CAPITOLO 2 - TEQUILA SUNRISE
Oikawa si presentò al bancone con un paio di amici, alcuni giorni dopo. Sembrava evidente che stessero festeggiando qualcosa, erano tutti molto su di giri ed erano passati già un paio di volte da Azumane per prendere da bere, tra una sortita in pista e l'altra.
La terza volta si misero dalla parte di Hajime e aspettarono che terminasse di servire il Martini a una cliente. La ragazza addentò la sua oliva fissando Hajime negli occhi con fare ammiccante, ma quando si accorse che la sua attenzione era già rivolta ai tre ragazzi lì accanto, si allontanò delusa.
"Ciao. Cosa vi servo?" domandò con il suo usuale contegno, cortese ma asciutto.
"Ciao! Per me un Tequila Sunrise." l'amico di Oikawa aveva morbidi capelli d'argento e il volto arrossato per aver ballato. Il suo sorriso era così caldo e luminoso che non avrebbe potuto scegliere nessun altro drink.
"Per me un Gin Lemon, grazie." chiese invece il ragazzo più grosso e muscoloso, fasciato in una semplice t-shirt nera, dello stesso colore dei suoi capelli e dei suoi occhi, che lo scrutavano con diffidenza.
"E per te, il solito...?" aspettò la conferma di Oikawa, che lo fissava mordicchiandosi il labbro inferiore.
"Non stasera, Iwa-chan. Anzi, sai che ti dico? Stupiscimi!" accompagnò la sua richiesta con un sorriso tagliente, la luce dei led sopra al bancone che si rifletteva nei suoi occhi e li rendeva acuti e pungenti.
Come tutti i barman, Iwaizumi aveva sempre provato un odio viscerale verso ogni cliente che si aspettava che potesse leggergli nella mente e sapere cosa gli piacesse. Ma la provocazione di Oikawa, invece, era riuscita a increspare le sue labbra, nonostante si sforzasse di mantenere il volto impassibile.
"Hey, ma è davvero un sorriso, quello?" gli chiese infatti, sporgendosi in avanti coi gomiti sul bancone per farsi sentire sopra la musica.
Hajime deglutì, incatenato da quello sguardo ammaliante. Anche Tōru aveva le gote arrossate. La maglia nera di lurex leggermente trasparente era scivolata su una spalla, la clavicola che guizzava sotto la pelle lucida di sudore.
Distolse lo sguardo a fatica e si concentrò sulla preparazione dei drink.
Ebbe un attimo di déjà-vu quando posò l'ultimo bicchiere con un Mojito accanto ai due cocktail che aveva preparato per i suoi amici.
Oikawa alzò un sopracciglio mentre prendeva il bicchiere e lo portava alla bocca, e poi chiuse gli occhi per assaporare il drink.
Per Iwaizumi fu uno schiaffo in pieno volto.
Ma che cazzo stava facendo!?!
Quello era lo stesso gesto di Ushijima. Era evidente che stessero insieme.
Cosa si aspettava da quella situazione? Avrebbe stupito Oikawa col suo drink, e poi...?
Anche le candele di qualche sera prima gli sembrarono in quel momento patetiche e fuori luogo, se non addirittura pericolose.
Oikawa non fece in tempo a dire nulla che fu trascinato via dagli amici, non senza avergli lanciato un ultimo sguardo di scuse, mentre cercava di non rovesciare il contenuto del bicchiere.
Una nuova richiesta lo richiamò all'ordine; la notte era ancora giovane, l'alcol scorreva a fiumi tra cubetti di ghiaccio e spicchi di lime, e Hajime non aveva certo il tempo di perdersi in inutili riflessioni filosofiche sulla direzione che stava prendendo la sua vita.
Fu infatti sorpreso quando alzò la testa dall'ultimo drink che aveva preparato e si accorse che il locale era quasi vuoto. La musica assordante che aveva imperato per tutta la serata era stata sostituita da un sottofondo Lounge ad un volume decisamente più accettabile.
Dall'altra parte del salone, nel privé di Ushijima, Oikawa stava salutando i due amici con abbracci e baci affettuosi sulle guance. Oltre ai bicchieri dei vari cocktail presi al bar, sul tavolino notò due bottiglie di Champagne e tre calici vuoti, a conferma che c'era davvero stato un qualche festeggiamento.
Quando i due ragazzi si furono allontanati, Tōru raggiunse il bancone.
Si sedette sullo sgabello e si appoggiò sul gomito, sorreggendosi il mento col palmo della mano.
Fissava Hajime senza dire nulla, il suo solito sorrisino enigmatico reso forse un po' più languido dall'elevato tasso alcolico che doveva sicuramente avere dopo tutto quello che aveva bevuto.
Hajime si trovò svelto qualcosa da fare, passando la spugna sul piano di lavoro già immacolato.
"Ushijima-san non c'è mai?" si espresse ad alta voce prima ancora di rendersene conto. Ma forse era meglio così, cercare di indirizzare subito il discorso nei binari dei rispettivi ruoli, prima che la sua fervida fantasia lo portasse troppo in alto, con la certezza di ricadere poi a terra con un tonfo sonoro.
Oikawa rispose con molta noncuranza.
"Raramente. Sa che qui ci sono io, di solito gira negli altri locali, dove c'è più bisogno della sua presenza per evitare problemi." non specificò oltre, e Iwaizumi non chiese.
"Buono il Mojito. Mi hai davvero stupito!" Oikawa aveva cambiato argomento con la rapidità del sole che fa capolino tra le nuvole in una giornata di vento. Ed era esattamente così che si sentiva Hajime, abbagliato da quel sorriso luminoso e frastornato dal movimento di quelle lunghe ciglia brune.
Un guizzo involontario gli fece increspare nuovamente le labbra, ma cercò di trattenersi.
"Tu non sorridi molto." constatò infatti Oikawa.
"Non ne ho motivo." rispose abbassando lo sguardo alle sue mani che si muovevano da sole per sistemare alcuni bicchieri che erano già a posto.
"C'è sempre un buon motivo per sorridere, Iwa-chan." replicò sporgendosi di nuovo in avanti, la testa leggermente inclinata e le labbra distese a scoprire una chiostra di denti candidi.
Hajime alzò lo sguardo e il fiato gli morì in gola.
Ecco che cosa c'era in quegli occhi che lo aveva colpito sin dalla prima volta. Non sorridevano. Erano languidi, caldi, assolutamente splendidi, ma erano occhi tristi. Mancavano quelle minuscole rughe agli angoli che indicavano quando un sorriso era reale.
E per quanto affascinante e meraviglioso, il sorriso di Tōru non era un sorriso felice. I suoi occhi parlavano di dolore, di tristezza, sapientemente mascherati da quelle ciglia lunghe e folte, che distoglievano l'attenzione da quello che c'era realmente sul fondo.
"I miei amici si sposano." disse poi, cambiando di nuovo argomento e alleggerendo il tono della conversazione.
Iwaizumi riprese a respirare con naturalezza, grato per quell'ennesimo cambio di rotta della loro strana chiacchierata.
"Mi fa piacere. Mi sembrano una bella coppia." commentò, un po' per cortesia e un po' perché lo pensava davvero.
Oikawa si aprì in una risata scrosciante, gettando indietro la testa e accavallando le gambe; sembravano ancora più lunghe, fasciate in un paio di pantaloni neri di similpelle che aderivano alla perfezione alle sue curve definite.
"E tu che ne sai? Non li conosci nemmeno." lo sfidò.
"Non lo sai che un barman è anche un po' psicologo? Dimmi quello che bevi e ti dirò chi sei!" gli era uscito di getto e forse si stava prendendo troppe confidenze, ma Oikawa sembrava davvero interessato a fare conversazione con lui.
Tōru si appoggiò con entrambi i gomiti al bancone.
"Ah, davvero? Allora, stupiscimi ancora una volta!" aveva tutta la sua attenzione, e quindi Hajime proseguì.
"Il tuo amico che ha preso il Tequila Sunrise è un tipo solare, allegro. Adora ballare e ama divertirsi, ma al contempo cerca affetto e sicurezza. È molto bravo a dare dolcezza e vorrebbe sempre riceverne in cambio." fece una pausa "Come sto andando?"
"Benino... vai pure avanti." sorrise accompagnando la conferma con un gesto della mano.
"Il tizio del Gin Lemon, invece, non ama troppo stare in mezzo alla gente. È una persona solida e affidabile, che cerca sempre la soluzione più sicura ai problemi, come quella di ordinare un drink semplice così che il barman non lo sbagli per la fretta."
L'espressione di Oikawa mostrava sincera e genuina approvazione per la sua fine analisi, quindi proseguì.
"Mi sembrano compatibili, due caratteri complementari che potrebbero darsi molto ed essere felici per la vita."
Oikawa sospirò e gli chiese di getto "Perché, tu ci credi davvero?" il suo tono era mesto e opaco, e lo guardava attento, come se Hajime potesse rivelargli i misteri dell'universo.
"Che si possa essere felici per la vita, o che lo saranno i tuoi amici?"
Tōru sorrise a quella domanda in risposta alla sua; Hajime era arguto e divertente, e la sua analisi assolutamente azzeccata.
"Perché il Mojito?" chiese a bruciapelo, senza aspettare la risposta alla domanda precedente. Aveva dato voce a quel quesito che ronzava nella sua testa prima ancora di rendersene conto lui stesso, e Hajime restò un attimo sorpreso. La sua analisi, il suo essersi spacciato per fine conoscitore dell'animo umano solo grazie a un drink, gli si stava per ritorcere contro.
Prese tempo sistemando le cannucce.
"Non lo so... Il Mojito è per chi ama la musica e la compagnia. È dolce ma equilibrato, divertente e solare."
Oikawa lo guardava dubbioso, e Iwaizumi decise di essere sincero.
"Ushijima-san al colloquio mi ha chiesto tre drink, ho pensato che forse uno dei tre fosse il tuo preferito, perché non mi sembravano da lui... Ho scelto quello che mi sembrava più adatto a te."
Tōru ancora non replicò, il suo viso aveva un'espressione strana, enigmatica, sembrava incitarlo a proseguire, come se si aspettasse che ci fosse altro da aggiungere.
"Ma tu non sei da Mojito. Fai finta di esserlo, ma non lo sei." ammise poi con una serietà che mal si adattava all'ambiente e alla tarda ora della notte.
"Perché? Come sono davvero?" anche Oikawa si era fatto serio per la prima volta, attento e interessato a quello che Iwaizumi avrebbe potuto dire di lui.
Hajime sapeva che poteva giocarsi il posto, ma quegli occhi scuri e indagatori lo stavano scrutando fin dentro l'anima e non poteva più sottrarsi. Si era messo il cappio attorno al collo da solo, ora doveva stare attento a non tirare. O almeno, a dare un colpo secco.
"Tu sei da Yamazaki invecchiato dodici anni, e forse anche diciotto se lo assaggiassi. Credo che ti piacerebbero le sue note di frutta secca e cioccolato..." come i tuoi occhi pensò "Sei forte e deciso, disposto a tutto per quello in cui credi. Ma, purtroppo, non credi più a niente, o comunque sono davvero poche le cose per cui pensi che valga la pena vivere."
Si morse la lingua per non proseguire, perché si rendeva conto che stava giocando un azzardo troppo grande; non poteva permettersi di parlare così al ragazzo del capo, anche se lui stesso lo aveva incoraggiato.
Oikawa restò in silenzio per qualche istante, guardava Hajime negli occhi e non diceva nulla, il suo volto per la prima volta era davvero indecifrabile.
Hajime distolse lo sguardo e riprese a passare la spugna sul bancone.
Oikawa si alzò dallo sgabello e stiracchiò la schiena con un movimento pigro e flessuoso.
"Sono stanco. Vado a dormire. Buonanotte." disse con cortese distacco mentre si voltava per raggiungere la scala.
"Buonanotte Oikawa-san." gli rispose, deluso e sollevato al tempo stesso per l'interruzione di quella strana chiacchierata. Aveva la sensazione che si fossero detti molto di più di quello che avevano espresso a parole; sentiva lo stomaco contratto, aggrovigliato, e non era del tutto sicuro che la sensazione fosse spiacevole.
Oikawa aveva fatto giusto due passi quando si fermò, come se avesse avuto un ripensamento. Ruotò il corpo di tre quarti e restò a fissare per un istante Hajime che lo guardava a sua volta con la spugna in mano.
"Chiamami Tōru." sussurrò e poi gli sorrise.
Era un sorriso vero, ed era di una bellezza folgorante; gli occhi quasi completamente nascosti dalle ciglia scure, due fessure sottili e brillanti sopra le gote sollevate e leggermente arrossate. Le labbra erano distese e morbide, la testa leggermente inclinata.
Hajime per un lunghissimo istante si dimenticò come si faceva a respirare.
⋆⊱❤⊰⋆
La sera successiva Oikawa non si fece vedere al locale, ma il tempo passò velocemente.
Quel lavoro gli stava piacendo parecchio. Fare il barman, per davvero, preparando cocktail e drink, era quello che aveva sempre sognato e, a quanto gli aveva detto Tendō quella stessa sera, stava facendo un buon lavoro. I clienti lo apprezzavano per la sua bravura e per la sua cortese discrezione. Lo avevano confermato per un altro mese e stava cominciando a concedersi di sperare che potesse diventare un lavoro stabile.
"Hajime-kun, avrei una cortesia da chiederti." Azumane gli si avvicinò con una busta mentre finiva di asciugare l'ultimo bicchiere.
"Certo, dimmi pure."
"Il mio ragazzo è in città" gli comunicò arrossendo un po' "sai, lui viaggia molto, e quando si ferma a Tokyo mi fa piacere stare con lui il più possibile."
Iwaizumi lo incitò a proseguire.
"Bisogna salire in ufficio da Ushijima a consegnare l'incasso della serata, se potessi andare tu mi faresti un favore enorme."
"Certo."
"Ottimo, grazie amico, a buon rendere!" il sorriso sincero di Asahi gli scaldò il cuore "Ecco, questa è la chiave della porta dell'ufficio. Se Ushijima è già rientrato, gli consegni la busta. Se non c'è ancora, la appoggi sulla scrivania e te ne vai così come sei entrato. Ricordati di richiudere a chiave."
Sembrava semplice e in fondo ci avrebbe messo pochi minuti, consentendo ad Asahi di correre dal suo ragazzo.
"Ok, certo, nessun problema."
Un quarto d'ora dopo aprì la porta ed entrò con un po' di timore nelle stanze private di Ushijima.
L'ambiente era buio, solo un debole bagliore proveniva dalla grande vetrata laterale. Hajime si avvicinò e finalmente ebbe la visuale del locale sotto di lui: dalla enorme parete, che dall'altro lato era lo specchio fumé, si poteva davvero vedere ogni angolo della sala.
Anche stando seduto alla scrivania, Ushijima poteva ruotare la sedia di centottanta gradi e controllare tutto quello che accadeva nel suo locale. Un brivido gli corse lungo la schiena a quella constatazione.
Appoggiò la busta sul piano di mogano e stava per uscire quando si accorse di alcune grida sommesse che provenivano dalla porta socchiusa sulla parete di fronte a quella da cui era entrato.
Si avvicinò cauto. Non voleva essere invadente, ma forse qualcuno aveva bisogno d'aiuto.
Gli si mozzò il fiato in gola quando realizzò che stava sbirciando nella camera da letto privata di Ushijima, ma la figura che scorse non era la sua.
Oikawa dormiva adagiato al centro del grande letto matrimoniale, con il televisore sulla parete di fronte che trasmetteva un qualche film poliziesco a basso volume. Le luci dello schermo gettavano riflessi turchini sulla sua chioma ribelle ed era l'immagine più bella che Hajime avesse mai visto in tutta la sua vita.
Era a pancia in giù abbracciato al cuscino, la schiena completamente nuda, il lenzuolo che gli copriva a stento la parte bassa dei glutei ma lasciava scoperte le due fossette di Venere sulla parte alta.
La sua pelle era chiara, diafana alla luce dai toni azzurrati che proveniva dal televisore.
Hajime non riusciva a staccare gli occhi da quel corpo. Oikawa era uno spettacolo meraviglioso da ammirare anche quando dormiva.
Le sue spalle erano tornite, le braccia lunghe e snelle mostravano appena un accenno di muscoli. Teneva una mano appoggiata sul cuscino accanto al viso, mentre l'altra era nascosta sotto; le dita erano lunghe e affusolate, posate sul cotone pregiato in una posa elegante e aggraziata.
Hajime restò incantato a guardare il suo viso; era liscio e morbido, disteso in una espressione di serenità e beatitudine. Le sue lunghe ciglia si adagiavano delicatamente sulle guance, la bocca era leggermente dischiusa in una specie di sorriso languido. Forse stava facendo un bel sogno, e Hajime glielo augurò con tutto sé stesso.
Il cuore di Hajime prese a pulsare dolorosamente, stretto in una morsa di sofferenza quasi fisica per quanto sentisse il bisogno disperato di posare le sue labbra su quella meraviglia.
Non poteva più negare a sé stesso l'incredibile attrazione che provava per quel ragazzo.
Sapeva che avrebbe probabilmente rischiato la vita, e forse non in senso metaforico, se fosse stato sorpreso da Ushijima a sbirciare il suo ragazzo che dormiva nudo nel loro letto matrimoniale. Ma era disposto a correre il rischio.
Il suo cuore accelerò quando si accorse di alcune macchie violacee dietro al collo, vicino all'attaccatura dei capelli, e più giù, verso le spalle; erano i succhiotti di Ushijima, il suo marchio di proprietà, la sua rivendicazione di possesso.
Quei segni scuri gli ricordarono ancora una volta che stava guardando qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Si costrinse ad andarsene da quella stanza prima che accadesse l'irreparabile; con le gambe di piombo ridiscese le scale, recuperò le sue cose nell'Office, e corse al parcheggio.
Era ormai giorno fatto quando spense la moto nella rimessa ed entrò in casa buttandosi sul letto vestito; aveva vagato senza meta per le strade di Tokyo, troppo turbato dalle immagini di Tōru che dormiva, confuso dal tumulto che sentiva in mezzo al petto per poter pensare di dormire.
La sua vita aveva preso una piega davvero inaspettata, e Hajime non aveva davvero idea di dove lo avrebbe condotto.
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