Cap 54
Siamo usciti insieme, questa sera, ma forse era meglio che ciascuno se ne stesse a casa propria. Andres beve la sua birra rossa e sembra distratto. In realtà è colpa mia: gli ho chiesto con una certa insistenza di parlarmi della sua situazione in Argentina, di quello che è successo, ma mi ha trattata malissimo.
«Pensavo avessi capito che non mi va di dirti adesso le cose»
«Forse non le dirai mai» ho sbuffato.
«Di certo non riesco ad aprirmi se mi stai così addosso»
«Potrei iniziare a indagare da sola», l'ho provocato.
Lui mi ha guardato malissimo, poi ha chiesto, piano: «L'hai fatto?»
Sembrava spaventato.
«No», ho mentito «perché ancora spero che sarai tu a parlarmi»
Lui si è acceso una sigaretta.
«Tu invece non devi dirmi niente, vero Amanda?»
Questo continuo punzecchiarci ci ha sfinito. Entrambi guardiamo altrove, pur di non incrociare l'uno lo sguardo dell'altra. Sbuffo.
Giro tra le mani, distrattamente, la strana collana di perline colorate che mi ha mandato il mio ammiratore segreto. Non so nemmeno perché l'ho indossata.
C'era anche un bigliettino, ovviamente.
Andres scola la sua seconda birra.
«Forse dovresti smettere di bere», commento.
Lui mi lancia un'occhiata torva.
Abbasso gli occhi. Guardiamo chi passa. Sembrano tutti felici, in questo locale. Tutti, tranne noi. Quando dentro non stai bene, improvvisamente ti senti come un accordo dissonante. Inizia tutto a girare per il verso sbagliato e la faccia che hai di fronte, quella che hai amato e baciato, ti pare quella di un estraneo.
Vorrei prendere la mano ad Andres o fare qualcosa di folle, come dargli un pugno sul petto, ma so che potrei scatenare qualche scenata. Me ne sto zitta, in attesa della sua mossa. Invece lui non fa niente, Sembra come congelato. La musica è troppo forte e le risate degli altri avventori mi stano sopraffacendo. Cerco una via d'uscita.
«Vado in bagno», gli dico.
Lui non muove neanche un muscolo e nemmeno mi guarda andare via.
Mi osservo allo specchio piccolissimo della toilette. Ho gli occhi tristi. Certo, non ho mai pensato che l'amore sia sempre come quella sera al castello, ma oggi mi sembra andare tutto a rotoli. Potrei spaccare questo vetro e fermare il tempo. Correre di là e mettermi a piangere e pregare Andres di dimenticare la nostra discussione e provare a ricominciare da capo la serata.
Quando esco dal bagno, lui mi dà le spalle.
Decido di abbracciarlo da dietro, e arruffargli i capelli.
Appena le mie mani si avvicinano alle sue spalle, si scansa bruscamente e si volta come una furia.
«Ma...», esclamo, spaventata.
Mi mostra un bigliettino. Lo riconosco subito. E' quello del mio ammiratore. So benissimo cosa c'è scritto: Indossa questa collana piena di colori quando ne avrai bisogno in un mondo che ti sembrerà grigio.
«Cos'è questa merda?», esclama, e mi sfiora la collana. Per un momento penso che me la voglia strappare dal collo. Poi si guarda in giro e abbassa il braccio.
«Non mi va di parlarne qui», rispondo. Sento che il mio tono è colpevole. Come potrebbe non esserlo? Pretendo sincerità da lui, ma sono la prima a non rispettare le regole di questo gioco.
Andres mi lancia la giacca e il cappellino.
«Allora usciamo», dice.
Non mi prende per mano. Non mi prende e basta. Esce e si aspetta che obbedisca e lo segua. Sono tentata di rimanere. Sono arrabbiata, stanca, colpevole. Mi trascino tra incertezze e mosse false. Come può restare calmo il mio cuore?
Esco dal locale e l'aria fredda della notte mi punge la pelle.
Andres inizia a camminare, le mani nelle tasche, e io gli corro dietro.
«Non è stato Mirko, se è quello che pensi», mi affretto a dirgli.
Lui si ferma e stringe i pugni.
«Allora chi? Chi? Amanda, cosa devo pensare?»
«Mi stai urlando in faccia», sussurro «mi fai paura, così»
Si calma, ma di poco.
«Vuoi dirmi chi ti ha scritto quella frase?»
«Non lo so, Andres. Non lo so. E' da qualche giorno che ricevo delle lettere da un ammiratore... Regali.. E io... non lo so...»
Mi viene da piangere.
«E quando pensavi di farmelo sapere?», ringhia Andres.
Il suo sguardo mi fa paura.
«Andres, ti prego, non fare così», dico.
«Hai paura di me?»
Non si lascia impietosire dalle mie lacrime.
«Io non so chi tu sia, Amanda»
«E io non so chi sia tu!», ribatto. Mi metto a piangere più forte.
Scuote la testa.
«Lo sapevo», mormora «è tutto sbagliato»
Indietreggia.
«Andres, dove vai?»
«Io e te dobbiamo stare lontani», mi dice.
«No, ti prego», rispondo, ma è una risposta meccanica. Forse ha ragione lui.
Forse io e lui dobbiamo davvero rimanere distanti. Non siamo fatti per stare insieme.
Mentre lo guardo allontanarsi da me e mi chiedo chi sia davvero Andres, trattengo il mio corpo dal corrergli dietro.
Ovunque tu vada, lascia che io venga con te. Non conosco le ombre del tuo passato, ma voglio cullare quelle del futuro. Ovunque tu andrai, tienimi con te. Non lasciare che io rimanga indietro.
Ma Andres non si volta.
Come fai a decidere se un amore vale la pena di essere vissuto?
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