CAPITOLO 1 - SANDALO E VANIGLIA
Hajime appoggiò sul bancone anche l'ultimo drink e finalmente si concesse di respirare.
Raccolse con la spugna le minuscole scaglie di ghiaccio che erano volate fuori dal pestello insieme alle briciole di menta; il banco da lavoro doveva essere sempre pulito e in ordine, era la sua regola. E comunque era ancora nervoso, non ce la faceva a rimanere ad attendere il verdetto senza fare nulla, aveva bisogno di tenere occupate almeno le mani.
Osservò di sottecchi l'uomo elegante seduto di fronte a lui che sorseggiava il Mojito ad occhi chiusi; il rumore dei cristalli di ghiaccio sotto i suoi denti era chiaramente udibile nel locale, buio e deserto a quell'ora del mattino.
L'uomo alzò lentamente le palpebre e lo fissò per un lungo istante con un'espressione stoica e indecifrabile nei suoi occhi verde oliva. Quindi si alzò in piedi, stagliandosi con la sua elegante figura alle luci dei led sopra al bancone: il completo doppiopetto grigio lo vestiva alla perfezione, era chiaramente un capo di alta sartoria visto il modo impeccabile in cui gli fasciava le spalle larghe e la vita stretta. La chioma castana era composta e irrigidita, forse, da un filo di gel, anch'essa domata e arrendevole alla soverchiante personalità dell'uomo a cui apparteneva.
Appoggiò il bicchiere e fece un cenno al suo assistente seduto sullo sgabello di fianco. Quindi si voltò e se ne andò senza degnare Hajime di uno sguardo.
"Ok, Iwaizumi-san, puoi cominciare già questa sera alle sette. Vieni pure vestito come vuoi, troverai qui la divisa. Dovresti essere una cinquanta, dico bene?"
L'occhiata che gli lanciò mentre prendeva mentalmente le misure aveva un che di inquietante: i suoi occhi castani, grandi e attenti, scivolavano lentamente sui jeans chiari e sulle spalle fasciate dalla camicia nera, mentre la bocca si allargava in un sorriso soddisfatto. Era davvero bizzarro; la zazzera di capelli rosso fuoco sparati in tutte le direzioni creava un contrasto curioso, ma non fastidioso, col perfetto completo gessato grigio scuro che indossava.
"Cinquantadue." lo corresse Hajime.
"Oh. Cinquantadue...? Mi sembravi più esile." commentò, picchiettandosi le labbra con due dita lunghe e affusolate "Perfetto, non c'è altro da dire; del compenso hai già parlato con Ushijima, ma se hai qualche domanda, sono a tua disposizione."
"No, grazie. È tutto chiaro. A stasera Tendō-san."
All'uscita del locale si fermò un istante strizzando gli occhi per abituarsi alla luce abbacinante del giorno; prese un lungo respiro e passò la mano tra i capelli corvini, spettinati e ribelli, per cercare di scaricare la tensione che ancora lo attanagliava. Si incamminò quindi verso il parcheggio dove aveva lasciato la moto, ripercorrendo mentalmente tutti i passaggi che aveva eseguito per preparare i tre drink che gli avevano chiesto.
Era fatto così, rimuginava e tornava sopra alle cose per ore; sapeva che non serviva a nulla ma non riusciva proprio a non farlo, soprattutto quando si trattava del suo lavoro. Era un professionista, ci metteva l'anima e voleva essere sempre impeccabile; e rivedere nella sua mente tutti i passaggi e gli errori che poteva avere commesso, lo aiutava a migliorarsi per la volta successiva.
In effetti, il Margarita gli aveva dato del filo da torcere, più che altro per restare nei tempi, visto il lungo shaking che richiedeva. Col Daiquiri era andata meglio, ma comunque in generale doveva essersela cavata bene, visto che lo avevano assunto. Avrebbe cominciato la sera stessa e, davvero, non vedeva l'ora.
A posteriori si domandò, però, perché gli avessero chiesto di preparare tre cocktail così complessi, quando il pub si riempiva ogni sera di ragazzotti che andavano avanti tutta la notte a giocare a biliardo e a freccette, scolandosi una birra dietro l'altra.
Ma dopotutto si era divertito, era da parecchio tempo che si limitava a mescere boccali di birra alla spina o a togliere i tappi dalle bottiglie. E soprattutto, quel lavoro gli serviva; riuscire a entrare nel giro dei locali di Ushijima era stato un colpo davvero fortunato, che avrebbe potuto aprire diverse porte in futuro.
⋆⊱❤⊰⋆
Erano passati solo pochi giorni che si aprì già un piccolo spiraglio. Tendō si presentò al pub per consegnargli la paga della settimana, e Hajime non sospettava minimamente in quale modo quella visita avrebbe influito sulla sua vita futura.
"Abbiamo avuto un problemino con uno dei barman al Shiratori*. Ushijima pensa che tu possa sostituirlo viste le tue abilità nel preparare cocktail. La paga è esattamente il doppio di quella attuale. Se per te va bene ti accompagno al locale, cominci subito. Qui, Hiroshi se la può cavare da solo ancora per qualche giorno." concluse indicando l'altro barman che stava riempiendo diverse ciotole di noccioline.
Hajime si era bloccato con il bicchiere e lo strofinaccio in mano ma, dopo un primo istante di smarrimento, annuì, emozionato e agitato in egual misura.
Posò il bicchiere e si asciugò le mani.
"Certo. Va benissimo! Ma non mi serve un passaggio, ho la moto. Faccia strada, la seguo."
Anche se, in realtà, nemmeno quello sarebbe stato necessario; Hajime sapeva benissimo come arrivare al Shiratori, il locale di punta di Ushijima a Shibuya. Non ci era mai entrato, non era certo alla sua portata, ma lo conoscevano tutti: era il locale più famoso di Tokyo.
Non si soffermò più di tanto a osservare l'enorme cigno bianco che capeggiava sopra l'ingresso e che dava il nome al locale, e seguì il Mercedes di Tendō al parcheggio sotterraneo privato.
Restò invece impressionato quando entrò nel locale vero e proprio; ci era passato davanti diverse volte, ma l'interno lo lasciò senza fiato.
L'ambiente era spettacolare, con un soffitto altissimo composto da enormi lucernari che mostravano il cielo di Tokyo. Diverse piste da ballo su vari livelli erano dislocate per tutto il locale, alternate ad aree con tavolini e divanetti; ogni zona era delimitata da pannelli di plexiglas e piante ornamentali, creando un gioco di eleganti geometrie. Tre ampie scale portavano al piano rialzato che correva sui tre lati intorno al grande ambiente, mentre l'ultimo lato era nascosto da giganteschi specchi fumé.
"Vieni, ti presento l'altro barman." Tendō lo precedette al bancone "Azumane, lui è Iwaizumi; fagli vedere come muoversi, si apre tra un'ora."
"Ciao, benvenuto. Sono Azumane Asahi. Piacere di conoscerti."
"Iwaizumi Hajime. Piacere."
Una piccola smorfia di dolore increspò l'espressione normalmente impassibile di Hajime, quando il ragazzo - dai lunghi capelli castani raccolti in una crocchia e i possenti bicipiti - gli strinse la mano con forza, prima di cominciare a spiegargli com'era organizzato il bar.
Un'ora dopo i due ragazzi, con pantalone nero e camicia bianca, cominciarono a servire i clienti del locale.
Hajime comprese presto il motivo per cui, in fase di colloquio, gli avessero chiesto di preparare i tre drink in un tempo prestabilito; le richieste dei cocktail più disparati fioccavano sul bancone come i petali dei ciliegi durante l'Hanami**, e Hajime dovette ammettere che non si divertiva così da anni, da quando faceva a gara con sua madre a chi finiva per primo di preparare il drink che lei, di volta in volta, proponeva.
Il ricordo piombò su di lui dolce e amaro come sempre, languido e pungente per quanto ancora lo cullasse ma lo rendesse consapevole della sua difficoltà ad emergere indenne da quel torpore. Dio, quanto gli mancava sedersi al piccolo bancone del salotto insieme a lei, ad assaggiare i rispettivi drink chiacchierando di come era andata la giornata di entrambi.
Stava agitando un Martini perso nei ricordi quando sollevò lo sguardo al bancone e il suo bracciò si fermò a mezzaria.
Due occhi castani, caldi e languidi, lo stavano fissando.
Restò ipnotizzato da quello sguardo; le lunghe ciglia scure, ombreggiate forse da un po' di mascara, adornavano due enormi iridi del colore più bello che avesse mai visto. Era cioccolato, quello fondente e polveroso, che ti avvolge la lingua prima di generare la salivazione.
La sua di salivazione, invece, fece cilecca e dovette deglutire a forza.
Riprese a muoversi a fatica mentre la sua attenzione si estendeva al viso in cui quegli occhi erano incastonati. Gomito sul bancone e palmo sotto al mento, il ragazzo lo guardava con un'espressione sorniona sul viso bellissimo. La bocca era atteggiata in un sorriso appena accennato, la testa lievemente inclinata, come se la folta chioma soffice e vaporosa, anch'essa del colore del cioccolato, pesasse dal lato del lungo ciuffo che gli copriva parzialmente la fronte prima di incurvarsi verso l'esterno.
"Ciao Oikawa-san. Ecco il tuo whisky." Asahi posò davanti al ragazzo un tovagliolino su cui appoggiò un bicchiere basso e largo con due dita di liquido ambrato e un cubetto di ghiaccio.
"Grazie Azu-chan!" sorrise e dopo un'ultima occhiata veloce a Hajime si voltò e si allontanò dal bancone.
"Iwaizumi-kun, hai visto quel ragazzo?" Asahi gli si parò davanti fissandolo dritto negli occhi.
"Cazzo, sì!" si riscosse riprendendo a muovere lo shaker.
"Ecco. Lui è off-limits!"
Iwaizumi lo fissò con espressione interrogativa e Asahi proseguì.
"È il ragazzo del capo. Chiaro?"
Hajime annuì.
"Quando viene al bancone, a meno che non chieda qualcosa di specifico, preparagli subito due dita di Yamazaki 12YO*** con un singolo cubetto di ghiaccio. Ne trovi una bottiglia qui, sotto al bancone, ed è solo per lui. Non si serve ai clienti. Capito?" gli mostrò dove trovare la bottiglia del whisky pregiato.
Hajime annuì ancora, continuando a sfogare sul povero Martini l'agitazione che lo aveva preso alla bocca dello stomaco da quando Oikawa, così si chiamava, lo aveva fissato in quel modo.
Ebbe la possibilità di sfogarsi su parecchi altri Martini e Margarita durante l'arco della serata, e aveva davvero male al braccio quando il locale finalmente si fu svuotato di quasi tutte le persone.
Il cielo di Tokyo cominciava a sbiadire dietro a quella patina lattiginosa che precede l'alba, quando anche gli ultimi clienti ritardatari lasciarono il locale.
Oikawa si avvicinò di nuovo al bancone, mentre Hajime e Asahi stavano terminando di asciugare i bicchieri.
Indossava un pantalone scuro, largo e impalpabile, che ondeggiava seguendo il suo incedere elegante; un top dorato, largo e corto, gli scendeva su una spalla lasciando scoperta la clavicola (come aveva fatto a non notarlo, prima?).
Si appollaiò con eleganza su uno sgabello e allungò la mano verso Hajime con un sorriso cordiale in volto.
"Ciao. Sono Oikawa Tōru. Scusa se prima non mi sono presentato, ho visto che sei stato parecchio occupato stasera."
Iwaizumi allungò la mano e gliela strinse, gli occhi che non riuscivano a staccarsi da quelle due gemme scure.
"Tu sei...?" lo incalzò Oikawa, il sorriso che si allargava impercettibilmente in una smorfia divertita.
"Iwaizumi Hajime" balbettò "Scusa, è che..."
"...lo so, la prima sera qui è impegnativa. Ma poi ti ci abitui." cinguettò mentre si adagiava con tutto il braccio sul bancone, in una posa che sarebbe sembrata scomposta in chiunque altro, ma che faceva apparire Oikawa come Cleopatra sul triclinio.
Il sorriso non aveva abbandonato il suo viso nemmeno per un secondo, ma i suoi occhi... Hajime continuava a rimanere catturato dai suoi occhi, con quel taglio allungato agli angoli e quel colore goloso, che brillavano magnetici alla luce dei led.
Sembrava stanco, ora, adagiato con la testa appoggiata al braccio e il sorriso molle.
In realtà c'era anche qualcos'altro, qualcosa che lo aveva colpito già da prima, qualcosa che non riusciva a spiegarsi.
"Vedo che sei un tipo di poche parole." Oikawa sollevò la testa dal braccio e scivolò lentamente dallo sgabello "Ma hai ragione, stasera si è fatto davvero tardissimo, meglio andare a dormire. Ci si vede, Iwa-chan! Notte Azu-chan!"
Si allontanò con la stessa falcata elegante di poco prima, il pantalone che ondeggiava sulle lunghe gambe. Doveva essere alto, più alto di lui di sicuro, pensò Hajime mentre lo seguiva con lo sguardo. Oikawa prese una delle scale che portavano al piano di sopra e agitò ancora la mano nella loro direzione prima di scomparire dietro ad una porta che comunicava con l'area chiusa dagli specchi fumé.
"Lì ci sono gli uffici di Ushijima e il suo appartamento privato." gli spiegò Azumane seguendo il suo sguardo "E qualunque cosa tu stia pensando, toglitela dalla testa!" concluse guardando Hajime con serietà.
Finirono di asciugare i bicchieri in silenzio.
⋆⊱❤⊰⋆
Come aveva detto Oikawa, la seconda sera andò meglio della prima.
Aveva preso le misure e capito come muoversi; l'area del bar era efficiente e ben organizzata, e lui e Asahi avevano trovato subito un'intesa perfetta, dividendosi le zone del bancone e dandosi man forte nei momenti più affollati.
Oikawa si presentò di nuovo al bar quando il locale si fu svuotato di tutti i clienti.
"Azu-chan... Iwa-chan..." sorrise e si spalmò sul bancone con la testa appoggiata sul braccio, in un gesto che doveva essergli abituale.
Iwaizumi continuò a sistemare le ultime cose in silenzio. Nonostante la confidenza che Oikawa concedeva loro, Hajime non osava dire nulla, le ammonizioni di Asahi lo avevano fatto riflettere molto. Forse c'era una sorta di regolamento non scritto secondo il quale non bisognasse rivolgere la parola a Oikawa a meno che non fosse lui per primo a parlarti.
E infatti fu lui a farlo, sollevando la testa dal braccio dopo qualche minuto.
"Allora, Iwa-chan, com'è andata la seconda sera?" chiese con un sorriso stanco.
"Bene, grazie." rispose asciutto.
"Ho visto che non hai avuto nemmeno un momento di pausa..."
Iwaizumi si concesse di registrare quel commento: Oikawa lo aveva osservato. Il che era naturale, si disse; se Ushijima e Tendō non erano presenti, era Oikawa in fondo che dirigeva il locale. Non lo faceva in modo invadente, non dava istruzioni e si presentava al bancone solo per prendere da bere, come se fosse un normale cliente. Ma era evidente che tenesse sempre sott'occhio la situazione, sicuramente per riferire poi a Ushijima. Lo faceva però in modo amichevole e discreto, cercando di mettere tutti a proprio agio. Non gli era sfuggito infatti quel "chan" che aveva affibbiato anche a lui, quel suffisso affettuoso che evidentemente usava con lo staff per accorciare le distanze.
"Bene, non voglio distoglierti dalle tue importantissime attività. Buona notte Iwa-chan. Azu-chan... "
E si diresse alle scale.
Iwaizumi lo guardò allontanarsi. Non poteva farne a meno. Qualsiasi cosa indossasse, e si rese conto che non aveva nemmeno fatto caso all'outfit di quella sera, la sua camminata era ipnotica.
Si sforzò di tornare alle sue importantissime attività, ovvero allineare i bicchieri puliti e asciutti, con perfezione quasi maniacale.
⋆⊱❤⊰⋆
Nei giorni successivi Hajime prese completa padronanza del suo ambiente di lavoro e Asahi gli spiegò anche il resto delle sue incombenze, una delle quali consisteva nel rifornire l'Office con una adeguata scorta di tutte le bevande che sarebbero servite per la serata.
Mancava poco più di mezz'ora all'apertura, Hajime aveva recuperato dal magazzino alcuni fusti di birra e diverse bottiglie di liquori e si accingeva a sistemarli con cura sopra gli scaffali perfettamente organizzati nel piccolo stanzino di disimpegno adiacente al bancone. La porta recava una minuscola e discreta targhetta con scritto "Privato", e si poteva aprire solo con la chiave che Asahi gli aveva dato. I due ragazzi avevano così modo di recuperare velocemente quello che occorreva loro durante la serata.
Hajime stava svuotando l'ultima scatola: si piegava a prendere le bottiglie e poi si allungava per allinearle sullo scaffale sopra la sua testa, ruotate di modo che l'etichetta fosse ben leggibile. Era voltato di spalle e non si accorse dei due occhi castani, curiosi e maliziosi, che si fermarono a osservarlo dal vano della porta.
La t-shirt nera si sollevava col movimento lasciando scoperta una sottile striscia di schiena e l'elastico dei boxer che fuoriusciva spavaldo dai jeans. La sua pelle era lucida per il sudore, minuscole gocce rotolavano di tanto in tanto ad incontrare l'elastico dei boxer: la t-shirt era tesa sulle spalle e Oikawa si trovò suo malgrado a mordersi il labbro inferiore mentre fissava le maniche arrotolate sui tricipiti sodi.
Quando anche l'ultima bottiglia fu posizionata sullo scaffale, Hajime sfilò rapido la maglietta e la usò per tamponarsi il sudore dal viso e dal torace.
Sorpreso dal gesto, Oikawa si schiarì la voce per palesare la sua presenza.
Iwaizumi si voltò di scatto.
"Scusa, Iwa-chan, non volevo spaventarti." il suo sorriso parlava di tutto fuorché di scuse, i suoi occhi indugiavano ancora sui pettorali e sugli addominali, sfiorando l'elastico nero dei boxer che il movimento di piegamento ed estensione aveva liberato dai jeans anche sul davanti.
"Oikawa-san..." riuscì a balbettare, palesemente in imbarazzo.
"Finisci pure, non badare a me." aggiunse scuotendo le mani come a scacciare una mosca, ma senza staccare gli occhi da quei muscoli perfettamente definiti.
Hajime si avvicinò al minuscolo lavandino nell'angolo e si diede una veloce rinfrescata; quindi, si infilò la camicia bianca presa dall'appendino lì accanto. Sentiva lo sguardo di Oikawa su di sé, curioso e bruciante, mentre arrotolava le maniche, e prese un profondo respiro.
"Avevi bisogno di qualcosa?" gli chiese, ora un po' più padrone di sé.
"Sì, in realtà. Volevo una bottiglia di Yamazaki da portare su." spiegò Oikawa, appoggiato a braccia conserte allo stipite della porta.
Indossava un paio di pantaloni bianchi e morbidi, una t-shirt turchese e un paio di infradito nere. Era la prima volta che Hajime lo vedeva in abiti comodi e informali, le morbide onde del suo ciuffo naturalmente spettinate. Le lunghe ciglia erano scure e folte, e pensò che forse quello che aveva creduto mascara, in realtà fosse semplicemente un dono di madre natura.
"Vieni, te la do. Lo Yamazaki lo teniamo sotto al bancone."
Oikawa si scostò appena per consentirgli di attraversare la porta, e Hajime percepì una fragranza speziata, forse sandalo, insieme a qualcosa di più dolce che ancora non riusciva a identificare.
Chiuse la porta dell'Office e rimasero al buio; solo una fioca luminescenza arrivava dai lucernari sopra la loro testa, appena sufficiente per distinguere le sagome.
Iwaizumi si accucciò per rovistare dentro ad una antina del retrobanco, dove c'era la bottiglia da cui gli servivano il whisky ogni sera, e dove ne avevano stipato alcune di scorta. Prese il cellulare dalla tasca dei jeans, si fece luce, e finalmente trovò quello che cercava.
Si tirò in piedi e trovò Oikawa a un soffio da lui. Lo spazio tra il banco e il retrobanco era stretto, e Oikawa era arrivato alle sue spalle silenzioso come un gatto.
I suoi occhi erano appena distinguibili nella penombra, due macchie più luminose nel viso grigio e sgranato, e una nota di vaniglia finalmente identificata dal suo fine olfatto.
Hajime poteva sentire il cuore battergli direttamente nelle orecchie, e si domandò distrattamente se lo sentisse anche lui.
Oikawa prese la bottiglia dalle sue mani, e le loro dita si sfiorarono nel buio.
Un brivido risalì rapido la sua spina dorsale.
Il tocco delle sue dita era ancora impresso sulla pelle, caldo e formicolante come una scossa elettrica.
Tōru indugiò ancora per un istante, quindi si scostò per uscire dal bancone.
"Grazie Iwa-chan. In realtà ne berrei un goccino già adesso, se non ti dispiace." chiese quasi con timidezza.
Hajime era turbato, confuso; quella vicinanza al buio, il suo profumo, lo stavano davvero destabilizzando. Era come ubriaco, il buio rendeva l'atmosfera irreale ed eterea, e lui si sentiva audace, come se tutto gli fosse concesso. Sperava di riuscire a mantenere il controllo e non fare qualcosa di cui sicuramente si sarebbe pentito.
Deglutì e recuperò un minimo di padronanza di sé stesso.
"Certo. Te lo preparo subito." rispose cortese dopo un attimo.
A tentoni, aprì uno dei cassetti del retrobanco e armeggiò per un istante.
Una tenue fiammella si accese a rischiarare il bancone.
Hajime posizionò un paio di tea light davanti a sé, di quelli che di solito mettevano sui tavolini sparsi nel locale.
Oikawa si appollaiò sullo sgabello di fronte, il sorriso reso caldo e morbido dalla luce dorata delle candele.
"Fammi compagnia anche tu, Iwa-chan. Manca ancora un po' all'apertura e non mi piace bere da solo."
"Grazie ma non bevo sul lavoro." declinò mentre si accingeva a versare lo Yamazaki. E soprattutto, non aveva bisogno dell'alcol, si sentiva già sufficientemente ebbro di quella inaspettata e fugace vicinanza, il contatto delle loro dita, il suo profumo che ancora sentiva forte senza capire realmente se fosse solo nella sua testa.
"È da tanto che fai questo mestiere?" gli chiese Oikawa, sinceramente curioso.
"Sì, diciamo di sì. So fare cocktail da quando avevo tredici anni, ma lo faccio di mestiere da quando ho finito il liceo." confermò Hajime, contento di poter concentrare la sua attenzione per rispondere alla domanda di Oikawa.
"E ti piace? Voglio dire, è quello che sognavi di fare quando eri bambino?"
Hajime prese tempo armeggiando sotto al bancone per recuperare il ghiaccio e ne depose un cubetto nel bicchiere che posizionò davanti a lui, in mezzo ai due tea light.
La domanda di Oikawa era stata inaspettata e decisamente incisiva. Non si era mai soffermato più di tanto su quello che avrebbe fatto da grande, non aveva un sogno in particolare, ma quello di cui era sicuro era che gli piacesse il suo mestiere.
"Sì, mi piace. Mi piace molto." gli confermò "Non so dirti se era quello che sognavo di fare ma di sicuro so che oggi è questa la mia strada."
"E sei bravo?" gli chiese a bruciapelo, un sorrisino a stendere le sue labbra mentre allungava la mano a prendere il bicchiere davanti a lui.
"Sì." Hajime si puntellò con le mani sul bancone e spinse inconsciamente fuori il petto in un moto di orgoglio. "Sono dannatamente bravo!" la sua voce si fece più roca, e per un istante le fiammelle dei tea light tremolarono nel buio.
"Così mi incuriosisci, Iwa-chan. Una sera di queste ti chiederò di farmi assaggiare uno dei tuoi cocktail, allora." anche Oikawa aveva abbassato il tono di un'ottava, e lo fissava attento e curioso sotto le ciglia scure, l'ombra delle candele che le rendeva ancora più lunghe.
Il whisky ondeggiava lento nel bicchiere di cristallo e abbracciava il ghiaccio, denso e corposo come miele alla luce delle candele. Oikawa se lo portò alle labbra senza mai staccare gli occhi da quelli di Hajime, che lo fissava a sua volta come ipnotizzato.
Strizzarono entrambi gli occhi quando la luce sul bancone si accese di colpo.
Dopo qualche istante, Asahi si palesò all'ingresso del locale e si fermò di botto vedendo Hajime al bancone e Oikawa sullo sgabello. Notò con la coda dell'occhio i due tea light intanto che Hajime li spegneva e li appoggiava sul retrobanco, ma non fece commenti e si diresse nell'Office.
Oikawa posò il bicchiere vuoto e si alzò recuperando la bottiglia di Yamazaki che aveva posato lì accanto.
"Grazie Iwa-chan. Vado a vestirmi. Ci vediamo più tardi. A dopo Azu-chan." lo disse ad alta voce per farsi sentire dall'altro ragazzo.
Hajime prese il bicchiere di Oikawa e lo lavò, senza dire nulla. Dopo qualche istante Asahi tornò al bancone e lo squadrò con palese disapprovazione.
"Che c'è?" lo sfidò a dire qualcosa.
"Non ti cambi?" chiese semplicemente Asahi fissando i jeans che Hajime ancora indossava.
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* Shiratori – in giapponese significa "Cigno"; è composto da due caratteri kanji che letteralmente significano "uccello bianco".
** Hanami – è un termine giapponese la cui traduzione letteralmente significa "guardare i fiori", si riferisce alla tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi, in particolare di quella dei ciliegi.
*** Yamazaki 12YO – è un whisky tipicamente Giapponese, nato dalla grande esperienza dei mastri distillatori della Yamazaki e dal particolare clima della zona di Kyoto – 12YO sta per "12 years old", cioè "invecchiato dodici anni".
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