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CAPITOLO 13

Lavorai instancabile anche la settimana successiva. Lavorare mi aiutava ad affrontare il presente e a far sbiadire lentamente il passato.

Davide, sapendo di trovarmi ancora, al suo rientro dal lavoro all'albergo, passava quasi tutti i giorni a farmi un saluto. Ora avevo capito il perché di quell'impiego: aveva un carattere indipendente e voleva guadagnarsi da solo il necessario per i suoi svaghi. Quel lavoro a mezza giornata faceva al caso suo.

Ma oltre ad avere un carattere indipendente, sapeva anche essere un buon amico. Era consapevole che non ne avevo da quelle parti e non voleva farmelo avvertire troppo.

Teresa gli aveva parlato, sicuramente, incoraggiandolo a dedicarmi un po' del suo tempo. Conosceva suo figlio e il suo carattere solare. E cominciava a conoscere me e la mia vena solitaria, che non comprendeva a pieno e non approvava.

Stefania ne era entusiasta.

Beh... non del fatto che venisse per farmi un saluto. Questo la urtava, a dirla tutta. Ma di poterlo vedere e scambiare con lui solo un saluto, questo sì. Assolutamente!

Non faceva che civettargli intorno, diventando, a volte, perfino ridicola. Ma Davide prendeva sempre ogni cosa col sorriso, senza darle troppo peso.

"Allora... pronta per una serata indimenticabile?" mi disse Davide, sabato sera, strizzando un occhio.

"Ce la metterò tutta" risi, accatastando i piatti per le portate sul bancone della cucina.

C'era ancora tempo all'arrivo dei clienti, ma volevo non farmi trovare impreparata e mi ero messa già all'opera.

"Che hai fatto di bello oggi? Nel pomeriggio intendo... Lo so che al mattino ti tocca stare qui" domandò curioso, sistemandosi accanto a me a braccia incrociate.

"Le solite cose..." risposi con indifferenza, scostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Tipo?"

"C'è sempre da fare in una casa se lo vuoi" risposi sfuggente.

Mi allontanai per controllare che i frigoriferi fossero a sufficienza pieni, come mi aveva detto Teresa.

"Non da Marì... Quella non è una casa" rise continuando il discorso.

Lo guardai sbieca con un mezzo sorriso sulle labbra, prendendo un tagliere, per affettare il pane. Mi piaceva la sua risata; metteva di buon umore.

"Di dove sei esattamente? Non hai accenti nel parlare... Non riesco a collocarti..." mi rendevo conto che la sua era semplice curiosità, ma mi infastidì ugualmente e soprattutto mi mise in apprensione, visto che non sapevo cosa rispondergli.

"Forse perché non mi sono mai fermata per troppo tempo in un luogo..." risposi evasiva, "La mia famiglia ha sempre viaggiato molto... Sono stata in parecchi posti. Probabilmente è per questo che non ho un accento particolare nel parlare"

"E il tuo ultimo posto quale è stato?" mi chiese impaziente.

"Vediamo..." strizzai gli occhi, fingendo concentrazione, "L'ultimissimo è l'autostrada... Sì... direi che è quella" replicai scherzosamente.

Dovevo fermarlo o sarebbe andato oltre. Lo sentivo...

Lui rise e mi studiò prima di parlare ancora. Era troppo il suo interesse per desistere.

"Ok, non dovevo chiedertelo..." alzò le mani in segno di resa, "Non sono affari miei, lo dimentico sempre..."

"Non mi piace parlare del mio passato, scusami..."

"D'accordo... va bene..." sembrava scoraggiato anche se sorridente, "In fondo non è così importante. Se avessi un ragazzo da cui tornare. Quello sarebbe importante..." spalancò le pupille, in attesa di una risposta alla sua muta domanda.

Sorrisi a fior di labbra. Evitai di rispondere e di rivolgergli lo sguardo, trafficando in un cassetto.

"Allora?" insistette lui cercando la mia attenzione dondolando il capo.

"Cosa?" domandai studiatamente stranita.

"Ce l'hai o no?" assunse un'aria buffa, alzando e abbassando le sopracciglia.

Piegai in su le labbra, sospirando. Avevo il sospetto di dove volesse arrivare con quella domanda.

"No... Non ce l'ho. E comunque che ce l'abbia o meno non significa niente, Davide. D'accordo?" fermai quell'entusiasmo eccessivo sul nascere.

"Beh, per me significa molto se devo essere sincero"

"Sto bene così, Davide" ci tenni a sottolineare nel caso ce ne fosse stato bisogno.

"D'accordo. D'accordo... Non dirò altro. Era solo per sapere... Pura curiosità"

"Così va meglio..." non mi servivano complicazioni. Di qualunque tipo.

Davide sembrò riflettere. Mi fissò negli occhi come se volesse leggermi dentro.

Una scossa mi percorse la schiena.

"Che altro c'è? Ma la vuoi finire? Sto cercando di concentrarmi per la serata... mi stai facendo distrarre"

"Io ti faccio distrarre?! Io?!" fece ironico portandosi una mano al petto.

"Possiamo cambiare argomento?"

"Ok, ok..." rispose fingendosi deluso e alzando le braccia, "Cercherò di non distarti... anche se mi piace l'idea di farlo"

L'occhiata di rimprovero che gli lanciai valse più delle parole.

Era un bravo ragazzo. Mi piaceva il suo modo di fare, nonostante non potessi permettermi di lasciarmi coinvolgere troppo dalla sua amicizia. Dovevo mantenere le distanze e questo da chiunque. Sempre.

Forse un giorno avrei ceduto e gli avrei raccontato di più su di me. Ma non adesso... Non era necessario... Mi ero abituata all'idea di dover essere invisibile agli altri e ci sapevo convivere...

Non tornammo oltre in argomento. Allegro e loquace, scherzò con me tutta la sera, riuscendo a mettermi di buon umore, come faceva sempre; tanto che dimenticai per un po' le mie preoccupazioni e presto arrivò la fine di quella serata.

Raccolsi le mie cose ed esausta uscii nel parcheggio, per prendere la macchina e tornare a casa. Non c'era più nessun'auto posteggiata. Solo una moto nera, vicino all'ingresso. Probabilmente era di Davide, ragionai.

Guardai il cielo. Buio. Una coperta di stelle mi avvolse. Le avrei potute vedere tutte le notti se avessi voluto e lo avevo anche fatto, ma non le avevo mai, veramente, guardate davvero. Il mio sguardo si perse, inghiottito in un silenzio profondo e di una bellezza infinita. Ovattato. Che riuscivo ad udire fino in fondo, per la prima volta e che mi infondeva un senso incredibile di serenità.

I miei tormenti sembravano lontani, quasi impercettibili di fronte a quella intensa infinità. Sfuocati, indistinti. Più restavo a guardarle col naso all'insù, più quei punti luminosi sembravano scendere verso me, per sussurrarmi il loro silenzio e per darmi pace. All'improvviso una stella cadente passò sopra la mia testa. Chiusi le palpebre, convinta che potesse esaudire i miei desideri e respirai profondamente, lasciando che l'aria fredda di quella notte mi abbracciasse i sensi. Non desideravo altro che risvegliarmi da quell'incubo e ritrovarmi in un'altra realtà. Riscrivere il mio passato ed avere un futuro migliore...

"Non ci posso credere!"

Una voce improvvisa, proveniente da dietro, mi spaventò all'istante.

Una voce severa... che mi agghiacciò.

Il buio che avevo intorno tornò ad essere quello di sempre. E l'agitazione si impadronì subito di me...

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