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Cap 55


La porta della mia stanza sia apre senza che nessuno abbia bussato.

Levo la faccia dal cuscino e guardo Mirko entrare, come se fosse camera sua.

«Che vuoi?», chiedo «non voglio vedere nessuno»

Tiro su col naso e mi rigiro verso la parete.

Mirko si siede accanto a me, sul letto. Mi accarezza i capelli. Questo gesto mi fa venir da piangere, perché vorrei che fosse un altro ragazzo a farlo ed è una sensazione bruttissima.

«Mirko, ti prego, vattene»

Lui sospira.

«Ti ho portato i compiti. E sono qui perché Marie vuole che tu vada alle prove»

«Non ci andrò. Andres non mi vuole vedere»


«Qualcuno sta cercando di convincere Andres. Lo spettacolo è tra meno di due settimane. Non potete mandare all'aria tutto per una litigata»

Sbuffo.

«Come sei saggio tu. Per te è tutto semplice, vero?»

Mi lancia un'occhiata gelida.

«Per niente», risponde e ritrae la mano che mi stava accarezzando «niente è semplice, quando riguarda te»

«Scusami», dico «ho parlato senza riflettere»

«Succede, quando si soffre per amore», risponde Mirko.

Mi guarda di nuovo. So di essere impresentabile: non lavo i capelli da tre giorni e indosso lo stesso pigiamino con gli orsetti da quando sono rientrata dopo la litigata con Andres.

Mia madre non ha saputo consolarmi e Carol non ha risposto al telefono. Maya ha chiamato, ma poteva parlare a bassa voce, perché Andres non voleva sentire nulla riguardo a me.

«Ricevi ancora messaggi dal tuo ammiratore?», mi chiede Mirko.

«Sì», rispondo «ma li straccio senza leggerli»

«Ma come diavolo ti è saltato in mente di dirlo ad Andres?», chiede ancora.

«Non gliel'ho detto. Il bigliettino deve essermi caduto dalla borsa mentre andavo in bagno»

Mirko sospira.

«Ti ho portato i compiti, ma non credo ti interessino, in questo momento...»

Scuoto la testa.

«C'è qualcosa che posso fare per farti stare meglio?»

Scoppio a piangere.

«Voglio Andres...», rispondo.

Anche Mirko ha gli occhi pieni di lacrime. Per lui deve essere difficilissimo vedermi in questo stato.

«Amanda, io sono qui perché ti voglio bene», dice «e non voglio che tu soffra per lui. Ma in amore non si può campare di tempi verbali che iniziano con voglio o vorrei. Io credo che ci sia solo un unico tempo verbale che funziona»

«E qual è?»

«Esserci»

Serro le labbra. Andres non c'è. Gli ho lasciato più di quindici messaggi vocali e gli avrò mandato un centinaio di messaggi.

«Quando si diventa stalker?», chiedo a Mirko,

Lui sorride.

«Non ne ho idea. Tu che ne dici?»

«Dico che vorrei vederlo. Vorrei chiarire con lui e provare a ripartire da capo»

«Allora ti consiglio di fare una bella doccia calda e sistemarti questi capelli. Sembri uno spaventapasseri»

«Non mi sei di aiuto», borbotto.

«Dovete venire alle prove. Siete costretti a vedervi. Non c'è altra scelta. Pensaci. Se Andres è quello che vuoi, nonostante tutto, è la tua possibilità»

Mi metto seduta sul letto.

«Tu dici?»

Mirko si alza in piedi.

«Sai cosa mi fa rabbia, Amanda? Che tu sia così dolce e così bella e che ti sia innamorata di uno stronzo come Andres. Di uno che non sai nemmeno chi fosse, prima di arrivare qui»

Non mi importa chi sia davvero. Mi importa come mi sento quando c'è lui intorno. Mi importa il calore del suo corpo quando mi abbraccia. Mi importa che siamo io e lui, nella nostra bolla, quando il resto del mondo perde colore.

Mirko si avvia verso la porta.

«Ci vediamo tra un'oretta», dice.

Mi alzo dal letto e mi trascino fino al bagno.

Mia madre spunta da dietro la porta.

«Cosa ti ha detto per farti venire fuori da quel letto? Quel ragazzo è magico»

Non rispondo.

Lei mi fissa mentre aspetto che l'acqua diventi calda, poi capisce che voglio rimanere da sola e se ne va.

Lascio che l'acqua della doccia trascini via la muffa di questi tre giorni e i cattivi pensieri. Andres sarà costretto a guardarmi negli occhi. E capirà che non può fare a meno di me.

Indosso la tuta e mi accorgo di essere già in ritardo. Asciugo i capelli il più velocemente possibile, ma perdo tempo per renderli gestibili. Alla fine li lego in una specie di coda ed esco correndo.

Arrivata alla sala prove, sento la voce squillante di Ludovica: «E' chiaro che Amanda non verrà neanche oggi. Bisognerà pensare a una sostituta»

«Forse no», rispondo entrando «forse, in qualche modo, ce l'ho fatta».

Mirko mi sorride. Marie corre ad abbracciarmi.

«Amanda, manca così poco e abbiamo così tanto da fare. Non provare più a tirarmi questi brutti scherzi!», mi rimprovera.

Guardo Andres. Ha le occhiaie e la faccia scura. Non alza gli occhi su di me. Maya è seduta alla regia insieme al tecnico audio- luci. Si inizia a fare sul serio.

Mentre aspetto che arrivi il nostro turno, provo a tendere la mano per prendere quella di Andres, ma lui si scansa.

Qualcosa, dentro di me, ribolle. Come si permette di trattarmi come se fossi una sconosciuta? Ho fatto degli errori, ma non è così che si risolvono le cose, se due persone si vogliono bene.

Quando tocca a noi, ho il nervoso a mille.

Al posto che provare a inseguirlo, mi scaglio su di lui e gli pianto un pugno nello stomaco. Lui all'inizio mi guarda sorpreso, poi si gira di scatto e mi blocca i polsi.

Provo a divincolarmi, ma sono bloccata. Mi giro e gli pianto gli incisivi nel braccio.

Lui urla e mi molla. Gli salgo sulle spalle e lo atterro. Non duro più di un secondo: si libera di me e mi blocca il corpo sul pavimento.

«Sei uno stronzo», bisbiglio, cercando di muovermi.

«Hai iniziato tu», sussurra.

I suoi occhi adesso sono neri e scintillanti. Ci leggo rabbia e desiderio. Rancore e passione.

Ti voglio anche quando il cielo si fa scuro.

Ti voglio quando non sono in grado di capirti.

Ti voglio quando non rispondi ai messaggi e fingi che non esisto.

Ti voglio sempre, anche quando non vorrei.

«Rimani comunque un imbecille», replico, e cerco di morderlo ancora.

«Non mi freghi più», ride lui.

Mi blocca le gambe con il ginocchio. So che ci stanno guardando tutti, ma sento una ventata di desiderio che scuote tutto il mio corpo. Vorrei che fossimo soli, per fare l'amore su questo pavimento.

«Ti detesto, a volte», dice Andres. Prende il mio viso tra le mani e stringe.

«Mi fai male», ringhio.

Si china su di me.

Le nostre bocche sono vicinissime.

«Stop», grida Marie «Dio Santo, ma questa scena è un disastro, un vero disastro!»

«Concordo, purtroppo», replica Maya.

Andres appoggia le sue labbra al mio orecchio. Sento un brivido che mi scuote la schiena.

«Ti amo, dolce frana»

Il brivido diventa una valanga di gioia.

Basta una frase a volte per cambiare la nostra giornata.  Quale frase vorreste sentire  oggi e da chi?

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