9· Cara Lily...
Stringo tra le dita la manica del vestito e punto leggermente i piedi per terra. Io non ci voglio andare. Cielo, perché ho ascoltato quelle due? Non dovevo, decisamente. Sbuffo, voltandomi a guardare Alicia mentre si passa il mascara sulle ciglia già lunghe di natura, e menomale che una volta ci disse: "Non me lo metterò mai, se no le ciglia mi arrivano fin sui capelli."
- Quanto ti manca? – Jo cambia posizione sul letto, incrociando le gambe. – E poi, da quando metti il mascara?
- Da quando mi va.
Ali sorride, lo vedo dal suo riflesso nello specchio, consapevole di aver dato fastidio a Jo.
- Bella risposta – sussurra lei, infatti. – Cambiando argomento... Fred ti ha invitato, vero?
- Invitato dove? – ripone il mascara e si alza, scrutando Jo.
- Alla festa.
- Ah. Bah. Mi aveva chiesto sì, però col fatto che è qui... boh, non saprei.
- Be', scusa, se la metti così, neanche io dovrei andare con Jason – osservo. – Non che mi importi, eh – chiarisco, davanti alle occhiate sorprese delle mie amiche.
- Vallo a raccontare a qualcun altro.
- Ma è vero!
Jo inarca un sopracciglio, scettica.
- Davvero – ribadisco.
- E allora perché hai accettato?
Perché se no mi avreste ucciso. Scrollo le spalle e lancio uno sguardo rapido all'orologio appeso al muro.
- Quanto ti manca? – ripete Jo, agitando svogliata in aria la bacchetta.
- Fatto.
- Bene. Allora andiamo.
Jo si alza dal letto e mi supera, apre la porta e si ferma sul pianerottolo.
La raggiungo, lasciando che un sospiro mi esca dalle labbra.
- Nervosa?
- Non so, Jo. Io non ci volevo andare con lui. Cioè, non mi piace. Non ho abbastanza elementi per stabilirlo.
- Secondo me... non ti piace – sussurra, guardandomi fugacemente.
- Cosa te lo fa dire?
- Boh, non lo so. Il tuo comportamento, probabilmente. Forse pure questo è soggettivo, però io con Terence non ero così spigliata, e neanche Ali lo è con Fred.
La porta si chiude alle nostre spalle e Ali ci affianca.
- Siete pronte?
- No – esclamo, mentre Jo, probabilmente rassegnata dal fatto che non vedrà Terence, esala: – Sì.
- Bene.
Si prendono per mano, Ali mi tende la sua e corrono verso le scale, trascinandomi con loro.
- Ma che fate!
Rido. Ed è davvero liberatorio farlo. Non so, c'era qualcosa che mi pesava, probabilmente l'appuntamento forzato o dovermi mischiare con una quantità di gente indefinibile.
- Ali! Rallenta! – urla Jo, quando si vede comparire davanti la parete.
Credo abbia paura di rompersi il naso.
Ali gira di scatto, evitando la parete e Jo si ritrae velocemente quando si vede comparire davanti agli occhi il grigio scrostato dell'intonaco. Wow, non avevo mai notato che fosse rovinata. Probabilmente c'è un incanto che impedisce di vedere questi piccoli dettagli da lontano. Chissà.
Più ci avviciniamo alla Sala Comune, più la musica si alza, irrompendo prepotente nelle nostre orecchie, tra le crepe sulla parete che riesco chiaramente a vedere e anche tra le fessure delle porte, e tra le serrature. Irrompe ovunque, con l'urgenza e la voglia di ricevere attenzioni di un bambino di cinque anni; è irrefrenabile, allegra, ma a tratti diventa triste, si incupisce, come se qualcosa la facesse arrabbiare. Sento che vorrebbe dire di più di quello che i Weird Sisters le fanno dire, vorrebbe vivere, correre, saltare e scappare via, per provare il brivido di esser libera, rincorsa, cercata da qualcuno che la desidera, che la vuole.
La porta che dà sulla Sala si apre e Fred copre la luce fioca che ne penetrava fino a poco fa attraverso.
- Ciao, Jo. Ciao, Kenzie – fa un sorrisone e i suoi occhi si appoggiano su Ali, come richiamati da qualcosa. Si illuminano, il sorriso si allarga ancora di più.
- Ali.
Lo pronuncia lentamente, come se stesse cercando di assaporarlo lettera per lettera.
Lancio un'occhiata a Jo, per dirle che forse sarebbe meglio se ce ne andassimo.
Cerco di farmi spazio dietro a Fred, sperando di non dargli fastidio.
La differenza tra il corridoio e la Sala è palpabile. Mentre il primo era vuoto e abbastanza illuminato – per il primo tratto – la seconda è piena di ragazzi, probabilmente tutti Grifondoro. Gli stendardi appesi in ultras sono solo pieni di Grifoni, e normalmente rappresentano tutti gli stemmi – eccetto quello di Serpeverde.
La musica riecheggia più forte di come pensassi, un tavolo posizionato vicino al caminetto sulla destra è pieno di cibo, lì intorno brulica di ragazzi. Qualcuno è seduto anche sulle poltrone, altri ballano. Un forte odore dolciastro aleggia nell'aria, probabilmente proviene da quella cassa di Burrobirra aperta
e messa vicino alla porta.
Un lettore CD, a sinistra, manda in ripetizione ad alto volume la musica. Due ragazzi si alzano dalle poltrone, appoggiano i boccali vuoti sul tavolino là davanti e corrono verso il centro della stanza dove, da quel che sembra, è stata allestita una pista da ballo improvvisata.
- Balli?
Jason mi affianca, guardando davanti a sé.
- Assolutamente no.
Scuoto la testa con forza, fissando la cassa di Burrobirra che si svuota sempre di più.
- Perché?
- Sembro un elefante. E probabilmente farò più confusione di questo in una cristalleria.
E' vero. Non sto mentendo. Giuro.
- Uhm.
Sbatte le palpebre, forse cercando di capire se stessi dicendo o meno una bugia.
- Non sto scherzando, Jason.
- Okay. Quindi... niente ballo. Cibo?
Sì.
- No, grazie, sto bene così.
Quando mangio sembro una bambina di due anni. Mi sporco ovunque.
- Sei sicura?
- Sicura.
Sorrido, guardandolo allontanarsi.
Mi volto, cercando con lo sguardo una poltrona libera. Non c'è. I miei occhi nel percorso incappano in una figura appoggiata a una libreria, girata quel poco verso la luce che mi permette di capire chi sia. Wood.
Qualcosa mi stringe le viscere. Ancora non ho capito cosa gli sia passato per la testa l'altro giorno.
Lui alza la testa, sentendosi osservato. Le sue pupille si incastrano nelle mie, ed è così che ci ritroviamo azzurro contro marrone. Devo dire che è strano. Guardarlo negli occhi, intendo. Ho sempre guardato così Jo, come se dicesse una costa stupida ma che, al tempo, è intelligente. Sorrido, sperando che capisca che "non ce l'ho con lui" anche se non è così.
Sono arrabbiata da morire, ma lui non lo deve sapere. Proprio no.
- Ehi. Hai trovato... Ah – Jason arriva, mi chiama, segue il mio sguardo. Si ferma anche lui su Wood, le labbra si stringono in una smorfia di disappunto. – Andiamo?
E' brusco; ha cambiato completamente tono. Non avrà mica pensato che...
- Jason – lo chiamo. – Non crederai mica che mi piaccia.
- Chi?
Si gira, mi scruta.
- Wood.
I suoi occhi percorrono tutto il mio corpo, si fermano su un punto indefinito tra il collo e la pancia. Per favore. Smettetela tutti di guardarmi il seno, vorrei urlare. Cosa c'è di così interessante? Non ne avete mai visto uno?
- Ah. No, assolutamente no.
Credo volesse sorridere, quando ha tirato le labbra verso l'alto, ma non gli è riuscito bene. Sembrava il sorriso dello Spaventapasseri del Mago di Oz. Non ci credo neanche se me lo dice con un tono convinto.
- Okay.
Chiudo gli occhi, cercando di ignorare il suo sguardo e quello di Wood su di me. Sospiro e li riapro qualche secondo dopo.
- Allora, dove dobbiamo andare?
- Credevo avessi cercato un posto.
Ci ho provato; l'ho fatto.
- Era tutto pieno. Non potevo andare là e chiedere ai ragazzi: "ehi, ciao, scusate, non è che potreste andare da un'altra parte?"; non è carino, Jason. E non mi interessa cosa pensi tu, ma io non l'avrei mai fatto. Adesso, se non ti dispiace, devo andare in bagno.
La schiena aderisce perfettamente alle mattonelle che ricoprono la parete del muro; passo una mano sulla scritta che qualcuno che dormiva qui prima di noi vi ha inciso sopra, probabilmente con la magia, perché è visibile anche da lontano. Il ché significa che la strega che l'ha fatto dev'essere stata davvero molto potente, perché per penetrare quella barriera magica ci vuole comunque molta energia.
Percorro col polpastrello la L e la J incise, circondandole con il cuore che la ragazza si è premurata di mettere come cornice della sua e dell'iniziale del ragazzo.
Chissà qual è la loro storia. Come si sono conosciuti, se si sono sposati, se hanno avuto un figlio, due.
Appoggio il polpastrello nello stretto spazio che l'autrice ha lasciato alla J, giusto uno minuscolo. Una leggera rientranza mi colpisce. Letteralmente. Qualcosa, da quella rientranza, inizia a uscire, andandosi a scontrare col mio dito. Lo sposto, lasciando alla cosa il tempo di uscire e di prendere le sue dimensioni effettive. E' una scatola di cartone, chiusa con diversi giri di cordino; un nodo, quasi perfetto, chiude i due lembi del cordino.
Tocco lo spago con un dito e il nodo si scioglie, lasciando che la scatola si apra. Un foglio marroncino esce fuori, ed è ricoperto di inchiostro. E' una scrittura fitta, quella che lo riempie.
Non credo che sia una cosa giusta quella che sto per fare... ma è troppo forte; sono troppo curiosa.
Spiego il pezzo di pergamena, sentendomi sempre più in colpa.
"Hogwarts; Dormitori di Grifondoro. Giorno 1.
Cara Lily,
oggi piove, e sto pensando a te. Come sempre.
Questa distanza mi uccide, ancora non mi capacito di quello che è successo. Non capisco come sia possibile che Silente ti abbia lasciata andare, nonostante quello che sta succedendo là fuori e i pericoli che potresti correre. Non capisco come faccia a non essere preoccupato. Io sto morendo d'ansia.
Oggi Felpato e Lunastorta hanno litigato nel bel mezzo di una lezione di Lumacorno: è stato uno spettacolo epico. Sirius ha perso la calma e ha sguainato la bacchetta. Ha lanciato a Lupin un Pietrificus Totalus ma Lumacorno ha spedito il suo incanto indietro, verso il possessore. Sirius si è fermato, sorpreso. Solo che l'incantesimo ancora non l'aveva colpito e quando si è scostato ha colpito Pivel... Volevo dire, Piton. Credo che tu reputi questa la parte meno divertente, ma davvero, visto in prima persona è stata una figata (si dice così? si scrive così?)
Va be', non importa e adesso devo andare, dobbiamo assolutamente stracciare Serpeverde a Quidditch. Sirius vuole che Regulus si senta umiliato (questo ti diverte? o lo trovi comunque ripugnante? ancora non l'ho capito).
Ti amo da morire,
James."
Ripiego il primo foglio e subito, un secondo mi vola tra le mani. E' ricoperto dalla stessa grafia sottile e allungata e, a giudicare dallo spessore del foglio, è molto lunga questa lettera.
"Hogwarts; Campo di Quidditch. Giorno 2.
Cara Lil,
abbiamo vinto! Non che mi stupisca, eh. Però... ABBIAMO VINTO! Non so se tu ti senta oggi nell'umore di festeggiare, immagino che tu stia cercando di ignorare Petunia mentre svolgete quello che dovete fare; non so, magari i vostri funerali sono diversi dai nostri. Sicuramente. Ma non è questo il punto. Premetto che sarà una lettera piena di cose sdolcinate perché sì.
Il vento soffia troppo forte, e fa un freddo terribile. Quanto vorrei che tu fossi qui, così da permettermi di abbracciarti nonostante tu sappia come fare un incantesimo per rimanere perennemente al caldo. Non mi interesserebbe, e lo sai benissimo. Camminare mano nella mano perché hai il vizio di andare in giro con un guanto bucato e una mano nella tasca; oppure darti un bacio per levarti quel baffo di panna che ti rimane sopra il labbro ogni volta che bevi la cioccolata calda, come accade sempre i quei film che ti piacciono tanto. Anche portarti attraverso tutti i passaggi segreti di Hogwarts non sarebbe male, magari raccontarti della loro storia, e stupirti con tutte le cose che so – che non riguardano la scuola, ovviamente. E poi scattarti una foto mentre sorridi, per poi ricordare quel giorno e per mostrarla a qualcuno. Magari a un piccolo me, o a una piccola te (lo chiameremo Harry, ho deciso, e non accetto un no come risposta. Sarebbe un nome perfetto per un bambino).
Comunque, oggi ho avuto la malaugurata idea di aprire quell'album di foto che ci ha regalato Alice come regalo per il nostro mesiversario, e rendermi conto della differenza tra una te felice e una te triste mi ha straziato. Da morire. Lo so che è difficile, ma è sempre un colpo realizzare che là fuori c'è qualcosa che ci minaccia costantemente; un essere umano che ha deciso di cedere a quella sua voce interiore che gli grida di esser cattivo. Non lo so, Lily. Onestamente non ci sto capendo più niente; riesco solo a pensare a quando potresti tornare. E a come sarà la mia faccia quando ti rivedrò.
Ti amo,
James."
Questa volta non mi dà neanche il tempo di ripiegare la lettera che stavo leggendo, che me ne vola in mano un'altra ancora.
"Cokeworth; camera di mamma e papà.
James,
ti ho già detto che no, nostro figlio non si chiamerà Harry. Non mi piace come nome. E poi... NOSTRO FIGLIO? SERIAMENTE? ABBIAMO SOLO DICIASSETTE ANNI!
Comunque, due cose. Uno, Petunia si è fidanzata con un tale – Vernon Dursley – e mi hanno chiesto se una volta volessimo uscire a cena con loro. Cosa dico? Io non credo di non volerci andare davvero, vorrei che un minimo io e mia sorella fossimo in buoni rapporti, ma lo so che non sarà mai così. Lei mi odia.
Due, tra qualche giorno dovrei essere di ritorno, giusto in tempo per l'inizio della sessione preparatoria per i M.A.G.O. che Ali ha organizzato. Dovresti partecipare anche tu, sai? Ti farebbe bene.
Sai, non sono riuscita a smettere di ridere mentre leggevo tutta quella cosa sui dettagli che noti di me. Voglio dire, è un po' inquietante, non trovi? Mi sento quasi presa sotto esame... Però è una cosa bella, credo. Che tu ti accorga di queste piccole cose di me; e non so se sentirmi prevedibile, ormai, per te, oppure se sentirmi speciale per questo. Nel dubbio, direi che devo sentirmi Lily e basta, no?
Credo che Petunia stia leggendo tutto da sopra la mia spalla, e non fa che sbuffare; penso si stia trattenendo dal mandarmi a quel paese, ma ehi! Io ho scritto la verità, e lei lo sa. Spero che dopo questo non voglia portarmici davvero, a quel paese. Magari le indico Hogsmeade come meta; così mi sarebbe molto facile raggiungerti.
Mi manchi anche tu, Jamie.
Ti amo,
Lily."
- Kenzie?
Ripongo i tre fogli di pergamena nella scatola, alla rinfusa, ma loro si mettono a posto da soli, in ordine cronologico. Chiudo il coperchio e, con un movimento della bacchetta, riavvolgo il cordino attorno al cartone e ristringo il nodo.
- Sì?
- Tutto bene?
- Sì, Jo, non preoccuparti.
- Torni giù? Jason ti stava cercando.
- Non ho voglia, Jo.
- E' successo qualcosa?
- No no, tranquilla.
- E allora cos'hai?
- Non voglio stare giù. C'è troppa gente. Lo sai che gli spazi affollati non mi piacciono.
- Non me la conti giusta, Kenzie. Ma va bene così. Se per te non ci sono problemi, ovviamente.
- Nessuno. Proprio nessuno.
- Okay. Allora ci vediamo più tardi, ti voglio bene.
- Anche io.
Attendo di sentire i suoi passi allontanarsi, prima di riaprire la scatola.
"Hogwarts, Stazione di Hogsmeade. Ultimo giorno.
Cara Lily,
credo di non aver mai avuto così tanta ansia in vita mia. Scommetto che resterò un bel po' qui, fermo, sulla panchina anche quando tu sarai arrivata. Probabilmente avrai anche cercato di portarmi via. Ma ovviamente, non ti darò ascolto e, allora, ti siederai vicino a me, guardando un punto fisso davanti a te.
Non so se tu cercherai di convincermi più volte, probabilmente sì. Oppure potresti decidere di schiantarmi e, dopo avermi lanciato un incantesimo di lievitazione, portarmi verso il castello.
Non lo so, Lily, non lo so. Cosa mi assicura che ti comportarai come credo? So che incidenti e traumi possono cambiare il comportamento delle persone. Ma magari tu sei sempre la stessa, invece; lo spero.
Eccolo, sento il suo sferragliare sulle rotaie in lontananza; fischia, e percepisco che il macchinista sta rallentando.
Appare all'orizzonte, rosso e nero, una nuvola di fumo grigiastra esce fuori dalla parte alta del treno; non ho la più pallida idea di come si chiami, ma tu sicuramente lo sai. Si sta fermando, le tende si abbassano tutte insieme, e le porte si aprono. Non so dove tu sia. Il conducente scende, una borsa viene appoggiata sul binario. Alzo lo sguardo, e tu sei lì. I capelli rossi ti scendono lungo le spalle, quasi si mimetizzano con la vernice sbiadita del treno. Ti vedo che sorridi, allarghi gli occhi. Scendi veloce il gradino, afferri la borsa e ti guardi attorno. Mi vedi, e il tuo sorriso si allarga ancora di più. Credo di dover smettere, mi stai correndo incontro.
Ti amo Lily, tantissimo.
James."
Piego la lettera, nessun'altra corre nelle mie mani, eppure la scatola non è vuota. Sarà perché ho scelto l'ultima lettera?
Tiro su col naso e, passandomi la lingua sulle labbra, mi accorgo che sto piangendo. Oh, mamma mia, perché sono così emotiva? E perché mi commuovo per delle lettere scritte da sconosciuti? Ma soprattutto, quant'è carino questo James?
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