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Capitolo 36

Fight. Fight until the end. Fight until you feel that it's worth it. If this makes you feel bad, stop fighting, just give it up. Surrender is not a dishonor, if it gives you the chance to be happy.

I know there's no guarantee, but I've been given a chance and now, what's next is up to me.
(The rest of my life, Ashley Tisdale)

Una nuova alba tinge i colori di New York, ma non so se io sono pronta ad affrontare i miei demoni.
Scappare non è un'opzione considerabile, perciò cerco di iniziare la giornata come sempre. Apro la persiana e sorrido. Le nuvole di ieri sera sono scomparse, lasciando spazio ad un cielo azzurro e limpido, col sole ancora basso e incapace di scaldare a dovere, ma comunque piacevole.
Il caffè è leggermente più nero ed amaro del solito, ma non mi dispiace affatto. Poi lo zucchero raffinato non fa nemmeno troppo bene, perciò usarne meno può essere d'aiuto per il nostro corpo.

Sono in spaventoso ritardo perchè me la sono presa troppo comoda, non badando alle lancette che scorrevano in avanti troppo velocemente. Quando me ne sono accorta, stavo ancora in pigiama. Ora sono sulla metro, più affollata del solito visto che sono quasi le otto e mezza, con addosso abiti che non c'entrano uno con l'altro e che mi fanno sembrare una scappata di casa, oppure una che si è vestita al buio. Un pantalone blu cobalto leggermente a zampa, che nemmeno ricordo da quale meandro dell'armadio possa essere uscito, con un maglione giallo canarino che probabilmente risale ancora all'epoca del liceo e un cappotto beige.
Se questo giovedì mattina comincia così, ho paura a pensare a come potrebbe finire.

- Ehy, how are you?-
Tiara. La mia amica con i super capelli rossi, un po' fuori di testa, ma di una dolcezza incredibile, mi sta aspettando all'ingresso. Vi starete chiedendo perchè non ce l'abbia con lei, visto che non mi ha raccontato la verità, nonostante sapesse. Beh, quello che ha detto è vero. Non era compito suo dirmi la verità. E poi, quando ci siamo viste era troppo contenta per il suo matrimonio, non volevo rovinare il momento.
- Another question?-
- What did he say?-
- He drank too much and he lost control, but that he didn't consider it important, that's why he didn't tell me anything.-
La rossa mi guarda perplessa, come se non sapesse che dire.
- Oh, that's...-
- Indefensible- concludo apaticamente.
- I didn't mean to be so strict, but...-
- But that's it.-
A giudicare dal suo volto, nemmeno lei si aspettava un comportamento del genere.
- So, what's gonna happen?- domanda curiosa, ma mantenendo un tono vagamente preoccupato.
- I don't know. I'm confused. Right now I have no idea about what to say to him later- rispondo, mentre il mio sguardo si perde a fissare la vetrata del palazzo.
- I can't help you. I have no idea what I could say if I were you.-
- No problem. You're here. That's enough.-
Salite in ascensore, raggiungiamo il mio piano.
- This afternoon I have to go the doctor, so see you tomorrow- afferma l'americana.
- Alright. I'll text you later.-

Entro nella stanza e, stranamente, Matthew è in ritardo. Non che la cosa mi dispiaccia, anzi.
Magari si è dato malato. Sarebbe bello. Bellissimo.
Anche perchè non saprei come comportarmi. In questo momento gli vorrei tirare una scarpa sul naso o, addirittura, vendicarmi. La vendetta non appaga, lo so, ma a volte se ne sente proprio il bisogno, perchè, per un attimo, ci fa sentire come se fosse giusto, normale, come se fosse l'unico modo per fare giustizia.
Quando l'effetto svanisce, però, subentra la consapevolezza di aver raggiunto lo stesso infimo livello della persona su cui abbiamo sfogato la nostra sete di rivincita e non c'è alcun sollievo, ma ancora più frustrazione per non essere stati in grado di comportarci in modo adulto e civile, riducendoci a bambini dell'asilo.

I minuti e, poi, le ore passano. Non mi pongo domande sul perchè l'americano non sia nella mia stessa stanza. Cerco semplicemente di concentrarmi sulla grande mole di lavoro che necessita della mia attenzione totale. Le analisi per la determinazione di sequenze amminoacidiche sono sempre dannatamente lunghe e noiose. Passaggi identici da ripetere più e più volte, quasi in modo meccanico.
Prima di Natale stavamo lavorando ad un'insulina anomala, con una struttura diversa, che non riuscivamo a comprendere fino in fondo. In particolare non capivamo come potesse esistere tale struttura, che in teoria sarebbe dovuta essere altamente instabile, a causa della presenza di residui idrofobici destabilizzanti. Ovviamente di progressi ancora non ce ne sono, non di rilevanti almeno.

A giornata terminata, non posso nemmeno esultare. Sono d'accordo di incontrare Andrea. Non che muoia di felicità all'idea, anzi. Però per chiudere il cerchio devo sapere perchè l'ha fatto. Mi spoglio del camice, che appendo dietro alla porta, prima di uscire.
Raggiunto il piano terra, il mio sexy ex-fidanzato mi sta aspettando, proprio davanti alla porta di ingresso.
Sexy? La poliacrilammide usata come matrice per la cromatografia ha espletato qualche effetto collaterale potente, considerando che la forma monomerica è altamente tossica?
Beh, in realtà no. Sarà uno stronzo e qualsiasi aggettivo negativo possa venirmi in mente, ma sulla sua bellezza non si può dire nulla. Se non lo conoscessi potrei innamorarmi di quel sorriso meraviglioso, che gli fa comparire delle irresistibili fossette. Non mi fa più nessun effetto, oggi, ma un tempo ci morivo dietro.

- Sofia. Quale onore. Sapevo che prima o poi mi avresti cercato. A cosa devo il piacere?- Ed eccolo, che parla col suo solito tono di voce basso, supponente, che sembra sempre stia flirtando.
- Voglio solo risposte, Andrea. E ti posso assicurare che per me non è affatto un onore.-
- Domanda pure. Sarò un libro aperto per te- replica, con quello sguardo malizioso di cui non riesco proprio a fidarmi. In realtà non so nemmeno perchè gli abbia chiesto un incontro, quando già so che tanto dirà le sue solite stronzate.
- Perché hai organizzato questa stupida vendetta? Volevi convincermi a tornare da te? Cosa speravi di ottenere?-
- Non farmi passare per il cattivo della storia. Avrò anche calcato un po' la manina, ma di certo non volevo vendicarmi. Volevo solo farti aprire gli occhi. Io ci tengo davvero a te.-
Quasi mi viene da ridere. - Risparmiami queste stronzate. Non ho voglia di sentire il tuo finto sentimentalismo. Le uniche cose a cui tieni sono il tuo stupido ego e la carriera.-
- Allora perché sei venuta qui, se tanto non credi ad una parola?-
Touchè. Esattamente quello che mi sto domandando anche io.
- Speravo fossi onesto per una volta, sempre che tu ne conosca il significato.-
- Vuoi tutta la verità?-
- Sì.- Alleluia.
- Bene. Allora siediti lì buona e ascolta. Quando ti ho raggiunta al tuo albergo e mi hai rifiutato in quel modo, sapevo di essermelo meritato. Avevo sbagliato tutto con te e non volevo accettare la sconfitta. Poi ti ho rivista un'altra volta, in un ristorante, col tuo ragazzo. Eravate così dolci, innamorati e belli. Sembrava che mi avesse preso il posto che un tempo occupavo io ed ero invidioso di non essere al tuo fianco. Allora ho deciso che mi sarei preso una piccola rivincita e ho organizzato tutto: ho fatto ricerche su Matthew e trovare Amber è stato un gioco da ragazzi, poi mi sono fatto assumere, ho portato lei come segretaria e ho fatto in modo che il tuo fidanzatino perfetto cascasse nel tranello. Evidentemente non è poi tanto innamorato di te, visto che ha ceduto alla prima occasione.-

Ad ogni parola la mia mascella si è contratta, fino a farmi assumere un'espressione tanto truce che, fossi in lui, scapperei a gambe levate. La sua solita vendetta. E osa anche dire che Matthew non fosse innamorato di me. Cosa sa lui? Come si permette di pensarlo?
- Sei spregevole. Mi hai rovinato la vita di nuovo. Dici di amarmi, ma non ti rendi conto che hai portato via la mia felicità ben due volte?-
- Per la prima volta mi assumo ogni responsabilità, l'ho capito. Ma per la seconda io ho lanciato l'esca, ma il tuo uomo ha abboccato troppo facilmente. Sarebbe successo comunque, ho solo accelerato un po' i tempi.-
- Quindi dovrei ringraziarti? Sei ridicolo.-
- Sei libera di fare quello che vuoi, non ti ho chiesto niente. Non voglio nemmeno tornare con te, se è questo che vuoi sapere. Ci tengo a te, ma so che tu hai voltato pagina e che non torneresti mai da me.-
- Almeno una cosa sensata l'hai detta.-
Forse, e sottolineo forse, un neurone funzionante, in mezzo alla miriade di criceti che corrono sulle ruote, esiste nel suo piccolo cervello.
- Spero solo che questa volta non ti illuderai ancora. Non dovevo mettermi in mezzo, lo ammetto, ma meglio adesso che tra un anno, quando saresti molto più coinvolta.-
- Qualsiasi cosa deciderò di fare della mia vita, non sono e non saranno affari tuoi.-
- Però, un ringraziamento per tenerti lontano il tuo caro Matthew per i prossimi quattro giorni me l'aspettavo.-
- Scusa?- domando confusa. L'ha rapito? Ormai non mi sorprendo più di nulla.
- È a Toronto, per uno scambio di informazioni con la Indukern. Sono io ad aver fatto il suo nome.-
- Non ce la fai proprio a stare fuori dalla mia vita, eh?-
- Cos'è? Vuoi forse dirmi che non vedevi l'ora di incontrarlo stamattina?-
Beh, tutto sommato potrei anche dargli ragione. Un favore me l'ha fatto.
- Grazie, Andrea. Ora sei contento? Bene. Allora addio.-
- Neanche un ultimo bacio?-
Rimangio il pensiero positivo di dieci secondi fa. Lo strozzo e lo faccio morire di asfissia, adesso.
- Hai ragione. Ci vuole un saluto come si deve. Preferisci un bello stampo delle cinque dita sulla guancia sinistra, il tuo profilo migliore, oppure un bel calcio lì dove fa tanto male a voi maschietti?-
- Ho capito, ho capito. Ci vediamo domani al lavoro. Non mi intrometterò più.-
- Sarà meglio. Buona serata.-

Me ne vado, senza ascoltare le sue ulteriori parole. Mi incammino a passo spedito verso la metro, mentre un vento gelido si infrange contro il mio volto, facendomi rabbrividire ad ogni passo. Sono vestita e coperta come se andassi in missione in Antartide, insieme ad una moltitudine di pinguini, eppure sembra ancora troppo poco.
Non credo mi abituerò mai a questo clima. Pensavo che Firenze fosse piuttosto fredda, ma non avevo capito proprio nulla. Inizio a comprendere come sia stata partorita l'idea per "The day after tomorrow", il film con Jake Gyllenhaal e Dennis Quaid: si sono ispirati alla realtà.

∼∼∼

Sono passati quattro giorni e, come previsto, oggi Matthew tornerà in laboratorio. Grazie alla sua assenza, sono riuscita a pensare con la mente più lucida. I consigli di Paola e Roberto non mi sono mancati. A mia mamma invece non ho detto nulla. Non è che non apprezzi i suoi consigli, anzi, i suggerimenti delle madri sono quasi sempre i più corretti. Ma apprensiva com'è, se avesse saputo che stavo male, avrebbe preso il primo volo per New York. Ma io non voglio questo. Desidero solo fare la scelta giusta per me, ma da sola. Se anche fosse venuta non sarebbe cambiato nulla.
Ovviamente anche Devin e Tiara hanno detto la loro, ma alla fine ho preso una decisione.
Sono pronta a parlarne? No. Probabilmente non lo sarò nemmeno tra una settimana, ma tolto il dente, tolto il dolore, non si dice così?

Stanotte non ho chiuso occhio. Ho ripetuto il discorso almeno mille volte, ipotizzando cosa potrebbe dire lui. Verso mattina, quando il sole ha iniziato a filtrare dalla persiana, ho deciso di alzarmi. E così sono arrivata a lavoro con ben quaranta minuti di anticipo, evento unico ed irripetibile che non accadrà mai più, lo so. Però è una bella sensazione, che dimostra che tutto è possibile, anche quegli eventi che consideriamo avere probabilità zero, cioè impossibili.
Sistemo nervosamente gli oggetti da lavoro appoggiati sul bancone, becker, ampolle, bacchette di vetro e quant'altro, in attesa che entri Calamita.

Puntuale come un orologio svizzero, alle nove meno un quarto, ecco la porta aprirsi.
Sarà una lunga e difficile giornata.

Mi cerca subito con gli occhi e mi sorride, impacciato. Non sa cosa dire e, onestamente, nemmeno io.
- You're back- esordisco. Mantengo un tono freddo, apatico, come se non me ne importasse.
- Yeah, I am. How are you?- replica lui, quasi balbettando. La sua mente non è riuscita a partorire nulla di meglio di un come stai. Come vuole che stia? Felice? Che mi stia godendo la bellezza del sole che splende alto nel cielo?
- I survive- mi limito a rispondere.
- Ok, listen.- Il moro si avvicina, appoggiando la sua mano sulla mia, in cerca di un contatto fisico, che gli concedo, perchè non ho le forze di sottrarmi. - I'm an idiot, you now probably hate me and I deserve it. I know I messed it up, but let me fight for you. We can fix this. We can overcome this. Our love is young, but it's strong and I really believe in it. I need you to forgive me.-

Sospiro, chiudendo per un attimo gli occhi. A casa ho provato davanti allo specchio mille volte a ripetere ciò che volevo dire. Ora, però, la mia mente è come svuotata. Matthew è davanti a me e mi sento mancare le energie. Forse, potrei... No. Nessun dubbio. Nessun cedimento, non me lo posso permettere.
Mi stacco da quel minimo contatto col suo corpo, ancora infreddolito, prima di iniziare a parlare.
- I, I don't hate you. I'm just disappointed. My heart is trying to heal wounds. These days helped me thinking about everything we've been through.-
- I already understand your point. Please, don't break up with me. Give me another chance.-
- Let me finish.-
- Ok.-
- I love you. I really do. But I can't trust you. Not anymore. I don't know what to expect. Will you lie again? Will you be honest? I can't live this way. I can't overcome this. I would never be happy, and so are you. I couldn't love you the way I want. -
- Is this the end?-
- I don't want to see it as an end. We still work together. I'd love to say we could be friends, but I guess we can't. One day, we may gonna build a strong friendship. Now, please, don't say anything. It's hard for me, as it is for you, but there's nothing you can do to change my mind.-
- Sofia, I didn't want it to go this way.-
La sua voce trema e i suoi occhi, come i miei, sono lucidi. Entrambi stiamo trattenendo le nostre emozioni. Nel mio caso so che ho fatto la scelta giusta, perchè è quella che mi permetterà di stare bene, ma al contempo sento un dolore al cuore, come se quella separazione gli causasse ancora più dolore del perdono.
- Me too. But we were both wrong. We believed that chemistry could be enough and we made bad and too hasty decisions.-
- I still believe that one day we can be together again.-
- You shouldn't. This is not happening.-
- I don't wanna stop believing. But now, can I hug you?-
- Ehm, yes.-

Mi avvicino a lui e, rigidamente, un po' impacciata e fredda, gli concedo un abbraccio, in cui racchiudiamo tutta la tristezza di questo momento. Si chiude una parentesi per me fondamentale. Non avrei voluto finisse, non così almeno, ma gli eventi hanno portato a questo inevitabile epilogo. Evidentemente non è una vita insieme ciò che il destino ha previsto per noi.

Ho il cuore distrutto, ma sento anche una grande forza dentro di me. So che mi posso riprendere e che ne uscirò più decisa ancora. Una sconfitta o una sofferenza non sono negative: bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno. Servono per insegnarci qualcosa, per permetterci di crescere e di scoprire qualcosa in più di noi.
Ora tocca a me, dipende tutto da me.

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Ehilà! Ultimo capitolo. Manca solo l'epilogo, che rileggo e pubblico subito!

Come state? Io sto entrando in sessione estiva, quindi ansia a pallettoni.

Avete qualche commento a caldo da fare sul capitolo?

Ci vediamo tra poco, con l'epilogo.

Giulia

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