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Capitolo 29

You know what? Our brain never really goes to sleep, even when we're angry and feelings just flow out with our words, without control. We lie: it's not true that we don't think about words, because a base of truth always hides behind what we say. We use the wrong way to express our mood, sure, but don't forget that our brain always has the power to control our actions.

- Almeno guardami negli occhi. Non è continuando a fissare il nero della cioccolata che si risolvono le cose.-
Con la mano allontano la tazza dalle mani di Roberto, che aveva alzato lo sguardo per un istante, dopo aver nominato la nostra amica comune, per poi riabbassarlo subito.
- Cosa pensi di fare? Non ho niente da dire, ok?- ribatte lui, riportandosi la bevanda calda vicino al corpo.
- Pensi che non me ne sia accorta? Dai. Ti conosco abbastanza bene per capire che stai cercando di ignorare il tuo cuore perché sei un codardo.-

- Codardo? Io? Non hai capito niente tu! Vuoi fare tanto la figa, adesso che vivi a New York, ma la verità è che non sai niente.-

Forse provocarlo non è stata la mia mossa migliore, ma speravo di tirargli fuori quei sentimenti che tiene repressi. In un certo senso l'ho fatto, ma non credevo che avesse preso così male la mia partenza, considerando che è stato lui a spronarmi, perchè accettassi.

- Ah, è questo che pensi? Che non sappia niente di te, adesso che vivo dall'altra parte del mondo? Quindi gli ultimi dodici anni sono immondizia? Io voglio aiutarti, non lo capisci?-

Ci riprovo. Lo so, sono testarda, ma mi piace portare a termine le cose. Non amo lasciare questioni in sospeso per troppo tempo. Provo ad appoggiare una mano sulla sua spalla, che lui prontamente caccia via.
- Nessuno ti ha chiesto niente. Non ho bisogno di aiuto, non ho problemi con nessuno.-
- Ok, non ti aiuterò. Ma non starò nemmeno qui a sentirmi dire che non ti conosco. Goditi la tua cioccolata.-

Prendo il mio cappotto, la borsa e mi alzo velocemente dalla sedia. Non credevo che le persone potessero cambiare così rapidamente. Oppure sono io che ho sempre visto sbagliato: forse non sono cambiate affatto, semplicemente io non le ho mai capite veramente. Hanno sempre indossato una maschera con me ed io non me ne sono mai accorta.

Sono già praticamente fuori dalla porta, quando la voce di Roberto riecheggia nel piccolo locale poco affollato: - Sofia, aspetta.-

Mi fermo e mi volto a guardare negli occhi il moro, che avanza verso di me, ma non spiccica parola.

- Se vuoi ancora rinfacciarmi la tua rabbia per essermene andata, dimmelo che vado via.-

- Non volevo attaccarti così, non è colpa tua. Torniamo a sederci, dai, ci stanno guardando tutti.-

- In effetti è un po' imbarazzante- commento a bassa voce, accennando un mezzo sorriso.

- Ho esagerato- continua lui, dopo aver ripreso posto sulla sua sedia.

- E di vero cosa c'è in quello che hai detto?-

- Che da quando sei andata via sono cambiate un po' di cose. Anche io, almeno in parte. Ma non volevo fartene una colpa. Sono sinceramente contento che tu abbia scelto di vivere il tuo sogno.-

- E allora perchè mi hai accusata di non aver capito nulla?- domando, quasi stizzita dal suo atteggiamento. Mi accusa, ma non mi riesce nemmeno a guardare in faccia.

- E, per favore, rispondimi alzando la testa, grazie- concludo ancora io.

- Perchè non sai cosa provo. Non sei nella mia testa. La tua dote di leggere nel cuore delle persone non è infallibile. Sai, la prima della classe a volte può sbagliare.-

La sua risposta è diretta, senza tanti giri di parole, ma è un pugno nello stomaco. Non sono perfetta, lo so, non accetto quasi mai di avere torto. Pensavo che avere tutto e tutti sotto controllo fosse semplice, che a tutti andasse bene, ma mi rendo conto solo ora che, agli occhi altrui, sono sembrata una dittatrice a volte, o finta psicologa, o semplicemente una che voleva stare al centro dell'attenzione. Egocentrica, ecco il termine giusto.

- Ok, l'ho detto nel modo sbagliato, ma ehi! L'ho fatto per te, anzi, per voi. Tu e Paola siete i miei migliori amici e io voglio solo vedervi felici. Al momento non lo siete e non ve lo meritate. Volevo solo aiutare, non fare sempre quella che vuole essere al centro del mondo.-

- Lo so cosa stai cercando di fare. È per questo che mi sono arrabbiato. È la nostra vita. Se vogliamo farci del male, lasciaci sbagliare, permettici di complicare le nostre vite quanto vogliamo.-

- E allora sto con le mani in mano a guardare? Lo sai che non fa parte del mio DNA.-

- Ma io non voglio litigare, quindi ti prego, non parliamone più. Siamo d'accordo?-

- Certo. Ti do solo un consiglio, poi basta: se ti piace e so che è così, fatti avanti, o almeno non mandarle segnali confusi. Sii chiaro con lei.-

Istintivamente lo abbraccio. In questo contatto c'è racchiuso non solo la gioia per aver fatto pace, un po' come fanno i bambini, c'è anche nascosto un grazie. Lo ringrazio perchè mi ha fatto aprire gli occhi, in un qualche modo. Il mio carattere ha diversi spigoli che, forse, devo imparare a smussare. In cuor mio lo sapevo anche prima, ma non volevo vederlo.

- Lo so. L'ho capito. Grazie. Ti riaccompagno a casa. Immagino tua mamma stia già iniziando a preparare per dopodomani.-

- Assolutamente sì. Sai com'è. Anzi, sono già in ritardo. Meglio andare, altrimenti poi chi la sente?-

- Per carità, andiamo. Rapidi anche. Prendiamo la scorciatoia, dai.-

∼∼∼

- Merry Christmas, sweetie!- urla Matthew dall'altra parte dello schermo.

La connessione internet non è delle migliori, quindi la qualità della chiamata non è il massimo, ma starei ore a fissare imbambolata il volto perfetto di Matthew. Il ciuffo sempre ordinato, mai un capello fuori posto, quel sorriso genuino e gli occhi. Due smeraldi che mi guardano come, credo, ogni donna vorrebbe essere guardata: desiderio, amore, voglia di potersi abbracciare, interesse a conoscere ogni dettaglio dell'altra persona. E ogni volta che mi specchio in lui, sento la terra mancare sotto i piedi. Praticamente sono una tredicenne alle prese con il primo amore, intrappolata nel corpo di una ventitreenne che non ha ancora avuto il coraggio di entrare a pieno nel mondo degli adulti, pieno di responsabilità e doveri, sentimenti che ormai dovremmo saper gestire.

- Merry Christmas, Matt. I miss you so much!-

- I miss you too. Can't wait for you to come back!-

- How's going there? Did Tiara find out something else about Cody? Will you stay with your family, today?-

- Well, I don't know much about Tiara. Today I'm gonna spend the day with my father. Oh, yeah, Devin will be there, too- dice con tono quasi scocciato, come se cercasse di scordarsi di quel dettaglio.

- You still haven't tried to have a conversation with him, uhm?-

- I don't have an excuse to ask him to talk.-

- But that's easy! You have my house's key, so go there, pretending you have to take something and then go to him, it's on the same floor. Just say hello and things will come natural- ribatto semplicemente.

- Sounds not that bad. It would be easier with you here.-

- I know. Everything is easier when we're together, but I couldn't help you anyway, it's your family, it's you.-

Gli faccio un occhiolino, seguito da un bacio volante, prima che ricominci a parlare.

- How's it going with your family?-

- It's perfect. I love them and it's nice to be back home- concludo con un sorriso a trentadue denti, sprizzando gioia da ogni poro.

- That's your bedroom. Can I see it? I want to know the old you.-

- You mean the young me, don't you? I still have posters of my favourite actors when I was a teenager.-

- I want to see it. It could be fun, for me of course.-

- I hate you!-

- No, you love me, I know it- ribatte Matthew, facendo gli occhi dolci, come un cucciolo indifeso e accennando un sorrisetto malizioso.

Non so resistere a quegli occhioni, perciò acconsento a fare lo switch tra le fotocamere, passando ad inquadrare i mobili della mia stanza.

- Who's that? He seems to be Jesse McCartney- afferma l'americano, indicando l'immagine sull'armadio bianco.

La mia risposta non si fa attendere. - I was in love with him when I was fifteen! No comment, ok? Ribatto, dopo aver immediatamente girato nuovamente l'inquadratura sul mio volto.

- Yes, don't worry, why are you saying it?-

- You're laughing!-

- Come on, take it easy!-

- Ok, ok. I'll have my revenge- rispondo, con aria di sfida.

- I'm ready.-

- My mother's calling. She needs help.-

- Sure. Go. I'll text you later. Love you, Sof.-

- Love you too.-

Chiudo la videochiamata e faccio il logout da Skype, prima di scendere le scale e andare da mia mamma per terminare la preparazione del dolce.

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Buon pomeriggio lettori!
Come state?

Avrei voluto pubblicare questo capitolo venerdì, ma il tempo non è stato dalla mia parte, come sempre del resto.
Ma ora sono qui.

Voglio spendere qualche parola, in questo spazio autrice, per una persona: lei è Alice_inWonderland96. Qui su wattpad ha concluso pochi giorni fa la sua storia "Remember me". Non voglio fare la lecchina, non è nel mio DNA, ma voglio solo fare un elogio a lei e alla sua opera. Ci vuole coraggio per parlare di una storia vera, e lei ne ha avuto tanto.
Oltre ad aver scritto una storia coerente, verosimile e con personaggi ben caratterizzati in tutti i particolari, ha scritto qualcosa di importante. Il nostro corpo, in generale noi stessi, è qualcosa che dobbiamo amare, per noi stessi. Fanculo i difetti, le imperfezioni, amiamoci. Perché noi siamo unici, proprio grazie a ciò che altri considerano debolezze. Amiamoci. Scusate, ma era doveroso per me parlarvene.
Concludo solo ringraziandoti, per i consigli che mi hai dato in questi mesi, già lo sai.

Ora posso tornare a parlare di me e di quest'opera.

Cosa ne pensate di questo capitolo?
Avete un personaggio preferito in questa storia?

Spero di sentire le vostre opinioni nei commenti!

Alla prossima,
Giulia

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