CAPITOLO 24
Tutta la notte un assillo continuò a girare nella mia mente chiedendomi di ascoltarlo. Mi scoprivo e ricoprivo continuamente, ma niente. Quel fastidio era sempre lì. Lo sentivo addosso. Non mi abbandonava. Non mi concedeva pause...
Rivoltai il cuscino e lo abbracciai forte, appoggiandovi la guancia, sperando di trovare almeno così una tregua.
Forse avrei dovuto chiamarlo per ringraziarlo... sussurrò una vocina dentro la mia testa.
C'era un cellulare nella busta che mi aveva dato, con il carica batteria. "Fabrizio" era il solo numero che compariva nella rubrica.
No, era meglio di no... decisi subito dopo averlo pensato.
La certezza che lui avesse una Martina ad aspettarlo mi impediva di farlo.
Io non ero niente per lui. Non era giusto mi immischiassi nella sua vita. Era solo stato gentile con qualcuno che sentiva in difficoltà. Niente di più.
E forse non avrei dovuto neanche tenerlo, anche se il suo gesto era stato dettato dalla preoccupazione che mi aveva più volte dimostrato. Così da eliminare ogni altro slancio nei miei confronti. Ogni altra eventuale solerzia.
Nel buio sospirai.
Ma poi perché si dava tanto da fare per me? Mi chiedevo.
Per quanto tentassi, non ero capace di spiegarmelo.
Il fatto era che quel ragazzo mi stava sconvolgendo la vita, stava distorcendo i miei piani, vanificando i miei sforzi di alzare un muro attorno al mio cuore, e di non cadere mai più in certe emozioni.
Era difficile da chiarire, ma c'era qualcosa in lui che lo rendeva differente da chiunque altro. Che accendeva in me sentimenti che non avrei dovuto provare, pensieri che non avrei dovuto fare e che mi facevano sentire di nuovo una ragazza di ventiquattro anni. Spensierata, forse per la prima volta e al sicuro come mai mi ero sentita in tutta la mia vita.
Mi attirava a sè... come una calamita, e resistere era sempre più difficile. Soprattutto dopo quella notte che ci aveva avvicinati per un caso fortuito e che non riuscivo a dimenticare.
Mi appisolai con questi ragionamenti, tormentata dai dubbi e da ingiustificati dilemmi. Ma non ebbi il tempo di sognare che si fece ancora mattino...
Sarei andata al lavoro, come sempre quel giorno. Non era più nevicato e il sole prometteva di nuovo di riempire il cielo.
Feci colazione, lavai le tazze e le riposai nella credenza, accanto ai bicchieri. Quell'azione così familiare, mi fece per un attimo rituffare nel mio passato. Feci un lungo respiro, cercando di scrollarmelo di dosso. Un mese prima non avrei potuto farlo. L'ansai stava scemando ora, era anche per questo che mi ritrovavo a fare certi riflessioni, come quelle della sera prima. Ma non potevo dimenticarlo. Ce l'avrei avuto sempre incollato addosso.
Mi stavo ambientando, non potevo negarlo... E questo mi spaventava terribilmente, perché rischiava di farmi abbassare la guardia, anche se sapevo che non me lo potevo permettere.
Eppure fin da principio qualcosa mi aveva convinto che quello era il posto giusto, per poterlo fare. Che lì avrei potuto tornare a sperare e a dimenticare. Era come se quelle montagne mi avessero promesso protezione e fossero intenzionate a mantenere la parola.
E ora, oltre a quella prima sensazione, ne stava nascendo un'altra. Pericolosa, sbagliata... Quella che inspiegabilmente mi attirava verso Fabrizio, che mi rendeva di nuovo fragile e che dovevo far scemare subito.
Non potevo permettermela e soprattutto non avrei dovuto... anche per lui.
Ciononostante, incomprensibilmente stava accadendo qualcosa. Lo sentivo dentro di me.
Era tutto sbagliato, mi ripetevo.
Dovevo fermarmi prima che fosse troppo tardi.
Le nostre erano due strade differenti, che sarebbe stato bene non si incontrassero affatto, era questa la realtà.
Non avrebbe mai dovuto succedere. Non avrei dovuto mai consentirlo.
Perché era accaduto allora? Per quale motivo?
Dovevo togliermelo dalla mente. Assolutamente... non c'era altro da fare.
E poi lui aveva una persona accanto. Senza considerare che io non ero così libera come facevo credere agli altri... dovevo tenerlo a mente e basta! Non potevo tergiversare in stupidi pensieri. Dovevo fare soltanto questo...
Mi infilai l'unico paio di stivaletti che avevo e finii di prepararmi in fretta, per uscire, più che mai convinta. Avrei trovato l'occasione per parlare con lui al più presto e risolvere la situazione.
Se mai ci fosse stata una situazione da risolvere... mi dissi abbattuta.
Basta! Dovevo darci un taglio... un taglio netto. Ormai avevo deciso... Niente mi avrebbe più fatto tornare indietro nelle mie decisioni...
Ma quando fui alla macchina, tutti i miei sforzi si incrinarono un'altra volta. Mi accorsi subito che c'era qualcosa di diverso. C'erano le catene da neve alle ruote davanti!
Crollai le braccia a terra. Di nuovo smarrita.
Fabrizio me le aveva montate, probabilmente la mattina precedente, senza dirmi nulla.
Cavoli, era stato talmente premuroso! Come potevo voltargli le spalle un'altra volta? Perché era questo che avevo intenzione di fare.
Non mi sapevo decidere. Ero scombussolata più che mai.
Che diamine! Perché era tutto così dannatamente complicato...
Dovevo confrontarmi con lui... fermarlo finché ero in tempo.
Tutta la mattinata non considerai altro. Avrei trovato un momento adatto, ma dovevo affrontarlo.
Ad ogni modo non quel giorno, mi suggerii. Non avevo le parole adatte in testa e stavolta non avevo intenzione di sbagliare.
Finito il lavoro, anziché tornare a casa mi diressi verso Chatillon. Avevo bisogno di distrarmi. C'era un negozio di roba usata, mi aveva detto Stefania e mi serviva un guardaroba più fornito. Ero riuscita a risparmiare qualcosa e me lo potevo concedere. Comprai un paio di scarpe da trekking, pantaloni e delle maglie e rientrai verso casa.
Quando mi imbattei nell'incrocio con la strada che portava a casa di Fabrizio però, rallentai. Il mio cervello andò in corto circuito e decise per me...
Dovevo chiarire quella situazione adesso invece, mi ammonii senza averne coscienza. Senza ferirlo, ma dovevo farlo subito.
Misi la freccia e deviai, sperando che fosse lì.
Percorsi la strada sterrata in salita e quando fui in cima mi rincuorai alla vista della jeep posteggiata davanti all'ingresso. Accostai accanto e spensi il motore.
Era in casa...
Il cuore accelerò seguendo il pensiero di lui.
Uscii all'aperto, guardandomi attorno e mi avvicinai alla porta d'ingresso, agitata.
Kira, acciambellata al sole, poco lontana, si alzò e mi venne incontro scodinzolando.
Non l'avevo notata subito, tanto ero concentrata su altro.
Accarezzai il suo dorso intanto che aveva preso a girarmi attorno. La mente lontana.
Ok. solo pochi minuti... che ci vuole in fondo? Basta essere concisi, chiari e...
Non mi curai più di tanto del cane, che tornò al suo posto lasciandomi sola.
Tirai un lungo respiro, mi aggiustai i capelli, distesi le spalle e facendomi coraggio, suonai il campanello.
I passi di qualcuno che si stava avvicinando vociando e ridendo, fecero impazzire immediatamente i miei battiti.
La porta si spalancò e per un istante mi mancò il fiato.
Fabrizio, con indosso una tuta blu col cappuccio, mi si parò di fronte in tutta la sua prestanza.
"Adele!" il sorriso che aveva stampato sul volto scomparve all'istante, sostituito da un'espressione quantomeno sorpresa.
Schiarii la voce impacciata.
"Ciao" feci nervosa.
In realtà pareva teso anche lui oltre che sorpreso... piuttosto inquieto per la verità!
In un secondo avevo scordato cosa intendevo dirgli. Chinai il capo cercando di apparire disinvolta.
"Passavo di qui e..."
E che cosa? Cavoli! Non significava niente!
Lui accostò immediatamente la porta, per nascondermi la vista sull'interno e perché dentro non si accorgessero della mia, senza dedicare molta importanza a ciò che avevo appena detto. Quasi fosse altro a catturare il suo pensiero in quel momento.
"Avevi bisogno di qualcosa?" lasciò la frase in sospeso come se anche lui fosse a corto di parole.
Si voltò a guardare di nuovo indietro teso e mi fissò con aria interrogativa.
"No. Non mi serviva niente. Solo che..." mi toccai i capelli.
Solo che cosa? Dovevo togliermi da quell'impiccio. Perché poi ero stata così impaziente, perdiana!
"Volevo farti solo un saluto, ecco. Un saluto"
Così poteva andare. Non era il massimo, ma era plausibile come scusa.
Non era il momento adatto. Averlo di fronte stava vanificando tutto. E non era in quel modo che immaginavo mi avrebbe accolto.
"Ok. Grazie" piegò forzatamente in su le labbra in attesa che mi congedassi. Senza aggiungere altro.
Cretina! Che ti aspettavi? Mi dissi.
"Ok" ripetei indietreggiando.
Un senso di disagio mi colse quando realizzai che forse il motivo della sua agitazione fosse dovuto al fatto che non era solo. L'ultima cosa che avrei voluto, era metterlo in difficoltà, anche se non ci avevo riflettuto troppo prima.
Ma certo! C'era Martina probabilmente con lui. Chi altro se no? Come avevo fatto a non pensarci! Ero stata precipitosa. Avrei potuto parlargli al telefono. E invece, no! Avevo voluto andare fino a lì!
Stupida, ecco quello che ero! Una stupida!
"Credo di aver sbagliato il momento. Insomma... pensavo che fossi solo..." tentai di sorridere anch'io con scarso successo, "Passo in un altro momento... o forse non passo proprio. Magari è meglio..." farfugliai facendo un altro passo indietro.
Magari è meglio che la smetti con le scuse, mi suggerì la mente. E' soltanto peggio!
Non parlò subito, ma il suo disagio confermò le mie conclusioni. Si voltò ancora indietro, socchiudendo di più la porta ed uscì fuori.
"Ehi!" mi richiamò quasi sottovoce.
Mi avvicinai.
"Mi dispiace..." sussurrò, stringendo le labbra in una smorfia, "E' che... cerca di capire... Magari ci mettiamo d'accordo la prossima volta che ti va di venire a trovarmi... Scusami, ma proprio non posso adesso"
In realtà non era per fargli una visita di cortesia che mi trovavo lì...
In tutta la mia vita quella era la figura più misera che avessi fatto. Avrei voluto solo scomparire. Dire che ero ridicola era poco...
"Ma, sì certo... non dispiacerti" risposi mortificata sorvolando sulla faccenda, "Sono io che... che... non avrei dovuto venire... Insomma... avrei dovuto avvertirti prima..."
Gesticolavo con un'espressione abbattuta sul volto, incapace di andarmene davvero. Pietrificata dal senso di disagio, non riuscivo a pronunciare frasi di congedo.
Quando...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro