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capitolo 17. Casa Powell

Se Leanne avesse dovuto descrivere il suo viaggio con Ethan in una parola, non avrebbe trovato difficoltà rispondendo che era stato un vero e proprio supplizio

Nel momento in cui il treno era partito e loro due si erano accomodati sui posti assegnati, aveva scioccamente pensato che sarebbe stato un viaggio rilassante e in cui avrebbero potuto approfittare per parlare, ritrovando un po' della complicità che li aveva sempre contraddistinti.

Ben presto, però, si era resa conto di come le sue non fossero altro che illusioni: non perché lei ed Ethan non andassero più d'accordo, per carità, non erano cambiati. Piuttosto perché un'altra cosa che non era minimamente mutata era la capacità del ragazzo di urtarle i nervi. 

E una persona come Ethan, sempre in movimento e al massimo delle sue forze, costretta per due ore seduta e ferma era più di quanto la sua pazienza pressoché inesistente potesse sopportare.

Ethan aveva, infatti, passato tutto il viaggio a lamentarsi e muoversi sul sedile, urtandola ben più di una volta nel tentativo di mettersi comodo. 

"Ethan," gli aveva detto a un certo punto, dopo la settima od ottava gomitata – aveva smesso di contare per amor proprio.

"Dimmi, Stellina."

"Se non ti stai fermo, giuro che ti metto la penna in posti che non pensavi esistere."

Ethan, a quel punto, l'aveva guardata con espressione divertita, e Leanne aveva immediatamente capito come si sarebbe conclusa la conversazione.

"E' forse una proposta sconcia, Stellina?" le si era avvicinato, "Lo sai che non dico mai di no a quelle."

"Sei proprio un idiota," aveva ringhiato Leanne, evitando accuratamente di guardare il loro vicino di posto e tirandogli un pugno. 

Da quel momento, fortunatamente per lei, Ethan aveva evitato di parlare, regalandole i primi quaranta minuti di silenzio di quel viaggio prima di scendere. 

E ora, ben un'ora dopo il loro ultimo scambio di battute, era di fronte casa Powell alla ricerca del coraggio per entrare.

"Andiamo, Len," Ethan le diede una spintarella, "Sono almeno dieci minuti che fissi la porta, non si aprirà mica da sola."

"Ma," si schiarì la voce, "Ma c'è tua mamma?"

Ethan annuì. "Temo proprio di sì, ha chiesto il cambio turno a posta."

Ah

"Che carina," commentò forzatamente Leanne ed Ethan le scoccò un'occhiata scettica. "Tu inizia pure a entrare, và. Io intanto cerco un punto della strada in cui sotterrarmi."

Spazientito, il ragazzo l'afferrò per un braccio, facendola cozzare contro di lui, e infilò le chiavi nella serratura. 

"Andiamo," disse, "Stai diventando ridicola."

"Aspetta, ma tua mamma pensa che stiamo insieme?" Leanne provò a fermarlo, in preda al panico, ma non fu abbastanza veloce ed Ethan entrò in casa annunciandosi a gran voce.

La prima a fare la sua apparizione fu Jessica, sorella più piccola del ragazzo, che cominciò a correre e urlare. 

Lasciando la valigia dietro di sè, Ethan si abbassò alla sua altezza e allargò le braccia, aspettando che la bambina gli si buttasse addosso. 

Leanne fece un passo avanti entrando in casa e si appoggiò allo stipite della porta, godendosi la scena e il sorriso di Ethan. 

Anche se, questo, non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva.

Ovviamente

"Dì un po', pulce, sei cresciuta?" Ethan si alzò in piedi, sempre con Jessica tra le braccia. 

La bambina annuì vigorosamente, stringendo le braccia al collo del fratello. "Mamma ha detto di sì, di ben due centimetri. Sono tantissimi," affermò, per poi guardarlo in cerca di conferme: "Vero?"

"Sono tantissimissimi," confermò Ethan, "Io non li ho mai presi due centimetri in sole tre settimane."

Leanne si soffermò sui suoi occhi e sull'amore, evidente e trasparente, con cui la guardava. 

Ethan era bello e lo era in un modo non convenzionale: era bello a modo tutto suo e lo era così tanto da farle quasi male. Lo era nel modo in cui si prendeva cura degli altri, quando minimizzava i propri problemi per non pesare e in quei momenti in cui lasciava perdere quel suo istinto iperattivo, magari abbandonandosi sul divano insieme a lei.

Ethan era bello nella sua sicurezza e nel modo in cui ti faceva guardare il mondo, che attraverso i suoi sembrava sempre tutto più bello e facile.

Desiderò poter annullare la distanza tra di loro, sia fisica che mentale, e baciarlo con tutta la forza che possedeva. 

Voleva stringerlo e baciarlo fino allo sfinimento, per recuperare tutti quelli che non si erano dati e dimenticare tutte le discussioni che c'erano state.

Baciarlo e non pensare più a nient'altro.

A distoglierla dai suoi pensieri, però, arrivò la madre di Ethan, scendendo con un cesto in mano. 

Leanne, seppur imbarazzata, s'impose di non farsi prendere dal panico. Aveva pensato per mesi a un possibile incontro tra di loro e voleva farle la miglior impressione possibile.

"Ethan, tesoro," la donna si avvicinò a loro, baciando una guancia del figlio. Leanne non poté impedirsi di soffermarsi sulla sua figura: sembrava quasi volare, tanta la grazia con cui si muoveva. 

"Ciao, mamma," Ethan sorrise e tolse il cesto dalle mani della madre, alleggerendola. "Lei è Leanne, la mia..." si voltò a guardarla, tentennando. "Amica, la mia amica."

Leanne fece un passo avanti e tese la mano. "E' un piacere, signora Powell. Spero di non disturbare in questi giorni."

"Oh, cara," la donna, ignorando la mano tesa, l'afferrò per un braccio e la strinse velocemente. "Non dirlo neanche, qui sei a casa."

Ethan tossicchiò in imbarazzo e Leanne si chiese quanto tutti sapessero della loro loro situazione. Forse, e il pensiero l'atterrì, la donna sapeva più quanto desse a vedere.

E forse, ma questo più si che no, avrebbe ammazzato Ethan non appena le si fosse presentata l'occasione.

Lui, a quel punto, cominciò a guardarsi intorno nel tentativo di ignorare il suo sguardo pieno d'accusa. 

"Sarete stanchissimi," esclamò la donna, "Ethan, fai strada a Leanne. Tra poco mangeremo, sarà un po' prima perché ho il turno serale in ospedale."

Leanne annuì, ringraziando la donna e tirando un sospiro quando andò in cucina: non si era accorta di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. Raccolse la sua valigia da terra ma Ethan le fece segno di aspettarla. Leanne si sporse per seguirlo con lo sguardo e lo vide raggiungere la madre mente Jessica gli trotterellava dietro. Tese un braccio verso la donna e l'abbraccio, dicendole allo stesso tempo qualcosa che la fece sorridere. 

A quella vista, Leanne sentì lo stomaco attorcigliarsi e un'ondata d'affetto investirla prepotentemente. 

Si rese conto, non senza ammirazione, di come Ethan avesse col tempo sostituito il ruolo del padre in casa. Il modo in cui si rivolgeva a Jessica, con lo stesso orgoglio di chi la vede crescere sotto i propri occhi e l'accompagna man mano, e le premure che rivolgeva alla madre, sempre attento ad alleggerirle il lavoro.

Si chiese di quanto, in realtà, Ethan si fosse discretamente fatto carico in quegli anni, cercando di migliorare una situazione di cui non era responsabile: perché che suo padre fosse uno stronzo non era colpa sua, ma Leanne l'aveva capito subito che Ethan si sentiva addosso tutto il peso di quella sua decisione. 

Ancora una volta, non desiderò altro che raggiungerlo e stringerlo a sé , dimenticando ogni questione che li aveva divisi nelle settimane passate.

"Allora," Ethan la raggiunse, raccogliendo entrambe le valigie. "Andiamo, Stellina?"

Leanne annuì e accennò un sorriso, seguendolo per le scale. 

"Dormirai con Jessica," le comunicò, entrando nella stanza della sorella e trovando un secondo letto preparato per l'occasione. "Non preoccuparti, non ti darà fastidio, e se è qualcosa chiamami pure."

"Tranquillo, mi fa piacere," lo rassicurò, avvicinandoglisi. "Mi piace tua sorella, sarà divertente."

Ethan scosse la testa, divertito. "Convinta tu, però non spaventarti se si alza nel sonno, è normale."

Leanne si voltò verso di lui, preoccupata. "Può succedere davvero? Ed è normale? Non rischia di farsi male?"

Il ragazzo scoppiò a ridere, nascondendo il viso in una mano. "Sto scherzando, scusa," Leanne lo spintonò, offesa. "Non ci posso credere, sei andata in iperventilazione."

"Sei proprio un deficiente, lo sai?"

"E' una consapevolezza con cui ho fatto pace da tempo," disse Ethan, ironico. "Però un deficiente carino, vero?"

Terribilmente carino.

Leanne scosse la testa, scacciando quel pensiero dalla testa. "E' preoccupante che tu te lo dica da solo, questo dovrebbe farti pensare sulla tua attuale situazione sentimentale."

"Sei tu la mia situazione sentimentale, per cui è solo colpa tua se sto così."

"Allora mi sa che lo rimarrai per molto," rispose, puntando il naso verso l'alto in segno di stizza e dandogli le spalle. Cominciò ad aprire la valigia e sistemare i vestiti.

Sentì un rumore dietro di sé ma, cercando di vincere la curiosità, continuò a piegare i vestiti. Si fermò solo quando capí che Ethan si era avvicinato a lei, abbassandosi alla sua altezza. 

"La speranza è l'ultima a morire, Stellina," le sussurrò vicino all'orecchio e Leanne sentì un lieve formicolio attraversarle la schiena, fino al punto in cui le sue labbra l'avevano sfiorata. 

Con un gesto veloce il ragazzo si alzò e si allontanò da lei, privandola del calore inaspettato ma piacevole della sua vicinanza.

"Mi faccio una doccia veloce prima di cena," le comunicò prima di uscire, "Ti lascio le cose in bagno, nel caso volessi farla anche tu."

Leanne, rimasta sola nella stanza, smise di sistemare la valigia, stendendosi sul pavimento. 

Quella conversazione con Ethan l'aveva lasciata senza forze. Come sempre, d'altronde: aveva sempre avuto la capacità di svuotarla di tutte le sue emozioni quell'idiota, in attesa di una sua più piccola attenzione. 

Ma quanto era ridicola da uno a dieci?

La sua Anniscenza, sempre molto gentile, le rispose con poco garbo che raggiungeva tranquillamente il cento. 

Urgeva sistemare quella situazione, si disse Leanne, perché quello stallo tra loro due la stava uccidendo. E chiamare Annabeth e Rebecca, per capire cosa fare. 

🎈🎈🎈

Quando, poche ore dopo, Leanne scese a cena si sentiva notevolmente più rilassata. La doccia e il breve scambio di messaggi con Annabeth e Rebecca erano riusciti a tranquillizzarla, e soprattutto a farle osservare la situazione con più riflessività. 

Ethan era un idiota e su questo nessuno aveva mai avuto dubbi. Ma aveva anche dichiarato più di una volta di voler tornare con lei, quindi la decisione era totalmente nelle sue mani.  Non solo le aveva esplicitato le sue intenzioni chiaramente, ma aveva anche dichiarato di essere disposto ad aspettarla. 

Rebecca le aveva fatto notare come, alla fine, non avesse nulla di cui lamentarsi. Annabeth, invece, l'aveva invitata a decidere, e soprattutto a muoversi perché erano tutti stanchi della sua indecisione. 

Sempre molto gentile la sua amica, insomma. 

"Mamma, posso avere un biscottino? Uno solo, dai."

Leanne si affacciò in cucina, trovando una Jessica saltellante che implorava la mamma. 

"No, stiamo per mangiare. Vatti a lavare le mani e, se fai la brava, lo potrai mangiare dopo cena."

"Sei proprio cattiva," si lamentò la bambina, sbattendo un piedino per terra. 

Leanne, nel frattempo, aveva contato fino a dieci e, maledicendo Ethan per essere scomparso, si fece vedere. "Posso dare una mano?"

"No, cara, non preoccuparti," rispose la donna, sorridendole gentile. Si voltò poi a guardare la figlia che, distrattamente, portava uno alla volta i piatti a tavola. "Se ti va, potresti dare una mano a Jessica. Prima che rompa gli ultimi piatti che rimangono."

"Io non rompo niente," sbuffò la bambina, rischiando così d'inciampare per la distrazione. 

Leanne fu veloce nell'avvicinarsi e toglierle il piatto davanti, sorridendole complice. "Che te ne pare se mi dai una mano? Io non so dove tenete le cose."

Jessica annuì e le labbra si incurvarono verso l'alto, mostrando uno spazietto tra i denti. "Vieni," le fece segno di avvicinarsi con la manina, "Non preoccuparti, dopo Ethan ci lascerà mangiare tutti i biscotti che vogliamo. Ma la mamma non lo deve sapere, va bene?"

Leanne annuì, trattenendo una risata davanti l'aria cospiratrice della bambina. Proprio in quel momento, mentre Leanne si alzava da terra e Jessica si portava un dito alla bocca intimandole il silenzio, Ethan le raggiunse. 

"Cospirate alle nostre spalle?" le chiese sottovoce, avvicinandosi.

Leanne scosse la testa. "Non oseremmo mai," scherzò ed Ethan sorrise. Si voltò poi a guardare i posti a tavola, dubbiosa. "Come mai solo quattro? Julian non c'è?"

"E' da un amico, mangia là. Ti toccherà solo la mia compagnia stasera," rispose Ethan, alludendo al turno notturno della madre.

"E quella di Jessica, non te la dimenticare."

"Crolla dopo neanche mezzo pacco di biscotti e un cartone, uno qualsiasi."

Leanne deglutì, pensando alla serata che l'aspettava.  Si prospettava una sfida lunga e difficile.                                                                                                        
Solo loro e nessun altro. 

Da soli.



🎈

Capitolo assolutamente di passaggio per le bombe che vi aspettano dal prossimo. Approfondiremo il loro rapporto, ma soprattutto conosceremo meglio il personaggio di Ethan. Entreremo maggiormente nella sua psicologia e su come la sua situazione familiare abbia influito su di lui.

Resta solo da capire come gestirà la situazione Leanne e se verranno a galla nuovo segreto...🤷‍♀️ dopotutto l'avevo detto che la situazione era ancora ben lontana dall'essersi chiarita.

Ancora una volta, però, ringraziamo tutto insieme Julian per aver invitato Leanne e dato il via a questo capitoli: Graaaazie Juuuls!

Piccola parentesi sul nulla: adoro Jessica, adoro Allison... fatemi scrivere su di loro!!!

Che dire? In questo capitolo ho poco da dire e chiedere, perché mi preparo Mentalmente al prossimo, di cui vi dico il titolo: Somewhere only we know?

Anzi, no, qualcosa da dirla la ho:muoio  dalla voglia - e allo stesso tempo paura - di farvi leggere di James. Potendo andrei avanti nel tempo solo per iniziare quella storia.

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