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CAPITOLO 7 - SAKÈ


Oikawa era disteso mollemente sul divano con la schiena contro il bracciolo, le caviglie incrociate e il libro aperto in grembo. Ma il suo sguardo era perso nel vuoto davanti a sé. Si era accorto di aver letto e riletto lo stesso passo senza averlo davvero compreso, e si era arreso alla sua mente che aveva bisogno di vagare senza meta nei meandri della sua disperazione.

Non sapeva da quanto tempo fosse lì, imbambolato, e sussultò quando si accorse che Wakatoshi gli stava parlando.

"Come stai? Ti è passato il mal di testa?"

"Sì, grazie, ora va meglio."

"Anche mia madre ne soffriva..." disse, pensieroso, mentre sollevava i piedi di Tōru, si sedeva, e se li posava in grembo "Solo che, ovviamente, lei era una donna..."

Tōru guardò il volto di Ushijima e sorrise con calore a quella frase dalle mille possibili interpretazioni.

"Voglio dire, in certi periodi è normale, per loro..." aggiunse Wakatoshi.

"Certo, Toshi, mi è chiaro." il suo sorriso si allargò "Solo che io non ho il ciclo." puntualizzò ancora, divertito per la piega che aveva preso la conversazione.

"No. Certo." confermò "Ma è la terza sera di seguito. Forse è il caso che ti fai vedere da un dottore."

Le dita di Wakatoshi, nel frattempo, avevano preso a massaggiare i piedi di Tōru; era un massaggio rilassante, le sue mani grandi e forti spingevano decise ma delicate, applicando la giusta pressione nei punti dolenti della pianta dove sapeva che a Tōru piaceva di più.

Il senso di colpa di Oikawa esplose in un istante. Si sentiva davvero una merda, quell'uomo così buono e premuroso non meritava quello che gli stava facendo.

"Non avevo davvero mal di testa, Toshi. Solo non mi andava di ballare né di stare giù con la musica e la confusione. Avevo voglia di restarmene un po' per conto mio a leggere." disse, sollevando piano il libro per sottolineare la sua frase.

Wakatoshi lo osservò con attenzione, il suo solito sguardo impassibile nel quale Tōru per un istante intravide una sfumatura consapevole e un'ombra di delusione.

"C'è qualcosa di cui vuoi parlarmi, Tōru?"

Glielo chiese piano, perché sentiva di dover fare quella domanda, ma non era sicuro di poter gestire la risposta. Non era pronto ad affrontare la situazione, perché in cuor suo aveva da giorni il presentimento che la soluzione adottata dopo la chiacchierata con Tendō avesse, sì, in qualche modo, turbato l'equilibrio, ma l'esito non sembrava essere quello che aveva sperato. Il sistema non era tornato alla situazione precedente all'arrivo di Iwaizumi, ma era ben lungi dall'essere comunque stabile.

Tōru si era spento, svuotato. Era apatico e anche se cercava di dissimulare, non riusciva più a gioire di nulla. Anche il suo sorriso, il suo magnifico sorriso che ogni giorno lo allietava e illuminava ogni più piccola cosa, era palesemente forzato, grigio, insipido.

Tōru sfilò gli occhiali - non che li stesse davvero usando - e li appoggiò sopra il libro.

"Mi dispiace, Toshi." disse solo, deglutendo nervosamente. Si sforzò di sostenere il suo sguardo, aveva capito che non sarebbe stato in grado di fingere un minuto di più.

"Per qualcosa che hai fatto o per qualcosa che vorresti fare?" la domanda di Wakatoshi confermò che erano davvero arrivati alla resa dei conti.

A dispetto di quello che Tōru aveva pensato, evidentemente anche Wakatoshi era attento e riusciva a leggerlo; in qualche modo doveva aver capito il suo turbamento, la sua confusione. E questo lo faceva stare ancora peggio, perchè non gli aveva detto niente, gli aveva lasciato il suo tempo e il suo spazio, aspettando con pazienza che lui fosse pronto ad affrontare l'argomento.

Beh, in realtà aveva allontanato Iwaizumi, qualcosa in fondo aveva fatto, pensò Tōru.

"Ti giuro che non è successo niente." si sentì in dovere di precisare.

"Ti credo." confermò Ushijima annuendo "Ma non è questo il punto, non è vero?"

"No, infatti."

Non riuscì ad aggiungere altro, non sapeva da che parte cominciare, e fu proprio Wakatoshi a tirarlo fuori dagli impicci, con una semplice domanda.

"Lo ami?"

Era la stessa domanda che anche Hajime gli aveva fatto su quello stesso divano. E Wakatoshi gliela aveva posta a bruciapelo, con uno sguardo così limpido e diretto da farlo sentire nudo e inerme.

"Sì, credo di sì." sussurrò "Insomma, penso..."

"Immaginavo." distolse lo sguardo abbassandolo alle sue mani.

Quelle stesse mani che non avevano smesso un istante di massaggiare i piedi di Oikawa, come se muovere le mani quando gli metteva i piedi in grembo, fosse diventato ormai un riflesso incondizionato. Da due anni a quella parte era una delle loro abitudini, un piccolo rituale tutto loro, intimo e caldo, una pausa in quella vita mondana che conducevano e che regalava loro delle piccole oasi di pace.

Gli occhi di Tōru si riempirono di lacrime.

"Io non so che cosa fare..." gemette, cercando di bloccare i singhiozzi che minacciavano di squassargli il petto.

Wakatoshi si voltò stupito verso di lui.

"Io non credo che tu abbia scelta." gli fece notare. Il tono della sua voce era calmo e pacato, come sempre stava facendo una constatazione logica e inoppugnabile. Oikawa non riuscì a capire se il tono rassegnato che aveva percepito in quella frase fosse reale, o generato invece dal suo stesso senso di colpa.

"Ma io non voglio lasciarti..." singhiozzò ancora, aggrappandosi al tessuto dei pantaloni e torcendoli nervosamente.

"Tōru, non farti condizionare dal tuo inutile orgoglio. Se lo ami non hai alternative, devi andare da lui. Io sarò per sempre grato per il tempo che hai trascorso con me, ma non posso stare con te, ora, sapendo che sei innamorato di qualcun altro." concluse pacato.

I singhiozzi sgorgarono dal petto di Oikawa con la forza di una piena che rompe gli argini e trascina a valle qualsiasi ostacolo incontri nel suo cammino.

Gettò a terra libro e occhiali e si fiondò al collo di Ushijima aggrappandosi a lui con una disperazione tale che sorprese Wakatoshi per primo.

Con le sue possenti braccia, lo fece ruotare ponendoselo in grembo e lo circondò amorevolmente, accarezzandogli la schiena, mentre Tōru continuava a singhiozzare con la testa sulla sua spalla.

"Sei troppo buono, Toshi. Io non merito il tuo amore." gli sussurrò dopo un po', quando si fu calmato e i singhiozzi avevano lasciato il posto a lunghi sospiri stanchi.

"Lascia che ti dica un'ultima cosa, Tōru. In questi due anni ho cercato di fare il possibile per farti capire che persona meravigliosa che sei. E se oggi siamo in due ad amarti, è proprio perché te lo meriti. Ma la persona che più di tutte deve imparare ad amarti, sei ancora solo tu. Impara a volerti un po' più di bene, Tōru."


⋆⊱❤⊰⋆


"...e quindi potremo essere pronti per la fine del mese prossimo."

Satori raccolse le carte che aveva sparso in giro ma dopo un istante, non ricevendo alcun riscontro, sollevò lo sguardo dall'altra parte della grande scrivania di mogano.

Wakatoshi era girato verso la vetrata che dava sul locale. Asahi stava alzando gli occhi al cielo mentre spiegava con pazienza al nuovo barman qualcosa che evidentemente doveva avergli già detto più volte.

"Toshi, mi hai sentito?" Tendō lo riscosse e Wakatoshi ruotò di nuovo la sedia verso la scrivania.

"No, scusa Satori, puoi ripetere?"

"Ho detto che potremo essere pronti ad aprire il locale per la fine del mese prossimo, o, alla peggio, con un paio di settimane di ritardo. Ti farò avere una stima più precisa quando sarò fisicamente là."

"No." disse semplicemente.

Tendō si bloccò con il plico di fogli ancora in mano, quindi li posò con cura sul tavolo e si mise comodo, appoggiandosi allo schienale della poltrona.

"No, cosa, Toshi?" chiese accavallando le gambe.

Si diede subito dello stupido per non aver compreso che quello non era il momento giusto per parlare dell'apertura del nuovo locale a Okinawa. Tōru se n'era andato da due giorni, e Toshi si era buttato a capofitto nel lavoro, ma senza la passione e il divertimento che di solito lo contraddistinguevano, ed evidentemente anche con scarsa attenzione.

"Credo che dovremo rivedere i termini del progetto." rispose finalmente Wakatoshi.

Satori restò in attesa, Ushijima aveva ripreso a ragionare sulla questione e sapeva che avrebbe proseguito senza doverlo incalzare.

"Anche a costo di ritardare la partenza di qualche settimana, voglio che mi trovi qualcuno di affidabile da mandare là al posto tuo, Satori." e proseguì "Magari Kuroo è disposto a farsi una vacanza a Okinawa per un paio di mesi, oppure Bokuto. Credo che sia il Neko che il Fukuro, in fondo, possano restare senza di loro per un po'; i locali sono entrambi qui vicino, possiamo passare noi tutte le sere... E nel frattempo, cerchiamo qualcuno del posto che possa gestire il locale a lungo termine, come avevamo pianificato."

Satori non lo stava quasi ascoltando, era ancora fermo alla prima frase.

"Scusa, ho capito bene? Perché non vuoi che vada a Okinawa?" chiese, fissandolo con gli occhi ancora più sgranati del solito.

"Ho bisogno di te qua, Satori." disse semplicemente.

"E perché, se posso chiederlo? Eravamo d'accordo già da tempo che sarei andato io a seguire l'apertura del locale."

"Perché le cose sono cambiate." gomiti sul tavolo, il mento appoggiato alle sue stesse mani intrecciate, fu il suo turno di sporgersi verso Satori "Ora che Tōru non c'è più, non voglio che anche tu vada via."

Era tipico di Wakatoshi dire semplicemente le cose come stavano, senza tanti giri di parole, senza investire le frasi di significati reconditi e doppi sensi.

"Oh." rispose semplicemente Satori.

"Non ho ancora capito se questo equilibrio sia stabile" riprese Wakatoshi, tornando al discorso che avevano fatto giorni prima "e francamente non vorrei aggiungere ulteriori elementi di disturbo."

Quindi si alzò e con passo elegante fece il giro intorno alla scrivania, per appoggiarsi ad essa esattamente di fianco alla poltrona di Satori. Incrociò le caviglie davanti a sé puntandsi sul mogano lucido con le mani.

"Sai, Satori, in questi giorni ho riflettuto molto su quello che stava accadendo. Io lo sapevo che Tōru non mi amava, e che prima o poi se ne sarebbe andato. Diciamo che ero comunque preparato. Mi sono ritrovato molto più preoccupato all'idea che non ci fossi tu. In fondo, il novanta percento del tempo lo dedico al lavoro. E sei tu la persona con cui condivido quel novanta percento."

Satori lo fissava dal basso, un'espressione a dir poco stupita sul suo viso già di per sé incredibilmente espressivo.

Per la prima volta in quindici anni, Wakatoshi lo aveva lasciato senza parole.

Stava ancora elaborando quello che aveva detto, sapendo di non dovervi leggere dietro niente di più. Era la pura e semplice verità. Satori condivideva già la maggior parte della vita di Ushijima, un voto silenzioso fatto a sé stesso da quell'adolescente allampanato, che ammirava e idolatrava il suo compagno di scuola.

Non si era mai nemmeno concesso di sperare, Satori, in qualcosa di diverso tra loro due.

Fino a quel momento.

Non voleva pensarci troppo, ma era certo che se Wakatoshi avesse fatto un ulteriore passo verso una eventuale consapevolezza riguardo al loro rapporto, non avrebbe perso tempo e lo avrebbe condiviso con lui immediatamente.

Quindi gli sorrise, illuminandolo col suo calore e l'entusiasmo della sua incontenibile energia.

"Ok..." disse "cercheremo qualcuno di affidabile per avviare il nuovo locale di Okinawa."

"Grazie, Satori. Ora sono molto più tranquillo." gli restituì il sorriso, una smorfia quasi fuori posto nel suo viso sempre austero, che però Satori apprezzò come non gli succedeva, forse, da quando avevano condiviso la prima bottiglia di sakè al liceo. Avevano passato la notte a ridere, ubriachi, fino a che non avevano visto l'alba insieme ed erano crollati addormentati nel giardino sotto casa di Wakatoshi.


⋆⊱❤⊰⋆


Hajime era certo che il suo cuore si fosse fermato per un istante.

Appoggiato alla moto con eleganza, le lunghe gambe incrociate davanti a sé, Oikawa lo aspettava a braccia conserte e un sorriso enigmatico in volto. Con gli anfibi, i jeans stracciati alle ginocchia e il chiodo, era la personificazione del cattivo ragazzo più affascinante che avesse mai visto.

Il suo cuore riprese a battere, e cominciò a correre furioso picchiando contro la cassa toracica così forte che dovette davvero prendere un lungo respiro per calmarlo. Doveva avere dipinta sul volto tutta la sua confusione perché Oikawa scoppiò a ridere. Una eco sinistra propagò la sua voce nel vicolo, e Iwaizumi tornò padrone di sé e si affrettò a scendere i gradini.

"Sono io, Iwa-chan. Non sono un fantasma..."

"Cosa ci fai qui, Tōru? È pericoloso a quest'ora di notte."

"Non so se essere lusingato o infastidito dal tuo fare protettivo, Iwa-chan. Sono un ragazzo e mi so difendere." la luce che brillò nei suoi occhi confermò a Iwaizumi che, dopotutto, c'erano molte cose di Tōru che non sapeva. E chiaramente, avrebbe voluto scoprirle tutte.

"E comunque sono appena arrivato" aggiunse "ho preso un taxi per essere qui giusto per quando sapevo che saresti uscito."

"Perché sei venuto?" chiese ancora.

I suoi modi bruschi non scalfirono minimamente il sorriso di Tōru, che appoggiò i palmi sul sellino dietro di sé e inclinò la testa in quel modo tutto suo che lo faceva apparire sexy e coccoloso allo stesso tempo.

"Ho bisogno di parlarti, Iwa-chan. Ma non credo che sia una buona idea farlo qui." fece un cenno alla porta da cui era appena uscito e si scostò finalmente dalla moto "Se mi dai il mio casco, possiamo andare da qualche parte."

Era davvero una cosa futile, ma quel mio pronunciato da Oikawa con intenzionalità mascherata da casualità, gli ingenerò uno spasmo allo stomaco.

In un lampo aprì la sella e passò il Jet a Tōru, intanto che infilava il suo integrale.

Dopo un istante stavano già sfrecciando tra le strade di Edogawa.

Le braccia di Oikawa si stringevano a lui con una forza che non era minimamente giustificata dalla velocità. Ma non era la disperazione cieca della volta precedente, Iwaizumi riusciva a percepire una sorta di energia di sottofondo, una vibrazione sottile e crepitante. Le mani di Tōru vagavano senza sosta sul suo torace, come se fossero inquiete e non riuscissero a trovare la posizione giusta, quasi a voler toccare ogni singolo centimetro di pelle scura, e allo stesso tempo trattenendosi dal farlo.

E quel sorriso... Hajime continuava a buttare l'occhio nello specchietto, per accertarsi che fosse ancora là, luminoso e brillante sulle sue labbra, come quando aveva aperto il gas nel vicolo sul retro del Neko.

Aveva paura, una paura fottuta di farsi illusioni che si sarebbero frantumate cozzando brutalmente contro la realtà, ma non poteva farne a meno. Già il solo fatto di averlo rivisto, di sentire il suo corpo addosso a ogni frenata, lo stava facendo diventare pazzo. Era inebriato dalla percezione del petto di Tōru contro la sua schiena, dal calore delle sue mani posate sul cuore, dal suo fiato caldo sul collo.

Parcheggiò nella rimessa dopo pochi minuti, quasi dispiaciuto che quel momento sospeso nel tempo fosse terminato, ma allo stesso tempo desideroso di conoscere il motivo di quella visita.

Spense il motore e Oikawa smontò intanto che il portellone automatico calava chiudendo fuori il mondo.

Erano solo loro due.

Non ci aveva nemmeno dovuto pensare, Hajime, si era diretto verso casa sua colmo di ansia e aspettativa. Il sorriso di Tōru gli faceva ben sperare, ma continuava a ripetersi di non correre troppo con la fantasia. Forse era solo una visita di cortesia, forse Ushijima era via e Tōru ne aveva semplicemente approfittato per passare a trovarlo, forse aveva solo bisogno di parlare con qualcuno, forse...

Forse invece aveva preso una decisione, e quale che fosse stata, Hajime sentiva il bisogno di affrontarla in un ambiente a lui famigliare.

Prese un lungo respiro per calmare il battito del suo cuore e fece strada verso la porta che conduceva in casa.

La rimessa comunicava con una graziosa villetta ad un piano. Oikawa non aveva avuto modo di osservarla bene dall'esterno, ma l'interno era davvero caldo e accogliente. Tolsero giubbotto e scarpe in ingresso e poi Hajime lo condusse in soggiorno dove accese le luci di una zona bar piccola ma perfettamente attrezzata, che divideva la cucina dal salotto vero e proprio.

Il volto di Tōru si illuminò alla vista di quell'angolo così ben organizzato, e si appollaiò subito su uno dei due sgabelli, appoggiando il gomito al banco e il mento sul palmo della mano, come era solito fare.

Hajime lo raggiunse in un attimo e si posizionò dall'altra parte del bar.

"Che cosa posso offrirti, Tōru?" gli chiese, rendendosi conto con un istante di ritardo di quanti significati si potessero celare in quella frase.

Oikawa sorrise. Era un sorriso meraviglioso, pieno e languido, che gli inondava completamente gli occhi e li accendeva di una luce calda e invitante. O forse erano i faretti sopra di lui a farli scintillare così, catturando i riflessi dalla t-shirt bianca di lamé che lasciava scoperte le braccia. Era raggiante e magnifico, e Hajime non riusciva a staccare gli occhi da quella creatura che, ormai ne era certo, lo aveva stregato.

"Stupiscimi." disse Oikawa ancora una volta, rispondendo così a tutti i possibili significati della domanda di Hajime. Aveva infatti accompagnato la frase con un'occhiata furba e maliziosa, che aveva ingenerato l'ennesimo brivido tra le sue scapole.

E fu realmente stupito, Tōru, quando Hajime dopo qualche minuto gli porse una tazza calda e fumante contenente una tisana alla malva e camomilla. La sua risata si levò spontanea, cristallina e sincera, contribuendo a spezzare quella tensione che già stava calando tra loro due, e che entrambi percepivano forte e vibrante in mezzo al petto.

"Bella casa tua" si guardò intorno, ammirato, dopo aver sorbito il primo sorso di tisana "e buona questa!" gli confermò sollevando la tazza come in un brindisi.

Hajime rispose al gesto con la sua tazza e fece il giro attorno al bancone andando a sedersi sull'altro sgabello.

Oikawa ruotò il busto verso di lui e allungò una gamba a puntellarsi sul poggiapiedi dello sgabello di Hajime, che istintivamente fece altrettanto. Le loro gambe si ritrovarono intrecciate, così come i loro sguardi che continuavano a cercarsi e poi staccarsi inquieti, per tornare a rincorrersi un attimo dopo.

"Era la casa dove vivevo con mia madre." spiegò dopo un istante, forse per riprendersi da quella vicinanza che già lo stava confondendo.

"Non avevo capito che abitassi ancora qui. Sei sicuramente più vicino al Neko che al Shiratori." constatò Tōru, ricordando ad entrambi quale fosse la realtà al di fuori da quelle quattro mura.

"Di cosa volevi parlarmi?" gli chiese infatti Hajime, arrivando subito al dunque. Non riusciva più a sostenere quella tensione, nel bene o nel male doveva sapere il motivo per cui Oikawa si trovasse lì. Il suo atteggiamento aperto e ammiccante lo faceva ben sperare e, proprio per quello, il terrore di farsi illusioni lo angosciava come non mai.


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