CAPITOLO 19
Il tempo che seguì fu atroce per me. La strada era ghiacciata veramente, come aveva previsto Fabrizio.
Scivolosa, sdrucciolevole, sfuggente... ed io non avevo le catene da neve montate.
Se mai fossero servite le catene montate per affrontare quella tremenda insidia. Temevo mi sarei trovata ugualmente in difficoltà, se le avessi avute. Non sapevo muovermi nella neve. E non sarebbero bastate delle catene a risolvere il mio problema.
Che stupida, ero stata! Come avevo potuto fermarmi tanto quella notte? Avrei dovuto essere più prudente...
D'accordo... radunai le idee.
Non frenare mai e tieni le marce più basse, aveva detto Fabrizio.
Misi la prima e cercai di non frenare, procedendo lentamente. Impiegando parecchio tempo a raggiungere la svolta per raggiungere casa.
Quando mi ci trovai sopra, però, fu anche peggio. Davanti mi si apriva la salita e lì la macchina si rifiutò di proseguire. Le ruote slittarono sullo strato di ghiaccio e mi ritrovai di traverso.
"Maledizione!" imprecai a denti stretti.
Accelerai confidando di riequilibrare la traiettoria, girando bruscamente e contemporaneamente il volante.
Le ruote persero del tutto aderenza al suolo. Con uno strattone secco, il motore si spense.
E per me fu la fine...
Spinta da un unico pensiero, scordai tutti i consigli. Nella mente solo la voglia di tornare a casa.
Tenni premuto fino in fondo il pedale della frizione e girai la chiave nel blocchetto dell'accensione.
Il motorino di avviamento gracchiò, strozzandosi. Alcune spie luminose del cruscotto parvero tentare di accendersi, ma nulla. Niente da fare.
L'auto non si accese.
Che faccio? Cavoli, che faccio?
Ormai ero nel panico. Una vampata di calore mi arrivò alla testa, accendendo in contemporanea una velata sensazione di nausea.
Fu in quel momento che mi accorsi che qualcosa non andava: la vettura era in movimento ugualmente.
Com'era possibile?!
Quasi non fosse abbastanza la macchina infatti stava sfuggendo un'altra volta al mio comando.
Stava scivolando all'indietro!
I battiti esplosero nel mio petto.
Subito tirai il freno a mano, sperando di bloccarla.
Niente...
L'andatura aumentò gradatamente.
No, no, no, no...
Mi voltai a guardare dietro, spaventata.
Ruotai il volante velocemente, per cercare di dirigere l'orientamento.
Niente ancora...
Era tutto inutile! L'auto stava andando dove voleva.
Attraversò la strada... si inclinò oltrepassando il bordo della carreggiata... continuò... attraversò un terreno in pendenza... sempre più scosceso... e si diresse a velocità sempre più sostenuta verso il burrone che c'era al di là!
Non mi ero mai preoccupata di valutare quanto fosse profondo, ma c'era! Lo sapevo!
Mi aggrappai al volante già presagendo qualcosa di terribile. Le nocche si sbiancarono.
Lo vedevo avvicinarsi pericolosamente... rapido... sempre più veloce...
Sbarrai gli occhi, colta dal terrore...
Mi mancava il fiato. Nessun contorno era più fermo...
Ma all'improvviso, come per miracolo, con un rimbalzo brusco, quell'infernale abitacolo di latta, si arrestò. Senza preavviso.
Trattenuto da un grosso masso, che si era incagliato sotto ad una delle sue ruote posteriori.
Per un pelo! Dio, ti ringrazio!
Tirai un lungo respiro di sollievo, crollando il capo tra le mani che avevo ancora incollate al volante.
L'adrenalina che avevo in corpo mi impediva di quietare i battiti del cuore, che avvertivo battermi ancora forte nelle tempie. I polmoni faticare a riprendere aria. Udivo il rumore di ogni fiato preso e rilasciato. Di ogni pulsazione battuta dal mio cuore. Fino a che non ritrovai la calma.
Alzai la testa e mi sforzai di studiare intorno.
Valutai la strada: a destra e a sinistra.
Non si intravedevano i fari di alcuna macchina. Non c'era nessuno per la strada.
Del resto solo un incosciente poteva esserci. Un incosciente come ero stata io.
E adesso?
Ero disperata. Non sapevo togliermi da lì. Non ne ero capace.
Non potevo assolutamente proseguire. Era impossibile. Ma non potevo nemmeno restare in macchina.
C'era il pericolo che riprendesse a muoversi. Non potevo prevedere se il masso sotto alle ruote fosse sicuro.
Forse sì, ma magari per nulla.
Che fine avrei fatto in quel caso?
Non volevo nemmeno pensarci...
C'era poco da pensare: dovevo proseguire a piedi. Non avevo alternative, mi convinsi.
Del resto anche Davide e Stefania me lo avevano suggerito: l'auto non era un luogo sicuro con la neve. Mai!
Guardai al di là della strada l'imboccatura in salita da cui ero slittata fino a lì.
Non avevo mai considerato a sufficienza la distanza tra la strada principale e la baita. Probabilmente non era poi così lontano; quasi certamente, in poco tempo, l'avrei raggiunta. Non sarei rimasta poi molto per strada.
Scesi, mi preoccupai di chiudere bene le portiere e abbottonai la giacca fino in cima. Strinsi al collo il bavero e esaminai di nuovo attorno, smarrita.
D'improvviso una fortissima raffica di neve mi colpì in viso, insinuandosi tra i capelli e costringendomi a stringere le palpebre.
Per un attimo traballai sui talloni, faticando a tenere l'equilibrio.
Quella coltre era finissima e fittissima. Aggruppamenti cristallini ghiacciati, trasportati e violentati da un vento forte. Un vento che correva veloce al suolo; che costringeva i nuovi cristalli di neve a scivolare sopra la neve già caduta. E che accecava gli occhi e toglieva il respiro.
Il cammino che avevo davanti si distingueva a malapena in quella improvvisa bufera. Confondendo i contorni e brillando tutta... di ghiaccio.
Avrei potuto tagliare per il bosco, decisi, evitando di seguire la strada per forza. Avrei fatto prima, sicuramente. Bastava prendere la direzione giusta e sarei stata a casa prima di quanto avessi pensato.
Bastava solo trovarla... mi ripetei insicura.
Un altro soffio di gelo mi stappò un fremito, quando mi inoltrai nella neve. Il terreno era duro e freddo sotto i piedi... troppo freddo. Rabbrividii, ma continuai a camminare. Spirali di fumo bianco uscivano delle mie narici. Aumentando ad ogni passo.
Mi inoltrai tra gli alberi, salendo per un buon tratto. Tenendomi ai tronchi che trovavo sul cammino, per non cadere.
Sulle prime non mi preoccupai di dove stessi andando, concentrata com'ero ad evitare le lastre di ghiaccio.
Un passo... e poi un altro...
Mi dolevano le dita delle mani. Erano intirizzite, essendo senza guanti.
Le tracce del mio cammino svanivano a poco a poco, coperte da un candido manto bianco, ma continuavo a camminare senza pensare ad altro. Come se dovessi insistere a muovermi, se non potessi smettere per alcun motivo.
Eppure ovunque andassi la boscaglia mi pareva uguale al punto di partenza. Se non fosse stato per la mia auto che non riuscivo a distinguere più da nessuna parte, avrei temuto di aver girato a vuoto nello stesso tragitto.
Non mi fermai. Incespicando continuamente, inciampando, procedendo con difficoltà.
Non sentivo più i piedi. Erano ghiacciati; ogni parte di me lo era. Avvertivo un intorpidimento che mi costringeva a faticare, mentre cercavo di avanzare. Ma dovevo procedere. Non potevo lasciarmi scoraggiare.
Manca poco, mi ripetevo. Doveva per forza!
Mi aggrappai di più alla giacca nel tentativo di non tremare. Ma ogni muscolo del mio corpo si contraeva e si rilasciava tanto involontariamente, quanto rapidamente.
Non sapevo quanto tempo fosse passato. Minuti, forse ore... Non contava più mentre mi trascinavo in quella tempesta. Si era fermato...
Il buio di quella notte era illuminato solo dalla neve che rimandava il suo chiarore. Ma era tutto uguale. Tutto dannatamente identico: ogni albero, ogni ramo, ogni sasso che bucava lo strato gelido che aveva addosso. Ogni cosa!
Girai su me stessa... o forse ciò che avevo intorno girò intorno a me.
Non lo sapevo più...
Mi toccai la fronte senza riuscire a sentirla sotto i polpastrelli.
Un'altra volta nel panico...
Dio, aiutami! Ti prego!
Alla fine mi impuntai su qualcosa di voluminoso e caddi sulle ginocchia. Quando appoggiai le mani per farmi forza e tirarmi su, la neve mi coprì le braccia, fin quasi a metà dell'avambraccio. Mi ero ferita ad un palmo, ma era solo la mia vista che rimandava l'immagine di un taglio al mio cervello. Non avvertivo alcun male. Come se avessi avuto i palmi completamente insensibili. Così come avevo le gambe rigide. Non riuscivo a coordinare i movimenti.
La baita doveva essere vicina ormai. Doveva!
Il cielo era fitto di fiocchi di neve continua e un vento sempre più gelido scuoteva gli alberi, che avevo intorno.
E scuoteva me...
Un altro brivido, più violento, mi penetrò nelle ossa, agitando ancora ogni millimetro del mio corpo. Infilandosi nella giacca di panno, nel maglione, fino ad arrivare alla pelle.
La neve aveva stravolto ogni cosa. Non riuscivo più a individuare da che parte proseguire.
Mi fermai di nuovo e mi guardai ancora intorno, sempre più confusa. Non riuscivo a riconoscere nulla intorno a me. Neppure la strada che avevo evitato, ma che mi avrebbe riportato a casa. Non c'era più... da nessuna parte...
Quando ripresi a camminare, scivolai di nuovo sul ghiaccio. Non riuscii a mantenere l'equilibrio e mi ritrovai a terra, supina, dopo aver battuto la testa su qualcosa di duro. Non avevo idea di cosa fosse, ma questa volta restai a terra, rinunciando a rialzarmi.
Percepire le estremità del mio corpo era impossibile ormai. Mani e piedi mi avevano abbandonato e non esistevano più.
Non mi sentivo più le forze. Era come se avessi perso ogni energia. Come se nessuna parte del mio corpo rispondesse ai miei comandi.
Restai lì: nell'oscurità della notte, tra la neve che continuava a cadere. Non riuscivo a ricordare nemmeno più perché fossi in quel posto. Era tutto caotico...
Avevo soltanto voglia di chiudere gli occhi.
A fatica mi rannicchiai di fianco, cercando di riscaldarmi.
Il freddo mi avvolse come una coperta. Il vento soffiò ancora ed io rabbrividii un'ultima volta insieme a lui.
Esausta.
La neve mi ricoprì, come faceva col resto. Candida, leggera, costante. Un torpore, lentamente, mi avviluppò, rassicurante... Ero stanca, tanto... stanca...
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