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CAPITOLO 18

Giunta al parcheggio in fondo a Cervinia, vicino ai campi da tennis, lasciai la macchina e presi a percorrere la via pedonale, a metà della quale si trovava il cinema. Ci eravamo dati appuntamento lì davanti.

Andavamo a vedere "L'era glaciale 3".

Non era di certo un film recente, romantico, galeotto per una serata intima, pensai, ma probabilmente aveva poca importanza per Stefania. A lei interessava poter rimanere da sola con Davide, fuori dal ristorante e questo le bastava.

Da lontano scorsi Davide in piedi, saltellante per il freddo, ma non ancora Stefania.

Alzai gli occhi al cielo: leggeri fiocchi di neve si posarono lievi sulle mie guance. Volteggiando, scendevano giù e poi tornavano su, senza toccare terra, giocando con i soffi del vento, rincorrendosi l'uno con l'altro. Al suolo si era già formato uno strato sottile, bianco, sul quale i miei stivaletti, talvolta, scivolano.

Avrei dovuto seguire il mio primo istinto!

Eppure non riuscivo ad esserne pentita fino in fondo, persuasa dal buon fine per cui avevo deciso di accettare.

Guardai impensierita la via per valutare la distanza tra me e il cinema e fu allora che vidi Davide parlare con lui. Era sbucato dal niente, come facevano i fiocchi che continuavano a cadere. E come era accaduto ogni volta che mi ero imbattuta in lui...

Una fitta si accese immediatamente nel mio stomaco.

Indossava un giubbotto imbottito grigio ed un paio di pantaloni chiari, pesanti, che nascondevano gli alti scarponi. Le mani in tasca a ripararle dal vento gelido. E in testa aveva un berretto nero, che scendeva, con due padelle di pelo a ricoprirgli le orecchie. Al collo un collare di pile dello stesso colore, che aveva abbassato un poco per riuscire a parlare.

Non si accorse subito di me, nonostante fossi vicina, e continuò a parlare con Davide, confidenzialmente.

"Ti offro un caffè. C'è ancora tempo" propose Davide dandogli una pacca sulla spalla.

"Ti ringrazio, ma devo tornare a casa. Ho fatto il turno doppio oggi e sono distrutto. E poi Martina mi aspetta. Davvero... un'altra volta" gli disse giustificandosi.

Non potei fare a meno di ascoltare e quello che udii, incomprensibilmente, mi infastidì.

"Ah, beh... le ragazze non si fanno aspettare! Non insisto, allora" commentò Davide ridendo.

Percependo la mia presenza si girò verso di me.

"Ah... Ecco Adele! La conosci già?" gli chiese, porgendomi una mano per aiutarmi a salire sul marciapiede, accanto a lui.

A quelle parole Fabrizio si voltò e i suoi occhi stupiti si posarono sui miei. Li abbassai immediatamente.

"Sì, ci siamo già conosciuti" rispose lui, aggrottando le sopracciglia con aria di disapprovazione.

"Già" fu la mia risposta.

C'era fastidio in come continuava a fissarmi e ne conoscevo il motivo, visto il nostro ultimo incontro.

Cosa aveva da guardare a quel modo comunque? non potei fare a meno di chiedermi. A ripensarci a mente fredda ero io, se mai, a dover essere risentita con lui per come mi aveva liquidato, nonostante avessi cercato di chiedergli scusa. Non mi aveva nemmeno degnato di un minimo di attenzione quel giorno. Come se non gli importasse poi molto. Era stato un villano, a dirla tutta.

Se pensava che mi sarei ancora sentita in colpa con lui, si sbagliava di grosso. Mi sentivo più forte adesso che era passato del tempo: se non voleva le mie scuse, pazienza, mi ero detta. Non era una tragedia. Avevo fatto fin troppo.

E soprattutto non gli avrei rivolto, io, la parola quella sera. Non mi andava proprio...

Eppure, nonostante me lo ripetessi, desideravo che mi parlasse lui. Avere ancora un'occasione.

"Ma dov'è finita Stefania?" si chiese Davide ad alta voce, "Mi perdonate un attimo?" fece rivolgendosi a noi, "Vado a vedere cosa le è successo..."

Si allontanò, lasciandoci l'uno di fronte all'altro.

Merda! Non così all'improvviso però... Quello non ci voleva... non ero pronta

Cercai di mantenermi indifferente, evitando il suo guardo, che sentivo puntato severo su di me.

Incrociai le braccia sul petto, nascondendo le mani ghiacciate e dondolai sui piedi, per cercare di riscaldarli, dato il freddo intenso che sentivo pungerli.

Rimasi in silenzio.

Vagai lo sguardo intorno, provando a sembrare distaccata, ma quegli occhi, era inutile, mi agitavano terribilmente. Ero quasi sicura lo stesse notando anche lui.

Quando mi azzardai a guardare nella sua direzione, subito me ne pentii: mi stava fissando truce.

"Ok. Il tempo delle cazzate è finito: trova una scusa e vattene a casa. Ti accompagno io" esordì inaspettatamente.

Spalancai gli occhi. Mi si contorse la bile a quel comando.

Il tempo delle cazzate?!

Stava scherzando, sperai.

"Come scusa?"

"Va' a casa!" mi ordinò di nuovo con decisione. L'irritazione riempiva la sua voce.

Mi irrigidii immediatamente.

Come si permetteva di darmi ordini? Perché era quello che stava facendo.

Mi stava controllando! Stava cercando di gestire a mia vita! La mia!

Non poteva più farlo nessuno. Nessuno!

Quella era decisamente una cosa che mi mandava in bestia. La sola che era in grado di farlo! Che non potevo più accettare. L'avevo già permesso per troppo tempo... troppo!

Lo trafissi con lo sguardo per quell'arroganza e lo fissai con aria di attacco.

Era bastata una frase per farmi scordare le buone maniere.

"Dopo il film senz'altro!" gli risposi aggressiva.

"Si sta fermando sulla strada" disse riferendosi alla neve, con una calma irritante, "Ghiaccerà..."

Aveva ancora le mani in tasca a ripararsele dal freddo. I suoi occhi mi bloccavano sul posto, senza allentare la presa.

"Non preoccuparti. So cavarmela benissimo da sola" gli risposi stizzita.

Mi infastidiva. Non riuscivo ad evitarlo.

Davide e Stefania arrivarono quasi subito. Le braccia intrecciate l'uno all'altro, per sorreggersi e non cadere.

"Eccoci qua!" fece Stefania incapace di trattenere la gioia per quella vicinanza obbligata.

"Sarà meglio entrare" suggerì Davide, "Fuori si gela! Che ne dite?"

"Sì, è meglio" approvai fulminandolo con lo sguardo un'ultima volta.

Fabrizio mi fissò bieco. Sospettava cercassi soltanto un motivo per sottrarmi a lui.

Ciononostante mantenne il contegno.

"Buona serata, allora" ci augurò con un mezzo sorriso, senza aspettare di sentire la risposta, "Sarà meglio che vada anch'io"

Si vedeva che era contrariato.

Avevo i nervi a fior di pelle.

Mi voltai per andare e lui fece un passo indietro verso di me. Come spinto da un ultimo impulso che non riusciva ad ignorare. Serio, mi tirò per un braccio, dimenticando la mia reazione quando lo aveva fatto la prima volta e mi obbligò a guardarlo negli occhi.

"Non frenare mai. Nemmeno in discesa. E tieni le marce più basse" la sua voce risoluta, sembrava alterata dalla determinazione, "Questa non è la neve di città. Ricordatelo!"

"Te l'ho già detto una volta... non... toccarmi" ringhiai tra i denti come risposta.

Non mi mollò, quasi non avessi parlato.

"Dimmi che hai capito! Non sto scherzando"

"Neppure io!" lo strattonai con forza.

Mi fissò le labbra e io fissai le sue. Una scarica elettrica mi percorse da capo a piedi. I battiti del mio cuore aumentarono, come se improvvisamente provassi paura. Una paura differente da quella che ero abituata a gestire, ma ugualmente violenta.

Mi lasciò andare, quasi fosse colto dallo stesso turbamento, ma i suoi occhi rimasero incatenati ai miei. Incapaci di staccarsi. Così come i miei erano rimasti incollati ai suoi.

Fu in quell'istante che vi lessi preoccupazione.

Rimasi impietrita, confusa. Non ammetteva repliche. Il suo, più che un avvertimento suonò come una prudenza, un consiglio a fin di bene... un suggerimento necessario, che non dovevo dimenticare.

Ma non era soltanto quello che mi aveva smarrito. Era inutile che fingessi con me stessa. Non ricordavo di aver provato quell'emozione: era questo il motivo. Quell'emozione che nulla aveva a che fare con la neve o il ghiaccio di quella sera. Quell'emozione che forse non avevo mai sperimentato veramente per qualcuno. Che faceva barcollare le mie difese. E mi faceva sentire vulnerabile, terribilmente fragile.

Senza aggiungere altro mi gettò un'ultima occhiata e si voltò. Con le mani in tasca si allontanò, ma non provai sollievo nemmeno allora: un peso mi stringeva lo stomaco.

Restai ferma ad osservarlo ripercorrere la via pedonale che si stava imbiancando, fino a quando non fui richiamata da Davide.

Dovevo andare...

Seguii gli altri all'interno del cinema, tremendamente impensierita, come se presagissi qualcosa di negativo. Come se avvertissi di essermi cacciata in un pasticcio.

Le sue parole mi risuonarono nelle orecchie durante tutto il film, che non riuscii a seguire. L'immagine dei suoi occhi intensi, si mescolò più volte alla sua figura.

Ero un fascio di nervi.

Davide, seduto a metà, tra me e Stefania fu solare come sempre, ma questa volta non fu capace di distrarmi dai miei pensieri. Erano troppo assillanti.

Non potei andarmene prima, come avevo deciso in un primo momento, ma soltanto quando lo spettacolo finì. Davide non me lo aveva lasciato fare. E sinceramente, ero tesa...

Se Fabrizio avesse avuto ragione ad essere così preoccupato... Non avevo mai guidato nella neve... Non sapevo cosa significava...

All'una di notte eravamo pronti per tornare a casa.

Fuori, tutto si era trasformato. I fiocchi venivano giù fitti, ora, freddi, a falde sempre più grandi. I contorni delle cose non si distinguevano più come prima, nascosti in parte da un manto bianco. Ogni cosa pareva irreale, ogni movimento rallentato. Al suolo c'era già uno strato bianco di dieci centimetri e mi sentii persa. Dal cielo continuava a cadere un vortice di fiocchi di neve, incessante, muto, che sembrava destinato a non voler finire quella notte e il freddo mi bruciava gli occhi.

"Ti accompagno" fece Davide premuroso, "Lo faccio volentieri"

Stefania lo fissò con sospetto. Avrebbe desiderato uscire solo con lui, quella sera, non certo anche con me. Io ero il terzo incomodo e le davo fastidio. Non lo nascondeva.

Badai a non incrociare lo sguardo con lei, notando la sua espressione risentita e rifiutai.

"Non ti preoccupare. Io non vado distante. Pensa a Stefania piuttosto. Lei abita più lontano e la sua macchina non è affidabile" l'espressione di Stefania cambiò e diventò immediatamente soddisfatta.

"Sei sicura?" insistette, dopo averle lanciato un'occhiata indecisa.

"Sì, vai! Andrà tutto bene. Sta' tranquillo" risposi, sforzandomi di rasserenarlo.

"E va bene..." decise, alla fine rassegnato. "Promettimi di stare attenta. Non potrei mai perdonarmelo, se ti succedesse qualcosa. Ti ho quasi costretto io a venire con noi"

"Non darti pensiero. Mi sono già trovata in mezzo alla neve" mentii, "Non è la prima volta..."

Per un attimo mi studiò sospettoso.

"Mi raccomando. Non farmi pentire" fu il suo ultimo ammonimento.

"Starò attenta. Promesso"

A quelle parole non ce la fece a trattenersi.

Si avvicinò, senza preavviso, e inaspettatamente mi posò un tenero bacio su una guancia.

Quasi si fosse frenato fino a quel momento dal farlo e congedarmi gli avesse offerto l'occasione per lasciarsi andare.

"Buonanotte, allora..." sussurrò. I suoi occhi cercarono i miei. Intensi come mai, "Grazie per la bella serata"

Mi aggiustai i capelli dietro all'orecchio e chinai il capo. Intimidita per quel gesto che sentivo celava un significato che non avrei mai potuto condividere, ma che per lui era importante.

"Buonanotte, Davide" risposi a mia volta.

Non volevo essere scortese con lui, ma non riuscivo a provare la stessa emozione che aveva addosso.

Anche se fossi stata libera dal mio passato, non l'avrei mai provata, era questa la verità.

In quel momento, non potei fare a meno di notare, ancora una volta, il risentimento nello sguardo di Stefania.

Non scemò nemmeno quando Davide fece un passo indietro e la prese sottobraccio.

Non è un bene... commentò il mio pensiero. Non lo è affatto...

Si allontanò con lei verso la macchina e sperai ardentemente quell'intimità potesse rasserenarle l'animo.

Che casino! Perchè mi ero lasciata convincere? Avevo solo complicato le cose.

Ok, mi dissi. Un problema per volta...

Presi a camminare dalla parte opposta sovrappensiero, per arrivare alla mia, quando Stefania mi raggiunse per un ultimo consiglio.

"Senti.. pensavamo... Non rischiare ad arrivare in macchina fino alla baita. Se ti trovi in difficoltà, posteggiala da qualche parte e prosegui a piedi. D'accordo?" mi fissava in modo strano. Insolito data la reazione di poco prima. Quasi fosse realmente preoccupata.

"Potresti trovarti in difficoltà lungo la salita. Nel caso tu lascia l'auto e prosegui a piedi. Intesi?" ribadì ancora. Mentre parlava controllava con lo sguardo Davide più distante.

"Sì... d'accordo" le dissi per rassicurarla.

"Soprattutto stasera... potrebbe continuare a nevicare, magari trasformarsi in una bufera... La macchina diventa una trappola da queste parti. Meglio non fidarsi. Ok?"

"Ho capito... esco all'aperto"

Probabilmente aveva ragione, avrei rischiato di slittare e forse di finire incastrata da qualche parte. Era possibile, vista la nottata. Soltanto mi lasciava perplesso il suo atteggiamento. Pareva nervosa.

Evidentemente l'idea di rimanere finalmente sola con Davide la eccitava. Era senz'altro questo. La capivo...

Avevo immaginato ce l'avesse con me, ma chiaramente mi ero sbagliata, vista la sua premura.

Guardai Davide che mi sorrideva da lontano e gli sorrisi anch'io.

"E' meglio!" mi gridò.

Assentii soltanto ed alzai una mano in segno di saluto, per riprendere il mio cammino.

Sospirai creando un alone di fumo bianco intorno al mio viso. Portai le mani giunte alle labbra e vi soffiai sopra per riscaldarle.

D'accordo, mi dissi. Dovevo andare...

Non c'era nessuno per la via.

C'ero unicamente io... al freddo... gelido...

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