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34· Amore mio

- Okay, quindi, chi dovrebbe esserci esattamente? – Oliver mi passa una mano tra i capelli, osservandomi dall'alto. Alla fine gliel'ho chiesto e, contro ogni aspettativa, ha detto di sì. Adesso stiamo aspettando Jo, Ali e Fred, ma il silenzio che aleggia in Sala è un po' spaventoso: ci siamo solo noi due. Non è un caso, quindi, che mi sia sdraiata su un divanetto e abbia appoggiato la testa sulle gambe di Oliver. Non è che normalmente mi sento in imbarazzo, quando siamo insieme, però quando siamo solo io e lui è sempre... meglio. Più naturale, più casa. 
- Jo e Terence, anche se continuo a sperare che ci dia buca. Poi, Fred e Ali e non ho capito se alla fine vengono George e Angelina. Perché George non ha ancora trovato il coraggio di dirle che... insomma, di parlarle di qualsiasi cosa provi per lei.

- Uhm – ferma le dita sulla mia nuca, probabilmente sovrappensiero. Mi giro, appoggiando la pancia sui cuscini del divano. Cerco i suoi occhi, come se fossero l'unico punto di riferimento, l'unica luce in un'immensa distesa di buio. Mi ignora, lasciando scivolare via la mano. Gliele catturo entrambe, intrecciando le dita tra loro. – Ehi – sussurro, provando a catturare la sua attenzione. – Oliver – lo chiamo, osservando il suo sguardo sfilare sempre più lontano. Sospiro, facendo per rimettermi giù poi, però, mi fermo. No, non posso lasciar perdere così. Mi siedo sulle sue gambe, lasciando andare le sue mani. – Ehi – gli alzo il mento, in modo da guardarlo negli occhi. – Oliver – passo una mano tra i suoi capelli. – Cos'hai? 
Permette alle sue iridi di scontrarsi con le mie, forzando un sorriso. – Nulla, non ti preoccupare.
- No, col cavolo. Dài, ti prego, mi dici cos'hai? – scansa la mia mano dal suo mento, intrecciando le dita con le sue. Scuote la testa, allargando il sorriso. Non è vero. Qualcosa hai.

Ha reagito così quando ho nominato George, no? Anche l'altra volta, quando mi sono spaventata per Terence e ha visto George lì con me ha iniziato a comportarsi in modo strano. E perfino quando siamo usciti. Ah. Abbozzo un sorriso, incastrando la testa nell'incavo del suo collo. E' geloso. – Oliver. Ti amo, davvero. Non ti devi preoccupare per questo, okay? – trattengo il respiro, sperando che il mio non nominare cosa sia successo funzioni, in qualche modo. Scosto la testa, inclinandola appena per poterlo guardare in faccia. I suoi occhi si incastrano con i miei subito, dandomi un minimo di sicurezza e tranquillizzandomi un poco. 
- Okay – mi accarezza una guancia, appoggiando poi le mani sui miei fianchi. Mi sporgo in avanti, per lasciargli un bacio all'angolo delle labbra. Non è il momento e neppure il luogo, ché va bene che è vuoto, ma non si sa mai chi è che potrebbe apparire. E lo so che lo sto dicendo mentre sono seduta su di lui e le sue mani sono sotto al mio maglione, le sue dita appoggiate sulla pelle. Ma questo lo trovo... più normale. Anche se più intimo. 

- Quanto ci mettono? – sbuffa, lanciando un'occhiata in direzione della porta. E menomale che fino a poco fa era scettico. Rido, appoggiando il mento sul suo petto. Voglio comunque guardarlo negli occhi.
- Se vuoi posso andare a chiamarle – osservo la linea della sua mascella; non riesco a smettere di farlo e non so neanche perché. Da qui riesco anche a scorgere il neo sopra al labbro. Sembra pensarci e, nel frattempo, mi sporgo per dargli un altro bacio. Sta volta poco sopra la mascella. 
- Assolutamente no – ride, guardandomi curioso. – Che fai, mi lasci da solo?
Sollevo le spalle, chiudendo gli occhi. – O ti lascio da solo o ce ne andremo tra cent'anni.
- Vada per i cent'anni, allora – si china verso di me quando si apre la porta. Finalmente. 

Una Jo trafelata esce da lì, guardandosi attorno. Arrossisco visibilmente, rinunciando a scendere giù sentendo la presa delle dita di Oliver. Alzo le iridi, guardandolo negli occhi cioccolato. Scuote appena la testa, ossevandomi in una maniera che non riesco a decifrare. 
- Eccovi! – esclama Jo, venendo verso di noi. Si ferma a qualche passo di distanza, imbarazzata. – Scusate. Non volevo interrompere nulla – però trattiene un sorrisetto. Che stronza. 
- Troppo tardi – borbotta Oliver, facendola ridere. – Quindi? Gli altri?
Jo ci guarda, scrutando per davvero la posizione in cui ci troviamo. – Fred e Ali si stavano... salutando – trattiene un verso poco descrivibile, voltandosi verso la porta. 
Ah. Sorrido, lasciando scivolare una mano verso quella di Oliver. Appoggio il palmo sul suo polso, in quello che è il gesto più stupido che abbia mai fatto, ma che è uno dei tanti che mi fa sentire tremendamente a mio agio.

- Ciao! – sobbalzo, cadendo all'indietro. Ma che cavolo. Oliver mi tiene per la mano, triandomi su. Grazie, amore mio. Uho. Non suona così strano. Proprio no. Certo, non lo dire mai ad alta voce, però...
- Ali! Mannaggia a te, guarda. Menomale che non mi sono rotta nulla – le punto un dito contro, alzandomi. 
Ride, scoprendo gli incisivi. Fred la guarda come se fosse l'unica persona nella stanza; non l'avevo mica notato. E' proprio bella, oggi. I capelli neri le si arricciano alla fine, gli occhi marroni sono contornati da una leggera striscia di eyeliner e le labbra sono stese in un sorriso un po'... inquietante. Sembra troppo felice. Speriamo che lo sia davvero, perché se lo merita. – Bene! E adesso, andiamo! 

Jo corre verso il Buco del Ritratto, girandosi quando si accorge che non l'abbiamo affatto seguita. – Dài! – sbatte le palpebre velocemente, nervosa. Che carina, non vede l'ora di vedere Terence. Non so se sia una cosa positiva, onestamente. Afferro la mano di Oliver, tirandolo verso di me. Jo mi sorride riconoscente, uscendo dalla Sala. Ali mi si affianca, facendo sfiorare le nostre mani. – Tutto okay? – bisbiglio, lanciando un'occhiata a Fred. Annuisce, felice. Direi che se mi ha sentito è un miracolo. Mettiamo piede fuori dal Dormitorio, trovando Jo e Terence appoggiati alla parete. Anche lui la guarda completamente catturato dalla sua presenza. Abbozza un sorriso, staccandosi dal muro. Per quanto, però, possa trattare bene Jo, osservo, mentre le cinge le spalle con un braccio, resta il fatto che non mi convince. Per niente. 

Quanto fa freddo. Mamma mia. Mi stringo al fianco di Oliver, prestando una relativa attenzione a quello che si sta dicendo. C'è il cinquanta percento di possibilità che stiano parlando di Quidditch e, forse, complice questo, la temperatura e la fame, non riesco a restare davvero qui. Continuo a non capire perché in questa parte dei Manici di Scopa non faccia caldo. Non è molto giusto. Ali e Jo tornano indietro con cinque boccali di Burrobirra, distribuendoli per il tavolo. Avverto il calore risalire da quello di Oliver, davanti alla mia faccia, e il mignolo della sua mano sinistra intrecciarsi al mio. – Kenzie, che succede? – scrollo le spalle, cercando di ignorare gli sguardi preoccupati delle mie amiche. Non è il momento. Ché tra l'altro, una mezza idea ce l'avrei del perché non stia neanche provando a parlare con loro, ma non penso che sia il momento adatto per parlarne. Anzi, non ci sarà mai il momento ideale, perché non penso che loro siano della mia stessa opinione. Non lo saranno mai. Proprio mai. – Vogliamo... uscire un attimo? – no. Non posso monipolizzare la situazione e rovinare tutto costantemente. Scuoto la testa, voltandomi verso Jo. Forzo un sorriso, sollevando impercettibilmente le sopracciglia. 

- Ci facciamo un giro, Ali? – Jo mi prende per la mano, scansando quella di Oliver. Mi tira con sé fuori dal tavolo mentre Alicia si alza. Mi prendono a braccetto, trascinandomi fuori dal locale. 
- Oh, andiamo! Ma che motivo c'era? Qui fa ancora più freddo – sbotto. Ali mi accarezza la mano, sollevando appena l'orlo della manica del cappotto. La tiro giù velocemente, scansandola involontariamente. – Scusa. Allora? Cosa c'è di così importante?
Lo so che si sono appena scambiate uno di quegli sguardi d'intesa, di quelli con cui si dicono tutto. In questo momento inizio ad avere paura; ma paura vera. – Ti portiamo in un posto, dài – Ali si sposta velocemente dalla traiettoria di due ragazzine esaltate che corrono dietro a qualcuno, inciampa su una ruota di un carretto che vende qualsiasi tipo di frutta – il che è un po' strano – e scivola sul giacchio. La prendo da sotto l'ascella, per non farla cadere.
- Ali, ma hai meno equilibrio di me e un birillo messi insieme – sussurro, lanciando un'occhiataccia alle ragazzine ormai lontane. Jo ride, tirandole un pugno sulla spalla. 

Alicia alza gli occhi al cielo, ridendo con noi. Altre ragazze ci superano, correndo nella stessa direzione delle precedenti. – Scommetto, al novantanove virgola nove percento che laggiù – Ali punta il dito verso il gruppo enorme di ragazzine, – c'è Diggory. Per forza, se no non si spiega.
- Ma poi perché? Non è neanche così bello! – si lamenta Jo.
- Be', oddio; oddio. Quella mascella squadrata, gli occhi grigi, i capelli biondi. L'altezza; il fisico perfetto, che tra l'altro sembra più quello di uno che gioca a palla a nuoto, però va bene lo stesso. E poi... niente, credo sia solo bello; sicuramente di carattere è come dovrebbero essere tutti i Tassofrasso, quindi non c'è da meravigliarsi.
Jo mi fissa, perplessa. Scuote la testa, trascinandoci tutte verso sinistra. – Ma tutti questi complimenti? Non è che te li eri già preparata?

Quasi mi strozzo con l'aria, davvero. Perché io passo le mie giornate a pensare a Cedric Diggory, naturalmente. Perché non ho altro da fare, nessun altro a cui pensare, proprio no. – Sì, lo ammetto. Mi hai scoperta. Cedric è al centro dei miei pensieri giorno e notte – la prendo in giro. Ali si volta verso di me, di scatto. Ha gli occhi sgranati. – Stavo scherzando, Ali. Non ti preoccupare.
Tira un sospiro di sollievo, come se fosse possibile per me pensare a qualcun altro che non sia Oliver. Mannaggia a lui che sta sempre in mezzo alla mia testa; non credo sia molto normale. Mi guardo attorno, incappando in un paio di negozi chiusi e un carretto familiare al lato della strada. Strizzo gli occhi, cercando di decifrare l'insegna. Biblioteca Errante, di Hillary e Frank. 
- Oddio, vi prego, andiamo lì? – mi fermo di scatto, tirando indietro le mie amiche e indicando il carretto. 

Si scambiano un altro sguardo d'intesa e capisco che era tutto calcolato; avevano già deciso tutto. Non so se essere felice perché si sono ricordate dei libri o se essere dispiaciuta per essere così previdente. Nel dubbio, preferisco essere felice. Scoppiano a ridere, iniziando a correre in quella direzione. – Sì, va be', adesso è esagerato – borbotto, provando a ignorare il vento che mi sferza in faccia e che mi tira all'indietro. – E io non sono in grado di correre come voi – cerco di ricordar loro, ma le mie parole si perdono nel vento. Molto utile, devo dire. 

Si fermano a pochi passi dal carretto, mettendosi in fila dietro a un ragazzo dai capelli ricci. Non so, la gente sembra ignorarlo completamente, ma non riesco a capire se mi dia fastidio per i libri o se mi dispiaccia per i signori. Sono stati così carini, l'altra volta. Il ragazzo se ne va poco dopo, in mano una busta piena di libri. Ci avviciniamo al banco, separandoci. Inizio a perlustrare curiosa i nuovi arrivi, cercando di orientarmi tra i colori delle copertine. 
- Buon pomeriggio! – esclama Hillary. – Posso aiutarvi?
Jo afferra un libro, sfogliandolo. – Mi chiedevo se per caso ce l'aveste in un'edizione più vecchia.
- Prova a guardare lì – la signora punta il dito verso una pila di libri accatastati accanto una ruota, per poi rivolgersi ad Ali, che sembra intenzionata a chiederle qualcosa. Intanto, vengo catturata da una copertina arancione. Le dita mi si stringono attorno alla costa prima che possa anche solo dirmi di aspettare e qualche secondo dopo già lo stringo in mano. Lo giro, per guardare la copertina. Ah; Il Ritratto di Dorian Grey. Com'era? Un bel libro? Proviamo. 

Lo apro, osservandone il carattere: non è troppo grande; è perfetto. Già un punto a suo favore. Alzo la testa di scatto, coprendo la seconda di copertina con una mano. – Oh, tesoro! Come stai? – ops. Mi ha visto. E mi ha anche riconosciuto. Sorrido, facendole un cenno. – Molto bene, grazie. Lei?
Mi sfila il libro dalle mani, osservandolo con cura. – Ti ha convinto alla fine quel ragazzo, eh?
Oliver. Proprio così. E non solo per i suoi gusti in fatto di libri. 
- Quale ragazzo? – Jo si avvicina curiosa, guardandomi perplessa. Quale ragazzo, secondo te? Per favore. – Oliver – non so perché, ma non riesco a dirlo senza arrossire. Mi è venuto spontaneo. 

- Alla fine vi siete messi insieme? – ci fermiamo tutte e tre, paralizzate. Lo sapevo che aveva capito qualcosa, ma non pensavo che sarebbe mai arrivata a fare domande così dirette. Annuisco mesta, prima di sussurrare quanto debba pagare il libro. – Oh, non ti preoccupare, cara, te lo regalo. 
Di nuovo? Santo Cielo, è proprio fissata con i regali. – Grazie mille – sorrido, afferrando la busta che mi porge.

Credo che le dita siano le uniche cose rimaste al caldo. Ho provato a chiedere se potevamo infilarci da qualche parte, magari in un posto dove questa volta facesse caldo, ma nessuno mi ha dato retta. Soprattutto perché l'unica opzione era andare da Madame Puddifoot. Il ché è comprensibile, però almeno un "no" me lo meritavo. Fatto sta che adesso siamo seduti tutti e sei su una panchina. Più o meno. Credo che Oliver e Terence stiano più che seduti in equilibrio solo per miracolo. Ma finché sono contenti loro, va bene tutto. Facciamo che mi alzo. E che sto in piedi, così loro si posso sistemare meglio. Mi tiro su, lasciando la busta in mano a Oliver. 
- Che succede? Tutto okay? – il ragazzo davanti a me mi lancia uno sguardo allarmato, alzandosi anche lui. 
- Sì. Solo... credevo che voi poteste sistemarvi meglio, così. E poi... fa troppo freddo per restare seduti.
- Vuoi... facciamo un giro? Ti prego. Non credo di riuscire a sopportarli ancora – sussurra al mio orecchio, abbracciandomi.

Sospiro sollevata. Non vedevo l'ora. Non mi andava di fare la figura di quella odiosa che non vuole passare il suo tempo con le amiche e con il ragazzo, ma... dopo un po' è troppo. Non ci riesco. Ho bisogno di stare con lui e basta, solo per sentirlo davvero vicino a me. Appoggio la testa sulla sua spalla, incrociando lo sguardo di Ali. "Tutto bene?", mima con le labbra.
"Torniamo indietro. Dillo anche a Jo". Annuisce, sorridendo.
- Possiamo andare, se vuoi – si scansa quel poco che gli permette di guardarmi negli occhi. Corruga le sopracciglia, perplesso. – Ma non gli dici nulla?
- Già fatto. Andiamo, ti prego. Si gela.

Intreccia le dita alle mie, voltandosi per salutarli con un cenno del capo. Per un po' rimaniamo in silenzio; le suole delle scarpe che scricchiolano sul sottile strato di neve; i respiri che, a contatto con l'aria gelata, si condensano in piccole nuvolette di vapore; la testa da tutt'altra parte e il cuore nel petto per... magia. Non so come abbia fatto a non scoppiarmi prima.
- Cosa avevi, prima?
Corrugo le sopracciglia, cercando di ricordare. – Nulla, davvero. Stavo solo... pensando ad altro – annuisce appena, accarezzandomi il dorso della mano.
- Altro, del tipo? – secondo me lo sai benissimo da te, Oliver. Ormai non è che ci voglia un genio per capirlo. 
- Non riesco a non sentirmi responsabile, Oliver. Non ci riesco. E' più forte di me. Però, non voglio che parliamo di questo; non è giusto. Dimmi un po', dài; come ti è sembrato Terence?
Ride, avvicinandosi. Le nostre spalle si sfiorano, infondendomi altro calore. – Proprio non riesci a fartelo andar giù, eh?

- Non riesco a levarmi di dosso la sensazione che la stia prendendo in giro – ammetto. – Però la guarda in un modo...
Alza un estremo delle labbra, cingendomi le spalle. – Secondo me è innamorato cotto. E basta. Stai tranquilla, puoi fidarti di lui. E se comunque non lo fai, fidati di me.
- Quello sempre – bisbiglio, stringendomi al suo fianco. Fa troppo freddo. Però sì, se me lo dici tu mi fido, Oliver. Perché... non lo so, è più forte di me, è troppo impellente e necessario il bisogno che sento di fidarmi, di credere a quello che mi dici. Sarà perché sei arrivato così, pretendendo di spiegarmi delle regole di un gioco inutile perché per te era impensabile che non ci sapessi giocare. Sarà perché sei estremamente affascinante e non riesco a distogliere gli occhi da te; sarà perché sei bello, perché non mi sono mai trovata così bene. Sarà perché sono innamorata di te, e anche tanto. Ma... sento di poterlo fare e chi sono io per dirgli di no? Per dirgli che cosa fare, in che cosa credere? Nessuno. Però... lo so che i miei comportamenti sono un po', come dire, sfuggenti e, a volte, anche criptici, ma so anche che posso tranquillamente dirgli che se c'è una cosa in cui deve credere con tutte le sue forze siamo noi. Magari non dureremo per sempre, magari romperemo domani, però ci siamo amati, tantissimo, ed è l'unica cosa che conta. Se poi vuole smettere di farlo, lo lascerò andare, perché funziona così, ma non posso permettermi di perderlo. Sarebbe troppo. Tutto troppo complicato, ancora. Tutto troppo spaventoso. Ma a quanto pare è normale, deve far paura. Come dovrebbe farmela il mio cuore che batte smisuratamente, perfino adesso, mentre le sue dita sono intrecciate alle mie, mentre mi sorride, felice, mentre mi guarda, si china, mi dà quel bacio sulla punta del naso che voleva darmi prima, poi un altro sulla fronte, e poi sussurra: – Ti amo, tantissimo. Ti prego, non dubitarne mai.
- Mai. Te lo prometto. Davvero. 

E poi si china ancora, facendo scontrare le nostre labbra, in un unico movimento fluido, in un modo che ormai è nostro, con delicatezza, come se fosse ancora spaventato dal fare un possibile passo falso. Ma spero lo sappia, e se non lo sa, glielo dirò, prima o poi; non penso che ci sia qualche suo comportamento che possa davvero spaventarmi. Non nel modo in cui sono abituata io. Sarebbe troppo... strano. E un segno enorme che abbiamo smesso di crederci, di lottare, di amarci a vicenda. E, di nuovo, non me lo posso permettere. Perché lui sarà pure tutto, sarà pure casa, ma prima di tutto è Oliver.
Per un attimo, il pensiero di che cosa sarebbe potuto accadere se i gemelli non gli avessero detto che di Quidditch non ne capisco assolutamente niente mi attraversa la mente, ma poi mi ricordo che lui mi aveva già... vista, già notata. Prima o poi si sarebbe avvicinato comunque, in un modo o nell'altro; e non l'avrei respinto. Avrei... lasciato che le cose facessero il suo corso, come ho permesso alla mia testa di farmi apparire a intermittenza un'istantanea dei suoi occhi. Dei suoi meravigliosi occhi.

Alzo la testa, le irridi collidono, ed è quando il marrone e il celeste, la combo perfetta, in questo momento, si incontrano, che mi sento a casa, perfetta, protetta. Oliver, amore mio, ti prego, qualsiasi cosa succederà, fammi spiegare, lasciami parlare, perché magari non sembra, ma io una spiegazione ce l'avrò al novantanove percento. Oliver, di nuovo, ti amo da morire. 

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