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EXTRA III - Il giorno dopo l'Apocalisse

Mossi le dita mentre un'insolita sensazione di freddo mi attraversava il braccio, diffondendosi fino alla spalla. Mugugni infastidito e feci per girarmi, sotterrandomi sotto le coperte, quando un paio di schizzi mi bagnarono.

"Ma che cazzo..." con un gesto secco allontanai il piumone che mi copriva fin sopra i capelli e mi misi seduto.

"Buongiorno, cazzone," urlò Anthony, accovacciato affianco al mio letto.

Mi stropicciai un occhio con la mano e sbadigliai. "Ma che problema hai?"

La porta del bagno si aprì facendo entrare nella stanza una nube di calore. Al suo seguito vi era Dylan con un asciugamano intorno la vita e un altro a circondargli il collo.

Ma era necessario usare tutte quelle asciugamani solo per lui?

"Ma è necessario usare tutte queste asciugamani solo per te?" chiesi per l'appunto e lanciati un ultimo sguardo al letto.

La sera prima ero rimasto sveglio fino a tardi con Noah e Leanne, e per quanto io adorassi la famiglia Adams, potevo assicurare che passate le due di notte lei era tutt'altro che socievole.

Se poi l'argomento del giorno riguardava un ipotetico fidanzamento che coinvolgerebbe, per l'appunto, il sottoscritto... Beh, potrete ben immaginare quali vette abbia raggiunto la sua voce.

"Allora," Matt sbucó fuori da sotto al suo letto e con un inspiegabile calzino in mano, "L'ha fatta?"

Anthony scosse la testa con espressione triste e io gli diedi un calcio. "Che coglioni che siete, volevate farmela fare addosso?"

"Ci abbiamo provato," rispose Dylan e si strinse nelle spalle. "Forse non avevi la vescica piena."

"O forse," feci notare con scetticismo, "il bicchiere deve essere freddo per favorire la circolazione."

"Ehi, Et," chiamò la voce di Noah ancora nel letto e pieno di sonno. "Puoi aspettare le dieci prima di fare il futuro dottore?"

"Non ho bisogno di una laurea in medicina per dirvi che siete dei coglioni ," con un salto scesi dal letto, scavalcai Anthony e afferrai alcuni vestiti dal cassetto di passaggio.

Avevo un urgente bisogno di una stanza singola, sentivo di meritarmela. O quanto meno dei compagni di stanza meno idioti.

" Aspetta, " Dylan mi sbarrò la strada con un sorriso divertito e io sbuffai. "Non così in fretta, dobbiamo parlare."

"È già quel momento?" s'informó Anthony, mettendosi seduto.

Mi portai una mano a massaggiare il collo indolenzito a causa del materasso e li guardai esasperato. "Ma il momento di cosa? E tu scendi dal mio letto, lo sai che mi da fastidio."

Il mio amico alzò le mani in segno di resa e si alzò, facendo nel frattempo una mia bizzarra imitazione.

A svelarmi il grande arcano fu Matt che mi si avvicinò e, spogliando Noah dei piumoni per farlo alzare, mi premette le mani sulle spalle.

"Amico, è fantastico... Congratulazioni e figli maschi."

Sentii uno scoppio lontano e indistinto. Forse una congiunzione tra due neuroni era appena saltata nel tentativo di decifrare quella conversazione.

"Ma cos..."

"Non fare il finto tonto e neanche tu, Noah," Anthony indicò entrambi. "Quando pensavate di dirci che siete diventati cognati?"

"Vero, me l'ha dovuto dire una ragazzina del primo anno... Ti sembra normale?"

"Quello che non mi sembra normale è che tu parli con le bambine, Dylan."

"Vaffanculo, Matt," alzò il dito medio.

Nel frattempo io mi voltai lentamente alle mie spalle, incontrando lo sguardo pentito e vacuo di Noah.

Peccato che, dopo tutti quegli anni di amicizia, ancora non avesse capito che con me non attaccava.

"Mi dispiace," mimó con le labbra e anche io, in risposta, mimai qualcosa.

Solo che lo feci con le dita ed era una risposta molto meno diplomatica della sua.

"Allora," Anthony mi passó un braccio intorno alle spalle, "Quand'è scoppiato l'amore? Voglio i dettagli, lo sai che sono un romantico."

"Ma se hai avuto una sola ragazza nella tua vita e vi siete lasciati perché le hai regalato un anello di patatine per il vostro primo mese."

"E continuo a trovarlo un atto di vero amore, ma non ci sono più le ragazze di una volta... Allora, tu e la piccola Adams. Avete fatte delle porcate eh, zozzone?"

"Ant, è mia sorella," si lamentò Noah con una smorfia disgustata. "E nessuno fa niente con nessuno, sia chiaro."

*Si, certo, giusto, " rispose Dylan e mi puntelló il gomito nello stomaco con aria complice.

Ma guarda tu in che situazione mi dovevo ritrovare perché avevo un migliore amico incapace a relazionarsi con le ragazze.

Ero stato forse troppo cattivo?

No, perché nel caso avevo anche altre cose da dire in merito alla situazione "finta relazione apocalittica".

"Allora," i miei tre amici si sedettero uno affianco all'altro e con espressioni innocenti. "Parli da solo o ti seguiamo fin sotto la doccia?"

"Tanto lo sai che non abbiamo pudore, non ci creerebbe problemi."

Gemetti sconfortato e mi voltai a fulminare Noah con lo sguardo. Peccato che lui fosse ripiombato nel quarto sonno.

E poi mi si chiedeva perché invidiavo la vita degli eremiti.

Da soli, senza scazzi esterni, neanche un amico e un'esistenza tranquilla e votata all'ozio.

Altro che scuola di medicina, dovevo ritirarmi nei boschi e coronare il mio sogno asociale.


Un calcio, due calci, tre calci e goal! Il sasso entra in porta e il magnifico Ethan Powell porta la squadra alla vittoria.

Campioni del mondo.

Campioni del mondo.

Campioni del mondo.

"Ma mi stai ascoltando?"

"Eh?" mi voltai verso Noah con espressione vacua. "Hai detto qualcosa?"

"Sì, tipo per dieci minuti... A che stai pensando?"

"In ordine di importanza, alfabetico o di possibile risoluzione?"

Comunque sia, in ordine di importanza, era: il corso di medicina costosissimo e selettivo che avevo scoperto quella mattina; il prossimo compito di scienze perché se continuavo così la mia media scendeva a picco e io perdevo la borsa di studio; la mia assurda, irritante e permalosa finta ragazza; il suo idiota e ossigenato ex; con cosa fare merenda.

No, va bene, ritrattai. La merenda andava prima di Parker.

"Ehi, Et... Tutto bene?"

Annuii impercettibilmente all'indirizzo del mio amico e infilai le mani nelle tasche, sospirando e facendo uscire una nuvole di condensa dalla mia bocca.

"Tutto bene, tranquillo. Sono solo un po' stanco, ho dormito male."

"Se lo dici tu... Non è per la questione di Leanne, vero?"

Intendeva forse sua sorella con cui mi aveva praticamente costretto a fidanzarsi pena la mia fine sociale?

No, dai, ma come gli veniva in mente?

"Perché se è per quello mi dispiace davvero tanto, non avrei mai voluto arrivare a questo punto e ci tengo a dirtelo perché sei il migliore amico e..."

Gli poggiai una mano sulla spalla, bloccandolo. "Placati, stai andando un iper ventilazione," gli indicai le guance rosse. "Tanto sarà solo per qualche giorno, no? Poi ci lasceremo, ognuno per la sua strada e ciao. Cosa deve mai succedere?"

Noah si bloccò in mezzo al cortile con espressione interdetta e indicò un punto lontano. "Forse Annabeth e Leanne in compagnia di Anthony, Dylan e Matt?"

"Questa è proprio una follia, non potrebbe mai... Ma sono loro!" per poco la mandibola non toccò terra e sbottai un'imprecazione. "Coraggio, andiamo. Ci mancavano solo tre amici disadattati a completare il quadretto."

Avanzai il passo con Noah dietro di me che tratteneva le risate, fino a quando non fummo abbastanza vicini da essere notati. Dylan cominciò a sbracciarsi nella nostra direzione, come se non fossimo solo a pochi metri di distanza da loro, e Matt alzò una mano verso di noi.

"Ehi, fidanzatino innamorato," fu l'accoglienza di Anthony che ci sorrise raggiante. "E attenzione che potrei riferirmi a entrambi."

Matt gli tirò una gomitata e scosse la testa. "Eravamo diretti alla caffetteria quando abbiamo visto Annabeth e Leanne."

"E abbiamo pensato fosse il momento di fare gli onore di casa."

Alzai occhi al cielo. Era un gran peccato perché i discorsi di Matt riuscivano sempre a essere i più sensati e razionali del gruppo, peccato però che poi si intromettesse uno degli altri due rovinando tutta la sua fatica.

Mi voltai verso le ragazze, sedute sulla panchina e con la testa inclinata verso l'alto per guardarci. Subito l'occhiolino che mi rivolse Annabeth mi fece capire che sapeva tutto e abbozzai un sorriso.

Se dovevo essere sincero, non pensavo di aver mai scambiato più di dieci parole con lei da quando ci conoscevamo. Il che era un gran peccato perché sembrava proprio una forte, ma era amica di quella isterica di Leanne e per la legge della giungla noi due eravamo destinati a ignorarci.

Fu proprio lei - la mia personale croce - con uno sguardo omicida e prepotentemente, a prendere il posto di Annabeth nella mia visuale. Mi guardava con disappunto e a braccia incrociate, come se poi fosse mia la colpa.

Ma poi, colpa di cosa?

Allargai leggermente le braccia e la guardai infastidito, quando mi sentii afferrare per il collo.

"Guardali," starnazzó Anthony. "Hanno già un loro codice segreto di comunicazione."

E sì, avevo detto starnazzare perché quando si agitava diventava più acuto di mia sorella di otto anni.

"Cosa vi starete dicendo," Dylan si portò una mano sotto al mento, pensieroso. "Incontriamoci in camera?"

"O in bagno, é più vicino," si unì l'altro. "O ancora, ci vediamo dietro la statua al terzo piano."

Annabeth cominciò a tremare per lo sforzo di non ridere e Leanne le diede una spinta. "Perché proprio la statua e non il ripostiglio al secondo piano? È sempre aperto e c'è un codice per sapere se è occupato."

Tutti noi, a quelle parole, ci voltammo sorpresi verso di lei.

"Tu com'è che lo sai?" chiese Noah con le sopracciglia aggrottate e lei avvampò.

"Voci di corridoio, ne parlano tutti. Le mie compagne di stanza ne parlavano ieri."

"Sai," spostai il peso da un piede all'altro, "Sembravi quasi credibile fino a quando non hai messo tre scuse una di fila all'altra."

Insomma, quelle erano proprio le basi. Possibile che dovessi insegnarglielo io?

"Senza contare che non sono assolutamente voci di corridoio o noi lo sapremmo."

Matt batté una mano sulla schiena di Dylan. "Come fai a sapere dell'esistenza di qualcosa che non hai mai dovuto usare?"

"Fottiti, Matt."

Mi unii agli altri nelle risate e, approfittando del momento di distrazione, mi soffermati sulla figura di Leanne.

Giacché farla stare ferma, in silenzio e sorridente in mia presenza era un'impresa in cui nessuno era mai riuscito fino a quel momento.

Ne percorsi la figura senza un reale motivo, con un attenzione a tratti disinteressata. Non è che volessi vedere se era attraente, se poteva piacermi.

Né speravo di poter intravedere qualcosa perché tanto, ammettiamolo noi che possiamo, non c'era proprio nulla da vedere.

Che Leanne fosse carina l'avevo appurato con oggettività la prima volta che l'avevo vista, il problema era che poi apriva la bocca e rovinava tutto. E sì, so che lei direbbe lo stesso di me, ma ovviamente tra i due quello che ha ragione e non straparla a sproposito sono io.

Semplicemente io davvero non avevo mai prestato attenzione a Leanne in modo sincero. O meglio, non dopo un iniziale smarrimento dettato dalla semplice equazione: ho quindici anni, lei è una ragazza, respira - il che era già tanto, eh, Dylan ve l'avrebbe potuto confermare. Mai che l'avessi guardata, mi limitavo sempre a vedere la sua schiena che si allontanava da me e a coprire i suoi insulti con una risata esagerata.

E non so perché, cosa ci fosse alla base di certi ragionamenti per me era un grande mistero, ma trovai incredibile constatare che Leanne avesse un sopracciglio più alto dell'alto.

Era una differenza impercettibile, tant'è che in quasi tre anni che la conoscevo non ci avevo mai fatto caso, eppure loro erano asimmetriche, scure e ben delineate. Mentre io me ne accorgevo solo in quel momento, senza capo né coda solo perché il mio cervello quel giorno aveva deciso di funzionare così.

Con ancora le labbra incurvate per il divertimento si voltò verso di me, cogliendomi con gli occhi fissi su di lei.

Abbozzai un sorriso impacciato e mi infilati le mani in tasca, distogliendo velocemente l'attenzione da lei.

Che figura di merda. Di quelle colossali e che, a quarant'anni, racconti ai tuoi figli per metterli in guarda.

Bambini, mi raccomando, non fatevi mai beccare a fissare la vostra finta fidanzata a tempo determinato.

"Ragazzi, io vado," annunciai dopo un po' con i pensieri proiettati già nel computer e nel sito che dovevo visitare.

Noah mi guardò confuso e mi limitai a fare un cenno verso di lui per tranquillizzarlo.

Era sempre così apprensivo che un giorno gli sarebbe venuto qualcosa per la preoccupazione.

"Ti accompagno," fece una voce e io, per paura di essermi immaginato tutto, mi voltai verso di lei.

Le sopracciglia mi scattarono verso l'alto e riuscii a controllare la mia reazione solo per l'amicizia che mi legava a Noah.

Leanne, incurante del mio sguardo sorpreso e di quelli ammiccanti dei ragazzi, si alzò dalla panchina con tutta calma. Fece un breve cenno ad Annabeth, raccolse lo zaino da terra e mi si affianco.

Trovandomela così vicina fui costretto ad inclinare il collo per continuare a guardarla.

"Mi raccomando," urlò Anthony mentre ci allontanavamo, "Se dovete fare cose zozze non sul mio letto... Oh, merda, scusa Noah."

Senza neanche voltarmi alzai il dito medio verso di lui e scossi la testa divertito.

Leanne incrociò le braccia al petto. "Non mi chiedi perché sono voluta venire con te?"

"Suppongo me lo dirai tu stessa, non ne ho bisogno."

"Guarda che se non ti interessa posso pure tornare dagli altri, è per te che sono qua."

Mi portai una mano al petto. "È che è divertente farti arrabbiare, sei prevedibile. Però ti prego," feci con tono monocorde, "Muoio dalla curiosità."

"Quanto ti odio," borbottò e, vedendo come stesse quasi correndo per stare al mio passo, rallentati.

"Ti avviso che se vuoi lamentarti per qualche uscita creatina dei miei amici, io non mi assumo nessuno responsabilità per quello che dicono."

"Nulla di tutto ciò," inciampò in un sasso e le afferra il braccio per tenerla su.

Ma dove lo aveva il baricentro questa ragazza?

"Allora? Siamo quasi arrivati ai dormitori e, per quanto sarebbe estremamente interessante, non credo sia il caso che tu venga in quelli maschili con me."

"Volevo solo dirti che ho parlato con Jason," si strinse nelle spalle. "Per quel fatto di stamattina. È stato molto scorretto ma, non preoccuparti, gli ho fatto capire che non è questo il comportamento che mi piace... Senza contare che..." si fermò a girarmi indecisa.

"Senza contare cosa?" m'informai, sebbene fossi ben consapevole che non mi avrebbe mai risposto.

"Niente, solite cose tra ex... Sai com'è."

In realtà no, non lo sapevo. E qui si apriva un interessante capitolo della mia vita. Io una ragazza, con la lettera maiuscola e tutti i trafiletti che quella parola portava con sé
, non l'avevo mai avuta.

Ma chiariamolo che è importante: non stavo certo dicendo che non avevo mai baciato una ragazza. Ne avevo baciate tre per la precisione.

La figlia degli amici di mia mamma, ma eravamo durati solo una serata. Il tempo di sperimentare e poi non vederci mai più.

La mia vicina di casa Jennifer per quasi una settimana prima che tornassi al collegio.

La ragazza della gelateria. Di un anno più grande, sebbene nessuno mi credesse. Simpatica da morire, intelligente da far paura ma tutto qua. Tre settimane di belle conversazioni e risate.

Quindi no, io non sapevo a cosa Leanne si riferisse perché io una ex vera, di quelle con cui litighi, parli, ti baci e magari all'inizio entri anche in simbiosi non l'avevo mai avuta. Avevo sempre fatto in modo di rimanere l'amico, quello con cui ti scordi di essere stato insieme perché litigare mi scocciava.

Richiedeva troppe energie, attenzione e interesse da parte mia.

"Non che mi interessi," mi richiamò e arricciò le labbra, "Ma va tutto bene?"

"Perché me lo chiedi?"

"Sarà almeno la quinta volta che ti incanti da quando ti ho visto oggi. E so per certo che sai essere una presenza molto molesta."

Ridacchiai e mi scrocchiai le dita, fermandomi davanti il corridoio dei dormitori. "Niente di che, pensavo a delle cose."

"Sicuro? Perché sembra che ti sei svegliato con lo scazzo. Non è che è per la storia di noi, Noah e la nostra finta relazione?" si spostò i capelli con una mano e mi guardò in attesa. "Se hai paura che io possa baciarti o cose così, vai sereno. Non ci sono pericoli."

"Nulla di tutto ciò," scossi la testa e rilassati le spalle. Forse era il caso di togliere il muso lungo per quella giornata, se persino Leanne Adams si era sentita in dovere di parlarmi. "Non ho dormito granché e devo fare una cosa per la scuola, solo che quando penso sembro scazzato."

O meglio, aggiunsi mentalmente, avevo delle giornate di scazzo totale e finiva sempre per durarmi tutto il giorno. Ma preferii non dirlo per non darle la soddisfazione di aver avuto ragione.

Va bene essere fidanzati, ma poi si sfiorava l'assurdo.

"Allora vado," annunció e fece un passo all'indietro. "Magari dormi eh, che così perdi anche quel minimo di simpatica che dimostri nei giorni dispari."

Aprii la porta dietro di me e mi bloccai, ruotando il busto. "Non pensavo di piacerti così tanto, ma per notare il mio umore e seguirmi fino alla camera da letto... Sei audace, non c'è che dire."

"Fottiti, Powell."

Risi e corsi via mentre lo scazzo scivolava via.

-2 alla vera, unica e inevitabile fine. E io, ancora una volta, vi dico che non ce la faccio.

Innanzitutto vi dico che io vi leggo e vi amo, ma davvero non sto toccando il telefono per poter dare l'esame domani/questa mattina. Per cui incrociamo le dita che poi potrò finalmente tornare a respirare, aprire wattpad, rispondermi... Vivere., avere una vita sociale.

No, non è vero... Dopo quindici giorni ho un altro esame ma mi piace fare finta di niente.

Comunque, questa premessa che non interessa a nessuno è per dirvi che vi leggo, che vi risponderò e vi amo.

Ho letto anche che tra di voi c'è chi ha fatto l'esame di maturità quest'anno. È un anno particolard e difficile, e voi avete fatto le spese di tutta questa situazione. Vi hanno messo da parte davanti a problemi più gravi, come se poi l'istruzione non lo fosse.

Sappiate però che, anche se magari conta poco, avete tutta la mia ammirazione nell'aver affrontare doppiamente un incognita. Talmente che a un certo punto io stessa ho smesso di informarmi circa la modalità perché stava diventando una barzelletta.

Bravi, ora sorridete perché incomincia la parte di vita che scegliete voi ❤️

E dai, oggi faccio un commento un po' meno inerente alla storia e un po più a voi, che alla fine siete parte della storia tanto quanto i Lethan.

Una piccola nota: il capitolo si colloca dopo che Ethan e Leanne si sono messi insieme, per cui vediamo il primo giorno di questa loro finta relazione e se ricordate Ethan lamenta un colpo basso da Jason, in preda alle gelosie. Quindi ecco a cosa si riferisce Leanne.

Altra nota : vediamo come è Annabeth che ha svelato l'esistenza dello stanzino usato nel capitolo scorso. Grazie Annie, senza di te saremmo persi.

Infine, vediamo un'ultima nota su cui riflettere : una questione inedita e che approfondiremo nel prossimo capitolo (che sarà diviso in due per la troppa lunghezza). Capito quale?

Infinissimo, capitolo poco romantico ma direi che il precedente compensa abbondantemente. Vi è piaciuto?

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