19· Di te, di noi, qualsiasi cosa siamo
Qui fuori si gela, ma guardare Jo e Terence quasi riappacificati ripaga tutto. Credo si siano riappacificati: Jo continua a tirargli addosso palle di neve neanche fosse Piton.
Un po' mi fa paura, a esser sincera. Spero che non decida, a un certo punto, di coinvolgermi. Anche perché seduta su questa panchina si sta benissimo. Sì, lo so. Avevo detto a Oliver che l'avrei fatto, in sostanza che mi sarei lasciata andare. Ma una volta vista la foga che ci mettono i gemelli... be', diciamo che ho preferito sedermi e guardarli giocare.
- Dài, Kenzie, vieni qui!
- Te lo scordi, Jo.
La guardo, intenta a lanciare palle di neve addosso a Terence, poi si ferma, si accuccia per farne delle nuove e una di esse, lanciata da Fred, le arriva addosso, dividendosi in mille fiocchi e infilandosi un po' ovunque. Jo si gira, fissando Fred in un modo in cui spero non mi guarderà mai, e digrigna i denti. Wow, poco arrabbiata, la ragazza.
Osservo il gioco diventare una partita tra fazioni: Jo e Ali da una parte e, sebbene nella squadra avversaria ci siano finiti, involontariamente, tutti i ragazzi, le mie amiche riservano le loro pallonate solo al gemello che, in qualche modo, le ha fatte arrabbiare entrambe. Gli altri si allontanano, quasi timorosi, e osservo divertita George che cerca di attirare l'attenzione su di sé per far respirare un po' il fratello. Terence si guarda attorno e i suoi occhi cadono su di me. Provo a ignorarlo, perché è tutto quello che voglio in questo momento; non è che posso mettermi a raccontare la mia vita al primo sconosciuto che passa per spiegargli le mie reazioni. Non sono semplicemente affari suoi; ma lui non sembra pensarla così. Viene verso di me e, cercando di ignorare il suo sguardo insistente, punto il mio da qualche altra parte. Le mie iridi si incastrano su Oliver che sta, sì, parlando di non so cosa con Finn, ma che, in un modo abbastanza discreto, come se al suo amico importasse, mi lancia ogni tanto un'occhiata per assicurarsi che sia tutto okay. Non so se prenderla, di nuovo, come compassione, oppure, semplicemente come un istinto di protezione.
- Ehi – Terence si siede accanto a me e io mi scanso velocemente, timorosa di avere un qualsiasi tipo di contatto fisico con lui.
- Ehi – ricambio, senza guardarlo negli occhi.
- Io... non so cosa sia successo prima, ma dal modo in cui – strizza le labbra e gli occhi, come se quello che stia per dire gli costi chissà che fatica, o forse sta solo cercando di ricordare qualcosa. – Il tuo ragazzo...
- Oliver non è il mio ragazzo – sento le guance diventare rosse, imbarazzata.
- A me sembra proprio che si comporti da tale – giudica, con un tono di voce abbastanza infastidito.
- Come si comporta non sono affari tuoi, Terence – sibilo.
- Comunque, dicevo, dal modo in cui Oliver ha reagito, dopo che te ne sei andata... be', ho capito di aver sbagliato qualcosa, anche se non ho capito cosa, e ci tenevo a chiedere scusa.
- Okay.
- Okay? – scatta in piedi, rivolgendomi un'occhiata stupita. – Okay? Io faccio lo sforzo di chiederti scusa perché Jo mi ha chiesto di farti le mie scuse e tu rispondi con okay?
No, Kenzie, concentrati. Inspira ed espira.
- Non capisci che non me ne frega niente delle tue scuse? Non mi hanno fatto né caldo né freddo, soprattutto adesso che mi hai detto che non te ne fregava niente. Sai, non è compiacendola che tornerà indietro sui suoi passi, Terence.
- Ma tu che ne sai, eh?
Sogghigno, scuotendo la testa. – Pensi di conoscerla meglio di me, non è vero? – la voce mi esce in un pigolio, ché anche se rido il suo tono così alto mi spaventa.
- Può essere. D'altra parte, non vi siete parlate per quanto? Due mesi?
- Se non ci parliamo o meno, non sono cose che ti riguardano. E non sono due mesi a fare la differenza – stringo i pugni, fissando la neve. – Adesso... adesso io vado.
Mi alzo e lo supero, ricominciando a respirare normalmente solo dopo essermi allontanata. Jo e Ali non si sono accorte di niente, ma Oliver l'ha capito con un'occhiata sola che c'era qualcosa che non andava. Gli corro incontro, più o meno, e mi fermo accanto a loro.
Finn mi guarda, cercando di capire che cosa sia successo, sia adesso che prima, però non me la sento di raccontare questa cosa, ancora. Mi stringo al fianco di Oliver, alzando una mano nella sua direzione.
- Tutto okay, Kenzie? – Finn si avvicina di poco, spaventato, credo, da una mia ipotetica reazione.
– Sì, ma... non ti preoccupare, cioè, non è che se mi vieni più vicino di così vado nel panico. Anche perché se no... – indico me e Oliver, quasi abbracciati. Guardo il ragazzo al mio fianco di sottecchi, e credo che stia cercando di capire come potrei reagire se mi mettesse un braccio sulle spalle.
- No, sì, è che... non lo so, prima Terence ti si è avvicinato e...
- Era arrabbiato – mi sfuggono dalle labbra, queste due parole, e si infrangono sulle sue palpebre, sulle sue ciglia, sulle sue guance. – E' quello che mi ha spaventato.
- Oh. Allora ci credo che durante le partite di Quidditch leggevi invece di ascoltare. La McGonagall si arrabbia praticamente sempre con Lee Jordan.
- Non è quello. Era vicino, era arrabbiato e... – no, questo me lo tengo dentro, non voglio espormi troppo. – Comunque, qualcuno di voi sta cercando di capire chi è che sta vincendo?
Finn si gira, osservando la scena corrucciato. – Direi che adesso è diventata una sfida a due – il suo sguardo si muove, alla ricerca di Fred e Ali.
- Ah – scoppio a ridere e credo che sia questa mia reazione a convincere Oliver ad abbracciarmi. – Lasciali stare, Finn. Era anche ora.
- Sì, certo – lui conviene, e si volta verso di noi. I suoi occhi sono puntati verso il basso e credo che quella che ho sentito nella sua voce fosse una nota di... disappunto? Oh, cavolo.
- Finn?
Alza la testa, ma prima che possa dire qualcos'altro i suoi occhi si incastrano sul braccio di Oliver che mi circonda le spalle. Schiocca le labbra, passando lo sguardo su di noi, lentamente, pragmatico. – Fatemi capire. Ma voi due, esattamente... state insieme?
Oh. Allora Terence su qualcosa aveva ragione.
- No – rispondo, prima che Oliver possa registrare la domanda, sorvolare sulla curiosità dell'amico e pensare a una risposta.
- E allora che cosa...
- Non lo so, ma... Finn, non sono affari tuoi – la voce di Oliver è tagliente ed è nel momento stesso in cui pronuncia queste parole, che mi accorgo di averlo ferito. Cavolo. Finn mi guarda, occhi sgranati. Bene, se n'è accorto anche lui.
- Ehm... Finn, ascolta, ma... non è che ti piace Ali?
- No – risponde di getto, ma lo so che questa domanda lo ha, in qualche modo, punto nel vivo. – E comunque, non sono affari tuoi.
- Uhm... Tu credi, Finn? Ali è la mia migliore amica, è ovvio che siano affari miei. E non dire che allora anche quello che siamo io e Oliver è un tuo affare, perché da quello che so io, il rapporto che avete voi ragazzi è diverso da quello che abbiamo noi ragazze. Quindi? Ti piace o no?
- Te l'ho già detto: NO.
Faccio per ribattere, ma la stretta di Oliver sulla spalla mi ferma. Alzo la testa di scatto, ma lui neanche mi guarda. Indica con un cenno della testa Ali e Fred che si fermano accanto a Jo e a George, prima di venire verso di noi. Leva velocemente il braccio dalle mie spalle ed è come se mi trovassi in mezzo a una tempesta di neve senza vestiti: fa troppo freddo.
Jo e Ali mi vengono incontro, ognuna di loro con un sorriso stampato sulle labbra. Mi avvicino, perché in questo momento voglio solo allontanarmi da lui. Lo so che sono stata io a ferirlo, apparentemente, ma cosa potevo dire? Non ne abbiamo mai parlato, e magari si arrabbiava anche se dicevo di sì, perché magari con me non ci voleva affatto stare, o perché ho detto una bugia; poco importa che fosse, in un modo o nell'altro, una bella cosa, ma comunque di una bugia si trattava.
- Allora? Che mi raccontate?
Ali quasi saltella sul posto per la felicità.
- Be' – Ali lancia un'occhiata a Fred, estremamente vicino. – Magari ci allontaniamo un po' – propone.
Jo acconsente, cercando Terence con lo sguardo.
- Che cosa ci fa lui, laggiù?
- Era venuto da me. Sai, mi ha detto che gli hai chiesto di porgermi le sue scuse.
- Sì.
- Abbiamo litigato.
Entrambe si fermano, mi guardano, i loro occhi che cercano di rincorrere i miei, di incontrarli, per capire davvero come mi senta in questo momento; ma non mi va rovinare la loro felicità.
- Oh. Mi dispiace, Kenzie. Stai bene?
- Ah ah – forzo un sorriso. – Quindi? Chi inizia?
Jo e Ali si scambiano un'occhiata di pura intesa, e Ali inizia a parlare a macchinetta. – Ci siamo baciati. E mi ha chiesto di uscire. Non da amici – puntualizza. – E poi... abbiamo parlato, mi ha chiesto di te e Oliver, a dir la verità, ma non sapevo che dire, quindi ho cambiato argomento. Poi mi ha baciato ancora – sorride, Ali. E il fatto che lei sia felice mi fa star meglio.
Sorrido, spostando lo sguardo su Jo. – Tu, invece?
- Mi ha chiesto scusa, ma non ho ben capito come stanno le cose. Io... sono riuscita solo a strappargli la promessa che sarebbe venuto a scusarsi, poi non mi ha detto più niente, su quello. Ha sviato il discorso e... abbiamo chiacchierato un po', mentre aspettavamo gli altri.
- Jo, ma tu sei sicura di volerci tornare insieme?
- Be', non è che ho sperimentato molto questo stare senza di lui – mi fa notare.
- Appunto. Non credi che sarebbe meglio capire come va senza la sua presenza fissa? Nel senso, sì, potete vedervi, uscire, ma non ci sarebbe nessuna etichetta a definirvi, ché di etichette non ne abbiamo bisogno; è solo una cosa che ci spinge a fare la società.
- Quanto sei cinica – borbotta Ali.
- Però è vero.
Jo annuisce, ma non credo che mi abbia ascoltata. – Ehi. Che hai?
Io e Ali ci giriamo a guardarla, una traccia di smarrimento le brilla negli occhi, e sospiriamo entrambe. Lo sappiamo che la sua allegria è una maschera. – Jo – sussurro.
- E' quando succedono questi casini che vorrei che lui fosse ancora qui. Lui... era in grado di risolvere tutto in quello che mi sembrava uno schiocco di dita.
- Vedrai che si sistemerà in fretta, Jo – Ali le è subito affianco, alla ricerca di un contatto fisico che possa rassicurarla. – Non è un problema grave, quello tra te e Terence. E anche se non si dovesse risolvere, vuol dire che... non era destino.
- Destino – mastica ironica queste parole, la rossa. – Andasse affanculo il destino. Io voglio che si risolva e quindi si risolverà.
- E allora vacci a parlare, Jo. Chiedigli scusa per la tua decisione affrettata, perdonatevi a vicenda, così... uniti più di prima.
- Dite che...?
- Sì, è necessario, perché non puoi lasciare che prenda lui l'iniziativa, Jo. Non lo farà mai – commenta Ali, e ce ne accorgiamo tutte e due che questa è una frecciatina involontaria rivolta a Fred che di tempo per prendere l'iniziativa ce n'ha avuto e che si è svegliato solo recentemente.
- Okay. Allora vado.
- Sì, vai. E, Kenzie, dovresti farlo anche tu. Vai a parlare con Oliver, ché l'ho visto quanto era freddo.
Jo si ferma, si gira e mi squadra.
- Io... non me la sento. Ho paura di come potrei reagire se dovesse alzare la voce. Anche solo di poco.
- Kenzie. Non è di lui che devi aver paura se alza la voce, perché lui ci tiene a te e non ti farebbe mai niente di male.
Alzo la testa, di scatto. – Mi stai dicendo che mamma non mi vuole bene? – è un'occhiata, quella che serve per ghiacciarle entrambe dove si trovano.
- Evidentemente...
- No – scuoto la testa. – Voi non capite. Lei non se ne rende conto. Vedete perché non ve l'ho detto prima? Perché avreste reagito così, o peggio. E io non sono pronta a guardarla andarsene dalla mia vita. Anche se di buono non me n'ha mai fatto.
- E' proprio per questo che dico che...
- Comunque stiano le cose, Jo, queste sono cose che... non ti riguardano.
Le sputo fuori le ultime parole, consapevole di averla ferita.
Ali si gira, uno sguardo di fuoco. – Vedete di calmarvi, entrambe. Non c'era nessun bisogno di attaccarla così, Kenzie. E Jo... non era il caso di dire una cosa del genere.
Annuiamo entrambe, rendendoci conto per davvero di aver detto delle cose che, normalmente, non ci saremmo mai dette. – Mi dispiace, Jo – chioso, guardandola timidamente.
- Dispiace anche a me, Kenzie – mi sorride, ed è un sorriso che riscalda, il suo. – Adesso andiamo, se no non chiariamo mai, okay?
- Okay. Ali, ci vediamo tra poco.
Ci allontaniamo fianco a fianco, nessuna di noi due parla. Credo stia rimuginando su che cosa dirgli, a Terence, ma io non ci riesco proprio a farlo. Io... vado sempre a sentimento, quando sono con lui, niente di quello che mi esce dalle labbra è una cosa su cui rifletto più di due secondi, e questa cosa mi sconvolge ogni volta.
Jo si distacca da me, raggiungendo il Serpeverde, posizionato sulla stessa panchina dove l'ho lasciato. Sospiro profondamente, raggiungendo i ragazzi raggruppati sotto al portico che circonda la parte laterale del castello. Non so, credo che mi stiano ignorando tutti, sebbene Finn mi abbia visto. – Ehi – si girano tutti, fingendosi sorpresi. – Sì, saltiamo la parte in cui fingete di non avermi vista, grazie – sospiro ancora, guardando Oliver, che è l'unico a non aver rivolto il suo sguardo su di me. – Oliver, possiamo parlare?
Lui alza la testa, mi guarda e annuisce appena, staccandosi dal gruppetto. Ci allontaniamo, percorrendo il portico a una distanza che non c'era tra noi neanche quando eravamo sconosciuti. Giriamo l'angolo, si accosta alla parete e mi guarda, un sopracciglio alzato.
Resto ferma, ancora sorpresa dalla sua freddezza. Inspiro, alzando la testa. Incrocio i suoi occhi, e giuro che ci provo a tenerli incatenati ai miei per tutta la durata della conversazione.
- Oliver... Mi dispiace un sacco, ma... noi effettivamente non ne abbiamo mai parlato e siccome non so come reagisci alle bugie, ho preferito la verità. Non volevo ferirti, lo giuro, e non volevo neanche che tu pensassi che non me ne importa nulla – faccio qualche passo in avanti, verso di lui. Sento l'impellente bisogno di accorciare le distanze. – Perché non è così, a me importa davvero. Di te, di noi, qualsiasi cosa siamo. Io... voglio che questo sia chiaro, perché – faccio altri passi nella sua direzione, adesso a separarci ci sono una manciata di centimetri. Allungo una mano, cercando la sua, provando a dargli la conferma a gesti che mi importa. – Perché ormai tu sei diventato la mia casa, Oliver – le parole che mi rimbombano in testa da ieri sera escono fuori, scappano, desiderose di essere ascoltate da qualcuno. Ma un qualcuno importante, non uno qualsiasi.
Sorride, Oliver, e il caldo ritorna ad avvolgermi, anche solo dopo questo suo gesto. Mi tira verso di sé e, evitando di farmi cadere, mi abbraccia. Arriccio il naso, non avevo notato che profumasse di... cos'è questo? Pino sempreverde?
- Mi dispiace di aver reagito così – mormora, tra i miei capelli. – Non pensavo che servisse parlarne. Cioè, credevo che fosse scontato.
- Uhm – ridacchio appena. – Allora sono io a non aver recepito i segnali, Oliver.
- Non credo di aver lasciato segnali, sai – si allontana dalla mia spalla, per guardami negli occhi. Ci rimarrei ore, così. Io, lui, abbracciati, occhi dentro occhi. Ché quello che ci sta fuori non mi interessa, siamo sempre solo io e lui, nonostante la moltitudine di gente.
- Ah. Buono a sapersi allora.
- Quindi la colpa non è di nessuno.
Appoggio la fronte sulla sua, anche se arrivo a malapena alle sue sopracciglia. – Mi dispiace – soffio ancora, sopra le sue labbra.
- Non ti preoccupare – sposta i capelli che sono scivolati davanti ai miei occhi, e mi domando perché gli piaccia così tanto il contatto visivo. – Dicono che gli occhi siano lo specchio dell'anima, ma a volte non riesco proprio a capire cosa ti passa per la testa.
- E allora non è importante.
- Se è qualcosa che ti fa star male, sì. Cosa c'è che non va, Kenzie?
- Niente. E' tutto okay.
- Non è vero.
Non è vero, ha ragione. E' che... quello che ha detto Jo mi tormenta. E se... se avesse ragione?
- Oliver?
- Ehi.
- Posso chiederti una cosa?
Mi guarda e corruga le sopracciglia. – Certo – ma non sorride, mi guarda e basta. E' preoccupato davvero.
- Prima, quando stavo parlando con Ali e Jo, io ho detto che – deglutisco, a disagio, e sento il bisogno di fare un passo indietro. – Ho detto che avevo paura di come avresti reagito; che mi spaventava il fatto che magari, ti saresti potuto arrabbiare e che, io, ovviamente, non sapevo come avrei reagito. E Jo se n'è uscita dicendo che non sei tu, quello di cui dovrei aver paura perché... tu ci tieni a me e quindi non mi faresti del male. E quindi... mi stavo chiedendo, e l'ho detto anche loro, se secondo loro, mamma non mi voglia bene.
- Mi stai chiedendo di dirti quello che penso, vero?
Annuisco, osservando il suo viso.
- Non so cosa potrei dire, perché in questo momento non posso fare a meno di pensare che tu avessi paura del fatto che mi sarei potuto arrabbiare, però... Kenzie, io credo che lei non si renda conto di quello che le succede, quando... sì, insomma, quindi non si può dire se ci tenga o meno a te. Voglio dire, mi sembra strano che una madre non voglia bene alla propria figlia, perciò non so proprio come risponderti.
Scrollo le spalle, avvicinandomi di nuovo. – Grazie.
Lo abbraccio ancora, stringendolo. Il suo cuore batte all'impazzata e sorrido, consapevole del fatto che lo stia facendo solo per me.
- Non ti preoccupare, okay?
- Okay – sorrido, cercando i suoi occhi.
- Senti, ma... a proposito... hai scritto ai tuoi?
- Ah, sì. Hanno detto che a loro farebbe piacere se andassi, ma che se voglio posso restare qui.
- E tu che vuoi fare? – lo chiede timoroso, sapendo che io una risposta precisa non ce l'ho, perché sì, magari per gli altri un motivo per tornare a casa non esiste, se non rivedere papà, ma a me mamma manca, a discapito di tutto.
- Non lo so, Oliver. Io vorrei andare, credo, ma non me la sento di tornarci da sola. Voglio dire, le probabilità che io sia da sola con lei, a casa, sono molto alte, e lei sarà sicuramente stressata per la cena da preparare per la vigilia e i regali da impacchettare. E' molto probabile che le prenda uno dei suoi... momenti, e anche più volte.
- Chiedi a Jo e ad Ali.
- No. Jo va dalla sua famiglia, non posso costringerla a venire da me. E Ali da quello che ho capito rimane qui. Ha anche firmato il foglio della McGonagall.
- E allora... ci pensiamo e cerchiamo una soluzione, va bene?
- Va bene.
Sorrido, sempre a un soffio dalle sue labbra. Le sue mani mi stringono i fianchi, ma nessuno di noi due si decide ad azzerare completamente quei pochi centimetri tra noi. Stiamo bene così, ché quei centimetri neanche li sentiamo.
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