CAPITOLO 10
Il tempo, quella mattina, parve trascorrere più veloce del solito e ben presto il locale iniziò a riempirsi di clienti. Non mi sarei occupata dei tavoli, almeno non quel giorno e sinceramente ne fui rincuorata. Il contatto con gli altri mi infastidiva. Non sarebbe stato facile sostenere i loro sguardi.
Aiutai Teresa ad impiattare, a lavare i piatti sporchi, a tagliare il pane nero a fette... insomma non mi mossi dalla cucina.
Non era poi così male, rimuginai tra me. Il clima era piacevole. Teresa mi trattava con molta premura e questo mi faceva sentire a mio agio.
"Due fondute valdostane" ordinò Stefania, mangiucchiando un pezzo di pane al volo.
Si appoggiò al tavolino in attesa che gliele disponessi nel piatto e mi studiò, pensierosa.
"Allora? Come va per ora?" mi chiese cortese.
"Bene... Mi piace" commentai attenta a quello che stavo facendo.
"Tu non servi ai tavoli?" mi domandò dubbiosa.
"No... Preferisco stare qui. Non mi ci muovo molto bene tra la gente. Poi si vedrà. Magari col tempo" risposi serena.
"Buono a sapersi. C'è parecchio da fare di là, ma eviterò di chiedere il tuo aiuto" prese in mano i piatti caldi e strizzandomi un occhio, celere, si allontanò.
Quel gesto, a dire la verità, un po' mi preoccupò. Mi pentii di averglielo confessato.
Ero diffidente nei confronti di Stefania, così come lo ero un po' con tutti, ma c'era qualcosa in lei che a pelle non mi convinceva. Aveva, nei miei confronti, un atteggiamento che non mi sembrava genuino, ma piuttosto forzato e questo mi spingeva a tenerla lontano, nonostante dovessimo lavorare fianco a fianco.
Quando guardai l'orologio al polso per la prima volta, mi sorpresi constatando che fosse già l'una. Stavamo servendo i dolci a una parte della clientela. Scrupolosa guarnivo i piatti con lo strudel, attenta a non sbavare il piattino con lo zucchero a velo, quando Stefania si sporse appena dalla porta e mi chiamò.
"Teresa ti vuole... ha bisogno di parlarti"
"Oh... Vado subito!" le risposi ripulendomi le mani nel grembiule. Ma non fui sicura mi avesse sentito, data la velocità con cui si ritrasse.
Lasciai la cucina e mi diressi verso la sala, con fare tranquillo. Era strano... anche quel posto inaspettatamente riusciva a farmi sentire tale. E forse ne avevo un disperato bisogno. Una necessità vitale.
Ma non appena fui sulla soglia, qualcosa cambiò all'improvviso...
Mi bloccai subito.
Merda! Avevo tirato le mie conclusioni troppo in fretta.
Feci immediatamente un passò indietro, nascondendomi alla loro vista. Il mio fiato aumentò sensibilmente.
Non poteva essere...
In preda al terrore mi schiacciai con le spalle contro il muro, mentre nella mente presero a scorrere mille ipotesi. Il mio respiro divenne concitato, corto ed il cuore scoppiò i battiti.
E se fossero stati lì per me?! Se fosse stato quello, il bisogno di parlarmi a cui alludeva Stefania?!
Con un'occhiata valutai la distanza tra me e la porta d'ingresso...
Troppa!
Avrei potuto dileguarmi dalla porta sul retro, se fosse stato necessario e se fosse stata aperta...
Non sapevo se lo era.
Sbirciai ancora...
Erano in due, a quanto mi sembrava, anche se uno mi rimaneva nascosto per lo più da Teresa, intenta a parlare con loro...
Quando sono in servizio sono sempre in due... ragionai.
Avevo riconosciuto la loro tuta operativa grigio- verde... La camicia e il berretto dello stesso colore, gli anfibi neri che spuntavano sotto i pantaloni... L'aquila dorata e il cinturone con la pistola, appeso in vita me ne davano la conferma...
Erano Guardie Forestali! Lavoravano a contatto con le altre forze di polizia, anche se si occupavano principalmente delle aree montane. Avrebbero potuto cercarmi per loro richiesta! Lo potevano fare... Se avessero avuto una segnalazione avrebbero dovuto tenerne conto e seguire gli ordini ricevuti.
Non riuscivo a crederci! Era passato troppo poco tempo da quando tutto era successo...
Eppure... quel giorno, mi era sembrato così convinto... il suo viso così dannatamente rassegnato!
No, non poteva essere! Non era così... mi dissi di nuovo cercando di tranquillizzarmi.
Eravamo tra i monti del resto! Probabilmente era solo una coincidenza...
Dovevo farmi coraggio e affrontarli! Avrei destato più sospetti andandomene senza un motivo...
E poi che avrei fatto dopo? Non avevo niente! Ero lì per quello: racimolare denaro prezioso.
Respirai più profondamente, un paio di volte, cercando di rilassarmi.
Ok... Dovevo andare...
Sforzandomi di apparire calma varcai il salone, a testa bassa.
"Adele!" fece Teresa con un grande sorriso, voltandosi verso di me, non appena percepì la mia presenza alle spalle. "Vieni! Avrei bisogno che ti occupassi di loro..." mi disse cingendomi la vita con un braccio, quasi a volermi rasserenare, "So che non era previsto oggi, ma Stefania è già troppo occupata e dice che proprio non ce la fa da sola... Loro hanno solo un'ora per mangiare, così pensavo potessi pensarci tu..."
A quelle parole provai disturbo. Mi era sembrato di capire che Stefania avrebbe evitato di chiedere il mio intervento in sala... Ma forse non era stata lei a chiederlo, ma semplicemente un'idea di Teresa...
Poco importava: dovevo affrontare al meglio la situazione. Qualunque fosse stata.
Mi feci avanti. Alzai lo sguardo e in quel momento anche l'altro si palesò ai miei occhi.
Un'ondata di emozioni mi investì quando lo riconobbi, ma la prima che provai fu la sorpresa.
"Tu?" esclamò Fabrizio non appena gli fui di fronte. Nei suoi occhi non scorgevo alcun intento astioso nei miei confronti, solo un sincero stupore.
Scattai al suono della sua voce, abbozzando un sorriso forzato.
"Vi conoscete già?" esclamò Teresa lieta dello sguardo che mi rivolse.
"Sì" risposi, senza troppa esaltazione, giungendo le mani in grembo.
Sentivo che mi stavano studiando.
Incontrollabilmente il mio cuore aumentò ancora i battiti.
"Molto bene, allora!" commentò lei soddisfatta, spostando lo sguardo da uno all'altra "Credo proprio che non ci saranno problemi, allora! Lui è Aldo" disse riferendosi al collega... Aldo... riflettei, quindi era quello l'Aldo a cui alludeva la sera in cui ci eravamo casualmente incontrati...
"Ho già preso l'ordinazione io... Falli pure accomodare a quel tavolo" mi suggerì indicandomi un tavolino a due, nell'angolo accanto all'ingresso, che si era appena liberato. "Dagli pure quello che desiderano... Per il conto ci penso io"
Mi diede una pacca incoraggiante sulla spalla e si allontanò in cucina, attendendomi con le pietanze.
Restai senza parole, mentre li invitavo con un gesto incerto a sedersi attorno al tavolo. La salivazione andò inesorabilmente a zero.
Calma, mi ammonii, non è successo niente...
Iniziai a sparecchiare.
Aldo con un verso ironico sulle labbra, fissava Fabrizio che, impacciato, spostava la sedia evitando di guardarmi e subito dopo studiava me, con una smorfia sorniona sul viso.
"Adele..." pronunciò il mio nome senza proseguire, come se volesse sbilanciare i suoi pensieri, ma qualcosa lo trattenesse.
Mi rivolse un sorriso malizioso e tornò a guardare Fabrizio che si schiariva la voce, in evidente imbarazzo.
Il suo viso era affilato ed aveva un paio d'occhi neri, attenti, che mettevano i brividi. I suoi capelli erano corti, brizzolati sulle tempie. Era alto, almeno quanto Fabrizio, eccessivamente magro ed era senz'altro più vecchio di lui.
Non riuscivo a deglutire, come paralizzata, in preda ad un vortice di emozioni. A fatica cercavo di apparecchiare di nuovo il tavolo, sapendo che stavano valutando ogni mia minima movenza.
"Bene... bene... bene..." disse ancora lui, scuotendo la testa e ridacchiando, "Adele... Qualcuno ha dimenticato di dirmi qualcosa a quanto pare..."
Un'espressione di dolore gli si disegnò sul viso, quasi all'istante, quando Fabrizio gli sferrò un calcio sotto il tavolo.
"Potresti..." fece Fabrizio schiarendosi ancora la voce, "Potresti portarci una bottiglia di acqua naturale, per favore?"
"Sì, certo... subito" risposi, voltandogli le spalle e sfruttando l'occasione per allontanarmi.
Incrociai il suo sguardo, prima di farlo e lui mi sorrise.
Nel corto corridoio che portava alla cucina, appoggiai ancora le spalle al muro e guardai il soffitto, tremando dall'agitazione.
Va tutto bene... tutto bene... suggerii a me stessa.
Non è successo niente... niente... mi dissi ancora.
Tentai di svuotare i polmoni ripetendomelo...
"Adele? Sei tu?" chiese Teresa intravedendo la mia figura.
"Sì... sì... Arrivo..." risposi con voce stridula.
Coraggio! mi comandai, cercando di seguire il consiglio. Feci un passo avanti...
Ce la puoi fare...
Strinsi i pugni e, finalmente, entrai decisa in cucina.
Li servii rispondendo per lo più a monosillabi alle loro richieste, evitando di guardarli entrambi negli occhi, per evitare che si rivolgessero a me.
Non servì a molto...
"Ci chiedevamo... " esordì Aldo, "Che cosa ha portato da queste parti una ragazza sola e così carina? Non credo un fidanzato, o sbaglio?"
Spalancai gli occhi deglutendo, senza rispondere. Quella domanda mi spaventava, così come mi spaventava lui...
"La vuoi finire una buona volta!" lo riprese Fabrizio a denti stretti, "Lascia stare... non ci chiedevamo niente" fece rivolto a me, " Ci sarebbe... sì... ci sarebbe dell'altro..." arricciò il naso, stringendo le labbra, "Pane, sì... dell'altro pane..."
"Che te ne fai di altro pane?" gli chiese Aldo aggrottando la fronte, "Abbiamo quasi finito di pranzare"
"Vuoi darci un taglio!" ringhiò Fabrizio a mezza voce.
Lo fissai seria e lui mi sorrise strano. Innaturale avrei detto.
Annuii e mi allontanai con un pensiero preoccupante in testa...
Che intendeva scoprire indagando il motivo per il quale mi trovavo da quelle parti? E poi... per quale ragione intendeva sincerarsi che fossi sola? Era quella la notizia che era stata divulgata? L'identità di una ragazza sola?
Scossi il capo, ricacciandolo lontano.
No. Era troppo poco... e poi lui non avrebbe mai sospettato fossi arrivata sino a lì... in macchina per giunta...
Quando mi ripresentai, sembravano occupati a discutere questioni di lavoro e tirai un respiro di sollievo.
Non dovevo lasciarmi prendere dal panico. Non era assolutamente indispensabile...
Eppure i minuti si erano fermati all'improvviso... Non scorrevano più... Mi muovevo veloce attorno al loro tavolo, fermandomi solo il necessario, ma non bastava a farli ripartire. Erano sempre gli stessi... maledettamente fermi...
E quei due erano sempre lì...
Talvolta entrambi mi osservavano. Di tanto in tanto soltanto uno dei due. Mi sentivo scombussolata. Mi aggiustavo i capelli continuamente, cercando di nascondere il mio viso per quanto possibile, ma era inutile. Ero inquieta...
Quanto ci voleva a finire un pranzo, dannazione!
Poi all'improvviso il loro argomento cambiò, facendomi salire un brivido lungo la schiena.
"Pensi che la troveremo?" esordì inaspettatamente Fabrizio.
"Se è da queste parti non ha possibilità di fuga!" gli rispose Aldo.
Alzai gli occhi verso di lui, allarmata.
"Dovrebbe essere già arrivato il fax in centrale, con i dettagli dei suoi spostamenti, Gli staremo addosso. Prima che se ne possa accorgere, l'avremo già presa!" continuò bevendo.
In quel momento mi inchiodò con lo sguardo, quasi rivolgesse a me quella minaccia. Il cesto del pane, che stavo riportando in cucina, mi sfuggì dalle mani e cadde a terra. I loro occhi si puntarono sui miei, spalancati per la tensione che mi soggiogava. Immobile, sepolta dal terrore...
"Adele?!" chiamò Fabrizio preoccupato, "Va tutto bene?"
Indietreggiai di un passò. Lui mi guardò, all'improvviso serioso.
"Sì..." risposi ansimando.
Dovevo andarmene. E subito! Non potevo permettergli di leggere quel fax. Probabilmente avevano ricostruito il mio identikit. Il fatto che avessi accorciato i capelli e li avessi tinti di bruno, sarebbe servito a poco...
Mi avrebbero riconosciuto!
Dove avevo sbagliato?! Dove?!
Mi chinai a raccoglierlo con le mani tremanti e Fabrizio si fece al mio fianco, accucciandosi accanto a me.
Spostai lo sguardo su di lui. Sembrava pensieroso...
Parlavano di me! Ne ero sicura! Avevo sottovalutato la cosa prima. Il mio primo istinto era giusto!
"Ehi... Sta tranquilla! Succede a tutti di far cadere delle cose" mi sussurrò a voce bassa. Fece un gesto con la mano, verso di me, come se volesse toccarmi, ma poi ci ripensò e la ritrasse.
La sua voce calda pareva volermi tranquillizzare. Non per ciò che si agitava in me, dopo i loro discorsi, ma per quel gesto incondizionato che lo aveva seguito e che credeva essere il motivo del mio malessere.
Ero smarrita...
Il suo viso, di fronte al mio, era sorridente. Sorprendentemente, non c'era avversione nei miei confronti nella sua espressione. Soltanto compassione per la mia evidente agitazione.
Non sapevo più cosa pensare...
Mi rialzai, cercando di ricompormi e lui fece lo stesso.
"Non sono abituata... Mi dispiace..." gli dissi a mezza voce, tenendo gli occhi bassi.
"Ho capito" si intromise Aldo rimettendosi il cappello,"Meglio che vada fuori a chiamare il veterinario, intanto..." così dicendo si apprestò ad uscire, "Ci sarà bisogno di una sedazione. E' meglio che se ne occupi lui, nel caso" proseguì serio, "Potresti sbagliare il bersaglio, oggi... Hai la mente da un'altra parte" aggiunse ridacchiando.
Fabrizio lo fulminò con lo sguardo.
Aldo gli lanciò un'occhiata divertita, alzando le sopracciglia nere in modo buffo e si rivolse a me con un sorriso amichevole.
"E' stato un piacere conoscerti, Adele" esordì, "Credo proprio..." e guardò ancora Fabrizio, "Che ci rincontreremo ancora... Presto..."
Non riuscì a soffocare del tutto una risata, nonostante provasse a trattenersi, mentre richiudeva la cerniera del giaccone.
Che cosa intendeva dire? Era un ghigno il suo? L'allusione a qualcosa di sinistro nei miei confronti, che non avrebbe tardato ad arrivare? Ora sapevano esattamente dove trovarmi... Se avevano diramato un identikit, non avrebbero faticato a riconoscermi adesso...
Ma non doveva succedere per forza... Me ne sarei andata prima!
Lo guardai uscire, rapita dalle mie conclusioni...
Avevo i nervi a fior di pelle.
"Scusalo" mi disse Fabrizio, strappandomi ai miei pensieri. "Gli piace scherzare... Non farci caso" proseguì arricciando il naso, prendendo in mano il suo berretto, "Siamo sulle tracce di una lupa proveniente dalla Svizzera. Ha già fatto parecchi danni al bestiame. Proviamo a spostarla in una riserva protetta o prima o poi qualcuno finirà per giustiziarla" ci tenne a precisare.
Quindi non ero io l'argomento dei loro discorsi! Non ero io!!!
Respirai profondamente, cercando di ritrovare la calma.
"Grazie per il pranzo, Adele" i suoi occhi sfiorarono i miei, frastornandomi.
"Di niente" risposi, distogliendoli all'istante.
Restò impacciato, fermo, senza dire altro. Solo a guardarmi. Poi mi salutò ed uscì, senza più voltarsi.
Lo seguii con lo sguardo, finché richiuse la porta dietro di sé.
Mi bastava solo ancora un po' di tempo... solo un po'...
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