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Capitolo 4

I mostri sono reali e anche i fantasmi lo sono.
Vivono dentro di noi e, a volte, vincono
-Stephen King

LeeRoy

La sigaretta si consuma lentamente, aspiro un altro tiro come se fosse una boccata di ossigeno e invece fumare è un altro dei tanti piaceri della vita che lentamente ti conduce alla morte. Ripenso a quello che è accaduto venerdì sera al parchetto abbandonato, a come Johansson sia stato con me, a come io gli abbia chiesto se voleva picchiarmi perché in quel momento era l'unica cosa che volevo. Da quando ho incominciato a bramare il dolore fisico per annichilire quello che ogni giorno mi tormenta interiormente? Non lo so, tutto è iniziato all'impovviso come un temporale in piena stagione estiva quando non te lo aspetti perché il cielo e così limpido che nulla ti farebbe presagire un acquazzone, e invece poi tutto precipita in un istante e incomincia a piovere a dirotto sconvolgendo tutto, ecco forse tutto è iniziato così: un improvviso  decorso che mi ha portato a questo momento e ad altri prima di esso.
Guardo ammaliato il mozzicone di sigaretta ancora acceso e una vocina nella mia testa sussurra " fa quello che stai pensando, avanti fallo", lo avvicino lentamente al mio avambraccio e la spengo lì, un dolore acuto mi sopraggiunge irradiandosi per tutto il braccio, alzo lo sguardo sentendomi osservato e miei occhi si vanno a scontare con un paio blu. Ha visto tutto. Sgrano gli occhi preoccupato sposto il mio sguardo sul suo gruppo ma nessuno ha fatto caso a me e a quello che ho fatto a parte lui. Ha uno sguardo che non riesco a decifrare, i suoi occhi mostrano forse: pietà? Compassione? Dolore? Non lo so. Non mi interessa.

Scuoto la testa e abbasso la manica della felpa coprendomi la bruciatura che mi sono appena procurato, al contatto con il tessuto e come se la bruciatura mi desse ancora più fastidio, mi facesse ancora più male ed è quasi piacevole la sensazione che provo. Mi alzo non curandomi del suo sguardo color mare ancora puntato su di me, portandomi dietro un senso d'angoscia. Sa troppo di me, o almeno se lo immagina, sa del mio dolore, ho fatto tanto per chiuderlo gelosamente dentro di me, per non condividerlo con nessuno e non inizierò proprio adesso, non con lui. Quello che è accaduto venerdì o poco fa è stato solo uno stupido incidente di percorso che non accadrà mai più.

I corridoi sono ancora semi deserti non mi curo di chi mi cammina a fianco o chi mi lancia occhiate disgustate, commino dritto con la testa alta, con lo sguardo fiero non vergognandomi di nulla, né di chi sono, né di cosa faccio, anche se qualcuno vorrebbe che lo facessi.
Il suono assordante della campanella decreta l'inizio di una nuova e noiosissima giornata scolastica fatta di un elargirsi sconfinato di nozioni e falso, mediocre perbenismo. Benvenuti alla Riverlack High School stronzi per un nuovo inizio settimana.

In lontananza vedo una testolina rossa che ben conosco i nostri sguardi si incrociano accenno un sorriso. So ancora sorride o è un'espressione involontaria della mia faccia? Anche a questa domanda preferisco non darmi risposta.

Scruto attentamente April cercando di non mostrarmi preoccupato, questo weekend non ci siamo sentiti e la paura che l'è sia potuto succedere qualcosa mi ha divorato per la maggior parte del tempo, ma noto che sta bene; eppure, non posso far a meno di avere paura ogni volta che non si fa sentire per un paio d'ore, oppure quando ci salutiamo la sera con il nostro a domani. Il silenzio stampa che c'è stato per due giorni mi ha semplicemente messo in allerta ma il fatto che non ho ricevuto il solito segnale di SOS in parte mi ha tranquillizzato. La paura di perdere anche lei mi annienta ogni giorno. Lei è l'unica persona che ancora riesce a vedermi per quello che ero prima e che ormai non sono più. Di me non è rimasto nulla solo un ammasso di ossa che brama il dolore, perché esso mi fa sentire il brivido di essere ancora vivo.

-Hey - mi saluta, prendo il suo viso tra le mani e lo sposto addestra e a sinistra cercando qualche livido, ma ne noto solo di vecchi ricoperti in malo modo dal fondotinta - Sto bene, smettila - dice , allora il mio sguardo scende al disopra dei suoi vestiti e la paura che ne possa avere di nuovi al di sotto ad essi mi annienta ogni volta, vorrei portarla via da qui, scappare con lei lontano da tutto, vorrei tanto averne la possibilità, vorrei tanto regalarci un mondo nuovo.

-Lee, sto bene sta tranquillo, ok? – dice, io annuisco serrando la mascella, quante cose vorrei dirle e non dico.

-April se...-

-Non accadrà Lee- mi interrompe , - sto attenta, sono sempre attenta, ma non posso venire da te, non posso lasciare mia madre sola, lo sai. – conclude accarezzando la mia guancia e anticipando la richiesta che stavo per fargli, mi conosce fin troppo bene.

Nel silenzio più assoluto ci dirigiamo verso l'aula di filosofia. Entriamo in classe e mi dirigo in fondo all'aula al lato sinistro dove ci sono le finestre è questo il mio posto. Degli sguardi insistenti mi seguono fino a quando non sono davanti al mio banco alcuni sghignazzano ma non ci faccio tanto caso di solito questa è la prassi ogni volta che qualcuno mi vede, poso lo zaino a terra svogliatamente prima di scostare la sedia e sedermi quando il mio sguardo si posa sul banco tutto mi è più chiaro un disegno con due omini stilizzati in posizione oscene troneggia su di esso ma la cosa che quasi mi fa perdere la testa è la domanda a caratteri cubitali sotto di esso : TI PIACE PRENDERLO O DARLO SULLIVAN ?

Questa storia delle scritte, degli insulti mi ha proprio stancato ma non posso permettermi di fare altre scenate e di essere messo in punizione di nuovo o addirittura sospeso mia nonna è stata fin troppo chiara non è fiera di me e di come sono diventato e io non posso leggere di nuovo nei suoi occhi la delusione perché mi dilania l'anima ancor di più di quello che già è. Digrigno i denti dal nervoso, sospiro alzando lo sguardo , cerco immediatamente quello April che ha già capito tutto, scuote la testa come l'altra mattina, pregandomi silenziosamente di stare calmo , annuisco impercettibilmente. Questa volta non alzerò la voce ma non posso starmene zitto.

- Complimenti per questo magnifico quadro degno di essere esposto a Louvre, ma francamente non credo siano affari vostri o di chi che sia di cosa mi piace fare o non fare a letto ma sappiate che nessuno si è mai lamentato. – dico con calma glaciale, nessuno fiata e il vociferare e le risatine cessano, ora credo proprio che possa sedermi e prendere finalmente il quaderno degli appunti per la lezione di filosofia. La prof Greenwich entra e come al solito ognuno di questi idioti patentati si ricompone, facendo regnare finalmente il silenzio. Tutti sanno che nella sua aula la professoressa Rachel Greenwich non ammette schiamazzi ma rigoroso silenzio, pretendendo attenzione. La regola è: se non sei interessato alla lezione puoi anche accomodarti fuori senza nessuna offesa.

Prima che lei inizi la sua lezione alzo la mano, la prof mi guarda aggiustandosi gli occhiali da vista. La Greenwich è una bella donna sulla quarantina alta e slanciata, con la carnagione olivastra, i suoi occhi sono marroni ma di un marrone intenso quasi cioccolato e i suoi capelli neri e mossi. Oggi li porta legati in una coda alta tenuta ferma da un elastico bordeaux intonata alla sua camicetta, sotto di essa indossa dei jeans lavaggio scuro e delle sneakers bianche. Non è una donna che passa in osservato né tra i suoi collegi, né tanto meno tra gli studenti, insomma come fa a passare in osservato una donna che non solo è bella ma anche intelligente e che fa con passione e diligenza il suo lavoro? Non può semplicemente.

-Dimmi Sullivan. - dice

-Potrei andare a prendere del detergente per pulire il mio banco, qualcuno stamattina si è divertito a fare Picasso. - dico, lei annuisce e senza fare nessun rumore esco dall'alula mentre la sento che sta chiedendo a qualcuno di ripetere la lezione precedente, questa e un'altra cosa che di solito usa fare, ritiene che così lei può costatare se abbiamo capito o meno quello che ha spiegato nella lezione precedente e che se non fosse così può riprenderla spiegandoci meglio i punti che ci sono meno chiari perché per lei è importante che agli esami finali tutti abbiamo un buon punteggio per passare il corso.

Quando ritorno in aula con tutto l'occorrente mi siedo al banco senza fare rumore pulirò dopo alla fine della lezione non voglio disturbare ulteriormente.

-Sullivan stiamo ancora facendo il ripasso della scorsa lezione puoi pulire il tuo banco se vuoi.- dice interrompendo Joe Young , lui si gira verso di me incredulo per le parole della professoressa, mai prima d'ora la Greenwich aveva interrotto una sua lezione tanto meno nessuno si aspettava che la interrompesse per me, lo noto nella faccia sconvolta di Young ,lo percepisco dalle occhiate di incredulità che alcuni di loro si lanciano, nessuno di questi idioti si sarebbe aspettato che qualcuno in questa scuola facesse un gesto così gentile nei miei confronti, tanto meno un professore.

- Non ha importanza professoressa, pulirò dopo.- dico , lei annuisce poi fa segno a Young di riprendere da dove si è interrotto e quel secchione riprende senza sosta parlando per circa venti minuti buoni io ascolto tutto senza prestare troppo attenzione a quello che dice. Quando finalmente ha finito di spiegare Cartesio e la condizione necessaria che si stabilisce tra il pensiero e l'esistenza, mi viene solo voglia di fumarmi una canna ma talmente grande da potermici stordire.

Quando un'ora dopo la lezione è terminata mi metto a pulire il mio banco, mentre questo gregge di pecore abbandona l'aula, vedo di sottecchi April mi sta aspettando ma con un gesto le dico di andare e di stare tranquilla, probabilmente la mia giornata è finita qui, salterò le prossime ore di lezione perché non ho voglia di vedere né sentire nessuno.

-Ecco fatto. – dico, prendo il mio zaino e imbocco l'uscita dell'aula

-Sullivan.- mi chiama, arresto il mio passo girandomi verso la cattedra dove la prof è seduta a correggere alcune verifiche - Non sei solo come credi di essere.-

-Sapete prof quando si è soli? Quando in un sistema le autorità vedono e sentono quello che subisci ma non fanno niente per tutelarti perché vige l'omertà, tutto tace per paura delle ritorsioni e allora se denunci, se ti ribelli, se parli sei solo quello da eliminare. Ed io sono solo professoressa a combattere le mie battaglie in questa scuola -

-Non lo sei Sullivan, ma anche se tu lo fossi ricorda che non è mai sbagliato difendere ciò che si è e quello in cui si crede – annuiscono ma sono stanco di combattere perché non abbassare mai la guardia, stare sempre in allerta, cercare di parare i pugni è sfiancante. Questa scuola sta diventando il mio personale incontro di pugilato e io sono stanco si stare sul ring nell'attesa che questo round finisca perché non finirà mai e non so se ho ancora la forza di resistere di lottare, sento come se le forze pian piano mi stanno abbandonando, e la debolezza la spossatezza stia prendendo il sopravento di me, una vocina sempre più insistente mi grido di mollare perché sono ormai troppo stanco per continuare a vivere, a lottare. Tutto questo però lo tengo per me non lo dico alla signorina Greenwich non servirebbe e non ho bisogno della sua compassione, già mi bastata la conversazione appena avvenuta, le faccio un cenno col capo e vado via senza aggiungere altro a che servirebbe.

***

La conversazione che ho avuto poco fa con la prof, il disegno sul mio banco hanno finito di mettermi di mal umore odio questa cazzo di scuola, odio Dylan Smith e quegli idioti della squadra di basket, odio quello che mi hanno fatto anzi che mi hanno costretto a fare, odio tutti quelli che guardano prendendomi in giro senza sapere la verità nascosta dietro quelle foto che hanno tappezzato i corridoi della scuola la scorsa primavera. Odio il modo che hanno di rigirare il dito nella piaga senza sapere quello che ho dovuto subire. Spingo il dito sulla bruciatura che mi sono procurato stamattina e il dolore attenua tutto quest'odio, tutta questa sofferenza. I miei pensieri corrono a mia madre se solo lei avesse saputo ma non ho detto nulla me ne sono stato zitto, continuo a stare zitto anche con April non posso dire niente, non voglio dire niente non sopporterei di vedere nei suoi occhi la compassione per quello che mi è successo, negli ultimi sei mesi ne ho ricevuti fin troppi di sguardi compassionevoli per la morte di mia madre anche dalle stesse persone che ogni giorno ridono di me e di quello che sono.

Mi siedo a terra ben nascosto dal resto del mondo perché è solo su questo tetto di questa che mi sento al sicuro qui a scuola, quante volte ho guardato il cornicione che è proprio davanti a me mentre l'idea di salirci su e lasciarmi cadere nel vuoto mi ha sfiorato, ma poi penso a mia nonna e al fatto che non sopporterebbe di perdere anche me, dopo sua figlia e allora ci ripenso, ci ripenso anche quando penso ad April e alla promessa che le ho fatto: quella di proteggerla sempre, e allora non salgo sul cornicione rimango qui seduto ad asservarlo come sto facendo in questo momento mentre desidero che qualcuno mi protegga da me stesso .

Tiro fuori dallo zaino una sigaretta poi il sacchettino trasparente con l'erba e le cartine e mi preparo la mia canna, ma da quando mi sono ridotto così. Da quando penso che stordirmi di alcol e droga sia l'unica soluzione per annichilire il dolore, da quando bramo il dolore fisico e ho iniziato a farmi del male? Da quando sono diventato quello che mia madre non avrebbe mai voluto diventassi? Forse ha ragione la nonna per lei sarei solo una delusione se potesse vedermi.

-È vitato fumare erba a scuola - esordisce una voce mi giro lentamente verso quella voce e davanti mi ritrovo Jason Johansson guardo dietro di lui alla ricerca dei suoi compari, ma come l'ultima volta lo ritrovo solo.

-Attenzione Johanson potrei pensare che tu sia  uno stalker . - dico portandomi alla bocca la canna, l'accendendo tranquillamente non badando a quello che mi ha detto, infrangedo le regole di questa fottuta scuola. Questo fatto che ultimante me lo ritrovo un po' troppo spesso in mezzo ai piedi mi innervosisce. Lui non si scompone minimamente, mi fissa e giuro che non so cosa darei per sapere cosa sta pensando, poi il suo sguardo si sposta sul mio braccio nel punto esatto dove sta la bruciatura ed la ferita incomincia a bruciarmi ancora di più ma quello che mi sorprende e che nel suo sguardo non compare nessuna emozione.

-Perché? - chiede senza aver bisogno   di aggiungere altro

-Che ti importa. -

-Tu non sei così! – afferma, scoppio a ridere una risata divertita ma anche amara

-Ma tu che cazzo ne sai io come sono. Che c'è Johnson ultimente ti senti in colpa e vuoi redimerti, mostrando la tua preoccupazione nei miei confronti? Nei confronti di quel povero stronzo di cui non avete avuto pietà neanche quando gli è morta la madre? Beh sinceramente me ne sbatto della tua fottuta preoccupazione o di quel che sia.- dico sostenendo il suo sguardo prendo un tiro per poi sbuffare il fumo su di lui in segno provocatorio - Ah carino il disegno di stamattina sul mio banco, degno per una mostra di arte contemporanea. - concludo ghignando

-Quale disegno? - chiede

-Ma come non sai nulla? In ogni caso quello che amo fare a letto sono solo affari miei. -

-Che stai dicendo LeeRoy - questa storia che lui non sa mai nulla di quello che gli accade intorno mi sta irritando e non poco. Estraggo il mio cellulare dalla tasca sbloccandolo mentre cerco la chat del gruppo della scuola, vado nei media e trovo finalmente la foto del bel disegno che qualcuno si è premutato a scattare. Lui non si perde nessun mio movimento, quando finalmente la trovo giro il telefono quasi sbattendoglielo in faccia - Questo -dico irritato, Jason sgrana gli occhi incredulo

-Non ne sapevo nulla-

-Fottiti Jason, tu e i tuoi cazzo di amici- dico prima di andar via lui mi chiama ma io non mi fermo non ho voglia di parlare ancora, non ho voglia di farmi prendere in giro ulteriormente da lui, corro allontanandomi il più possibile da Jason e da questa scuola di merda. Esco di qui in tutta fretta senza neanche farmi firmare un permesso e già so che mentre compio questa altra cazzata , qualcuno ha già avvisato mia nonna diciamo che le notizie corrono a velocità della luce soprattutto se devono sottolineare il fatto che combino stronzate una dietro un'altra. L'unico posto che mi viene in mente di raggiungere per stare in pace è il parchetto abbandonato sulla collinetta, nessuno passa più ormai di lì se non per raggiungere RiverCastel dall'altra parte del ponte, non so a quello stronzo che ha deciso di dargli questo nome cosa gli sia passato per la testa visto che non c'è nessun castello, è molto più grande di Riverlack, non tanto ma sicuramente abbastanza da potersi permettere un centro commerciale e un multisala, a piedi è impossibile raggiungerla ma con la macchina ci metti all'incirca un quarto d'ora purtroppo però non ha molte discoteche o locali dove andare a rimorchiare per quello ti devi allontanare ancora più precisamente devi andare a Stonebridge. Ecco è perfetta per non incontrare gente di Riverlack, e lì che sono andato per avere certezza sul mio orientamento sessuale e lì che in passato con un documento falso mi sono intrufolato in uno di quei locali e mi sono lasciato andare a quelle luci e a quei corpi più adulti, più decisi e lì che per un po' il mio segreto è stato al sicuro.

Sospiro esausto per la corsa appena fatta e mi lascio cadere sull'unica altalena rimasta in questo posto desolato, il telefono prende a squillare e non ho neanche bisogno di prenderlo per vedere chi è, alzo gli occhi verso il cielo e delle nubi grigie mi sovrastano, sono cariche d'acqua ma non credo venga a piovere per il momento, forse stanotte o domani ma non ora ne sono certo. So che prima o poi dovrò tornare a casa che non posso rifugiarmi per sempre qui; eppure, desisto perché non ce la faccio a vedere di nuovo gli occhi delusi di Eleanor. E allora perché continui a farlo, perché continui a fare cazzate, eh Lee?

Non lo so.

Il telefono riprende a squillare ma prontamente lo silenzio premendo il blocca-schermo sul lato.

Voglio sparire.

Voglio sparire.

Voglio sparire.

Queste sono le uniche parole che mi accompagnano nell'ultimo periodo e vorrei urlarle al mondo alla nonna , ad April e a quei coglioni della scuola e poi dopo dissolvermi trasformandomi in spuma di mare come "La Sirenetta" di Anderson. Liberare tutti della mia esistenza, liberare me stesso da questa agonia, da questa rabbia che giorno dopo giorno sta diventando insopportabile, opprimente che mi sta rendendo apatico verso tutto. O forse sono sempre stato così. Non so nemmeno più io chi sono. Sto impazzendo questa è l'unica spiegazione plausibile.

Una piccola vibrazione, mi distoglie dai miei brutti pensieri, che ultimamente si sono ancora di più intensificati, guardo lo schermo del mio cellulare e in anteprima mi compaiono due messaggi uno e del mio ex allenatore di box, l'altro è di April.

Rossa 👩‍🦰💜:
Sei sparito, stai bene? Dammi un segnale di vita.
Io:
Sono vivo

Decido di risponderla per non farla preoccupare so che se mi ha scritto e perché mia nonna avrà chiamato anche lei per chiederle notizie di me e di dove diavolo mi fossi cacciato il punto che nessuno sa dove sono, nessuno sa che vengo qui quando sono particolarmente giù di corda, o quando qualcosa mi turba o almeno nessuno lo sapeva fino a qualche sera fa. Il fatto che Jason Johansson abbia scoperto con tanta facilità i due posti in cui mi rifugio quando voglio starmene per fatti miei e una cosa che mi infastidisce e non poco, mi infastidisce averlo intorno ma soprattutto odio il suo interesse poco discreto nei miei confronti o meglio molto discreto per gli altri, poco per me. E mai possibile che nessuno si sia accorto del fatto che ultimante mi osserva un po' troppo spesso quello che faccio?

Scuoto la testa infastidito da i miei stessi pensieri, notando che si sta facendo buio, sospiro consapevole che devo ritornare a casa, mi alzo da questa altalena mezza sgangherata e mi incammino verso casa non posso nascondermi per sempre qui, e devo pur affrontare mia Eleanor, attraverso quasi mezza città per raggiungere casa mia, eppure il tragitto verso non mi è mai sembrato tanto corto. Tiro fuor dallo zaino nero della Vans, le chiavi di casa e apro la porta non curandomi di non fare rumore tanto a che diamine servirebbe meglio tirarsi questo dente ora che domani. Ed infatti appena varco la soglia, mia nonna mi corre incontro abbracciandomi, lasciandomi completamente sbalordito mentre un paio di occhi azzurri mi scrutano attentamente.

-Stai bene?- chiede Kyle preoccupato e non mi aspettavo di percepire questo stato d'animo nelle sue parole in fondo lui non mi conosce, o meglio io non gli sto permettendo di farlo. Annuisco impercettibilmente, godendomi ancora l'abbraccio di mia nonna non può capire quanto ne avevo bisogno e quanto questo gesto mi faccia sentire al sicuro protetto.

-Mi hai fatto preoccupare. – dice, solo questo non aggiunge altro.

-Mi dispiace, io..-

-Shh tesoro, ora va a lavarti, tra poco si cena - dice scostandomi da me e solo ora posso notare i suoi occhi lucidi. E tutta colpa mia, di nuovo.

-Non credo scenderò nonna ho bisogno di stare solo.- Ancora. Annuisce senza controbattere o insistere, le lascio un bacio sulla guancia e poi mi dirigo verso le scale per salire al piano di sopra salutando Kyle che per tutto il tempo è stato uno spettatore silenzioso delle nostre vite.  

Nota Autrice:

Finalmente ce l'ho fatta dopo più di un mese, questo capitolo è stato un parto, ma sono felice di come sia venuto fuori tutto sommato. L'ho riletto e revisionato per voi proprio ora e vi assicuro che sono molto stanca quindi non so come è il risultato finale domani lo rileggerò meglio per rifinirlo in tanto leggete e fatemi sapere. 

In questo capitolo ci sono molti brutti pensieri da parte del nostro protagonista e ci sta anche un atto di autolesionismo. Ecco ci tengo a dire che non inneggio affatto questi atti anzi sono sempre del parere che bisogna parlarne e che quando non si sta bene con se stessi bisogna rivolgersi a degli esperiti. 

Per quanto riguarda nella prima parte vediamo LeeRoy preoccupato per April e per la sua situazione familiare di cui sappiamo ancora molto poco

Poi Abbiamo fatto la conoscenza della professoressa Greenwich che è decisamente una donna sorprendente e non indifferente alla situazione che sta affrontando a scuola il nostro protagonista. 

Abbiamo anche visto un altro breve incontro tra Lee e Jason, ce ne saranno delle belle mi sa. 

E poi infine abbiamo un momento super dolce tra nonna e nipote sotto gli occhi attenti del misterioso Kyle. 

Non dimenticate di lasciare delle stelline se vi e piaciuto il capitolo😘

Alla prossima miei adorati unicorni vi abbraccio e bacio tutti.  

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