EXTRA II - Cereali a mezzanotte
"Sì, non ti preoccupare... Certo che ringrazierò. Sarò molto educato... Ovvio," alzai gli occhi al cielo.
"Mi raccomando," ribadì mia mamma dall'altra parte del telefono.
"E si," sbuffai. "Dai, fammi entrare."
Attaccai e guardai Noah con espressione esasperata.
"È molto apprensiva," mi giustificai. "E la prima volta che mi allontano da casa per così tanto."
"Non preoccuparti," fece un largo sorriso. "Anche la mamma non ci fa dormire da altre persone... Anche se penso sia perché ha paura di James e di quello che potrebbe fare."
Scoppiai a ridere e raccolsi lo zaino da terra mentre il mio amico bussava al campanello.
Agitai le dita nascoste nelle tasche e contai.
Uno Mississipi. Due Mississipi. Tre Mississipi.
Era la prima volta che un amico mi invitava a casa sua per il resto delle vacanze, un tempo lunghissimo converrete anche voi. E oltre a essere una novità, era stata anche inaspettata.
Quando ci eravamo trovati in dormitorio insieme e avevo scoperto che lui avrebbe avuto il letto accanto al mio, non avevo certo fatto i salti di gioia.
Era decisamente troppo timido, assurdamente silenzioso e se ne stava sempre con quei ragazzi più grandi. Avevo scoperto solo col tempo che erano la sua famiglia e che erano il tipo di pacchetto prendi uno, gratis tutti.
Ecco, Antony e Dylan a primo impatto erano molto più nelle mie corde. Poi un giorno Noah e i miei ci eravamo seduti vicini a lezione perché entrambi in ritardo, io mi ero distratto una volta di troppo ed eravamo finiti entrambi in punizione.
Perché sì, era stata la risposta del professor Barry. Sono stanco di voi Adams.
Contro ogni aspettativa Noah non poteva essere più lontano di quanto già fosse dall'idea di ragazzino precisino e sempre sui libri che mi ero fatto.
Poi non c'era molto altro da aggiungere, era diventato il culo della mia camicia.
O la camicia del mio culo, stavamo ancora decidendo.
Però mai, e sottolineo tre volte mai, avrei pensato facesse sul serio quando a maggio mi aveva invitato a casa sua. E invece la settimana scorsa aveva chiamato a casa mia e ora ero lì da lui, con le mani nelle tasche e la mente intorno al "dodici Mississipi."
La porta si aprì, Noah alzò i pollici incoraggiante e una ragazzina mi guardò con aria scocciata.
"Ciao," borbottò e si fece da parte per lasciarci passare.
"È successo qualcosa?" s'informò Noah.
"Sì l, James nella mia vita. Ma quand'è che lo possiamo cacciare?"
"Temo mai, lo sai che invecchierà con mamma e papà. Lui è il mio amico Ethan, quello di cui ti ho parlato."
Lei si girò finalmente verso di me, guardandomi incerta e con gli occhi bassi. "Ciao, io sono Leanne."
Tirai la mano fuori dalla tasca, mi allungai verso di lei e sorrisi. "Brutta cosa i fratelli, eh?"
E giuro che io una persona che riuscisse a ridere anche con gli occhi non l'avevo mai vista, ma su di lei sembrò una cosa spettacolare.
Mi scharii la voce in imbarazzo, voltandomi verso Noah.
"Vieni dai," mi invitò con un cenno a seguirlo. "Ti faccio vedere camera mia. Staremo un po' stretti perché è anche di James, ma si può fare. Ehi, Len, mamma è uscita?"
Leanne annuì. "È dalla nonna."
Incrociai un'ultima volta i suoi occhi prima di salire al piano di sopra con le orecchie tappate e lo stomaco sotto sopra.
Dannate ragazze. Ma perché doveva sempre essere così... Ragazze.
"Poggia pure qua," Noah mi indicò una sedia e si buttò sul letto. "Sistemeremo dopo, ora sto morendo di fame."
Lasciai lo zaino dove mi aveva indicato e tolsi il berretto, poggiandolo sulla scrivania. "Sai," commentai distrattamente, "Quando mi parlavi dellantua famiglia, avevo capito che tua sorella era molto più piccola."
"Perché ne ho due, ricordi? Allison è quella a cui ti riferisci, ha cinque anni... Credo. Poi c'è Leanne, a settembre viene anche lei al collegio con noi."
Le orecchie mi si dizzarono neanche avessi due stupide antenne e mi imposi di non far trasparire nessuna emozione particolare." Quindi ha... Quattordici anni? "
" Sì, ma noi ci divertiamo a fingere che ne abbia ancora tredici perché si arrabbia tantissimo. Pensa che ha fatto durare i festeggiamenti per il suo compleanno quasi due settimane, quest'anno."
Mi voltai verso la lavagnetta di metallo, dove facevano mostra di sé scritte, insulti e foto, e nascosi un sorriso.
"E comunque scusa per il caos."
Lo guardai confuso, quasi potessi avere un punto di domanda rosso e gigantesco sulla mia testa."Ma se questa camera è così ordinata da sembrare disabitata."
E pensare che, invece, in quella mia e di Julian sembrava scoppiata perennemente una bomba. La nonna un giorno ci avrebbe davvero buttato tutto dalla finestra, come premetteva ormai da anni.
"Questo perché la mamma ci ha obbligato ieri, ma non mi riferisco alla stanza. Parlo della mia famiglia, siamo sei... Rumorosi, invadenti con l'altro e da troppo tempo tutti sotto lo stesso tetto per colpa della vacanza."
Scoppiai a ridere. "Ma non starai un po' esagerando? Io la tua famiglia già l'ho conosciuta."
"No," scosse la testa energicamente. "Lì è diverso. Ognuno si fa i fatti suoi, non dobbiamo stare insieme perennemente... James e io ci salutiamo nei corridoio, mangiamo insieme una volta alla settimana ma non di più, perché papà ce l'ha vietato per non essere espulsi."
"Io dico che esageri."
"Vaffanculo, James!"
Entrambi ci voltammo di scatto verso la porta, mentre le grida dei due ragazzi si facevano sempre più forti e distinte.
"Sei proprio una schizzata," disse James. "Lascia il mio joystick, lo rompi con le tue mani da tirannosauro."
"Esagero, eh?" Noah alzò gli occhi e, con uno sbuffo, si mise in piedi. "Andiamo dai, o dovremo vivere giorni di intensa Guerra Fredda."
Lo seguii curioso e allo stesso tempo intimorito di poter risultare fuori luogo. Alla fine James era okay, un tipo apposto ma chi ci aveva mai parlato?
Tranne ovviamente per quella volta in cui mi aveva avvicinato, chiedendomi se una volta maggiorenne mi sarebbe interessato diventare coinquilino di Noah e portarlo via.
Così, aveva detto. Giusto per un sondaggio.
"Io non ci credo che tu l'hai fatto. Ma come ti permetti? Non è possibile che succede sempre a te."
Mi affacciati nel salotto, incontrando la figura imbronciata e arrossata di Leanne. Ancora una volta non potei impedirmi di soffermarmi sui pantaloncini estivi che le fasciavano le gambe... O meglio, non le fasciavano le gambe.
No, ma che cazzo. Da dove saltavano fuori quei pensieri? Era la sorellina di Noah.
Brutta cosa gli ormoni dell'adolescenza.
"Sì può sapere cosa è successo?"
"Te lo spiego io," James mise una mano sulla bocca della sorella e si rivolse al mio amico. "Come ben sai, Leanne e io abbiamo lo stesso telefono perché io mesi fa ho visto un'offerta e sempre io ho pensato fosse carino farglielo avere."
"Va bene, ma questo che c'entra con oggi?"
"E allora," fece una smorfia quando Leanne gli diede un pugno, "Ancora una volta io non potevo immaginare che il telefono sul divano, dove mi trovo io, non fosse il mio ma quello di Leanne... Che io ho fatto in modo che avesse". "
Noah si passò una mano sul viso e mi guardò male. E va bene, non avrei più detto che esagerava, non c'era bisogno di guardarmi così.
" E quindi perché urlate in questo modo? Tralasciando ovviamente il numero di volte in cui hai tenuto a sottolineare la tua persona."
"Come perché?" Leanne si portò le braccia ai fianchi. "Ha violato la mia privacy. Il mio sfondo è una foto mia, delle mie amiche e nella mia scuola. Non ci voleva certo un genio per capire che fosse il mio telefono."
"Ma a cosa pensi che me ne freghi di cosa ti dici con quelle strambe delle tue amiche?"
"Non sono strambe, smettila. Non le conosci neanche."
"E invece sì, visto che una di loro ha pensato bene di scrivermi."
"TU COSA?"
"Non io," James allargò le braccia. "È stata lei."
Noah mi mise una mano sulla spalla, attirando la mia attenzione.
"Quindi, Et, mi scuso per il caos. Vuoi andare a fare due tiri fuori?"
🥣
Mi misi seduto sul letto improvvisato, alzai lo sguardo e vidi i due fratelli Adams che dormivano nella stessa posizione.
Scossi la testa divertito. Professavano tanto di essere diversi e poi, non appena perdevano coscienza, diventavano due copie uguali: bocca socchiusa, braccio destro sopra la testa e mano sinistra fuori dal letto. Una gamba piegata e le dita dei piedi in continuo movimento. E ovviamente stette identiche mutande.
Non c'era che dire. Erano proprio bizzarri questi Adams.
Ben attento a non fare rumore, mi alzai in piedi e aprì la porta per bere un bicchiere d'acqua. Avevano una casa decisamente troppo calda, mi stavo disidratando.
In punta di piedi scesi le scale, maledicendo lo scricchiolio provocato, e mi arrestai quando vidi la luce della cucina accesa.
Mi avvicinai timoroso e valutando se fosse il caso di tornare a dormire, alla fine tanto il mio corpo avrebbe trovato un modo di sopravvivere da solo.
Mi affacciai: la luce accesa in realtà era quella sopra alla cappa della cucina e, dalla penombra della porta a vetro, vidi una figura arrotolata sulla sedia.
Lunghi capelli mossi, un pigiama giallo e una tazza in mano. Sorrisi istintivamente e feci un passo verso di lei.
Prima però mi fermai. Mi guardai intorno, sistemai la maglietta del pigiama - che chi lo sa, nei film lo facevano sempre quindi a qualcosa doveva servire - e alzai la mano aperta davanti al mio viso.
Sospirai, annusa, valutai... E dicisi che andava bene.
Abbassai la maniglia della porta e mi finsi sorpreso alla vista della ragazza.
Bel lavoro, Ethan. A ottobre ci sentiamo per l'Oscar.
"Ehi," sorrise e si mise seduta composta. "Scusami, ti ho svegliato?"
"Affatto, volevo un bicchiere d'acqua."
Sentendomi il suo sguardo addosso mi avvicinai alla cucina, aprì l'armadietto e mi presi in bicchiere d'acqua. Con il bicchiere pieno mi voltai finalmente verso di lei, appoggiandomi al bancone.
Ancora una volta, l'ennesima, i miei occhi finirono sulle sue gambe.
Maledetta estate!
"Come mai sei sveglia?"
"Non sono una che dorme molto. D'estate, poi, le ore si riducono a zero per il caldo."
"Una bella noia," feci uno strano movimento con le labbra che doveva essere un sorriso ma, a giudicare dalla sua espressione, non doveva essere uscito come previsto. "Ti spiace se rimango un po'?"
Leanne distese le labbra e scosse la testa "Vuoi due cereali?" io annuì e, dopo un iniziale momento di esitazione, presi posto sulla sedia accanto alla sua. "Io preferisco quelli al cioccolato in realtà," cominciò a spiegare mentre le palline cadevano nel bicchiere. "Però Alli poi le chiede in continuazione e allora la mamma non le prende."
"Quindi non appena andrai a vivere da sola farai scorta di cereali al cioccolato?"
"Ho già contattato l'azienda. Mi hanno assicurato una copertura decennale," si portò il cucchiaino alla bocca e mi fece gomito.
Mi diede una botta mentale e anche abbastanza forte, perché era assurdo vedere delle allusioni in quel gesto.
No, davvero, a costo di risultare ripetitivo ma io questa cosa degli ormoni in subbuglio proprio non la riuscivo a gestire.
Anche perché la sorella di Noah certo non era Angelina Jolie, convenni mentalmente per darmi coraggio. Eppure, aggiunsi mentre Leanne si chinava a raccoglie una pallina caduta, era davvero carina.
Forse era il naso piccolino o gli occhi grandi che sembravano sempre guardarti... O forse semplicemente che avevo quindici anni, erano le due e lei indossava un pantaloncini del pigiama.
Fatto stava che un quel momento mi ritrovai a invidiare quel cucchiaino come mai avrei pensato possibile.
"Allora," dissi, cercando di distrarmi. "Noah ha detto che a settembre verrai anche tu al collegio... Dimmi, perché questa scelta di puro masochismo?"
"Che dire, ho sempre avuto questa indole," rise divertita e appoggio il mento sul palmo della mano. "Mi racconti com'è?"
"La scuola, intendi? O..." o cosa? Non c'era un o, ma perché ero così stupido a volte?
"A James non lo posso chiedere perché mi prende solo in giro, Noah invece se ti dice tre parole di seguito é una conquista... E sai, io non vedo l'ora di venire a settembre. Ormai sono tutti a scuola, qui non è rimasto più nessuno."
"Allora, va bene. Preparati, perché sto per raccontarti di ogni mia singola giornata nel dettaglio," mi misi comodo mentre, di fronte a me, Leanne di raggomitolava sulla sedia.
Si morse il labbro inferiore. "Sempre che ti vada. Se hai sonno o ti scocci..."
"Mi va," la interruppi e presi una manciata di cereali.
Cominciai a raccontare. Parlai dei miei compagni di stanza, parlai di Noah - che anche se era suo fratello, era anche il mio migliore amico e probabilmente già così erano due persone diverse. La vidi portarsi una mano alla bocca per non scoppiare a ridere di una strana scommessa tra Dylan e Anthony, finita con il primo in infermeria e il secondo che girava nudo per i corridoio.
E poi toccò a lei raccontare. Mi fece vedere una foto delle sue amiche, anche se non vedeva l'ora di andarsene. Dalle loro cattiverie, i loro vestiti sempre all'ultima moda e la ricerca incessante di un ragazzo solo perché andava di moda.
"Io non capisco," si spostò i capelli dal viso. "Io quattordici anni li ho solo da un mese, perché tutta questa fretta di dover stare con qualcuno? Al momento, a giorni alterni, non riesco a stare neanche con me stessa... Ma loro non lo capiscono."
Io però sì, avevo capito e avevo fatto un passo indietro. Perché va bene che aveva un naso davvero carino, e che mi faceva venire voglia di pizzicarglielo in continuazione, e va bene anche che a un certo punto non ero riuscito a togliere gli occhi dalle sue labbra... Ma io capivo davvero.
Nonostante mi fossi ritrovato a ringraziare il caldo estivo, neanche io capivo questa fretta incessante di stare con qualcuno. E gli ormoni e le corse al bagno perché improvvisamente ne hai proprio bisogno, e la paura che la porta si apra e "guarda quella ragazza"... Che fatica!
Rimanemmo a parlare per tutta la notte e a un certo punto, senza che ce ne fossimo accorti, la luce si fece strada dalle tende colorate della cucina e Leanne arricciò il naso.
Avevamo parlato per tutta la notte e una parte di me avrebbe continuato per ore.
🥣
Ommmiodddddioooo
Già, allora facciamo delle premesse. Questo sarebbe dovuto essere l'ultimo capitolo ma mi sono allargata troppo e ho dovuto dividerlo in due parti. Motivo per cui domenica ci vedremo per l'ultima ufficiale - e sta volta davvero - capitolo sui Lethan.
Tra le cose non previste c'era anche questa piccola cotta da parte di Ethan - e di Leanne chi lo sa? -, davvero! Ma lui ha fatto tutto da solo e ha deciso di farsi piacere Leanne.
Ovviamente, nessun amore a prima vista p cose così, non ci allarmiamo. I due ragazzi che abbiamo incontrato la prima volta sono sempre gli stessi che non si sopportavano... Si deve solo capire come sono arrivati a quel punto.
Ah, e si, gli ormoni fanno tanto ed Ethan non se ne riesce a capacitare.
Nel frattempo io ho finalmente finito quel dannato esame e il prossimo lo posso preparare con calma : ciò vuol dire che
A. Finalmente risponderò ai vostri bellissimi commenti.
B. Ho finalmente ripreso in mano Purché finisca bene, James e Annabeth non ne potevano più di aspettare
C. Da che dovevo concludere questa serie con solo quattro personaggi ora ognuno chiede il suo spazio: Robert in primis, ma non dimentichiamoci di Josh, Daniele e altri due personaggi che ancora non conoscete.
Insomma, non ne uscirò viva e con ottime probabilità voi non ne vorrete più sapere degli Adams.
Ma andiamo per gradi e affrontiamo questo James che chiede il suo spazio dal primo capitolo di Quando meno te lo aspetti
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro