continuare.

"Non volevo succedesse con te..."

Abbassai gli occhi, immediatamente. Sfuggente.

In quel momento mi resi conto che mi sentivo tentata da lui, più di quanto avrei mai ammesso a chiunque. Quello che avrei voluto all'inizio, era sparire, essere invisibile al mondo intero... Ma ora... non più...

Martina arrivò di corsa con un foglio svolazzante tra le mani.

"Tieni!" mi disse porgendomelo, "L'ho fatto per te!"

"Hai trovato il tempo per un disegno per me?! In così poco tempo?!"

Era un disegno. C'eravamo io e lei sotto le stelle.

"Martina è una disegnatrice instancabile, in effetti" spiegò Fabrizio, orgoglioso.

"Grazie, Martina. E' bellissimo! Lo appenderò nella mia cucina, così mi ricorderò di questa stupenda giornata insieme" commentai.

Rise di gusto soddisfatta.

"Papà..." gli disse poi lei saltandogli in braccio, "Invitiamo anche Adele a pattinare?"

Lui mi guardò dubbioso.

"Non so se le piace pattinare sul ghiaccio..."

Pattinare?! In che guaio volevano infilarmi adesso?

"Dai chiediglielo! Per favore..." insistette lei, entusiasta .

Lui parve farsi animo prima di parlare.

"E va bene" non sapeva resistergli e forse la cosa non dispiaceva neppure a lui, "Verresti con noi a pattinare un pomeriggio? E' da un po' che ho promesso a Martina di portarla al Palaghiaccio di Aosta, volevamo andarci uno di questi giorni" lo guardai titubante per quell'offerta inaspettata e lui continuò, "Mi farebbe piacere se venissi"

Diamine! Anche a me avrebbe fatto piacere... un piacere enorme.

Eppure non era giusto, non avrei dovuto affezionarmi a loro a quel modo. Perché sarebbe accaduto, lo sapevo. Inevitabilmente.

Li fissai senza proferir parola: tremendamente abbattuta.

Non ero ancora libera e non sarebbe stato onesto. Ora che sapevo di lui più che mai.

Non potevo fargli un torto così grande. Non dovevo...

Fabrizio puntò lo sguardo nel mio, particolarmente imbarazzato. Sembrava che ci tenesse realmente che andassi con loro e questo mi sconcertò.

Mi sentii confusa come mai.

"Io non so pattinare" rifiutai scusandomi. Forse sarebbe stato sufficiente a dissuaderlo.

"Ti insegnerà il mio papà. Lui faceva il giocatore di Hockey una volta. Lo ha insegnato anche a me!" fece Martina per convincermi ad accettare.

"Non so... Lavoro sempre... Anche sabato e domenica" mi rendevo conto che non sarebbe bastato a convincerli, ma ci provai lo stesso.

"Ma il lunedì non lavori, giusto?" precisò Fabrizio, "Lunedì sarebbe perfetto! C'è meno gente..." fece, come se avessi già accettato, "Facciamo lunedì prossimo? Veniamo a prenderti a casa per le tre, se per te va bene"

Non risposi, cercando disperatamente un'altra scusa...

Che potevo dire ancora? Dannazione! Che cosa?

"Per favore!" implorò Martina giungendo le mani a mò di preghiera.

Che cosa stavo facendo?

Non potevo oppormi a lei. Lo sapevo...

Prima che riuscissi a trattenermi, la mia bocca si lasciò scappare le parole sbagliate.

"D'accordo..." risposi, "Vengo. Ma resterò a guardarvi. Non infilerò i pattini!"

Il viso di Fabrizio si rilassò e un ampio sorriso gli riempì gli occhi.

"Sarà il pomeriggio più meraviglioso del mondo!" gridò Martina eccitata, tendendo le braccia al cielo.

Non volevo pensare alle conseguenze a cui stavo andando incontro. Non adesso.

L'ora mi convinse a rientrare. Martina era ormai pronta. Mancava solo la sua amica, che veniva a prenderla per trascorrere la serata da lei con delle amichette. Era stato un pomeriggio intenso di emozioni quello.

Mi congedai e ritornai a casa. Subito dopo aver cenato, appesi il disegno di Martina al frigo e restai a guardarlo, ripercorrendo con la mente il pomeriggio.

Quasi appendessi con quel foglio anche i brandelli delle emozioni che avevo provato. Per non dimenticarle, per averle sempre presenti.

Era assurdo, ma mi serviva. Avevo bisogno di credere che potevo avere quella serenità. Nonostante fosse velata di amarezza. Perché era stata mia, lo era stata davvero... almeno per un giorno.

Chiusi tutto ed andai a letto a leggere, abbandonando quelle considerazioni in fondo all'anima. Avevo comprato un libro, ma nonostante l'argomento non fosse pesante, non riuscivo a comprendere nulla. Continuavo ad avere la testa sottosopra.

Avrei dovuto rifiutare...

Il cellulare che avevo acceso sul comodino vibrò, illuminandosi. Un messaggio: Fabrizio era il mittente.

Schiacciai il tasto per leggerlo, con il batticuore.

"Buona notte..."

Non gli risposi, ma una forte emozione mi percorse quando pensai a lui. Erano bastate quelle due parole a gestire la mia calma.

Come sarebbe andata a finire? Che sarebbe successo ancora?

Non ero in grado di rispondere. Me ne sarei pentita forse... ma in fondo sapevo che lo volevo.

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