Cap 35
Questo è un capitolo molto particolare, ma non capirete oggi il perché. Posso solo dirvi che comprenderete il significato di quello che ho scritto tra qualche tempo e ne rimarrete davvero sorprese. Buona lettura.
Ho smesso di piangere solo perché in giro c'è troppa gente e non voglio attirare l'attenzione. Sento una musica invitante e vado in quella direzione. C'è una pista di pattinaggio. Penso che potrebbe fare al caso mio, in questo momento, così entro, noleggio un paio di pattini e mi preparo a entrare in pista.
Non è facile come pensavo. Il ghiaccio mi trascina sempre verso terra. Ma tanto, come direbbe Andres, ci sono abituata. E' impossibile non pensare alle parole che mi ha detto, e a quanto mi abbia fatto male. Forse dovrei andarmene, ma non ho voglia di presentarmi con aria sconfitta dalla mamma. E poi, dovrebbe andarsene lui. Non è giusto che rinunci io. E' vero, ho sbagliato a strappare la pagina di diario. Ma ero pronta a chiedere scusa. Invece adesso, tutto quello che vorrei è mettere una grossa croce sulla sua stupida bellissima faccia.
Mi attacco alla balaustra e mi do delle piccole spinte, poi pian piano mi lascio andare. La musica mi rilassa. Non abbastanza da non pensare a Ludovica.
Brava, stronza. Ce l'hai fatta a farmi passare come la cattiva di turno. Uno a zero per te.
Devo trovare il modo di far capire ad Andres con chi ha a che fare. Ma se io non ho detto a nessuno del bacio, Ludovica come fa a saperlo? Qualcosa non mi torna. O ha giocato bene le sue carte, oppure quel giorno qualcuno ci ha visto e gliel'ha riferito. In ogni caso sono d'accordo con Andres: più stiamo lontani, meglio è. Ho provato a rimediare e lui ha solo peggiorato le cose.
«Forza, Laura, metticela tutta!», grida una ragazza dagli spalti. Ha le stampelle e dei lunghi capelli biondi. Sta fissando una ragazza che potrà avere la mia età. Volteggia sul ghiaccio come una farfalla.
Esegue alcuni avvitamenti perfetti e disegna sul ghiaccio forme bellissime, coi suoi pattini. Mi fermo e mi incanto a guardare le sue mani che seguono leggere l'andamento del resto del corpo. Poi mi accorgo di una cosa pazzesca: sta pattinando a occhi chiusi. Spalanco la bocca e mormoro: «Accidenti!»
Un ragazzo alle mie spalle scoppia a ridere.
«E' davvero brava, eh?», mi dice.
«Eccome, è fantastica»
«Si sta allenando per una gara importante», mi spiega lui, senza toglierle gli occhi di dosso «e sono sicuro che ce la farà»
«Come si chiama? Voglio ricordarmi il suo nome, quando la vedrò alle olimpiadi»
«Laura. Si chiama Laura»
Rimango a guardare quella magnifica creatura ancora per un po' e il mio pensiero va a Eleonora. Laura mi ricorda lei. La stessa dedizione, lo stesso spirito di sacrificio. Quello che io non ho mai avuto.
Una volta le chiesi perché io e lei dovevamo fermarci sempre mezz'ora in più delle altre, alla sbarra.
Lei m guardò come se le avessi fatto una domanda davvero stupida.
«Quando vuoi qualcosa, e la vuoi davvero con tutto il cuore», mi disse «il tempo che le dedichi deve essere sempre di più. E non solo rispetto agli altri. Anche più di quanto lo dedichi a te stessa. Non so se capisci di cosa sto parlando»
Forse non lo capivo o mi rifiutavo di capire. Ma non la lasciavo sola, mai. E lei era felice di questo. Eravamo due, ma l'anima era la stessa. Forse per questo ora mi sento tagliata a metà. E forse è per lo stesso motivo che da quando ho ricominciato a ballare, mi sembra di essere completa.
La passione per qualcosa può entrarti nelle ossa in un giorno qualunque, senza che tu te ne accorga. Da quel momento, può succederti qualsiasi cosa, ma la passione ti salverà sempre. Non sarai mai più sola.
Inizia a fare freddo e non sto ottenendo grandi risultati sul ghiaccio. Esco dalla pista e mi avvio verso lo chalet. Ma non ho ancora voglia di rientrare.
C'è un sentiero in mezzo al bosco. Lo prendo, sperando che un po' di silenzio mi faccia bene. La neve ricopre quasi interamente la strada, ma mi sembra tracciato piuttosto bene.
Continuo a pensare a quella ragazza sul ghiaccio e alle parole di Eleonora. C'è qualcosa in grado di salvarmi dalla sofferenza che sto provando?
Mi fermo e mi ascolto. Cerco di lasciare fuori pregiudizi e contraddizioni. E in questi momenti io riesco a sentire la musica.
Posso ripetere a me stessa che il mio grande sogno è quello di fare la doppiatrice, ma le gambe si ribelleranno sempre. Loro vogliono ballare al ritmo di una melodia che sento solo io. Siccome ho un gran freddo, faccio qualche saltello e mi ritrovo a danzare ancora una volta in un bosco. Questa volta, però, l'incanto dura pochi attimi. La pioggia mista a neve inizia a ricoprirmi il viso e le spalle e a farsi molto forte.
Cerco un riparo, sperando che passi, ma sembra non ne abbia alcuna intenzione.
«Merda», mormoro e in quel momento il cellulare squilla. E' Mirko.
«Ohi», rispondo.
«Dimmi che non te ne sei andata», ribatte lui.
«No, ma credo di essermi persa», esclamo.
«Cosa stai dicendo, dove sei?»
«In mezzo al bosco», rispondo «quello a pochi passi dallo chalet»
«Non trovi davvero la strada? Amanda, sta diluviando. Siamo tutti molto preoccupati»
Tutti o quasi tutti?
«Puoi... Puoi venire a recuperarmi con un ombrello?»
«Ma certo», dice. Poi il mio telefono emette uno strano suono e si spegne. Ho la batteria scarica.
«Merda, sempre quando serve», esclamo.
E mi accorgo che si è fatto buio. Provo a ritrovare il sentiero, ma tra la pioggia, la neve e l'oscurità sembra impossibile.
«Merda, merda merda, Amanda quanto sei cretina da uno a dieci?», mi domanda, ad alta voce. Giro un po' tra gli alberi senza sapere che direzione prendere, poi mi rendo conto che se Mirko mi sta cercando, è peggio muoversi.
Allora mi rannicchio contro un albero. Dopo qualche minuto, sono bagnata fradicia e sto tremando per il freddo. Questa volta me la sono proprio andata a cercare.
Devo avere le labbra viola. Inizio a non avere più la cognizione del tempo che passa. Le mie mani si fanno sempre più fredde, tanto che non riesco più a muovere le dita. Forse fermarsi non è stata una buona idea.
«Aiuto», mormoro, ma mi rendo conto che la mia voce è poco più di un sussurro.
Chiudo gli occhi. Penso a una fine così: congelata e immatura. Forse me lo merito.
Non so quanto tempo passa, so solo che dopo quella che sembra un'eternità Mirko mi trova.
«Cazzo», esclama, quando mi punta la torcia contro. Con lui c'è Maya.
«Amanda, mi senti?», dice.
Annuisco. La testa è l'unica cosa che riesco ancora a muovere.
«Non riesce a camminare, reggi l'ombrello», sento che dice a Maya «devo portarla in braccio».
Mirko mi solleva e avverto il suo fiato caldo sulla mia guancia. Ho voglia di piangere. Forse piagnucolo anche, perché lui continua a dirmi che adesso sono al sicuro. Che va tutto bene. Ma io non gli credo. Ormai, dopo quello che è successo con Andres, niente potrà più andare bene.
Vi chiedo come sempre di far piovere stelline e condivisioni. Grazie di cuore, i vostri commenti mi fanno capire che sono nella direzione giusta. Grazie alle nuove lettrici che si sono aggiunte. Io mi accorgo e ne sono super felice!
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