05. Questione di tempo
"È proprio necessario?" Leanne si buttò sul letto, cercando di nascondersi tra i cuscini.
Magari, se ci avesse creduto abbastanza, le coperte l'avrebbero risucchiata, evitandole così di uscire.
"Necessario no," Josh le spinse l gambe per farsi spazio, "Ma doveroso sì: è estate, Len, non puoi stare chiusa in casa tutto il tempo."
"Ma il letto è così invitante."
"E lo sarà anche al tuo ritorno, non va da nessuna parte."
Leanne mise il labbro inferiore infuori e si avvicinò lentamente al cugino. "Ascolta cosa ti propongo," disse, col miglior tono invitante che riuscisse a fare, "E se rimanessimo a casa a fare una maratona di Star Wars?"
Josh si voltò a guardarla con lentezza e lei poté godersi il luccichio interessato nei suoi occhi.
L'aveva tentato, allora un barlume di speranza c'era.
"No," esclamò Josh all'improvviso. "Noi stasera usciremo e tu ti alzerai da questo letto prima di ora."
Sbuffando, Leanne seguì le indicazioni e si mise seduta. Sempre premurandosi di esternare il suo malcontento, infilò velocemente le scarpe e si alzò in piedi.
"Andiamo," alzò gli occhi al cielo e si avvicinò alla porta. "Ma questa me la paghi."
"Leanne," fece Josh, con tono calmo e paziente. Neanche avesse a che fare con una bambina. "Saremo davvero tanti stasera, troppi perché tu finisca davvero a parlare con Ethan."
"E va bene," acconsentì Leanne, seppur di malavoglia. "Però continuo a pensare che avremmo anche potuto evitare di uscire con lui."
"Con lui e tutto il resto della famiglia."
"Con lui," sottolineò Leanne e il cugino sbuffò spazientito.
Ecco fatto, finiva sempre per fare la figura della bambina quando c'era Ethan nei paraggi. Era terribilmente nocivo per la sua persona, aveva deciso (e in realtà gliel'aveva anche comunicato, quella mattina a colazione).
"Te lo farai andare bene, visto che l'unico modo per andare in centro era accettare un passaggio da Robert e George."
"Saremmo potuto rimanere a casa," borbottò Leanne a mezza voce.
"E perderci la presentazione ufficiale del perfetto Charles? Mai al mondo."
🎈 🎈 🎈
Non appena poté scendere dalla macchina, Leanne si ritrovò a ringraziare tutti gli Dei che le venissero in mente, chiunque essi fossero, e poco ci mancò che non baciasse l'asfalto.
La guida di suoi cugino Robert era a dir poco spaventosa e più di una volta aveva visto Josh trattenere un conato di vomito.
"Al ritorno cerchiamo un altro passaggio," Josh le si affiancò, ancora bianco in volto.
"Assolutamente."
Il locale, constatò Leanne non appena si trovano in sua prossimità, era gremito di persone, a tal punto che la fila si estendeva fino al marciapiede successivo.
"Non entreremo mai," si lamentò Josh. "Cos'è, Len, eri così arrabbiata che hai fatto il malocchio?"
La sua risposta non tardò ad arrivare e lo fece sotto forma di un pugno: ma guarda tu, il malocchio, lei...
"Non preoccupatevi, dolci fanciulli, noi non faremo la fila," Robert le si avvicinò, passandole un braccio intorno alle spalle, "Il nostro Marcus ha un amico che ci farà entrare," indicò il cugino dietro di loro.
"Anche se ancora non vuole dirci di chi si tratta," intervenne James. "Ma a proposito di persone che non conosciamo, Rebecca dov'è?"
"E con Rebecca, intendeva chiaramente dire il perfetto Charles," s'intromise Marcus, rassegnato. Si aggiustò la camicia celeste, intonata con i suoi occhi, e si sistemò i capelli biondi.
In poche parole, suo cugino rappresentava la quintessenza della bellezza.
Leanne scosse la testa e si strinse nelle spalle: sua cugina si sarebbe dovuta armare di molta pazienza per riuscire a superare quella serata, sperava solo avesse messo in guardia il suo ragazzo.
"Ha detto che ci raggiunge più tardi."
"Siamo arrivati," li informò Marcus, riponendo il telefono in tasca ora che non era più necessario seguire delle indicazioni.
"Ehi, ragazzi," James urlò e cominciò a sbracciarsi verso l'entrata del locale. "George!"
Leanne si voltò verso il punto in cui si sbracciava suo fratello, individuando subito le tre figure di George, Noah ed Ethan.
Prese un respiro profondò e seguì gli altri: le danze avevano inizio, non le restava che sperare che Ethan fosse stanco di essere trattato male e decidesse di lasciarla stare.
Ovviamente, nel momento stesso in cui lo pensò, seppe già come le sue fossero semplici illusioni.
Purtroppo per lei, conosceva bene l'individuo sottosviluppato con cui aveva a che fare. A ognuno la sua croce, insomma, e a lei era toccato lui.
"Salve, famiglia," li accolse George con un sorriso. "Entriamo?"
"Sì, Marcus... vai dalla tua conoscenza," lo spronò Robert, ammiccante.
"Ancora un po' e ti lascio fuori," minaccio Marcus, prima di avvicinarsi al buttafuori.
"Ehi, Stellina, hai sentito la mia mancanza?"
Leanne si voltò come scottata verso Ethan, ritrovandoselo pericolosamente vicino: non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui la distanza tra loro era stata così minima da farle vedere tutte le lentiggini impercettibili sul naso del ragazzo.
E non ricordava l'ultima volta in cui una tale assenza di distanza non si fosse, inevitabilmente, conclusa con un bacio.
Si era messo una polo, a differenza degli altri quella sera, perché lui le camicie le aveva sempre odiate e preferiva metterle sono nelle occasioni importanti, in cui non aveva scelta. Eppure Leanne non riusciva a non guardarlo; a lui e quei suoi occhi verdi che quella sera sembravano due fari pronti a seguirla.
"Come può mancarmi un' irritazione cutanea," fece Leanne e si allontanò.
Si prospettava una serata davvero lunga.
"Ragazzi, venite," Marcus fece loro segno di avvicinarsi e entrare.
Leanne fu la prima a muoversi, desiderosa di allontarsi da Ethan e dal fastidio mal di stomaco che le provocava la sua presenza.
Non appena ebbe messo piede nel locale però dovette arrestarsi per abituarsi alle luci colorate: sbatte ripetutamente gli occhi mentre un fascio di luce verde le faceva abbassare la testa, infastidita.
Sentì distrattamente una mano posarsi sulla sua schiena, prima che l'odore inconfondibile del dopobarba di James le inondasse le narici: doveva decisamente iniziare a metterne di meno, anche perché lei iniziava a sentirsi un maledetto cane da tartufo.
"Len, ascolta," si avvicinò al suo orecchio e cercò di sovrastare la musica, "Il locale è pieno, cerca di non allontanarti mai da sola, okay? Anche se devi andare al bagno e proprio non trovi nessuno, chiamami!"
Leanne nascose un sorriso intenerito e annuì: era bene che James continuasse a credere che quelle sue piccole e continue premure passassero inosservate, o avrebbe cominciato a fingersi eccessivamente disinteressato per difendersi.
"Vieni," la spinse leggermente, invitandola a camminare, "Ci sono gli altri."
Leanne stava per chiedere chi, esattamente, fosse gli altri quando individuò Daniel seduto su una delle poltroncine del locale.
Gli altri erano Daniel e, alla sua vista, Leanne sorrise istintivamente, cominciando a lisciarsi delle pieghe inesistenti della maglietta.
"Ce l'avete fatta," disse Daniel e si alzò per salutarli. Strinse velocemente la mano di James e si accostò a lei, lasciandole un veloce e casto bacio sulla guancia. "Sono contento ci sia anche tu," le disse nell'orecchio.
"Daniel, amico mio," Ethan si palesò al suo fianco, precedendo così qualsiasi sua risposta, e le passò un braccio intorno alle spalle. "Sei stato grandioso alla partita, ci sei per la prossima, vero?"
Leanne cercò di scostarsi dal suo abbraccio ma Ethan fu più veloce, impedendoglielo: sbuffò e, senza farsi notare, gli pesto il piede.
"Assolutamente," rispose Daniel, "Ma non ti voglio come avversario, sei troppo forte."
Ah ah ah.
Com'era ironica la vita, si divertiva a prendersi gioco di lei.
"Non preoccuparti, non c'è proprio competizione," fece Ethan, nascondendo il vero significato delle sue parole dietro un tono amichevole e fintamente lusinghiero.
"Stronzo," borbottò a mezza Leanne, senza però essere sentita da nessuno dei due ragazzi.
Sempre stretta nell'abbraccio, e odiandosi per la sensazione di familiarità che quella posizione le dava, si guardò velocemente intorno: di Josh nessuna traccia né tanto meno di Noah.
Fantastico, l'avevano abbandonata, e menomale che aveva promesso rispettivamente di non abbandonarla a se stessa uno e di farsi perdonare l'altro. Era proprio vero che non ci si poteva fidare di nessuno.
"Dan, sono dieci minuti che ti cerco," una ragazza si avvicinò a loro e si attaccò al braccio di Daniel, alzando la voce per sovrastare la musica.
O meglio, notò Leanne con disappunto, si avvicinò a Daniel.
"Stavo parlando con questi amici," disse Daniel, indicandoli: "Ti ricordi? Vi avevo detto che sarebbero venuti."
Vi?
Allora non erano lì insieme, appurò Leanne con sollievo
La ragazza si voltò allora verso di loro, facendo ondeggiare i chilometrici capelli biondi, e, dopo averli scrutati attentamente, allungò una mano in sua direzione: "Sono Jane, scusate ma non vi avevo visto."
"Leanne, piacere," pigoló Leanne.
"Ed Ethan," e nello stringere la mano alla ragazza, si ritrovò ad allentare la presa intorno alle sue spalle.
Leanne non ci pensò due volte e, approfittando del momento di distrazione, sfuggì alla sua presa: e vaffanculo!
"Voi siete..." Ethan lasciò cadere la frase allusivo, covando un po' di speranza.
"Amici," rispose Jane con un sorriso, "Da fin troppo tempo perché io possa guardarlo come un ragazzo vero e proprio, o almeno non dopo che ci hanno persino cambiato i pannolini insieme."
Leanne, a quelle parole, si rilassò impercettibilmente, mentre Ethan sussurrava un'imprecazione a mezza voce.
Ah, ci hai provato!
L'inconfondibile vibrazione del cellulare l'avviso di un messaggio da parte di Rebecca:
Stiamo parcheggiando. Dove siete?
Finendo di ascoltare con un sorriso la conversazione che si stava tenendo al suo fianco, Leanne rispose velocemente alla cugina:
Dentro al locale. Ti aspetto all'entrata.
"Ragazzi, è arrivata mia cugina. L'aspetto fuori," fece Leanne, gesticolando animatamente per farsi capire nonostante la musica.
Jane annuì alle sue parole e Daniel fece per parlare, muovendo un braccio verso di lei, ma ancora una volta Ethan parlò per primo.
Com'era possibile che riuscisse sempre a starle tra i piedi?
"Ti accompagno, andiamo."
"Guarda che posso andare da sola," si lamentò Leanne."
"Neanche per sogno, è pericoloso e poi James mi ammazzerebbe se sapesse che ti ho lasciata da sola," Ethan le passò una mano dietro la schiena, così da non perderla tra la folla, "E la sua opinione di me al momento già non è delle migliori per ovvi motivi."
Leanne lo guardò di sottecchi: si era stranamente sentita tirata in causa. Che James avesse fatto o detto qualcosa in sua assenza, nonostante raccomandazioni?
Qualunque fosse il motivo, si disse, non erano problemi suoi: Ethan non era più il suo ragazzo e, visto che era stato nuovamente declassato a semplice e insignificante amico di Noah, doveva occuparsene il fratello.
S'impose di rimanere al suo posto e di tenere a freno la lingua. Dopotutto, l'ultima volta che si era intromesso in una questione di uno dei suoi fratelli era finita con finti fidanzati e fraintendimenti a colazione. E stava ancora pagando lo scotto per quell'intromissione, come dimostrava la presenza fin troppo invadente e sgradita di Ethan.
"Rebecca dov'è?" chiese il ragazzo, appoggiandosi al muro e infilando le mani nelle tasche.
"Stavano parcheggiando, con questo casino ci metteranno un po'," rispose e si voltò verso di lui.
Il vento gli muoveva leggermente i capelli, le guance erano arrossate per il caldo e lui era incredibilmente carino.
No! Carino no! Stupido, odioso, stronzo... ma carino proprio no.
"Non ti senti bene?" Ethan si stranì e si avvicinò a lei, per guardarla meglio.
"Sto benissimo, perché?"
"E allora perché sembra che tu abbia appena ingoiato un limone?"
Perché a quanto pare il mio cervello sembra essere colpito da lapsus improvvisi e si dimentica di come reagire in tua presenza.
O meglio, di come non reagire.
"Avevo una cosa nell'occhio," Leanne si strinse nelle spalle, sperando di chiudere la conversazione velocemente.
"Se vuoi posso controllare," Ethan ammiccò e le indirizzò un occhiolino.
"Se mi tocchi, urlo. Sei avvisato."
Ethan alzò le mani in segno di resa e si rilassò contro il muro; vedendolo finalmente deporre le armi Leanne lo imitò e si posizionò al suo fianco.
Rimasero semplicemente in silenzio a godersi quella tregua momentanea. Non vi era tensione né imbarazzo, per una volta tanto Leanne aveva staccato la spina e smesso di pensare a mille cose.
I silenzi, con Ethan, erano sempre stati estremamente facili. Come tutto il resto, d'altronde.
Lo sentì sospirare pesantemente e, ancora prima di indirizzargli un'occhiata con la coda dell'occhio, Leanne seppe già che stava per dirle qualcosa:
"Di un po', non mi perdonerai mai, vero?"
"Come vuoi che ti risponda?" Leanne rigirò la situazione, aspettando una sua risposta e sperando di rimandare l'inevitabile. Era una conversazione a cui non era pronta e che non aveva voglia di affrontare, non in quel momento e non con Ethan che la guardava così profondamente.
Si sarebbe potuta perdere nei suoi occhi e non le sarebbe neanche dispiaciuto.
"Voglio la verità, credo di meritamela. E se proprio non me la merito, credo che lo devi ai mesi in cui siamo stati insieme," rispose Ethan, così serio da farle paura. "O se vuoi, possiamo appartarci da qualche parte, la prenderò come una risposta più che esaustiva," continuò con un sorriso, per stemperare la tensione che si era creata.
Leanne scosse la testa, abbozzando un sorriso. "Non lo so se riuscirò a perdonarti, Ethan," ammise, dopo alcuni secondi in cui aveva cercato le parole giuste. "Una parte di me vorrebbe dirti di no e mettere un punto a questa storia mentre l'altra vorrebbe tanto urlare di sì e provarci di nuovo; perché, ammettiamolo, insieme eravamo grandi. Ma la verità è che mi sento come attirata da due poli opposti e l'unica soluzione che trovo è che io non lo so proprio se ci riuscirò."
"Potremmo provarci," Ethan si avvicinò a lei e incatenò gli occhi nei suoi. "Potremmo farlo insieme, io... io giuro che non rifarei gli stessi errori, anzi non ne farei affatto."
"Vuoi davvero questo per noi?" Leanne si costrinse a non abbassare lo sguardo, "Tornare insieme con te che fai i salti mortali e io che ho dubbi ogni dieci minuti? Io non voglio questo."
"Cosa vuoi allora?"
In quel momento sentiva di volere tutto e niente: voleva tornare a qualche mese prima, quando litigavano continuamente, sì, ma subito dopo facevano la pace e ogni volta era sempre meglio, perché la pace, dopo un litigio, è sempre più bella. Voleva tornare a scherzare con lui, a passare interi pomeriggio a stare ognuno per conto suo ma insieme, che quando era sommersa di studio e poi alzava la testa e lui era lì al suo fianco, allora tutto sembrava più facile.
Voleva semplicemente smettere di pensare, ma soprattutto non voleva più doversi preoccupare di tutta quella situazione.
"Del tempo, ho bisogno di tempo," rispose Leanne, mordendosi il labbro inferiore per trattenere le lacrime. Chiaramente, doveva ancora lavorare sulla precarietà delle sue emozioni. "Pensi di potermene dare?"
Vide Ethan aprire più volte la bocca, indeciso su cosa dire e cosa no. Poteva quasi vedere nella piccola ruga tra gli occhi lo sforzo dei suoi pensieri, e istintivamente alzò una mano per sfiorargli il mento.
Che poi, perché proprio il mento tra tante parti del corpo?
Era proprio cretina a volte.
"Va bene," sussurrò Ethan e Leanne percepì tutto l'impegno che c'era dietro quelle parole. "Mi faccio da parte, ma te lo dico: non demordo, Leanne, non ti lascio andare. Io sono ancora qua," appoggiò la fronte contro la sua e il suo respiro le solletico il viso. "Però se vuoi davvero che io ti dia tempo, devi fare una cosa per me."
E lei che lo stava pure rivalutando, maledizione.
"Ethan, non ho intenzione di fare niente di immorale o..."
"Balla con me!"
Lei cosa? "Io cosa? Ma i troppi pensieri ti hanno mandato in escandescenza il cervello? Lo sapevo, dopotutto non sei abituato."
"Balla con me," ripeté Ethan, passandole un braccio intorno alla vita, "E questa conversazione finirà qua, non dirò più una parola a proposito."
Leanne ingoiò a vuoto e rumorosamente (evviva la femminilità), soppesando le conseguenze che ci sarebbero state se avesse accettato.
Alla fine, vinta dallo sguardo supplichevole del ragazzo, sospirò e gli portò le mani all'altezza delle spalle.
Una cosa era certa, se solo avesse provato a baciarla gli avrebbe dato un pugno.
Ethan però, non soddisfatto, aumentò la presa intorno al suo corpo e se la strinse maggiormente addosso, cominciando a dondolare sul posto.
Leanne chiuse gli occhi e appoggiò la testa al suo petto, con in sottofondo i battiti del suo cuore che la cullavano.
Era un abbraccio che sapeva di casa. Ma, soprattutto, la stava destabilizzando più di quanto si aspettava, portandola a stringere la presa intorno alle sue spalle per godersi il momento.
E diamine se non le era mancato.
"Ethan, non è esattamente una musica da lento, questa" mormorò Leanne, alludendo all'eco lontano che proveniva dall'interno del locale.
"Non sono un granché a ballare," ammise Ethan e lo sentì sorridere contro i suoi capelli, "Temo che i piedi mi si rivolterebbe contro se decidessi di fare qualcosa di più complicato."
"E allora perché mi hai chiesto di ballare se non sei capace?" chiese e sbuffò una risata.
"Mi mancavano i tuoi abbracci, e sapevo che non me ne avresti mai dato uno di tua iniziativa," rispose Ethan e si lasciò andare a un sospirò: "Cazzo, se mi mancavano."
Leanne non trovò nulla da ribattere, spiazzata dalla sua risposta e con il cuore che batteva a mille.
Maledizione a Ethan e a come la faceva sentire.
🎈 🎈 🎈
Ops... abbiamo spiato il telefono di Leanne. Vi piacerebbero momenti più "social" come questo a fine capitolo? Ditemi che ne pensate, potrebbe diventare un bel modo per entrare a contatto con i personaggi.
Detto ciò, passiamo al capitolo: Ethan mi distrugge il cuore ogni capitolo ormai, spero si percepisca un po' la sua maturazione ma soprattutto la "serietà" della loro relazione. Certo, sono due testoni, all'opposto del romanticismo e cinici però volevo dare un'idea di Ethan lontana dal ragazzo impanicato del primo volume.
Ethan, alla fine, sa cosa vuole e non demorde. Non sapete quanto mi abbia fatto male scrivere di loro distanti comunque, dopo tutti i passi avanti fatti. Dovevo conoscerli in una nuova veste: non erano più due persone che si irritavano, due finti fidanzati o due amici che si piacciono. E avevo terribilmente paura di sbagliare e rovinarli.
Spero che vi stiano piacendo e, soprattutto, che siano proprio come li ricordavate.
Fatemi sapere le vostre opinione e apriamo la fine dialogo "Jane" ->
PS. Credo che da questo momento, salvo delle eccezioni, passeremo a tre aggiornamenti settimanali.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro