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Capitolo 19. A cena con il morto

Ethan e Leanne si guardarono terrorizzati, mentre dal corridoio proveniva il rumore della porta d'ingresso che si apriva.

Click. La chiave veniva inserita nella serratura.

Leanne si alzò di fretta, rischiando di cadere all'indietro ma venendo prontamente salvata da Ethan. Portandosi una mano sulla caviglia, dolorante per l'urto col tavolino, lanciò la maglietta al ragazzo.

Non si spiegava proprio come fosse potuta finire dalla parte opposta del salotto, ma non era decisamente quello il momento di pensarci.

Si tuffò nell'angolo del divano, il più lontano possibile da Ethan, e cercò di sistemarsi la maglietta.

Nel frattempo, dalla televisione Barbie continuava a cantare.

Com'era inopportuna, pensò Leanne con stizza.

Click. La chiave veniva girata nella serata, una pausa, e poi di nuovo.

Ethan afferrò uno dei cuscini buttati a terra e se lo portò in grembo, indirizzandole uno sguardo inequivocabile.

Ah beh, c'era da esserne lusingati.

Click. E la porta si apriva.

"Ehi, ma qualcuno è sveglio?" Julian si affacciò nel salotto, lasciando cadere lo zaino a terra. "Ethan, Leanne! Ma state guardando Barbie Raperonzolo?"

Ma possibile che in quella casa fossero tutti esperti sulla filmografia di Barbie? E pensare che lei aveva dovuto costringere i suoi fratelli a vedere uno solo dei suoi film, con un James di otto anni che aveva tentato di rompersi un braccio pur di evitarlo.

"Jules, cavolo quanto ti sei fatto alto," Leanne gli sorrise, senza riuscire però ad alzarsi per saltarlo. L'imbarazzo l'aveva pietrificata.

"Len," il ragazzino sorrise confidente, a suo agio con lei. "Sono davvero contento che tu sia venuta, Ethan mi aveva detto del matrimonio di tua cugina e pensavo non ci saresti riuscita."

Leanne scosse la testa. "Non dirlo neanche, due giorni non cambieranno le sorti del matrimonio, no?"

Julian annuì concorde e fece un passo verso di loro. "Vi ho per caso interrotti?"

Ethan e Leanne si guardarono, rispecchiando reciprocamente l'uno il panico dell'altro. Forse non erano stati così  bravi a fingere.

Allora, dove aveva detto di volersi sotterrare?

"Affatto," rispose Ethan, togliendosi finalmente il cuscino di dosso. "Stavamo giusto andando a dormire, ho appena portato su Jessica"

"Ho capito," Julian li guardò un ultima volta, dubbioso. "Allora salgo. Voi non venite?"

"Certo," esclamò Leanne, precipitosamente e alzandosi (finalmente!) in piedi. "Fatti abbracciare, dai."

"Oh, no, dai..."

"Fermo lì," saltò intorno al divano, arrivando di fronte al ragazzino, e lo strinse, "Non mi scappi mica questa volta."

Con occhio attento notò farsi subito rosse le orecchie di Julian, da sempre timido e riservato come pochi.

"Lascialo o avrà un collasso," scherzò Ethan, "E sarebbe difficile da spiegare alla commissione, non pensi?"

Julian annuì e Leanne lo lasciò andare, divertita. "Allora io vado, ci vediamo domani. Buonanotte."

Si soffermò più del dovuto su Ethan, sentendo ancora su di se il suo calore. Avrebbe potuto tracciare a occhi chiusi ogni punto in cui l'aveva baciata, quasi l'avesse marchiata.

Ethan era il miglior tatuaggio di sempre.

Alzò una mano timidamente in sua direzione, imponendosi di ignorare l'espressione sconsolata del ragazzo.

Neanche io sono contenta, caro mio. Accidenti  a Julian.

Arrivò davanti la camera di Jessica con estremo silenzio, cercando di non fare rumore per non svegliare la bambina.

"Bevo qualcosa e arrivo," sentí dire a Julian.

Abbassò la maniglia della porta con studiata lentezza e in punta di piedi, maledicendo lo scricchiolio che la calma dei suoi gesti aveva provocato.

Una mano, peró, arrestó la sua operazione. Si senti affermare dolcemente il polso (com'era possibile che ogni cosa lo riguarda le risultasse dolce?) e spingere contro il muro alle sue spalle.

Ethan fu veloce e si posizionò di fronte a lei, inserendo una gamba tra le sue.

Leanne fece giusto in tempo a vedere il verde degli occhi fisso sulle sue labbra, prima che vi ci precipitasse.

Aveva il sapore di un bacio interrotto e troppo desiderato, e finì troppo presto, come Leanne ci tenne a precisare mugugnando contrariata.

Ethan le strofinò teneramente il naso con il suo, prima di allontanarsi definitivamente.

"Buonanotte, Stellina. Mi raccomando, sognami," e se ne andò, lasciandola da sola in mezzo al corridoio e con la voglia di seguirlo.

Guardò l'ora sul telefono e si chiese se l'una di notte fosse un orario ragionevole per chiudersi in bagno e chiamare Annabeth e Rebecca.

Accidenti a Ethan, per colpa sua l'aspettava un'altra notte insonne.

🎈🎈🎈

"E allora io le ho detto che poteva usare i miei colori se lasciava Timmy, perché piace a me."

Leanne annuí all'indirizzo di Jessica, intenta a spiegarle come avesse conosciuto la sua attuale migliore amica.

Hai capito la bambina, ha le idee chiarire...

"Ma tu e Timmy stavate già insieme?" chiese Leanne, temendo la risposta.

"Oh no, ma lo sanno tutti che lui è mio ."

Appunto.

Cercò con lo sguardo Ethan per scambiare con lui un sorriso, ma quello che incontrò non fu affatto il viso sorridente del ragazzo - ma, esattamente, quand'è che avrebbe potuto considerarlo di nuovo il suo ragazzo?

Erano cose importanti, eh.

Ethan era seduto sul muretto di fronte a lei, la testa bassa e l'espressione pensierosa. Poco distante da lui c'era Julian con le mani in tasche, intento a prendere a calci a tutti i sassolini che riusciva a trovare.

Insomma, un gioco  a chi era più nervoso.

Vide Ethan alzare la testa, rivolto verso la strada, e riabbassarla subito dopo col viso contrito: del padre ancora nessuna traccia.

Sempre tenendo sott'occhio Jessica, che saltellante stava raggiungendo Julian, si avvicinò a Ethan. Gli prese le mani nelle sue e inclinò la testa per guardarlo.

Riusciva sempre a esser più alto di lei, accidenti.

"Ancora un po' e te le distruggi, scherzò, intrecciando le loro dita.

"Che cazzo," esclamò lui all'improvviso, facendo sussultare, "Siamo qui da mezz'ora. Quanto ancora dobbiamo aspettare?"

"Et, potrebbe aver avuto qualche contrattempo, un problema con il volo... dagli una possibilità."

"Ne ha avute anche troppe."

Leanne tirò un sospiro profondo, facendo aderire i loro corpi e gli strofinò il naso con il suo.

"Sei proprio un tonto, lo sai?" Ethan annuí e Leanne provó la stessa sensazione di quando da piccola vedeva un pupazzo bellissimo.

Mamma, per favore. Mamma lo possiamo prendere?

"Len, per ieri sera..."

"Shh," lo interruppe lei, dolcemente, "Ne parliamo dopo, adesso non è importante."

"Vorrei che Julian non ci avesse interrotti," si limitò allora a dire. Oh, anche io, non hai idea quanto. "E sei davvero carina oggi, davvero davvero davvero."

Leanne fece un passo indietro, affermando l'orlo del vestito e fingendo una giravolta.

"Trovi?" disse con tono eccessivamente acuto e portandosi una mano al petto.

Ethan rise e annuí, cercando di afferrarle la mano per riportarla a sé. "Certo, non mi fa impazzire che tu l'abbia messo per mio padre, ma mi accontento."

Leanne lo guardò, sbattendo volutamente le ciglia. "E chi ha detto che è per lui?"

Ethan alzò le sopracciglia tanto da farle quasi scomparire nell attaccatura dei capelli - magico, pensó Leanne, vedendo quel gesto -, ma prima che potesse parlare un urlo di Julian lo interruppe.

"Eccolo," disse e puntò il dito verso un punto imprecisato della strada. Jessica, intanto, cominciò a saltare sul posto.

Si voltò verso il punto indicato e, strizzando gli occhi, riuscì a individuare la figura dell'uomo. Era vestito in giacca e cravatta, e la sua eleganza contribuì a farle fare un passo indietro intimidita e sbattere contro il petto di Ethan.

Aveva un'aria così seria.

Il ragazzo le circondò le spalle con le mani, avvicinandosi al suo orecchio: "Com'era, dovevo contare fino a dieci, giusto?"

Leanne annuì e gli sfiorò la punta delle dita, prima di lasciarlo passare. Assistette in silenzio ai saluti differenti dei figli al padre.

Julian fu il primo ad avvicinarsi e, forse per la prima volta da che lo conosceva, Leanne lo vide sorridere per davvero. Si chiese quanta influenza gli stesse indirettamente facendo avere sulla sua vita, pur di avere la sua approvazione.

Subito dopo venne Jessica che guardò Ethan in segno di approvazione, per poi sorridere al padre e farsi prendere in braccio.

Infine, venne lui e Leanne si ritrovò a trattenere il respiro nell'attesa: aveva il viso duro il suo Ethan, il ragazzo sempre sorridente e buono che conosceva sembrava essere un'altra persona. Si avvicinò all'uomo e allungò la mano verso di lui, stringendola senza lasciar apparire nessuna emozione sul volto.

"C'è stato un ritardo con l'aereo," disse il padre, il primo a parlare, quasi giustificandosi col figlio.

Ethan annuì a scatti, sempre con la mascella serrata. "Papà," si fece di lato, "Lei è Leanne."

Sentì lo sguardo dell'uomo su di sé che sembrava quasi studiarla, e s'impose di mantenere lo sguardo fermo e di ricambiare.

Il padre di Ethan era alto, quasi più del figlio, e portava i capelli brizzolati. Tutto, in lui, sembrava gridare Ethan: dalle labbra sottili al naso dritto e senza alcuna imperfezione, per finire con gli occhi di un verde brillante.

Si chiese quanto dovesse essere stato crudele il destino nel fargli assomigliare proprio il figlio che sembrava non volerne sapere più sapere di lui.

"E' un piacere signore," Leanne fece un passo avanti, tendendo la mano e cercando velocemente Ethan con lo sguardo.

Sentiva il costante bisogno di accertarsi che stesse bene.

"Anche per me, signorina. Ho sentito tanto parlare di lei," con la coda dell'occhio Leanne vide Julian tossire e grattarsi la nuca in imbarazzo.

Qualcosa le suggerì che l'uomo pensava che lei ed Ethan stessero insieme - ancora -, però nessuno si premurò di smentire le sue convinzioni. E a lei andava bene così.

"Vogliamo andare? Sono sicuro che abbiamo tante cose da dirci," il signor Powell fece loro un sorriso e, sempre con Jessica in braccio, s'incamminò verso il ristorante dall'altra parte della strada.

Ethan le passò accanto e, distrattamente, le prese la mano invitandola a camminare con lui. Leanne lasciò che le loro s'incastrassero le une con le altre e gli lasciò un veloce bacio sulla spalla.

"Salve, un tavolo per cinque," disse il signor Powell, al cameriere. "Ho prenotato l'altro giorno a nome Powell."

Il ragazzo annuì e indicò loro un tavolo infondo alla stanza, ben apparecchiato. Leanne, passandogli accanto, gli sorrise educatamente e lo ringraziò.

Sentì la mano di Ethan dietro la schiena, che la accompagnava senza allontanarsi neanche un secondo. Arrivati al tavolo, lo vide prendere posto il più lontano possibile dal padre e si accomodò vicino a lui, lasciando la borsa sullo schienale della sedia.

Si prospettava un pranzo lungo e difficile, e qualcosa le diceva che quello che aveva visto fino a quel momento non era niente.

"La maestra ha detto che sono stata bravissima, quest'anno," stava dicendo Jessica, allargando le braccia per mimare la sua bravura. "Vero, Et?"

Ethan, sentendosi interpellato, alzò la testa dal menù e sorrise alla sorella. "Assolutamente, una piccola secchiona."

Jessica sbuffò una risata e scosse la testa. "No, secchiona no! Brava, bravissima," girò verso il padre, "Sai, ho preso tutte A. La mamma per festeggiare mi ha portato allo zoo."

"Sei stata bravissima, Jessica," disse il signor Powell e la bambina annuì, "La migliore."

Leanne si soffermò sulla sua espressione pacata ed educata, anche ora che parlava con una bambina di otto anni. Le ricordava tanto l'uomo di ghiaccio e, nonostante l'aspetto uguale, non le poteva sembrare più distante da Ethan, sempre pronto a manifestare l'uragano di emozioni che lo attraversavano.

"E voi, ragazzi? Come sono andati gli studi?" s'informò l'uomo. "Jules, come vanno i preparativi per la cerimonia?"

Julian sorrise, chiudendo il menù per parlare col padre. "Benissimo, vedrai ti piacerà tantissimo. Mi hanno chiesto di suonare, sai, solo io da solo."

"Non vedo l'ora," disse, "Però mi raccomando, devi esercitarti tutti i giorni se vuoi dare il massimo."

Leanne vide Ethan stringere con forza la presa sul menù e contrarre i muscoli del viso. Lo guardò interdetta perché lei, a essere sincera, non ci aveva visto nulla di male nelle parole dell'uomo, ma a quanto pare lui non doveva essere dello stesso avviso.

"Si esercita già tantissimo," s'intromise Ethan.

"Ne sono sicuro, ma questo è il momento di andare oltre e..."

"Non siamo tutti stacanovisti come te," lo interruppe, "C'è anche altro nella vita."

Leanne lo guardò interdetta. Si era forse persa qualcosa?

"Se non da il massimo ora, non raggiungerà mai i suoi obiettivi e si pentirà."

"Ha solo tredici anni," Ethan abbassò il menù, fronteggiando il padre.

"Ma io mi esercito tanto, non vi preoccupate," fu la debole protesta di Julian, subito interrotta dalle occhiate degli altri due.

Leanne gli accennò un sorriso, dispiaciuta, e cercò la mano di Ethan da sotto il tavolo. La trovò e la strinse, cercando di calmarlo.

"Sono sicuro che Julian sia già molto bravo," rispose il signor Powell e Leanne riuscì a intravedere un guizzo di nervosismo nei suoi occhi, "Gli ho solo dato un consiglio e detto come la pensavo."

"Grazie, ma lo sappiamo già benissimo come la pensi."

"Forse dovresti fare come me, figliolo," si sistemò la cravatta, allentandola leggermente. "Tua madre me l'ha detto del corso di medicina, che non hai voluto usare il mio cognome."

Leanne si voltò a guardare il ragazzo a occhi spalancati, mentre sentiva la delusione accendersi.

Ancora una volta aveva preferito non parlare con lei, nascondendole una cosa importante per lui.

"Non è così prezioso come credi," ribatte Ethan, alzando il tono della voce.

"Ma ti avrebbe facilito nel..."

"Non è così che voglio riuscire a entrare, papà," calcò l'ultima parola, colorandola di disprezzo. "So già come la pensi, ma non sono d'accordo. Io non metterei mai la carriera davanti, né a qualcuno né al mio orgoglio."

"Sei sempre stato troppo orgoglioso, Ethan. Devi crescere."

"Ethan, per favore," mormorò Leanne, pensando che la situazione stava andando troppo oltre. Davanti a lei, Jessica alternava lo sguardo tra i due e aveva perso ogni traccia di sorriso.  Julian, invece, era tornato il ragazzo taciturno e introverso di sempre.

"Devi scusarlo, Leanne," disse il signor Powell, senza però distogliere lo sguardo dal figlio. "A Ethan è sempre piaciuto farmi la guerra, sin da quando era piccolo."

Ethan contrasse la mascella e Leanne immaginò che se avesse avuto il potere di incenerire le persone, il padre a quel punto sarebbe bello che andato.

Contro ogni aspettativa, però, rilassò le spalle, quasi afflosciandosi su se stesso. "Scusate," disse, "Non so cosa mi sia preso."

Ancora una volta, realizzò, aveva messo i fratelli al primo posto, lasciando da parte il suo dolore.

Il cameriere si avvicinò a loro, con carta e penna, e mentre il signor Powell cominciava a elencare le ordinazioni Ethan si alzò.

"Vado un attimo fuori, ho dimenticato di..." si fermò, indeciso su cosa dire, "Di ... fare una cosa."

Julian fece per alzarsi e seguire il fratello, mentre il signor Powell si voltava anche lui verso il figlio con lo sguardo carico di dolore: Leanne avrebbe preferito non vederlo perché, continuare a immaginarlo come l'uomo senza sentimenti che li aveva abbandonati, era sicuramente più facile.

"No," fermò Julian con una mano, "Vado io, gli do una mano con...con quello che ha dimenticato, sì."

"Leanne," la ragazza si fermò sul posto, sentendosi richiamare dal signor Powell. "Non è facile farsi perdonare da Ethan. Per lui è sempre bianco o nero e se decide che per lui sei nero, allora non torna più indietro."

Leanne annuì, perchè lo sapeva perfettamente. In quegli ultimi tempi si era scoperta conoscere il ragazzo più di quanto credesse, riuscendo sempre a interpretare i suoi pensieri ed emozioni. Scansò gentilmente il cameriere, ancora in piedi davanti a loro, e s'incamminò verso l'uscita del ristorante.

Sperava solo che Ethan non decidesse  di chiudersi in se stesso come sempre, allontanandola.

Lo trovò appoggiato al muro del locale e con una sigaretta in mano: si era alzato un po' di vento che gli muoveva i capelli e aveva gli occhi incredibilmente tristi.

"Ehi," si avvicinò a lui, "Non avevamo detto che era solo per le occasioni speciali," alluse alla sigaretta nelle sue mani.

"Questa non lo è?" si strinse nelle spalle.

"Suppongo di sì," Leanne gliela prese di mano, facendo un tiro e sentendo il bruciore attraversarle la gola fino al petto. Fece una smorfia. "Bleah."

Ethan sbuffò una risata amara. "Perché ti ostini a provarci se tanto non ti piace?"

Si strinse nelle spalle. "Magari prima o poi imparo."

"Meglio di no," buttò la sigaretta a terra, spegnendola con un piede. "Mi piaci così e poi il fumo puzza un sacco," si annusò le dita, storcendo il naso. "Maledizione."

Leanne gli si avvicinò. "Perchè non lo dai a me? Il pacchetto dico."

La guardò e, con un sospiro, s'infilò la mano in una tasca, tirando fuori il pacchetto sgualcito. "Hai ragione," disse, "Mi dispiace, ma stai tranquilla: non piace. Non ho intenzione di iniziare."

Lei annuì, credendogli. "Perché non mi hai detto che hai inviato la richiesta al corso?"

"L'ho fatto prima di andare a Seattle e le cose sono subito precipitate, noi non ci parlavamo e poi speravo di potertelo dire quando mi avrebbero accettato."

"Va bene," Leanne annuì, pensierosa.

"Non sei arrabbiata?"

"Che senso avrebbe? Mi hai nascosto altre cose ben più gravi, questa per assurdo è quella più giustificata." Ethan rise e le prese una mano, mormorando delle scuse. "Ottima uscita teatrale comunque, mi sei piaciuto."

"Sono stato pessimo, vero? Non so che mi sia preso."

"Io sì," rispose Leanne. "E' tuo padre, Ethan, puoi fingere quanto vuoi ma non cambierai questa cosa." Gli prese il volto tra le mani e vi appoggiò la fronte. "Hai diritto a stare male, Et, e nessuno ti giudicherà  se lo fai, né perderai valore agli occhi dei tuoi fratelli."

Ethan annuì, mordendosi il labbro. "Ho proprio esagerato, eh?"

"Un po', ma io non sono nessuno per accusarti, sono la prima che si lascia andare al melodramma."

"Lo so bene," le pizzicò un fianco, scherzoso. "Magari gli chiedo scusa."

"Magari," convenne Leanne. "Rientriamo, dai. O ci daranno per dispersi."

"Aspetta," la fermò prima che potesse allontanarsi.

Si chinò verso di lei e l'abbraccio. Leanne si alzò in punta di piedi per arrivare alla sua altezza, sentendo il forte desiderio che il tempo si fermasse, lasciandola così per sempre.

"Grazie," sussurrò Ethan, spostando la testa per guardarla.

E la baciò.

Ah beh, se questo erano i suoi ringraziamenti, l'avrebbe consolato più spesso.

🎈

Sono così felice che siamo finalmente arrivati ai capitolo veramente belli e fulcro della storia. Aspettavo questo momento da tanto per vari motivi:

- approfondire il personaggio di Ethan, dargli più spazio, entrare nella sua psicologia che è un po' la mia così come quella di molto. Mostrare cosa c'è dietro.

- mostrare per una volta una Leanne diversa, più matura e di supporto. Per una vota ha messo da parte le insicurezze e il dramma per essere semplicemente vicino a Ethan. Sono così fiera di lei

- far evolvere anche per voi il loro rapporto. Non sono più i ragazzini che litigavano ogni due minuti, dovevano fingere di stare insieme e non volevano ammettere di piacersi. Sono più maturo, più consapevoli e più uniti (nonostante tutto)

- sulla questione padre non ho niente e allo stesso tempo troppo da dire. Potrei usare anche solo una parola così come quaranta pagine, e comunque non sarebbe sufficiente. Lascerò parlare voi se vi andrà e ne avrete voglia

- ma, vi prego!, passiamo alle cose interessanti ora: lalalala questi momento così cuccioli mi uccidono

- ma soprattutto... vi ricordavate del sogno di Ethan di entrare a medicina? Non ve lo scordate!

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