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Cap 28


Quando bussano alla porta di casa, è mattina presto. Mia mamma è ancora a letto: si sta godendo le ferie alzandosi tardi e ciabattando per la casa in vestaglia e babbucce.

Io sto facendo i compiti di matematica, ma mi alzo volentieri ad aprire.

Maya mi butta le braccia al collo. Ha un borsone con sé, le occhiaie e una faccia stravolta.

«Maya», mormoro «ma cos'è successo?»

«Oh, Ami, scusa, non sapevo proprio da chi andare»

«Vieni, entra», bisbiglio «fai piano, mia madre sta ancora dormendo.

Maya ed io ci sediamo sul divano e lei inizia a raccontare.

«Andres mi ha cacciato fuori di casa. Mia nonna non voleva, ma è lui che comanda, ormai. Forse ho sbagliato tutto...», mormora.

«Come l'ha scoperto?», chiedo. E' impossibile capirlo, ancora. Maya non ha un filo di pancia.

«Stavamo pranzando, dopo esserci scambiati i regali. C'era un'atmosfera quasi serena», mormora Maya «e così mi è sembrata una buona occasione per... Per...»

Scoppia a piangere a dirotto. Si getta un'altra volta tra le mie braccia.

«Ma hai provato a spiegargli?», farfuglio.

«Non ha sentito ragioni. Ha detto che sono una sciocca e che solo io potevo farmi fregare in questo modo. Lui conosce il padre del bambino. Dice che è uno stronzo e che dovevo abortire. E che la nostra vita è già troppo difficile per accettare anche questo, adesso»

Non so di cosa stia parlando, ma le credo sulla parola.

«Mia nonna è stata in silenzio. Credo che lei già sapesse», continua Maya «lei sembra sciocca, in realtà non lo è per nulla»

«E se provo a parlare con Andres?», azzardo. Non l'ho più richiamato dopo l'altra sera e lui non mi ha più cercata. Forse sarebbe una buona occasione anche per chiarirci.

«Lo faresti davvero?», risponde Maya e cerca di cacciare indietro le lacrime.

«Ci posso provare», dico, dubbiosa.

Mia madre ci raggiunge in salotto. Guarda il borsone che Maya ha lasciato all'ingresso e poi ci osserva.

«Hai offerto qualcosa alla tua amica? Una tazza di cioccolata calda, magari?»

Maya la guarda, imbarazzata.

«Non c'è niente che una cioccolata calda non possa migliorare», dice mia madre.

Maya le sorride. «La ringrazio ma non voglio disturbare»

«Nessun disturbo», risponde mia madre, che quando è in ferie si trasforma in versione casalinga furiosa e passa tutto il tempo a casa.

Maya guarda i pacchetti di Eleonora sotto l'albero. Ancora non abbiamo avuto il coraggio di scartarli.

Per distrarla, li prendo e mia mamma dopo un po' si unisce a noi, con la cioccolata calda per tutte e tre.

«Questi sono i regali di Eleonora», le spiego, sforzandomi di non piangere «la mia gemella. E' morta un anno fa in un incidente d'auto»

«Mi dispiace», dice Maya, comprensiva.

«Ti va di scartarne uno?», chiede mia mamma.

Maya ci guarda come fossimo due pazze. Noi ricambiamo con occhiate speranzose.

«Va bene», sussurra alla fine.

Con le lacrime ancora agli occhi scarta il regalo di mia mamma per Eleonora.

E' una maglietta della Dimensione Danza. Della mia stessa taglia.

«E' molto bella», commenta Maya, sempre più in imbarazzo.

«Eleonora amava vestirsi così», spiega mia madre «le piaceva un sacco quella marca. Quando l'ho vista, sinceramente, non ho potuto fare a meno di prenderla e mi sono accorta dopo che non avrebbe mai potuto indossarla»

«E' della tua taglia, Ami», azzarda Maya «ti starebbe benissimo»

Annuisco, poi Maya scarta il secondo pacchetto. Il mio. E' un carillon con una ballerina che gira su uno specchio. Eleonora amava quel genere di cose.

«Che carino, Ami», dice mia madre. Maya fa partire la musichetta e tutte e tre ci incantiamo a guardare la ballerina.

Chissà se Eleonora può sentirci, in questo momento. Chissà se sta guardando anche lei la ballerina. Chissà se può ballare su una nuvola. Mi sento soffocare. Forse non ci fa bene pensare a queste cose.

«Posso vedere una foto di Eleonora? », chiede Maya.

Mia madre si affretta a tirare fuori la scatola dove le conserva tutte. Per ogni foto c'è un aneddoto. E quasi sempre, in quegli scatti, io sono l'ombra di Eleonora.

«Siete molto simili fisicamente», commenta Maya «certo, siete gemelle. Ma avete qualcosa di profondamente diverso, almeno dalle foto»

«Che cosa?», chiedo, curiosa.

«Eleonora guarda sempre la macchina fotografica. Come se si fidasse di chi scatta la foto. Tu sfuggi. Hai lo sguardo altrove. Sembra che tu voglia essere da un'altra parte»

Mia madre fulmina Maya con lo sguardo, ma non commenta nulla.

Dopo pranzo io e Maya usciamo nel piccolo terrazzino della cucina. Lei si accende una sigaretta e io provo a chiamare Andres.

Mi risponde al secondo squillo.

«Che vuoi?», chiede e dalla voce si capisce che è arrabbiato e stanco.

«Andres, possiamo vederci? Io e te da soli», specifico.

Rimane in silenzio per un attimo. Trattengo il fiato e Maya mi guarda speranzosa.

«Va bene. Ma ti avverto che non sono dell'umore per fare conversazione»

«Ci metto poco», lo rassicuro «ci vediamo al parco, quello vicino alla scuola. Va bene?»

«Okay, Tra mezz'ora»

Riaggancia.

Maya mi sta osservando.

«Ha accettato», dico «ci vediamo tra poco. Pensi sia il caso che tu venga con noi?»

«No, sei matta?», risponde lei «si arrabbierebbe ancora di più. E poi se c'è qualcuno che può ammorbidirlo sei tu»

Arrossisco.

«Vedo come vi guardate, Ami», dice Maya «è chiaro a tutti. Ma ascolta, lui sta con Ludovica adesso. Se dovessero lasciarsi...»

«Lo so, lo so. Io sto con Mirko», ribatto.

«Sì certo», commenta lei, con un tono strano.

«E intendo rimanerci», la rassicuro.

«Lo ami?»

«E' troppo presto per dirlo»

Maya sorride. «Allora non lo ami»

«Non parliamone più», dico «vado in bagno a darmi una sistemata»

E' pur sempre un appuntamento con Andres. Anche se ci sto andando per sua sorella. Ficco nella borsa il suo regalo. Chissà se lo accetterà.

Quando esco dal bagno, Maya mi guarda soddisfatta.

«Ti sta bene quel rossetto», approva «e fai bene a non truccarti troppo. Ad Andres non piace»

«Maya!», la rimprovero. Ma so di essere arrossita una seconda volta.

«Io starò qui a scrivere, se non sono di disturbo», mi informa lei «mi servono solo carta e penna»

Le consegno un quaderno, che prendo da camera mia.

«Usa pure tutte le pagine che vuoi», le dico.

Mia madre si siede accanto a Maya. Ho l'impressione che la lascerà scrivere ben poco.

Le saluto ed esco.

Non nevica più, ma il cielo è coperto da nuvole scure. Quando arrivo vicina al parco, scopro che Andres è già lì. Ha pulito dalla neve un pezzo di panchina e si è seduto sul bordo. Ha una sigaretta in bocca, ma non l'ha ancora accesa. Lo guardo da lontano e penso che potrei innamorami di lui senza conoscerlo, solo per il modo in cui sta seduto. Solo per come tiene gli occhi fissi sullo scivolo davanti a lui.

Mi accorgo che il battito del mio cuore è accelerato.

Amanda, sciocca, non vi state incontrando per parlare di voi. Devi solo convincerlo a far tornare Maya a casa. Come se fosse semplice.

«Ehi», lo saluto, quando si volta.

Accelero il passo, ma metto il piede su una lastra di ghiaccio e scivolo. Cerco di mantenere l'equilibrio e per un attimo ci riesco, ma per farlo devo roteare le braccia e sembro una vera imbecille.

Alla fine il ghiaccio ha la meglio e io finisco a terra, prendendo una botta secca sul sedere. Ho perso anche il capello. Quando alzo lo sguardo su Andres, mi accorgo che sta facendo uno sforzo immane per non scoppiare a ridere.

Amanda ha l'abitudine  di cadere nelle situazioni  meno opportune. Ma noi l'adoriamo proprio per questo, vero? :)

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