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Cap 14. C'è posta per te

Leanne aveva passato la notte sveglia, schiacciata tra un braccio di Annabeth e una gamba di Rebecca, incapace di riuscire a dormire.

Continuava a ripensare alla conversazione appena avvenuta e,soprattutto, al consiglio che le avevano dato le due ragazze.

Parlare con Ethan e permettergli di spiegarsi avrebbe significato aprire quella porta che, un mese prima, aveva chiuso a doppia mandata, ripromettendosi di non riaprirla neanche sotto tortura.

A luglio, dopo ben un mese di suppliche e chiamate, aveva ufficialmente voltato le spalle alla sua storia con Ethan. Decidere di parlargli, avrebbe significato affrontare una questione che pensava ormai chiusa e dimenticata.

Non era così che aveva immaginato l'estate dei suoi sedici anni. Avrebbe dovuto essere spensierata, lontana dalla scuola e soprattutto l'unico motivo per cui sarebbe dovuta rimanere sveglia una notte intera, non sarebbe certo dovuto essere un ragazzo.

Aveva pianificato un'estate di serate in spiaggia a fare l'alba e invece era stesa sul suo divano, con un braccio di Annabeth in faccia e una gamba di Rebecca contro il fianco. Era insonne, non per un bagno deciso all'ultimo intorno a un falò, ma per Ethan Powell.

Cominciava a essere scontata e a scocciarsi persino da sola di se stessa.

Ma perdonarlo non era cosa dopo. Non dopo quello che le aveva fatto, per lo meno.

Quando quasi due mesi prima Ethan aveva smesso di chiamarla e risponderle, Leanne aveva cercato tutte le giustificazioni possibili. I mesi con Ethan erano stati facili, lontani da qualsiasi idea di relazione che lei avesse: era diventato il suo migliore amico, confidente e amante; si era resa conto di non riuscire a farne più a meno.

Semplicemente, contro ogni logica razionale, non era più abituata a una giornata senza una delle sue idiozie.

E pensare che, solo un anno prima, avrebbe dato carte false per poter ignorare la sua esistenza. 

Ma le cose erano cambiate e quell'idiota, con le sue battute fuori luogo e il perenne sorriso da schiaffi, erano entrato prepotentemente nella sua vita. Per cui, quando era sparito dall'oggi al domani, aveva davvero cercato di non farsi prendere dal panico, Ethan non era altro che Ethan: superficiale a volte, sconsiderato quasi sempre e soprattutto pigro la maggior parte del tempo. 

Non doveva allarmarsi per niente, si era detta. Eppure una piccola vocina nella sua testa le aveva suggerito di non dire niente a nessuno.

Saggia vocina, almeno lei.

Aveva continuato a contattarlo e giustificarlo, inventando le scuse più assurde anche quando il suo orgoglio ormai le palesava a gran voce la perdita della dignità. Ma a lei non importava, perché Ethan non aveva mai fatto così e doveva per forza esserci una ragione.

Doveva esserci qualcosa sotto, senza dubbio!

Controllava i suoi profili social, scoprendo come fossero stati ormai abbandonati a se stessi da tempo, e alla fine (questo a Annabeth e Rebecca non l'aveva detto, però) era persino arrivata a chiamare a casa sua.

Uno squillo e aveva capito quanto fosse stata stupida la sua idea. 

Due squilli e un po' di speranza l'aveva tranquillizzata. Magari gli si era rotto il telefono e l'avrebbe presa in giro per le mille chiamate. 

Tre squilli e le incertezze avevano cominciato a prendere il sopravvento.

Quattro squilli e stava per posare il telefono.

Cinque squilli e qualcuno aveva risposto. La voce era femminile e Leanne aveva subito riconosciuto la madre di Ethan. Aveva chiuso la chiamata di scatto, senza dare il tempo alla donna di dire altro: era stato quello il momento in cui aveva messo un punto a tutta quella storia.

Basta chiamate, messaggi, spionaggi. Addio Ethan, semplicemente. 

E poi si era presentato alla porta di casa sua, quando ormai aveva imparato a fingere di stare bene. Così tanto che iniziava a crederci persino lei.

Sto bene, e Noah l'abbracciava. 

Sto bene, e James le portava un film e dei biscotti per un pomeriggio insieme. 

Sto bene, e Annabeth chiamava una volta in meno, più tranquilla. 

Sto bene, e Josh e Rebecca smettevano di presentarsi alla sua camera un giorno sì e l'altro pure.

Sto bene, e Ethan le sorrideva sfacciato come sempre.

Non sto bene.

🎈🎈🎈

Quella mattina furono dei rumori provenienti dalla cucina a convincerla ad alzarsi, districandosi dal groviglio di che erano diventate Annabeth e Rebecca.

Stropicciandosi gli occhi assonnati e sicuramente gonfi per il sonno mancato, Leanne strisciò i piedi fino ad arrivare alla fonte del rumore. 

Il karma, ultimamente, doveva essersi accanito con notevole dedizione sulla sua vita, perché affacciandosi poté subito individuare la figura di Ethan intento a rovistare nel frigorifero.

"Buongiorno," mormorò Leanne, stringendosi le braccia al petto per l'aria fredda e pungente delle prime ore del mattino. 

Il ragazzo si voltò di scatto, urtando la testa contro un mobile. "Merda!" esclamò, portandosi le mani a massaggiare la parte lesa.

Ben gli stava!

Forse tutte le maledizioni che gli aveva mandato stavano finalmente cominciando a fare effetto. 

"Potresti anche non essere così soddisfatta, eh," borbottò Ethan, contrariato della sua espressione felice. Aveva i capelli stravolti e il pantalone del pigiama gli ricadeva largo sui fianchi, lasciando intravedere l'elastico dei boxer. 

Aveva l'aria di chi non aveva dormito che qualche ora e Leanne non poté che chiedersi se la causa fosse Jane.

"Che vuoi farci, traggo un notevole godimento dalla tua sofferenza," fece Leanne, con tranquillità. "Che fai già sveglio?"

  "Morivo di fame, ieri non ho mangiato granché."

Leanne annuì, avvicinandosi alla finestra per chiuderla. Il disagio, tra loro, era palpabile ed evidente dall'eccessiva educazione con la quale stavano parlando. Come se la sera prima non si fossero mandati al diavolo reciprocamente senza tanti complimenti. 

Aveva un non so che di innaturale per due come loro, da sempre abituati a fare scintille.       

"Già, neanche io," mormorò Leanne. A meno che il gelato non si potesse considerare cena, ovvio.

Ethan le sorrise impacciato e le diede le spalle, tornando a cercare qualcosa da poter mangiare.

Imbarazzante era dir poco. Ma chi gliel'aveva fatto fare di alzarsi dal divano? 

Promemoria per il futuro: fingersi morta fino a nuovo ordine.

"Secondo cassetto in basso della credenza," indicò Leanne, dopo un attimo di esitazione. "Ci sono i biscotti, prendili."

Ethan la guardò per un momento, indeciso, per poi fare come gli aveva detto e sedersi al tavolo della cucina. "Grazie. Ne vuoi?"

Leanne lo imitò, avvicinandosi e tendendo una mano verso di lui. "Giusto uno," mormorò. "Sono i miei preferiti."

"Lo so," disse, d'istinto, il ragazzo. Si schiarì la voce e, imbarazzato, si voltò a guardarla. "Voglio dire... ecco... li mangi tutte le mattine."

"Oh..." si morse il labbro inferiore. "Non ci avevo mai fatto caso."

"Io si. Scegli sempre loro."

Leanne prese altri due biscotti dalla busta, appoggiandosi allo schienale della sedia. Rimasero in silenzio, l'uno di fianco all'altro, mangiando e guardandosi senza mai incontrarsi.

Forse Annabeth e Rebecca non avevano tutti i torti. Gli avrebbe dovuto permettere di spiegarsi. 

Lo doveva alla loro storia. Ma soprattutto a se stessa.

"Leanne, mi dispiace," Ethan si schiarì la voce e interruppe i suoi pensieri. "Sono stato uno stronzo."

"A cosa ti riferisci? A quando sei sparito per quasi due mesi senza darmi più notizie o al tuo aver baciato Jane?" chiese Leanne, piccata. "C'è l'imbarazzo della scelta."

Ethan incassò il colpo stoicamente, annuendo alle sue parole. "Parlavo di ieri sera, ma anche di tutto il resto. Sono stanca di questa guerra che abbiamo messo in atto, senza contare che abbiamo finito per coinvolgere tutti quelli che ci stanno intorno."

"Se tu deponi le armi, lo faccio anche io," mormorò Leanne, continuando a evitare il suo sguardo per non dover sentire lo stomaco che si attorcigliava.

"Non litigheremo mai più come ieri sera, vero? Mi sono sentito malissimo."

"Anche io, davvero tanto. E non penso quello che ho detto," cominciò a dondolare i piedi in preda al nervosismo, aiutata dalle sedie alte che avevano comprato i suoi genitori. "Sul fatto che avresti fatto bene a non venire e che non ci saremmo mai dovuto mettere insieme."

"Questo non l'hai detto, però."

"L'ho pensato," Leanne si strinse nelle spalle e inclinò la testa, incontrando finalmente il suo sguardo. Due solchi, segno della notte insonne, gli cerchiavano gli occhi tristi. "Ma non è vero, tornando indietro non cambierei nulla."

"Neanche Parker?"

"Magari lui si, o almeno eviterei di mettermici una seconda volta."

"Saggia decisione," Ethan abbozzò un sorriso e si rilassò sulla sedia facendo toccare le loro spalle. "Credo di non essermi mai scusato come si deve con te."

"Ci hai provato," convenne lei, "Solo che non te ne ho dato l'occasione."

"Facevi bene. Mi sarei dato un pugno da solo per come mi sono comportato. Non ti biasimo perché mi odi."

"Io non ti odio, Ethan. E' questo il problema, vorrei odiarti con tutta me stessa ma non ci riesco neanche un po'."

"Vorrei dirti che ne sono felice, ma so bene che anche se non me, odi il fatto di non riuscirci," Ethan posò il pacco di biscotti alle sua spalle e girò il busto verso di lei. "Scusami, Len. Per essere stato uno stronzo e tutto il resto, intendo, se vuoi darmi un pugno va bene."

"Non mi va tanto adesso," Leanne incurvò le labbra verso l'alto, in una muta offerta di pace. "Ma tieniti sempre pronto, sia mai che cambi idea.

"Ricevuto, capo. Dormirò con un occhio aperto."

"Fai bene, sono molto vendicativa."

"Oh, lo so!" Ethan si massaggiò la nuca, in un chiaro segno di nervosismo. "A proposito di scuse, per quello che è successo ieri..."

"Non voglio saperlo," lo interruppe lei. "Davvero, meglio di no. Godiamoci questa tregua, finché dura."

Ethan annuì e, sporgendosi in dietro, riprese il pacco di biscotti, passandogliene uno. 

"Buongiorno, ragazzi. Come mai svegli?" una terza voce, improvvisa, li colse impreparati facendoli sobbalzare.

Leanne si portò una mano al petto, lì dove il cuore batteva all'impazzata per lo spavento,  e si volto verso il nuovo arrivato. "Papà, sei tornato," esclamò entusiasta, una volta riconosciuto l'uomo nella penombra della cucina.

Allargò le braccia e, alzandosi dalla sedia, si tuffò tra le braccia del padre. 

"Piano, piano," rise lui, stringendola a sé. "Sono un vecchietto ormai."

Lei sorrise e si sporse per rispondergli, inclinando la testa da un lato. "Da quand'è che hai la barba bianca?"

"Da quando mia figlia ha fatto sedici anni, suppongo. E non è tutta bianca, giusto un po'," si difese lui, mettendola giù. "Ethan, ragazzo, è un piacere rivederti."

"Anche per me, signore. Bentornato," Leanne trattene una risata vedendolo salutare sua padre tutto impostato, con una stretta di mano. 

Se le cose fossero andate diversamente, realizzò, ora starebbe assistendo al saluto tra suo padre e il suo ragazzo. Ethan poteva fare il coraggioso quanto voleva, ma sarebbe sicuramente andato nel panico e lei lo avrebbe preso in giro fino allo sfinimento.

"Già che siamo svegli," fece il padre, battendo le mani l'una contro l'altra, "A qualcuno va del latte caldo?"

"No grazie, signore. Stavo giusto tornando a dormire," Ethan le passò i biscotti accompagnati da veloce occhiolino e, con un ultimo saluto, uscì dalla cucina.

Leanne abbassò la testa, nascondendo un sorriso dietro i capelli e stringendo la busta nelle mani.

"Torni a letto anche tu o fai compagnia al tuo vecchio papà?"

"Il latte lo voglio col cioccolato, però," si ridestò con una scrollata di spalle e si  sedette al padre. "Perché non hai detto che tornavi?"

"Se lo dicevo poi che sorpresa era?"

Eh beh, mica aveva tutti i torti

"Non saremmo usciti se lo avessimo saputo, però," obiettò, allungando la tovaglia.

"Quanto zucchero?" le chiese il padre, ignorando quanto aveva appena detto.

"Due cucchiaini, ma non lo dire alla mamma. Si lamenta che ne prendo troppo."

"Sarò una tomba," assicurò l'uomo. "Ecco una tazza di latte pieno di zucchero appena fatto per la signorina."

"Gentilissimo, Messer," scherzò Leanne , prima di tornare alla carica. "Quindi quando riparti? Spero tu riesca a rimanere per il matrimonio di Danielle, andrebbe in cortocircuito se avesse sprecato un posto al tavolo di famiglia."

L'uomo rise, rubandole un biscotto da mano. "Potrà stare tranquilla, occuperò io mio posto e ho tutta l'intenzione di mangiare tutto il tempo: ho preso i pantaloni una taglia più grande per l'occasione ."

Leanne lasciò che un pezzo di biscotto cadesse nel latte, voltandosi verso il padre a bocca aperta. "Intendi dire che..."

"Sono ufficialmente in ferie, piccolina," le confermò. "Cioè, ufficialmente non proprio, ma diciamo che va bene così."

"E il tuo capo che ha detto? Non dovevi tornare prima di una settimana."

"Diciamo che l'ho, più o meno, mandato al diavolo. Tra poco voi ragazzi tornerete a scuola e io non vi ho visti per niente."

"James ha finito," fece notare, "Resterà a casa tutto il tempo con voi."

"Non mi ci far pensare, l'ultima volta che ha passato così tanto tempo con noi ha quasi fatto saltare la casa, e io ho chiesto più ore di lavoro," scherzò e, sedendosi accanto a lei, le lasciò un bacio tra i capelli.

Leanne sorrise e sentì il cuore riempirsi di gioia: era così poco abituata all'idea di avere il padre a casa tutto per se da non avere la benché minima idea di come reagire.

Una cosa era certa, non gli avrebbe lasciato neanche un minuto libero. Aveva settimane intere da recuperare.

"Che forza! Aspetta che lo sappia James, sei stato proprio un figo."

"Com'è che nessuno dei miei figli sembra avere un po' di giudizio?"

"Oh, dai, pà. C'è Noah, lui è quello saggio di noi."

Suo padre sospirò in modo teatrale, portandosi una mano all'altezza del cuore. "Quel ragazzo sarà il bastone della mia vecchiaia."

"Non dirglielo o lo spaventerai, e allora ti rimarrà solo James."

"Oh, per carità, non affiderei neanche un pianta a tuo fratello."

Effettivamente, ricordò Leanne, l'ultima e unica volta in cui erano stati affidati a James, si erano ritrovati a correre verso il pronto soccorso e una bistecca in meno.

Anche se non aveva chiari ricordi di quella giornata, sapeva solo che si era conclusa con un suo lieve trauma cranico.

"C'è sempre Ally," convenne lei. "Sarà sicuramente piú affidabile di James."

"E tu, signorina? Non vorrai stare col tuo vecchio e stanco papà?"

"Non potrò, sarò una giovane donna in carriera. Non avrò tempo da perdere dietro a te e la mamma."

"I figli," suo padre sospirò, inzuppando un biscotto nel latte. "Passi la vita a preoccuparti per loro e poi fanno a mora cinese per chi debba stare con te."

"Grande quest'idea, papà: vinco sempre a mora cinese."

Il padre, a quelle parole, scosse la testa ormai rassegnato.

Leanne passò il resto della mattinata, fino a quando non si alzarono anche gli altri, in sua compagnia a tempestarlo di domande e storie.

Le aveva raccontato delle persone che aveva conosciuto e dei luoghi visitati, ma soprattutto le aveva rivelato di avere un regalo per lei.

Avrebbe dovuto aspettare gli altri, aveva detto però, e Leanne odiava aspettare.

Senza contare che, una volta svegli, i suoi fratelli si sarebbe contesi l'attenzione del padre mettendola nell'angolo.

Tanto alla fine vinceva sempre Ally, perché darsi tante pene?

Qualche ora dopo, Leanne stava giusto mettendo in ordine il disordine della sera prima, con l'aiuto di Annabeth e Rebecca, quando la madre la chiamò.

"Len, c'è una lettera per te," le prose una busta e la guardò curiosa. "Chi ti scrive?"

"E chi lo sa, non sapevo neanche si usassero ancora le lettere," rispose e fece spallucce. Si voltò verso Annabeth e Rebecca, mostrando loro la busta e ricevendo due espressioni confuse quando le sue.

"Non è che ti sei di nuovo iscritta a qualche newsletter?" tentò Annabeth.

"Non credo, sei sempre stata con me in questi giorni. Mi avresti fermata."

"Lo spero bene," intervenne sua madre. "L'ultima volta prima di riuscire ad annullare l'abbonamento ci abbiamo messo dei mesi. Ho ancora dei cassetti pieni di riviste sugli animali."

"Io volevo solo leggere un'articolo sui panda, che colpa ne ho," si giustificò Leanne

Per lo meno era stato un articolo molto interessante, con tanto di video sui cuccioli di panda.

"Insomma, che aspetti?" fece Rebecca, togliendole la busta di mano e aprendola per lei.

"No, ma prego... fa come se fosse tua."

Rebecca sventolò una mano in sua direzione, dandole poca importanza, mentre Annabeth e sua madre si posizionavano alle sue spalle per leggere.

"Oh, che cosa dolce," cinguettò sua madre dopo aver letto il contenuto della lettera.

"Ma di cosa parli? Non è davvero la posta di qualche rivista strana?"

"Len," Annabeth si voltò verso di lei e Rebecca girò il foglio per farglielo leggere. "Sei stata invitata alla cerimonia di premiazione di Julian Powell, questo fine settimana."

Ah!

🎈🎈🎈

Leanne contò mentalmente fino a dieci facendo dei respiri profondi, prima di bussare alla porta.

"Ethan, sono Leanne. Posso entrare?"

Neanche due secondi dopo la porta venne sostituita dalla figura del ragazzo. Aveva i capelli umidi e alcune goccioline d'acqua gli scivolavano lungo il collo.

Desiderò poterne raccoglie una col indice, ripercorrendone il tragitto.

Era appena uscito dalla doccia e, a giudicare dagli aloni sulla maglietta, doveva essersi vestito velocemente per aprirle.

"Len, ciao," la salutò con un sorriso. "Ti serve qualcosa?"

Sí, un bacio! E che si levasse la maglietta, così che potesse continuare a seguire la gocciolina.

No, no, no. Non doveva distrarsi, accidenti a lei. Era ancora arrabbiata, non poteva demordere proprio ora.

"Pronto? Terra chiama Leanne," Ethan le sventolò una mano davanti la faccia. Ma perché non la smetteva di sorriderle in quel modo? "Ripeto, terra chiama..."

"Sì, ci sono, scusami," fece Leanne, sbattendo gli occhi ripetutamente per tornare alla realta. "Volevo parlarti di una cosa che ho ricevuto."

"Dovrebbe riguardarmi in qualche modo?" le chiese, facendole spazio per entrare nella stanza.

Leanne ignorò il disordine che sembrava governare la stanza dovuto alla coesistenza di ben tre ragazzi, con i mille vestisti sparsi persino sul pavimento e i letti sfatti, e si sedette sulla sedia.

"Direi di si, fino a prova contraria Julian è ancora tuo fratello," sventolò l'invito appena ricevuto.

Ma era una pallina di plastichina quella sulla scrivania? Esattamente come ci era finita lì?

"Alla fine ti ha invitato," commentò Ethan. "Mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto farlo ma non era sicuro per... sai, come stavano le cose tra di noi."

"Sono contenta mi abbia invitato ma, ecco, io..."

"Non sai se accettare perché hai paura che le cose possano essere strane?"

"Esatto. Sarà il giorno di Julian e non è giusto rovinarlo con i nostri problemi."

Ethan si sedette sul letto, sfregandosi i capelli con un'asciugamano lasciato lì. Leanne si soffermò per un momento sulla contrazione dei muscoli del suo braccio a ogni movimento, inclinano la testa per guardare meglio.

No! Quello era sbagliato.

Si diede una botta sulla testa, costringendosi a non guardare e attirando l'attenzione di Ethan.

"Non credo di volerlo sapere," commentò lui senza inflessione nella voce. "Comunque ti assicuro che non succederà niente, farò il bravo.  Non rifiutare solo per me, Julian vorrebbe che tu ci fossi," la guardò dritto negli occhi, impedendole di abbassare lo sguardo o rifiutare. "E anche io, a essere sinceri."

Maledizione, l'aveva messa all'angolo.

"Va bene," mormorò Leanne, alzandosi di scatto dalla sedia e avvicinandosi all'uscita della camera. "Hai promesso però, ricorda! Ora vado a chiamare Julian e a dirgli che ci sarò."

Ethan annuì e fece per darle le spalle, continuando ad asciugarsi i capelli.

Leanne lo capí subito: era una di quelle situazione da ora o mai più.

"Ethan, senti," il ragazzo si voltò a guardarla, in attesa, "Se ti va, sarei pronta a sapere cosa è successo quest'estate. Magari davanti un gelato, solo tu e io."

E il sorriso che ricevette in risposta le valse qualsiasi indecisione.

Sperava solo di non pentirsene.

🎈

Beccatevi questo scambio di messaggi tra "cognati" che io amo Julian, è un cucciolo da difendere e amiamolo tutti insieme. (Il formato della foto stavolta lascia un po' a dissertare, non capisco il motivo...)

Dunque, cosa posso dire di diverso dal solito? Ah si, amiamo tutto insieme Julian per aver invitato Leanne.

Grazie Juls, grazie a te avremo delle scene magistrali (ops, mi è scappato).

Ci tenevo a fare un piccolo appunto, ovvero spiegare (per l'ennesima volta sì, mi sento una mamma al colloquio insegnanti) perché i Lethan agiscono come fanno.

Non ho mai voluto caricare questa storia di dramma o tragedia solo per attirare lettori etc etc etc il mio intento era rappresentare una normale storia d'amore, tra due normali ragazzino che vivono una vita normale

Tutto molto normale, vero?

Insomma, so che molti si aspettavano una specie di tradimento di Etjan ma io lo trovato fuori dal personaggio. In più come vedete in questo capitolo cercano un punto di incontro, Leanne gli da una possibilità.

I motivi sono due e semplici:

- il primo è che in amore (e detta così sembra un biglietto dei Perugina), se davvero ci tieni, ti dai dei pizzicotti a volte e metti l'orgoglio da parte. Triste a dirsi ma sul piatto della bilancia fa meno male.

- tolti alcuni momenti di grande disagio, hanno sempre affrontato le cose parlando e confrontandosi. Ethan e Leanne nascono come due persone che da subito si dicono le cose in faccia e le affrontano, e così volevo che continuassero a svilupparsi.
Non sarebbe stato nelle loro corde un tradimento di Ethan, o magari che il ragazzo non chiedesse perdono.

Detto ciò, che magari non vi interessava , io sono molto contenta per alcuni motivi. Innanzitutto nel prossimo capitolo FINALMENTE scoprire cosa passa per la testa a Ethan.

Se avete idee e congetture, prego vi ascolto proprio qui.

Poi avremo dei bei capitoli a Casa Powell che saranno solo un continuo dell'atmosfera creata nel primo volume del capitolo "Indovina chi è alla porta".

E in più, dopo settimane di stallo, sto finalmente ingranando con la storia di James e muoio dalla voglia di dirvi tutto ma non si può. Però ehi, se avete idee o sclero da fare su di lui fatelo pure qui.

Che altro dire?

Niente raga, adoro vedere i vostri commenti e come reagite a ogni cosa, ma soprattutto l'affetto che dimostrate a questa storia.
Io invece sono pessima e ancora non ho risposto ai vostri commenti, ma giuro che risolvo! Purtroppo lo studio mi sta uccidendo.

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