EXTRA I - Una Fine, Un Inizio, Una vita
Stare a casa Adams era sempre una continua sorpresa. E il bello era che Noah, nella telefonata, mi aveva anche avvisato ma io ancora una volta gli avevo dato dell'esagerato.
Ebbene, in quei giorni mi ero dovuto ricredere quando Leanne aveva deciso di andare per due giorni dal cugino perché James respirava troppo forte. Nulla di troppo grave, la sera stessa era tornata perché nell'andare via melodrammaticamente aveva scordato pigiama e spazzolino.
Io le avevo sorriso, lei aveva finto una faccia buffa e tutto era sembrato normale. Avevo allontano i pensieri del primo giorno, quelli che mi facevano concentrare solo su di lei e che a tavola mi costringevano a mangiare con lo sguardo fisso sul piatto per non ritrovarmi a guardarla insistentemente.
Avevo fatto un discorso a tu per tu con me stesso davanti lo specchio, mettendo da parte qualsiasi sciocchezza mi fosse passata dalla testa ed ero tornato lo stesso di sempre.
Anche perché, siamo sinceri almeno noi, questi colpi di fulmine istantanei facevano così tanto commedia scadente degli anni '90 che mi ero imbarazzato di me stesso: di nuovo, dannati ormoni.
Certo, la sera di tanto in tanto capitava ancora che ci incontrassimo davanti al frigorifero, entrambi scalzi e con un sorriso colpevole. Ma le volte, oltre a essere diminuite, si erano ridotte in durata.
E andava bene così.
Non avevamo più fatto l'alba solo per parlare e io ero riuscito a capire che, probabilmente, mi aveva solo fatto l'effetto che in quegli anni mi avrebbero fatto tante altre ragazze.
Insomma, tutto risolto e amici come prima. O meglio, amici come ora.
Però ogni tanto mi capitava ancora di soffermarmi più del dovuto sulle sue gambe... E quando era di spalle, lì era inevitabile.
Ma ehi, avevo solo quindici anni.
"Passa, passa," urlò Noah e si lanciò sgraziatamente verso la palla.
Povera anima, era tanto un bravo ragazzo ma con i piedi ci faceva proprio a cazzotti.
Anthony - che era venuto a sorpresa a trovarci insieme a quelle altre due teste di cazzo di Dylan e Matt - corse al suo seguito, marcandolo e rubandogli la palla in un battito di ciglia.
Una cosa era certa: io, in squadra con Noah, non volevo più starci.
"Pausa," Dylan alzò le mani e si buttò sul marciapiede. "Dovete darmi almeno dieci minuti per morire e resuscitare."
Matt si tuffò al suo fianco, stendendosi sull'asfalto e asciugandosi il sudore dalla fronte con la manica della maglietta.
"Ehi," Noah mi passò una mano sulla spalla. "Hai visto? Stavo per fare goal."
Lo guardai incerto e annuii debolmente. Non sarei stato certo io a infrangere i suoi sogni, avrei aspettato che ci pensasse la vita... o i suoi piedi, che facevano già un ottimo lavoro.
"Io non ho parole, anzi una sì. Che schifo."
A quel urlo - così ad alto da superare gli ultrasuoni, giuro - mi voltai alle mie spalle, subito imitato anche dagli altri. Leanne camminava a passo di marcia verso di noi, seguita da uno James esasperato e con le mani nelle tasche.
"Ho già detto che mi dispiace," fece il più grande dei fratelli, ancora rivolto verso di lei. "Vuoi fare l'esagerata per i prossimi dieci anni o posso andare da Daniel?"
La ragazza gli rispose con uno sguardo raggelante e anche io, inevitabilmente, mi ritrovai a indietreggiare. Aveva uno strano tic all'occhio sinistro che la faceva assomigliare a una paziente fuggita da un reparto di psichiatria.
Già, in quei giorni avevo potuto constatare come Leanne fosse lontana anni luce dall'idea di ragazzina dolce e tenera che dava.
Oh, meglio. Tenera lo poteva anche essere, come quando due sere fa si era addormentata sul divano con le labbra imbronciate e tutta raggomitolata in unico cuscino, ma dolce proprio no.
Noah si mosse verso di loro e li guardò indeciso. "Che succede?"
"Succede che che schifo," ribatté Leanne, incrociando le braccia al petto. "E allora James ha che schifo e io ho risposto che schifo. Allora quella che schifo e io di nuovo, che schifo."
Un movimento alla mia destra attirò la mia attenzione e mi voltai, trovandomi Anthony a un palmo dal mio naso. "Ant, che fai?"
"Senti, ma chi è lei? E perché sta urlando da quando è arrivata? E soprattutto... perché lei hai guardato il sedere per cinque buoni minuti?"
Questo non era proprio vero, era una colossale bugia.
Sì, insomma, magari quando si era girata a rispondere a James... ma non erano stati cinque minuti, giusto un attimo.
Il tempo di una sbirciatina. Inevitabile, inconsapevole.
Ma proprio una cosa di sfuggita, mi era letteralmente caduto lo sguardo, mica ce l'avevo fatto finire io.
"Senti, uno vaffanculo," misi l'indice sul suo petto e lo spinsi via. "Due, ti chiedo cortesemente di mantenere almeno il metro da me perché puzzi," Anthony alzò il braccio e annusò velocemente sotto l'ascella, guardandomi con una smorfia. "E tre, è la sorella di Noah e non le ho guardato il sedere."
"Non trovi divertente che è solo l'ultima cosa a cui hai pensato di rispondere? Addirittura dopo il fatto è che puzzo."
"No, è che puzzi proprio tanto in questo momento."
Gli diedi le spalle e rivolsi l'attenzione ai tre fratelli: Leanne pestò un piede per terra, Noah alzò gli occhi al cielo e James finse di lasciarsi andare all'indietro.
"Non ho ancora capito," disse il mio amico, pazientemente. "Potete spiegarmi un'altra volta cosa è successo? Possibilmente senza 'che schifo' o 'assurdo' o 'non ci posso credere' o 'privacy'."
"La questione è semplice. Sono andata a prendermi un gelato con Milly, è ho letteralmente visto in mezza alla piazza del paese la lingua di James entrare nell'esofago di una ragazza."
"Il fratello di Noah è proprio un mito," borbottò alle mie spalle Anthony e io scossi la testa con biasimo.
Ammettiamolo, il problema - quello serio, insormontabile e inevitabile - non era baciarla una ragazza, quando più parlare, capire cosa le passa per la testa e soprattutto cosa vuole che a te passi per la testa. Me n'ero reso conto il mese prima quando degli amici di mia mamma erano in città e lei, tutta esagitata, aveva preparato quella che sembrava la cena dell'anno.
La vera sorpresa e il motivo per cui ne sto parlando non sono le "deliziose" patate aromatizzate che ha cucinato, ma la figlia di questi amici. Carina, minuta e con un sorriso molto dolce che si era poggiato sulle mie labbra di nascosto.
Davvero, vi assicuro che non avevo dovuto fare i salti mortali, quelli erano arrivati dopo: quando eravamo rimasti seduti sul bordo del mio letto, entrambi più la che qua e con un imbarazzante silenzio tra di noi.
Forse mi ero distratto troppo perché senza sapere né come né Leanne mi sfrecciò davanti con espressione furente. Incrociò solo per un attimo il mio sguardo confuso e - lo stomaco si attorciglio in modo disgustoso - distese le labbra in un sorriso.
Con me. Per me. A me.
Gongolai silenziosamente e, mentre James la seguiva di gran passo, incontrai l'espressione deliziata di Anthony.
Oh, no. No no no no, era una tragedia, mi avrebbe dato il tormento. Anthony era come i bambini, non appena trovano qualcosa che lo divertiva era capace di andare avanti per giorni.
"Scusate," Noah ci guardò con un sorriso timido. "Torno subito, evito che si uccidano e ricominciamo. Sapete com'è, alla mamma verrebbe un colpo a trovarsi con solo la metà dei figli a cena."
Anthony attese pazientemente che si chiudesse la porta di casa alle spalle, e lo sapevo perché sentivo il respiro trattenuto al mio fianco e l'evidente stato di eccitazioni in cui versava, per cominciare a tempestarmi di domande.
"Ma che sta succedendo?" chiese Matt, mettendosi seduto e guardandoci come se avessimo due teste.
Possibile che si fosse davvero addormentato in quei dieci minuti? Io veramente boh,non capivo perché avevo deciso di farmeli amici .
Ah, giusto, non lo avevo deciso. Mi erano stati messi in stanza.
"A Ethan piace la sorella di Noah... a proposito, come hai detto che si chiama?"
"Non l'ho detto," gli diedi un pugno sulla spalla. "E non mi piace proprio nessuno, smettila di sparare stronzate."
"Ma questo va contro il codice etico degli amici," intervenne Dylan con espressione oltraggiata. "Ethan, da te non me lo sarei aspettato. Sei tu che ci hai persino fatto firmare."
Mi passai stancamente una mano sugli occhi e guardai Matt supplichevole. Finiva sempre così, con me che imploravo aiuto a lui che era l'unico sano del gruppo.
Ecco, la vera domanda in realtà era perché Matt stesse con noi. I misteri della vita, quelli seri e irrisolvibili.
"Le ha guardato il se-de-re," scandì attentamente Anthony, accompagnandosi con un gesto della mano. "Me lo dici come si chiama?"
"Ma che ti frega come si chiama?"
"Oh," Dylan fece uno scatto e si alzò in piedi. "Il cucciolo è geloso."
Gemetti un lamento e guardai la porta di casa, ben attento a controllare che Noah non uscisse e ci sentisse dire quelle stronzate.
"Dai, è carina," mormorò Matt con un sorriso, pensando di aiutarmi. "Non trovi?"
"Non sto dicendo... Ma che palle! A me non piace Leanne," quasi urlai, stremato e imbarazzato.
Maledizione a me, al suo sedere e a quel sorriso. Il suo, il mio, il nostro.
Sì, va be. Il loro, il vostro, il tuo... E dai così, Ethan, conosci i pronomi possessivi.
E, ovviamente, accidenti agli ormoni come sempre, ormai stavano diventando il mio personale flagello.
"Ah, allora è così che si chiama."
"Ant, se non la smetti ti do un pugno," minacciai e mi passai stancamente una mano sul collo. "Ascoltate, a me lei davvero non piace, quindi per favore smettetela prima che arrivi Noah. E' solo una ragazzina, niente di più che la sorellina di Noah. Sono qui da due settimane è ovvio che sia gentile, se mi è caduto lo sguardo sul suo sedere, e non sto dicendo che è così ma se, vi assicuro che è stato solo un caso perché... dai, avete visto, non è chissà che. Non c'è molto da guardare. "
Ingoiai a vuoto mentre Matt mi rinvolgeva un ultimo sguardo attento prima di essere placcato da Dylan e Anthony, mentre il loro interesse per la sorella di Noah veniva prontamente dimenticato.
Li lasciai scherzare sul marciapiede e sospirai, mi era sembrata la cosa più logica da fare. Rispondere in quel modo era stata anche la più semplice.
Un premio per il maggior numero di cazzate dette in una frase lo avevamo?
Chiedevo per un amico, eh.
*
Sbadigliai sonoramente e misi i piedi sul freddo parquet della camera dei ragazzi, mentre un brivido mi attraversava la schiena. Li guardai velocemente, come sempre dormivano e come ogni sera sembravano uno il doppione dell'altro.
Feci una veloce capatina al bagno, mi guardai velocemente allo specchio e scesi le scale con una meta precisa. Andai a colpo sicuro, sapendo che avrei trovato ad aspettarmi la luce accesa della cucina, e istintivamente sorrisi.
Mi affacciai dalla porta, incontrando la sua figura rannicchiata come ogni volta sulla sedia. Aveva la schiena appoggiata contro il muro e il suo viso era illuminato dalla televisione accesa ma spenta.
"Ehi," alzai una mano a mo' di saluto. "Non riesci a dormire?"
"Come sempre," mormorò Leanne senza distogliere lo sguardo dal televisore.
Mentre uno strano orso parlava con una bambina, mi avvicinai a lei e tirai fuori dal tavolo una sedia libera. "Hai chiarito con James, alla fine?" lei annuì. "Dev'essere stato proprio tragico da vedere. Io se vedessi mio fratello che bacia una ragazza... beh, per fortuna è impossibile, ha ancora undici anni."
La vidi sospirare e spegnere il televisore, alzandosi in piedi. "Buonanotte, Ethan."
Rimasi come uno scemo e ancora seduto sulla sedia, mentre mi dava le spalle e si avvicinava all'uscita. Mi ero forse perso qualcosa? Neanche qualche ora prima, nel bel mezzo di un dramma tra fratelli, aveva trovato il tempo di sorridermi e ora mi liquidava così?
Come avevo già detto, con le ragazze il difficile era capirle.
"Ehi, aspetta," mi alzai di scatto per seguirla e le afferrai una mano per fermarla. "Ma che ti prende?"
Vidi i muscoli delle sue spalle contrarsi e capii che era tesa, solo che mi sfuggiva il motivo.
"Niente... Deve prendermi qualcosa?"
"Oh, no," scossi la testa. "Non fare questo giochetto con me."
"Che giochetto?"
Oh, al diavolo. Io quella sera ero anche stanco, per davvero! E invece mi ritrovavo alle due di notte, scalzo e con una ragazza che mi guardava male.
E vi posso assicurare che Leanne era perfettamente capace di comunicarmi solo con gli occhi tutto il suo astio.
"Quello in cui tu sei arrabbiata, io ti chiedo il motivo e mi accusi di non saperlo."
"Oh, scusa," incrociò le braccia al petto. "Sono una proprio una stronza, mentre tu volevi essere gentile... No?"
"Io? Cos... Sì, cioè, certo non te l'ho chiesto per risultare antipatico. Anzi..."
"Però, che animo gentile e votato al prossimo che hai. I miei complimenti."
"Leanne, mi dispiace ma non ti seguo. Hai litigato di nuovo con le tue amiche?"
"Perché ovviamente l'unico motivo per cui io possa essere arrabbiata è uno stupido litigio con le mie stupide amiche, no?"
"Allora lo vedi che sei arrabbia! E, mi dispiace, ma non ho mai detto che sei stupida."
No, ma davvero, cosa mi ero perso? Mi sentivo come se avessi appena saltato il capitolo centrale di un libro: quello in cui Harry Potter scopriva la profezia che lo riguarda, Jon Snow andava alla barriera o Darcy si dichiarava a Elizabeth... E sì, ho letto anche quel libro e sì, mi è piaciuto.
Ma non è la sede né il momento per parlarne.
"Ma a te che importa, eh? Tanto sono solo la sorella di Noah."
"Dovrei capire qualcosa dalle tue parole?" le chiesi confuso.
"Non lo so, ora però se non ti dispiace vado a mettere una gonna lunga e copro il mio niente di che."
Fu come un tac nella testa, un tasto veniva abbassato e una lampadina accesa.
Ovviamente, non mi aspettavo niente di diverso dalla sfortuna. Si dimostrava sempre una mia cara e presente amica. A volte anche troppo.
" Tu hai..."
"Io ho," abbassò gli occhi. "Ero venuta a chiedervi se volevate mangiare qualcosa, Noah me l'aveva chiesto."
"Posso spiegarti," mi affrettai a rispondere. "Giuro che non era mia intenzione."
"Non importa," alzò una mano per fermarmi e, a giudicare dalla sua espressione, avrei detto che invece le importava. "Non mi serve che ti giustifichi, non è che mi hai ferita così tanto. Neanche tu sei tutta questa gran cosa."
E le importava anche tanto, constatai.
"Grazie per le belle parole," cercai di stemperare la tensione.
"Tutte sincere e sentite," Leanne finse un sorriso. "E per la cronaca, io proverei a pettinarmi i capelli la mattina. Lo stile disordinato è passato di moda e neanche ti dona."
Va bene, questa aveva fatto male. Eravamo pari, no? A quanto pare lei non la pensava allo stesso modo.
"Non ti sembra di esagerare un po'?"
"E perché mai se tanto non siamo amici? Non dovrebbe importarti di quello che dico."
E improvvisamente il suo naso non mi sembrò più così carino, piccolino e tutto ino. Il suo sorriso manco lo ricordavo e sì, ammettiamo, non è che chissà quanto ci fosse da guardare.
Ah, brutta cosa l'orgoglio ferito.
" La vuoi sapere una cosa? "
" In realtà no, ma vedo che me lo vuoi proprio dire."
Alzai gli occhi al cielo. "Non fai ridere, punto numero uno. Sei eccessivamente melodrammatica, punto due. E non so neanche perché sono qui a parlare con te o a cercare di giustificarmi."
"Infatti, non ce n'è bisogno," aprì la porta della cucina di scatto. "Se non ti dispiace io andrei a dormire."
"Figurati, può solo farmi piacere. Ah, Leanne," lei si voltò un ultima volta verso di me e io sorrisi. "Te l'hanno detto mai detto che quando guardi qualcuno da vicino ti si incrociano gli occhi?"
"Vaffanculo, Ethan."
E sparì verso il corridoio e insieme a lei anche i miei ormoni.
Finalmente mi ero liberato di loro. Mi sentivo leggero e spensierato, ma soprattutto estremamente divertito.
Qualcosa mi diceva che Leanne mi avrebbe regalato tante risate.
⚽
E così arriviamo alla fine di questa storia. Non è stato facile scrivere l'ultimo capitolo con la consapevolezza che fosse l'ultimo e... Aspetta.
Ma che succede?
Accidenti a Ethan!
❣️
Rotolai sul letto, stendendomi su un fianco e ritrovandomi di fronte a lei.
Dio se era bella. La guardavo e mi sentivo dannatamente in pace. Con me stesso, con lei, direttamente con il mondo perché una persona come lei al tuo fianco non poteva che cancellarti ogni problema. Anni di litigi, di risate e poi era arrivata nella mia vita inaspettatamente e catastroficamente.
So che si dice che le persone arrivano in punta di piedi nella tua vita e ti sorprendono ma lei no, lei era stata un elefante in piena regola. Erano bastati due mesi a stretto contatto per capire che non avrei avuto scampo. E al diavolo l'età, il tempo che passa e le statiche.
Leanne era stata la mia ragazza, era diventata la mia fidanzata - una donna, adulta, bella, sicura. Tutto sempre al mio fianco e un giorno, ne ero sicuro, sarebbe stata mia moglie.
E quando ci pensavo, quando giocavo a immaginare, mi sembrava la prospettiva più bella del mondo.
"Buongiorno, Stellina," distesi le labbra in un sorriso mentre lei apriva gli occhi, godendomi il suo sguardo assonnato.
Non gliel'avevo mai detto ma era al mattino che la amavo di più, quando appena sveglia ricambiava il mio sguardo senza filtri o protezioni.
Era ancora per metà nel sonno e metà con me, con gli occhi più belli che avessi mai visto.
Dio, se mi faceva diventare sdolcinato questa donna.
"Che fai già sveglio?"
"Pensavo," strisciai verso di lei, strofinai i nostri nasi. "Ci avresti mai pensato che saremmo finiti così?"
"Così a dover fare le corse perché faremo tardi a lavoro, o così noi due?"
"Così tu e io, in un letto insieme," in una vita insieme.
"Devo essere sincera?" mi sorrise pigramente. "No, piuttosto mi sarei fatta monaca."
Abbozzai una risata. "Già, finti fidanzamenti e litigate non sono esattamente le giuste basi per una relazione duratura."
"Non farmici pensare. A volte eri così irritante che ti avrei affogato sotto la doccia."
"Stellina, non mi dire che già puntavi alla mia virtù."
"Rettifico," si rannicchiò su se stessa per impedire che le facessi il solletico. "Sei ancora irritante al punto che ti affogherei."
"Ehi, lo sai... Per una doccia insieme sono sempre disponibile," mi sporsi a baciarla e lei fece una smorfia perché odiava i baci prima di lavarsi i denti.
Io lo sapevo e mi divertivo a farlo di proposito. Ovvio.
"Ah ah ah, che latin lover."
"Sempre stato, dovevi solo accorgertene," la guardai seriamente, "Stellina, tu lo sai vero che se io potessi tornare indietro, quel giorno, intendo quello dello spionaggio, io ti ribacerei anche altre mille volte?"
Leanne sbatté le palpebre e mi guardò con la testa inclinata. "Cos'hai oggi? Aspetta, non me lo dire, ti sei letto qualche strano libro dove uno dei due fa una dichiarazione d'amore struggente e ti sei immedesimato troppo."
Sbuffai una risata perché era vero, mi conosceva troppo bene e non sarebbe stata neanche la prima volta. Scossi la testa, allontanando il ricordo di me e Annabeth che giocavamo a fare i cacciatori di Ombre, e l'avvicinai a me.
" Nessun libro, tranquilla. Sto aspettando che Annabeth mi presti quello che sta leggendo," spiegai tranquillamente. "Volevo solo dirti che rifarei ogni minima cosa che mi ha fatto mettere con te. L'improvvisazione, le recite, i baci rubati... Rifarei perfino l'imbarazzante triangolo con Jason Parker."
"Anche il mese di silenzio in America?"
Annuii lentamente. "Tutto, rifarei ogni singola cosa. Perché se mi hanno portato dove sono ora, qui con te, allora non devono essere state così sbagliate."
Leanne schiuse le labbra e le sopracciglia si alzarono.
Lo so, gongolai silenziosamente, avevo giocato bene le mie carte. E c'erano persone che dicevano che leggere non serviva a nulla.
Ma per favore...
"Dí la verità," si morse il labbro inferiore e si strusciò contro di me. "È tutto per avere un buongiorno speciale."
E non c'era bisogno di aggiungere altro, sapevo già tutto quello che voleva dirmi. Lo leggevo nei suoi occhi, avevo imparato a interpretarli ormai da sette anni.
"Beccato," le alzai la maglietta del pigiama.
Leanne uní le nostre labbra, cominciando a spogliarmi nel frattempo.
"Ti amo."
Le pizzicai il fianco. "Lo so."
E chi l'avrebbe mai detto anni fa che quella cioccolata calda all'All In mi avrebbe portato la cosa più bella della mia vita.
Dio, mi faceva impazzire.
❣️
Okay, ho chiuso Ethan da qualche parte. Adesso è la fine per davvero.
Innanzitutto ci tengo a dirvi grazie, ma i ringraziamenti lunghi e copiosi arriveranno in un capitolo parte - insieme a una sorpresina sulla famiglia Adams.
Vi posso già dire però che io proprio non sono pronta a salutare i Lethan, sono tipo in una fase di rifiuto profondo.
Per quanto riguarda il capitolo, ve l'avevo detto io che qualcosa sarebbe successo per portarli a come li abbiamo conosciuti all'inizio di tutto... E niente, che dire, hanno quindici anni.
Sono piccoli, inesperti e si stanno appena approcciando al mondo dei sentimenti (o ormoni, come direbbe Ethan). Lui è sciocco perché si vergogna con gli amici, lei come sempre si mette sulle difensiva... E soprattutto nessuno dei due era innamorato, una semplice cottarella estiva.
Dovranno passare due anni e tanti litigi per arrivare al Piano Unicorno (nostalgia, nostalgia canaglia...)
Detto ciò, ciò detto io non ce la fo. Avrei voluto tante cose da dire ma sono ammutolita, se non che io sono ho profondamente innamorata di Ethan e anche se non lo ho a metterebbe mai è estremamente romantico (oltre che pazzo di Leanne).
È un peccato che io abbia scoperto il potenziale del suo pov solo alla fine, ma come si suol dire: mai dire mai nella vita.
Detto ciò, avete curiosità o domande sulla storia?
Vi annuncio in tanto che PFB è in dirittura di arrivo, sto rivedendo i capitoli ma abbastanza velocemente e decidendo se inserire (ancora, si, lo so) un capitolo qui stile fine di stagione, con tutti i personaggi e uno spoiler della prossima storia, o no e pubblicare direttamente la storia. Aspetto vostre opinioni
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