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CAPITOLO 21

Quando mi svegliai era già pomeriggio. C'era tanta luce dentro la stanza e un raggio di sole, entrando dalla finestra già aperta, mi fece male agli occhi.

Con uno sforzo li aprii appena, sbattendo più volte le palpebre per adattarli al chiarore e guardai il soffitto, tentando di respirare a fondo.

Ero a casa... quella era la mia stanza...

Inspiegabilmente mi sentii sollevata. Non avrei saputo esattamente dire per cosa, ma era come se mi fossi tolta un peso.

In realtà non me lo era tolta del tutto quel peso... almeno fisicamente. C'era qualcosa che non andava per il verso giusto. E questo, inutile dirlo, mi preoccupava alquanto

Le coperte mi arrivavano fin sotto il collo, ricoprendo ogni centimetro del mio corpo, ancora seminudo.

Ma stranamente mi opprimevano. Ero quasi senza fiato, sotto il loro peso. Immobilizzata contro il materasso.

Provai a divincolarmi, ma era difficile farlo.

Il mio respiro era faticoso, non ero in grado di aspirare a fondo e non ne capivo il motivo.

E se fosse stato un infarto? mi chiesi. Non avevo alcun dolore acuto al petto, ma una costrizione toracica, sì. La sentivo...

Eppure avevo l'impressione che non fossero le coperte a pesarmi addosso, in realtà, era qualcos'altro: un carico che quasi mi bloccava il fiato. Mi premeva sul torace e sui polmoni, impedendomi di rilassarmi del tutto.

Fu in quel momento che qualcosa attirò la mia attenzione più in basso...

Ma che cavolo?!

Chinai un poco la prospettiva e me li trovai precisamente davanti: due occhi a mandorla, marroni, molto scuri... che mi fissavano assonnati, ma attenti ad ogni mia movenza.

Cercai a stento di ricomporre il puzzle della nottata nella mia mente.

Non ricordavo molto...

Per la verità niente.

Cosa ci faceva un cane addosso a me? Io non avevo cani. Almeno così mi pareva...

Eppure...

Sollevai un poco la testa, facendo leva sui gomiti, e mi concentrai meglio per focalizzare la situazione.

Ero confusa.

Avevo il suo muso di fronte che mi studiava dubbioso.

Pareva smarrito allo stesso modo.

L'avevo già vista quella faccia... non mi era del tutto nuova.

Scrutai con attenzione il suo manto nero. Fulvo e ben curato, dalle sfumature rosso-brune, a tratti quasi dorate... e un'immagine mi occupò la testa.

Ma certo!

A casa di Fabrizio... Kira, mi suggerì la mente. Ecco dove l'avevo vista!

Sbadigliò stanca e premette il suo naso freddo e bagnato contro la mia guancia, annusandomi. Quasi a sincerarsi che fosse tutto a posto. Il suo fiato caldo e umido mi alitò sul viso.

Mi ritrassi di scattò e Kira abbaiò facendomi trasalire.

Quasi inconsapevolmente sbattei la testa schiacciandomi contro la testata del letto, imprecando e portandomi una mano alla nuca con una smorfia.

In contemporanea, quasi volesse rispondermi, quell'ammasso peloso allungò il collo volgendo il muso in alto e ululò.

Fu allora che incrociai il suo sguardo divertito. Stava in piedi, appoggiato allo stipite della porta, a braccia incrociate a godersi la scena.

Spalancai gli occhi accorgendomi solo allora di non avere granché addosso.

D'istinto, afferrai il lenzuolo e mi ricoprii di nuovo. Un senso di vergogna mi infiammò subito le gote.

Imbarazzato, abbassò la testa, per lasciarmi il tempo di sistemarmi meglio. Mentre, fingendo abilmente disinteresse si passò una mano sul mento accarezzandoselo con un risolino stampato sulle labbra

Fabrizio?! Perché mi trovavo nel mio letto con indosso solo il reggiseno e le mutandine?

E perché Kira mi stava sdraiata contro?

A fatica interrogai ancora la mia memoria...

Non riuscivo a collocarlo.

"Forza, signorina. Giù... " le comandò lui con un cenno del capo, fingendosi arrabbiato. "Chi ti ha dato il permesso di salire sul letto?"

Come se avesse compreso le sue parole, Kira ubbidì e si decise a sollevarsi. Mi schiacciò con le zampe varie parti del corpo e scese dal letto, raggiungendolo per prendere le sue carezze.

Fabrizio aggrottò la fronte, e la fissò severo, senza scomporsi.

"No. Non lo so se ti perdono..." pareva quasi le stesse rispondendo.

Kira guaì come un bambino che vuole giustificarsi. Come se avesse capito veramente quello che il padrone le stava dicendo. Ogni cosa.

Pareva dispiaciuta. Tanto che scodinzolando si sdraiò sul dorso, con le orecchie basse e con una zampa alzata pronta a chiedere il suo perdono.

"Non ci provare nemmeno" fece lui sciogliendo il viso, "Non si fa, lo sai"

Kira restò ferma in attesa. Lo sguardo di traverso, per non guardarlo dritto. La coda che oscillava freneticamente.

Sapeva che avrebbe avuto la meglio, o almeno lo sperava.

L'indulgenza di Fabrizio non tardò: sorridente, vinto da quella grazia: si accucciò, reggendosi sui talloni e non poté che accontentarla, regalandole carezze e affetto.

"E va bene. Ma solo per questa volta" le disse.

Era perdonata, questo le bastava.

Seguivo quel duetto senza interromperli e lentamente il mio cervello si riempì di ricordi...

Ogni cosa, senza fretta cominciò lentamente a tornare al suo posto: stavo tornando a casa dal cinema... ero caduta in mezzo alla neve, ricordavo. Non riuscivo a rialzarmi... Il perché non mi era ancora chiaro.

Kira!

La sua immagine che mi annusava mi passò davanti in un flash.

Era stata lei a ritrovarmi. Se Fabrizio non fosse venuto a cercarmi, sarei rimasta tutta la notte fuori al freddo.

La mia mente mi rimproverò per la leggerezza che avevo dimostrato.

Chinai il capo, colpevole.

Come avevo potuto decidere di restare? Avrei dovuto ascoltarlo e tornare a casa... lasciarmi accompagnare e non agire come una ragazzina...

Non parlai subito, non ne avevo il coraggio.

Anche Fabrizio se ne accorse e intervenì nei miei pensieri. Si alzò, lasciando che Kira si acciambellasse in un angolo e mi dedicò la sua attenzione.

"Come ti senti? Va meglio?" mi chiese.

Come ti senti?! Evidentemente non mi avevano trovato in buone condizioni...

Ero ancora troppo disorientata per inquadrare come.

Si sedette in fondo al mio letto e mi guardò tollerante. Sembrava ansioso che rispondessi e allo stesso tempo paziente.

Inspiegabilmente non riuscivo a staccare lo sguardo dalla sua figura: indossava un maglione marrone di lana spessa. La cerniera sotto il collo aperta a formare un colletto. I suoi capelli mossi, si erano spartiti casualmente, a metà fronte, scoprendo i suoi occhi sinceri. E le labbra tradivano un sorriso tiepido, tra la barba appena accennata.

Non lo avevo mai osservato bene, ma ora... il suo viso... i suoi occhi... sembravano diversi. Non parevano più avere nulla di arrogante.

Annuii come per rassicurarlo che stavo bene, ma non proferii parola.

Alzò lo sguardo su di me, indeciso e si schiarì la voce, prima di proseguire.

"Tieni. Ho trovato solo questi" disse porgendomi una maglia e un paio di pantaloni da tuta, che aveva appoggiato in fondo alle coperte. "Mi hai spaventato a morte, ieri notte" era severo mentre lo diceva, "Mi dispiace, ma ho dovuto farlo..." fece riferendosi al fatto che non avessi vestiti addosso, "Beh... insomma eri in ipotermia... Era l'unico modo per rialzare la tua temperatura..."

Lo fissai sempre più incerta.

Ipotermia... era davvero così grave?

Aveva dovuto togliermi i vestiti!?

Sì! Ora ricordavo! Si era coricato accanto a me nel tentativo di riscaldarmi...

"Fa parte delle pratiche di primo soccorso" continuò, quasi per scusarsi.

A quelle parole la mia mente divenne del tutto consapevole di quello che era accaduto.

Mi aveva salvato! Non riuscivo a pensare a cosa sarebbe potuto accadere se non mi avesse raggiunto. Non sarei rimasta solo al freddo, forse sarei morta!

Una scossa mi camminò sotto pelle.

"Vuoi che ti accompagni in ospedale? Forse sarebbe meglio..." continuò.

Tornai visibile in un lampo.

"Oh, no!" lo interruppi subito, "Mi sento bene. Davvero! Non è necessario!"

Non potevo andarci... Avrebbero chiesto i miei dati...

Mi studiò dubbioso un istante, poi mi assecondò.

"D'accordo, allora. Come vuoi. In fondo mi pare ti sia ripresa meglio di quanto pensassi in un primo momento" i suoi occhi penetranti, catturarono i miei. Intensamente.

"Vado a scaldarti ancora un po' di caffè, allora. Tu non scendere però. Te lo porto io" fece premuroso.

Ancora un po' di caffè... non ricordavo di averne già bevuto prima.

Non ricordavo tante cose, in realtà.

Lo ringraziai; lo lasciai uscire dalla stanza e mi rivestii in fretta.

Ingoiai la saliva e tentai di ragionare.

D'accordo... notte... neve... ipotermia

Scostai le coperte e misi i piedi sul pavimento freddo.

Kira alzò il muso verso di me all'istante. Guardinga.

Come per dire: Che stai facendo? Non ti ha appena detto di non scendere? Pareva rimproverarmi.

"Ho bisogno di sgranchirmi le gambe. D'accordo?"

Si mise sull'attenti, pronta a seguirmi.

"Vado solo in cucina, cavoli!" le dissi, "Non serve che tu mi segua"

Incredibile... ragionai fissandola sdraiarsi di nuovo a dormire.

Quel cane agiva davvero come un umano. Capiva tutto quello che le si diceva. Qualunque cosa.

E le stavo parlando! Stavo dialogando con un cane!

Da non credere.

Un rumore attirò i miei pensieri da un'altra parte. Fabrizio stava armeggiando con le tazze in cucina.

Mi decisi a raggiungerlo.

Ero un po' stordita, ma riuscivo a stare in piedi.

Gettai un'occhiata all'orologio appeso alla parte, quando fui sulla porta: erano già le quattro!

Avevo dormito davvero così tanto?

Avvertendo la mia presenza alle spalle Fabrizio si voltò, corrucciato.

"Sto bene! Davvero!" esclamai prima che mi rimproverasse, alzando una mano a bloccare ogni suo commento.

Non disse nulla. Scaldò il caffè e si accomodò con me attorno al tavolo. In tutta la casa si sentiva il tiepido calore che emanava la stufa accesa e l'odore della legna che bruciava. C'era una pila di ceppi accanto. Ceppi che non ricordavo di essere riuscita a portare io. Accatastati con ordine per occupare meno spazio possibile.

Rimanemmo in silenzio per un po'. Nessuno dei due se la sentiva di iniziare per primo la conversazione. Poi trovai il coraggio e lo feci io...

"Grazie, Fabrizio... Per quello che hai fatto per me stanotte, intendo. Non so proprio come sarebbe andata a finire se non fossi arrivato tu..." riconobbi.

Fabrizio indugiò ancora a guardarmi negli occhi, senza replicare e mi sentii avvampare. Sapevo di aver esagerato. Non c'erano giustificazioni. Feci per voltarmi, ma la sua voce severa mi bloccò immediatamente.

"Sei un'incosciente!" commentò, "Come diavolo ti è venuto in mente di uscire dalla macchina?!"

"Beh... io... volevo raggiungere la baita. Credevo che fosse la cosa giusta da fare..." farfugliai, "La macchina non mi sembrava sicura, ecco"

"Non si esce all'aperto con una bufera in atto! E per giunta di notte, senza avere la più pallida idea di dove si sta andando... Chiunque vive tra questi monti lo sa. La montagna non va mai sottovalutata. Può essere pericolosa quando meno te lo aspetti..." osservò.

Non era quello che mi aveva detto Davide, ragionai... In realtà lui non me lo aveva suggerito affatto. Lo avevo creduto io. Era stata Stefania a farlo. Non potevo credere me lo avesse consigliato di proposito per farmi un torto. Perché avrebbe dovuto? Scossi la testa a quel pensiero che aveva preso a girarmi per la testa e Fabrizio mi fissò perplesso.

"Beh, non è che non avevo la più pallida idea di dove stessi andando. Stavo raggiungendo la baita, in fondo..."

"Eri dalla parte opposta, Adele. Fortuna che Kira ha un buon fiuto. Nessuno avrebbe mai immaginato facessi tanta strada" mi rimproverò.

Allargai le pupille, incredula.

Dalla parte opposta... tanta strada?! Dove cavolo mi ero cacciata alla fine?

Non osavo chiederglielo.

"Mi piace camminare" ironizzai con un sorriso studiato.

Restò serio. Non si scompose. Incrociò le braccia al petto e mi fissò bieco.

No. Non era il caso di continuare su quella strada... Assolutamente...

Mi aggiustai i capelli fingendo imperturbabilità. I suoi occhi bruciavano sulla mia pelle.

"E' una pazzia! Te ne rendi conto?" proseguì austero.

"Come scusa?"

"Non sarebbe mai successo se non avessi deciso di rintanarti quassù" spiegò risvegliandomi dalle mie considerazioni.

La sue parole mi spiazzarono.

"Beh... mi piace la solitudine. Volevo ascoltare di nuovo i miei pensieri..." sorrisi ancora per simulare serenità, "Mi è sembrata perfetta per farlo".

Stavo dicendo troppi... beh, mi rimproverai reclinando lo sguardo. Non era un bel segno... era indice di incertezza e io non potevo permettermela.

Mi ripresi all'istante e lo fissai con convinzione.

"Già... è perfetta... Non c'è anima viva da queste parti... E' nel bel mezzo del niente! Ci hai pensato a questo?" insistette coscienzioso.

Lui non conosceva i veri motivi che mi avevano spinto fino a lì. Fino a quel luogo nel bel mezzo del niente. E non glieli avrei svelati; non era necessario. La solitudine che lui sentiva così scomoda per me, mi era vitale. Più di qualunque altra cosa...

"Non sempre avere accanto qualcuno ti dà la sicurezza che non ti accada niente di male, se è questo che vuoi dirmi" ribadii convinta, "Ho tutto quello che mi serve qui... Ho me stessa e mi basta e avanza, credimi!"

Lo puntai decisa. L'orgoglio ferito nello sguardo. Quello che mi avrebbe sempre accompagnato e mi avrebbe spinto ad andare avanti.

Lui mi studiò, disorientato dalle mie parole.

"Ce l'hai almeno un cellulare?" mi domandò a bruciapelo.

"No. Ne posso fare a meno" risposi.

Il cellulare mi avrebbe tradito, non potevo portarlo con me. Lo avevo gettato nelle fiamme, così come tutto il resto. Era stato sempre il mio incubo... Avrebbe potuto intercettarmi, anzi sicuramente lo avrebbe fatto.

Non si scompose, ma cercò di capirne il motivo. Con una mano tormentò per un po' la maniglia della tazza, che aveva sul tavolo, davanti a sé. Poi non ce la fece a trattenersi e si spinse oltre...

"Stai ricominciando?" continuò titubante, "Voglio dire... è insolito. Ti stai buttando il passato alle spalle. Cosa?"

Quella domanda mi turbò.

Stavo ricominciando? mi chiesi.

Ci stavo provando, ma non era semplice da spiegare. E soprattutto non avrei potuto prevedere se mi era concesso. Ero, per ora, troppo vulnerabile. Non potevo abbassare la guardia ancora. Affatto...

Non ero tranquilla. Lo conoscevo fin troppo bene...

"Più o meno. Sto cercando un cambiamento... ancora non ho deciso, per la verità" il suo interesse mi spaventava, "Cercavo un posto giusto. Ho sempre voluto vivere tra i monti e così... eccomi qui"

Non conclusi la frase, che lui mi inchiodò di nuovo.

Non fu paura quella che mi agitò. Era differente.

"E pensi di averlo trovato? Il posto giusto, intendo?" appoggiò entrambe le mani sulla tazza e abbassò lo sguardo, "Voglio dire..." continuò, schiarendosi la voce, "Hai intenzione di... restare?" un brivido mi scosse subito mettendomi sull'allerta.

Perché voleva saperlo? mi domandai sospettosa.

Eppure non c'era alcuna minaccia disegnata tra le pieghe del suo volto. Sembrava sinceramente interessato.

Non dovevo tradirmi comunque. Dovevo tergiversare...

"Non ti facevo un tipo curioso" risposi distendendo i tratti, nel tentativo di dirottare il discorso.

"Qualche volta mi capita" ammise, restituendomi il sorriso.

I nostri sguardi si persero l'uno nell'altro e mi sentii un'altra volta sperduta. Bevve un altro sorso di caffè, ma non mi chiese altro. Assorto nei suoi pensieri che ero certa riguardavano me.

Il suo cellulare squillò all'improvviso, vibrando sul tavolo dove lo aveva posato. Non potei fare a meno di leggere il nome che si era illuminato sul display: Martina.

Una letizia luminosa si accese istantaneamente sul suo viso, quando lo prese per rispondere.

"Vuoi scusarmi un attimo?" disse alzandosi, "Arrivo subito!"

"Certo. Figurati" feci con un gesto della mano.

Aprì la porta d'ingresso ed uscì fuori, velocemente.

"Ciao, tesoro!" esclamò non appena agganciò la chiamata, "Allora? Sei arrivata?"

La sua voce squillante mi arrivò limpida e chiara.

Martina... quel nome mi riecheggiava continuamente per la testa. L'avevo già sentito. La sera prima, quando parlava con Davide davanti al cinema.

Insolitamente mi infastidiva.

Probabilmente perché non mi era mai piaciuto quel nome... mi dissi per giustificare quell'assurda emozione.

Come intuendo che ero rimasta sola Kira arrivò trottando.

La fissai scocciata.

Ma chi era? La mia guardia del corpo?

Sospirai, "Tu lo sai almeno chi è Martina, eh?" le chiesi sovrappensiero.

Certo che lo sapeva: era il cane di Fabrizio. Chissà quante volte l'aveva portata a spasso insieme a lui.

Come in reazione alla mia silenziosa conclusione, Kira sbadigliò annoiata e si sedette di fronte a me. Puntandomi risoluta.

Respirai a fondo, prendendo le tazze vuote, per posarle sul lavandino.

Che ne sapeva lei di quello che le avevo chiesto? Era un cane, dopotutto. Anche se intelligente, restava un animale...

"Andiamo, forza. Dev'esserci qualcosa per te in frigo" la incitai a seguirmi.

Kira si lambì con la lingua i baffi pregustando già quel qualcosa e mi seguì contenta, trotterellandomi appresso. Sapeva di buono sembrava pensare...

Se fosse stato possibile pensare fino a quel punto per un cane, naturalmente...

Corrugai la fronte, mi voltai di scatto e la studiai dubbiosa.

Si fermò dietro di me e si sedette nuovamente, leccando un non so che di appetitoso nell'aria. Un non so che, che non avrebbe tardato ad arrivare.

"Allora?" Pareva dire tra sé, "Sei stata tu a dirmelo, quindi adesso dammelo. Ho fame ora"

La osservai sospettosa.

Naaa... mi convinsi, era assurdo. Mi seguiva per abitudine. Era solita farlo con Fabrizio... non stava pensando a niente.

Lasciai perdere Kira con un certo nervosismo addosso. Strano a dirsi ero contrariata comunque, senza intendere da cosa. Non riuscivo a farne a meno.

Lavai le tazze e rimasi in ascolto.

"Ho dovuto lavorare stanotte..." mentì Fabrizio, "Faccio il doppio turno, oggi... Certo che mi sei mancata!" sussurrò.

Riuscivo a vederlo camminare avanti e indietro sulla veranda, attraverso le tende della finestra della cucina. Sorridente, come non avrei mai pensato potesse essere.

Inciampai in Kira che mi pedinava.

"Ma che hai? Non vedi che mi fai cadere? Forza, spostati"

Mi ero quasi dimenticata di lei, presa com'ero in quel futile interessamento.

Ubbidì.

Tesi l'orecchio, ma con scarso successo. Parlava a monosillabi. Era impossibile costruire mentalmente una conversazione.

Oh, al diavolo... mi convinsi esasperata. Non erano fatti miei.

Fabrizio si voltò, quasi se ne fosse accorto e si spostò, per allontanarsi, parlando sottovoce, tanto che mi era quasi impossibile udirlo ancora.

Kira mi toccò una gamba con una zampa per richiamare la mia attenzione.

La carezzai sulla testa, non rinunciando ad origliare di nuovo nonostante me lo fossi ripromessa. Sembravo solo una pettegola, me ne rendevo conto, ma era più forte di me.

Il tono della sua voce era aumentato.

"Dai! Non dire così!" sembrò consolarla, "Lo sai che sei importante per me!"

Si girò ancora a controllare ed io arretrai immediatamente, mangiucchiandomi il pollice. Irrequieta.

Perché doveva interessarmi, comunque, quello che stava dicendo? E perché mi disturbava il fatto che lui avesse qualcuno nella sua vita? Era giusto così...

"Ti prometto che il prossimo week-end lo passeremo insieme!" restò in attesa, "Vedrò cosa posso fare... d'accordo... Cercherò di fare un salto a salutarti prima che tu esca..." lanciò un'occhiata verso la porta di casa, "Anch'io ti voglio bene, lo sai ... A presto... ciao amore"

Amore... mi ridissi con un certo sarcasmo.

Puaf... non esiste l'amore, considerai.

Spense il cellulare ed io, lesta, aprii il frigorifero e mi piegai in avanti a guardare dentro, per fingere di essere occupata in altre faccende. Con Kira accanto che sbavava con la lingua ciondolante..

Sentii la porta aprirsi, ma non mi voltai, come assorta.

"Non posso restare molto, purtroppo..." fece subito lui entrando "Problemi sul lavoro..." proseguì con una smorfia.

Stava mentendo anche a me! Perché? Io non ero niente per lui. Non era necessario.

"Scusa, dicevi?" finsi.

Falsa! Mi definii con la mente.

"Devo andare" fece di nuovo.

"Non ti preoccupare" gli risposi, cercando di apparire distaccata, "Va' pure! Hai già fatto tanto per me... Non c'è bisogno che tu rimanga ancora..."

Cercai di non guardarlo per non tradire la mia finta freddezza e gettai il wurstel che avevo in mano a Kira, che prontamente lo prese al volo.

"Sei sicura? Non so... è che devo proprio... magari torno..."

"Certo. Sicurissima" lo fermai dal proseguire.

Mi feci coraggio, mi girai e gli sorrisi, buttando a Kira un altro wurstel, che subito afferrò allo stesso modo.

"Lavoro fino alle dieci stasera" mi informò, "Ti scoccia se passo, dopo? Vorrei sincerarmi che tu stai bene..."

"Lascia stare. Penso di andare a letto presto stasera" feci cercando di dissuaderlo dal farlo "Anzi passerò la giornata tra le coperte, per la verità... Per quell'ora dormirò".

Ci pensò su. Sembrava valutare le mie parole.

"Mi prometti che rimarrai a casa oggi?"

Lanciai l'ultima salsiccia a quella creatura villosa con un filamento di bava che gli pendeva dalla bocca e cercai di apparire persuasiva.

"Ti ho già detto che mi riposerò. Sta tranquillo. E poi dove vuoi che vada senza macchina. Non ho intenzione di assiderarmi di nuovo" risposi alzando le sopracciglia in modo buffo.

Mise le mani ai fianchi piegando i gomiti, assorto nei suoi ragionamenti.

"Veramente te l'ho riportata qui davanti"

Il mio stupore lo spinse a continuare.

"Ho fatto sgomberare la strada da un mio amico che ha lo spazzaneve... Tu dormivi e così, ho pensato di andare a prenderla..."

Avevo un'espressione sbalordita che non potevo nascondere.

"Ti ringrazio. Non so cosa dire..." ero davvero incredula. Si era preso tanto disturbo per me. Nessuno lo aveva mai fatto.

"Voglio solo che tu non esca oggi. Promettimelo" sembrava preoccupato. Desideroso che non lo facessi sul serio.

"Va bene. Non uscirò... Oggi il ristorante è chiuso. Non sarà un problema" risi forzata, "Te lo prometto"

Lo guardai. Immobile, indeciso. Il viso, inspiegabilmente scuro. Quasi non fosse contento di lasciarmi sola.

Lo sproni io a farlo.

"Vai, ora! O farai tardi. Forza!" pronunciai la frase con un nodo nella gola. Mi costava dirglielo.

Mi dispiaceva lasciarlo andare, ma non avevo il diritto di pretendere che rimanesse con me. Aveva la sua vita e di quella non facevo parte io. Questo era certo.

Anche io avevo la mia. Soltanto mia adesso. Un'altra storia. Ora differente da quella che avevo alle spalle. Da ciò che avrebbe sempre tentato di riemergere, nonostante avessi cercato di dimenticarla.

Lo fissai solo un attimo, ma quel tanto che bastò a darmi l'impressione che anche lui fosse amareggiato. Ma forse ero io a volerla vedere così.

"Ok, allora. Se vuoi ti lascio Kira. Se avessi bisogno, lei sa come raggiungermi"

Kira starnutì, come per assentire, passandosi poi la lingua sul naso.

Non mi lasciai convincere.

"Non è il caso, davvero. Starò bene"

Un silenzio imbarazzante si mise tra di noi. Era come se entrambi faticassimo a separarci. Senza un motivo...

"E va bene. Come vuoi" fece alla fine rassegnato, "Probabilmente mi sto preoccupando troppo"

"Rilassati" sorrisi, "Non mi capiterà niente, Fabrizio. Sul serio"

Parve convincersi.

Raccolse le sue cose. Diede un'occhiata in giro per sincerarsi di non aver scordato nulla. Indossò la giacca ed uscì nella neve, per percorrere la strada in discesa. Aldo lo avrebbe recuperato in fondo, così come si erano messi d'accordo telefonicamente.

"Andiamo" disse a Kira.

Lei restò ferma. All'ingresso. Accanto a me. Seduta. Gli occhi puntati nei miei. Pareva volere il mio assenso.

"Si, si, va bene. Me la caverò. Adesso smamma, però" borbottai rivolgendomi a lei in tono ironico.

Distesi il viso e lei abbaiò ricercando una mia carezza che non tardò.

"Grazie di tutto amica mia" sussurrai inginocchiata con le mani intrecciate al suo morbido pelo.

Kira contraccambiò leccandomi il viso e non potei non ridere di gusto.

Il sopracciglio di Fabrizio scattò in alto. Meravigliato per quella confidenza che non si aspettava. In genere era lui che dialogava con lei. Così come era lei a dialogare con lui.

Anche a me sorprendeva in effetti. Non immaginavo di entrare così in confidenza con quell'agglomerato di peli. Eppure mi veniva naturale.

Mi rialzai e guardandola dritta assentii.

A quel velato comando il cane si decise. Oltrepassò la porta, uscì e si diresse verso lo spazio alberato che c'era di fronte casa seguendo la strada, sgombra di neve. Li osservai tutti e due camminare l'uno a fianco all'altra, finché non scomparvero del tutto alla mia vista.

Ed io restai sola... come desideravo essere. Ma con un malessere addosso, questa volta, che mi opprimeva in petto, e che non conoscevo.

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