18· E' una promessa
Le molle di qualche letto scricchiolano, un paio di "shh" invadono l'aria e io non ho la più pallida idea di che cosa stia succedendo ma, rannicchiata sotto le coperte, questo è l'ultimo dei miei pensieri. Spalanco gli occhi e un sorriso mi appare sulle labbra senza che mi costringa da sola a disegnarcelo.
Una risatina parte, riecheggia piano, ma viene subito sostituita da un "ahi" borbottato a bassa voce. Sento altri passi e, prima che possa rendermi conto che si sono fermati accanto al mio letto, qualcuno mi salta addosso.
- Ehi! – esclamo indignata, tirando la testa fuori dalle coperte.
Jo mi fissa colpevole, mentre tutte le altre, intorno al letto, fanno di tutto per trattenere le risate.
- Allora? Com'è andata?
- Prima tu!
Jo si sposta, sospirando, e tutte le altre salgono sul letto.
Non ci guarda, fissa un punto sul piumone, prossimamente alla macchia di budino.
- Gli hai detto di...
- Sì.
- E?
Non risponde. Non riesco a capire se sia perché vuole farmi credere che lui non abbia voluto ascoltarla o perché è successo davvero.
- Ha detto che capisce ma che questo non gli dà il diritto di intromettersi.
Ali sbatte le palpebre, probabilmente si è persa qualche pezzo.
- Non sto capendo – esala infatti.
- Allora. Lei e Terence hanno litigato perché Finn ha detto che voleva conoscerlo meglio e lui se l'è presa e dice che non capisce perché debba ricevere la sua approvazione. E ieri, quindi, lei è andata lì da lui a spiegargli perché si comporta in questo modo e lui ha detto che, sì, capisce, ma che questo non gli dà il diritto di intromettersi.
- Okay.
- E poi? Che è successo?
- Avete fatto pace? Ti prego, dimmi di sì – bisbiglia Suz.
Jo alza un sopracciglio, guardandola.
- Ho capito.
- Dài, Jo, non ci pensare. Se ti ha lasciato andare così vuol dire che non è quello giusto – esclama Dani.
- Infatti non mi ha lasciato andare lui.
- No. Jo, che cosa hai fatto?
- L'ho lasciato – sbatte le palpebre, le labbra strette in un'espressione di puro disappunto.
- Oh. Quindi, in teoria, non avremmo niente di cui consolarti – constata Suz.
- Non funziona così. Non è che se l'ha lasciato lei vuol dire che non ci sta male. Per lasciare qualcuno vuol dire che, comunque, in un modo o nell'altro ci sta male. E lo so che non l'hai lasciato perché non ti piace più, ma non credo che quello che hai fatto possa fargli capire cos'ha sbagliato. Secondo me glielo devi far capire tu.
- Ma non può andare dietro a un ragazzo che ha lasciato lei.
- Non sta andando dietro a un ragazzo che ha lasciato – sospira Ali. – Sta andando a fargli capire dove ha sbagliato lui, e dove ha sbagliato lei, prendendo quella decisione. Sempre che ci voglia andare.
- No. Non mi interessa, se non vuole accettare il modo in cui Finn cerca di esser presente allora può pure andarsene a quel paese.
Jo si alza dal letto, per poi fermasi di scatto. Sembra essersi ricordata qualcosa.
- Kenzie! – urla, risvegliandomi dal torpore nel quale ero sprofondata negli ultimi cinque minuti.
- Jo!
- Com'è andata ieri?
Mi stringo nelle spalle, sentendo le guance colorarsi di rosso sotto le occhiate curiose delle mie amiche. Come al solito, non me la sento di dire tutto, questo più di altri è un ricordo che voglio custodire con cura, ma non posso non dirlo. Insomma, non a Jo e ad Ali, anche se lei si è persa una parte importante.
- Bene – scrollo le spalle e scorgo gli sguardi delle ragazze rabbuiarsi.
- Okay, non vuoi dirci altro.
- Non ve la prendete. Lo sapete, ve l'ho spiegato – pigolo, fissando il piumone.
- Sì, okay. Allora io vado a fare colazione – borbotta Suzanne. – Dani, vieni con me?
- Sì, eccomi.
Si alzano entrambe e, dopo averci rivolto un sorrisetto imbarazzato, se ne vanno. Aspetto che la porta si chiuda e di sentire i loro passi allontanarsi, per poi girarmi verso le mie amiche. – Allora. Ali ti sei persa un po' di cose, tu – mi mordo il labbro, prima di raccontarle quello che ho già detto a Jo. La guardo, mentre parlo, e le vedo le lacrime che minacciano di rigarle le guance e, quando finisco di raccontarle di mamma, mi abbraccia, stringendo forte. Anche troppo. Jo si unisce all'abbraccio, scommetto si sentisse un po' esclusa, e stringe anche lei. – Sì, ehm, ragazze, mi state letteralmente schiacciando – borbotto.
- Scusa.
Si staccano e si siedono al mio fianco, curiose.
- Bene, allora, siccome Jo doveva andare a raccontare di suo fratello a Terence, le ho promesso che avrei raccontato di questa cosa a Oliver. Quindi ieri siamo andati nel suo Ufficio, mamma mia ragazze! Non avete capito, pure quella stanza cambia completamente aspetto all'occorrenza! – esclamo, riferendomi alla Stanza delle Necessità. – Comunque, era apparso quello che sembrava troppo un salotto, ci siamo seduti sul divano e ho iniziato a parlare. Nel frattempo, non so come, ci siamo avvicinati. L'ho sentito a un certo punto allungare un braccio sulle mie spalle. Alla fine, insomma, ci siamo abbracciati e ho fatto una figuraccia – sorrido, gli occhi stretti, per concentrarmi meglio. – Va be', insomma, eravamo abbracciati ma tipo come stiamo noi adesso, e io mi sono girata per abbracciarlo normalmente. Si è avvicinato anche lui e mi è preso un colpo. Pensavo che volesse baciarmi, allora mi sono scansata, l'ho abbracciato decentemente, gli ho chiesto scusa e dopo aver ascoltato perché glielo stessi chiedendo, ha fatto "ma io non stavo cercando di baciarti" ed è stato... be', imbarazzante.
Scoppiano a ridere, scuotendo la testa.
- Comunque, abbiamo parlato un po', là, seduti, e poi mi ha trascinato fuori. Tra la neve. E in quel momento stava nevicando. Siamo rimasti là sotto, a guardare i fiocchi di neve cadere, e a un certo punto me n'è caduto uno sulla guancia, solo che non me n'ero accorta. Lui si gira, mi guarda, e io giro la testa verso di lui. Mi dice qualcosa che mi fa accorgere della neve che ho sulla faccia, e poi me la leva dalla guancia col pollice. Solo che... vuoi l'atmosfera, vuoi quello che era successo prima... ci siamo avvicinati ancora di più e... niente, ci siamo baciati.
Sbattono le palpebre perplesse, si guardano tra loro e poi cacciano uno di quegli urli che neanche la fangirl più sfegatata potrebbe fare.
- Sì, va bene, ma calmatevi – ridacchio, lanciando un'occhiataccia a entrambe.
- Mamma mia, un po' di entusiasmo non ti farebbe male! – mi riprende Ali.
- Ma io sono felice. Solo che non lo sto mostrando come fate voi.
- Uhm. Comunque, adesso che sei stata sotto la neve – mi guarda, Jo, un sorrisetto sul viso. – Non puoi rifiutarti di fare una partita con noi. Tutti insieme.
- Oh, ma dài – incrocio le braccia, mettendo su un broncio.
- No, non voglio sentire proteste. Adesso vado a chiedere ai gemelli. E a Finn e, ovviamente, a Oliver. Ci vediamo giù. E non voglio sentire scuse. Preparati! – Ali mi punta un dito contro, tutta infervorata, prima di scappare via alla ricerca di... tutte le persone che ha nominato prima.
Rimaniamo io e Jo, sedute sul letto, e le faccio spazio sotto le coperte, sperando che abbocchi e che si dimentichi di dovermi spronare.
- No. Non mi freghi, Mackenzie. Alzati dal letto, forza. E mettiti qualcosa di pesante, che se ti vesti leggera ti faccio morire ibernata. Non la userai come scusa per tornare qui! – anche lei mi punta un dito contro, ma me lo agita vicino al naso, ed è leggermente più spaventosa di Alicia.
- Va bene, va bene – alzo le braccia, in segno di resa. – Mi sto alzando, guarda.
Scosto le coperte e appoggio i piedi per terra. Sento il suo sguardo su di me, mentre mi aggiro per la stanza alla ricerca dei vestiti più pesanti che ho e perfino mentre mi dirigo verso il bagno, come se potessi fare uno scatto senza che lei se ne accorga e rinfilarmi nel letto alla velocità della luce.
Jo mi sta letteralmente trascinando giù per le scale, nonostante avessi cercato di spiegarle che non era per la neve che non me la sentivo di scendere giù, davanti a tutti quelli che loro hanno definito "nostri amici". Non è per quello che non me la sento, è che... non so, ho paura di come potrei comportarmi con Oliver davanti a tutta quella gente. Ho paura di fare quella distaccata perché non voglio che mi giudichino male, anche se questo significherebbe, in qualche modo, ferire Oliver. Non... No. Sospiro, fissando gli scalini che mi sfilano sotto il naso. Non succederà niente di tutto questo, perché non mi interessa quello che pensano loro. Vero? No, non mi... interessa. Sospiro ancora, probabilmente superando di gran lunga la media normale di sospiri che un essere umano fa in un'ora (che sono più o meno dodici, mi pare).
- Jo – pigolo.
- Che c'è, Kenzie?
- Ho paura.
Non la guardo negli occhi, perché nel momento in cui mi sono lasciata sfuggire questa cosa, mi spaventa il fatto che, forse, ammettendo questa debolezza lei si possa essere... arrabbiata.
- E di cosa?
Mi si accosta, cercando il mio sguardo.
- Di... – deglutisco, alzando la testa. – Di come potrei comportarmi davanti agli altri con Oliver. Io... sono sicura che sarò molto più distaccata del solito e... ho paura di ferirlo, così. Perché non voglio che pensi che non mi importi nulla di lui, o che... quello che è successo ieri sia stato solo un errore e che, forse, deve lasciarmi stare.
- Kenzie – sussurra, a un palmo dal mio naso.
- Jo – strizzo gli occhi, cercando di fissare qualcosa che non siano le sue lentiggini.
- Non ti preoccupare, perché nessuno ti giudicherà per come ti comporterai con lui, okay? E poi ci saranno Ali e Fred. Saranno tutti concentrati su di loro, stai tranquilla, va bene?
Annuisco, anche se tranquilla non lo sono affatto.
- Kenzie – mi richiama. – Ignora quella voce che ti dice di preoccuparti di quella che dovrebbe essere l'idea che hanno gli altri di te. Passano il loro tempo con te non perché non abbiano niente di meglio da fare, ma perché ti apprezzano così come sei, okay?
- Okay – le sorrido, superandola. – Allora? Vieni?
Le brillano gli occhi, mentre mi guarda dal gradino sopra al mio. – Certo.
Afferra la mano che le porgo e corriamo giù per le scale. Si ferma prima che le scale si interrompano, permettendo a tutti quelli presenti nella Sala Comune di vederci.
- Ci sei? – annuisco di nuovo, e la sento borbottare: – Sicura?
- Sì, Jo, grazie mille.
Le sorrido e percorriamo i gradini rimasti.
Strizzo gli occhi, ignorando la voce nella mia testa e l'ansia che si fa sempre più presente. Sono lì, ho visto Ali che ha appena alzato una mano nella nostra direzione e che ci fa cenno di raggiungerli. Si girano tutti verso di noi e percepisco Jo irrigidirsi.
- Che cosa ci fa lui qui? E perché nessuno sta cercando di cacciarlo via?
Non so se stia aspettando una risposta da parte mia, perché corre verso Ali e la trascina lontano dai ragazzi. Le guardo discutere, Jo punta un dito contro ad Ali, indica Terence e stringe i pugni. Bene. Sarà una giornata davvero divertente. Sospiro ancora, e raggiungo gli altri. Mi infilo tra Oliver e Terence, che stanno cercando di avere una conversazione civile.
- Ciao – saluto entrambi, anche se non sto guardando nessuno dei due. – Che ci fai qui?
Terence mi guarda, gli occhi spalancati.
- Io...
- Sperava di chiarire con Jo, Kenzie – la voce di Oliver mi colpisce da dietro, e sento le nostre mani cozzare tra loro, cercarsi, scappare, rincorrersi di nuovo: è lui che vince, quando si intrecciano tra loro.
- Sì, ma non vedo perché tu debba apparire qui così, di botto.
- Kenzie, ascolta – esala Terence.
- Mackenzie – lo correggo. – Adesso è di nuovo Mackenzie, per te.
- Oh, per favore. Qualsiasi cosa succeda tra me e la tua amica per te sarò sempre il cattivo, no?
Si avvicina pericolosamente, gli occhi che luccicano. Abbasso la testa di scatto, facendo un passo verso Oliver.
- Terence. Non... non è così. E' che... è istinto di protezione; e solidarietà. Nel momento in cui una tua amica e il suo ragazzo rompono, tu e lui ritornate a essere sconosciuti – spiego, con voce flebile.
- Ma io non voglio. E lo sai che lo voleva anche lei.
- Ma adesso non state più insieme – esclamo, alzando appena la voce.
- Smettila di ricordarmelo – si avvicina ancora, mentre gesticola pericolosamente.
Il mio sguardo si incastra sulle sue mani che, tra tutto, sono la cosa più vicina al mio viso. Adesso non riesco a ignorarla la voce nella mia testa.
Il cuore inizia a battere all'impazzata e sfilo la mano da quella di Oliver.
- Io... io devo andare.
Corro via, fermandomi il tempo necessario per far aprire il quadro della Signora Grassa. Mi allontano un po' dal via vai che c'è davanti all'ingresso della Sala Comune e mi appoggio alla parete. Sento dei passi avvicinarsi e prego con tutto quel che ne è rimasto di me nel presente che mi passi avanti senza prestarmi attenzione.
- Ehi.
Alzo la testa, scorgendo una macchia rossa e una spruzzata di lentiggini.
- Ciao – borbotto, fissando una mattonella.
- Non so cosa sia successo dentro, e non voglio che tu ti senta obbligata né a dirmelo, né a venire con noi, adesso, ma Jo e Terence se ne stanno andando, perché Jo non ha voglia di dare spettacolo davanti a tutta la gente nella sala comune. Quindi... se ti va di venire o... non so, quello che vuoi.
- George.
- Uhm?
- Dov'è Oliver?
- Sta parlando con Finn. Si è arrabbiato con Terence dopo che sei scappata, ma credo che...
- Kenzie. Oh, George – lo sento anche adesso, il disagio che c'è nella sua voce, quando io e il gemello siamo insieme. – Non sapevo che...
- Non ti preoccupare, amico. Adesso me ne vado, vi lascio da soli.
Se ne va lentamente, il suo sguardo preoccupato ancora puntato su di me. Oliver lo sostituisce, mi stringe a sé e resta così, senza dire niente, d'altra parte lo sa che anche se cercasse di dirmi che non succede niente non gli darei ascolto.
Respiro lentamente, cacciando la voce che prima mi divorava velocemente, strappando la mia volontà di restar ancorata al presente a morsi enormi.
Appoggio la testa sulla spalla del ragazzo al mio fianco, e lo sento lasciarmi un bacio sulla testa.
Spalanco gli occhi, sorpresa. Ho letto da qualche parte che i baci sulla testa, o sulla fronte, sono... com'è diceva? Tipo rispetto, voglia di infondere tranquillità a chi lo riceve e... altre cazzate del genere, probabilmente. Sorrido, alzando la testa e guardandolo così, dal basso.
Ha un naso davvero molto bello, un neo sul sopracciglio che non avevo notato e una sfumatura particolare negli occhi.
- Mi dispiace. Di aver reagito in quel modo. Lo so che... che è normale che quando si parli di una cosa del genere, la gente si infervori e cose del genere, però...
- Non ti preoccupare, okay? Stai tranquilla – accenna un sorriso e, dopo che ho appoggiato una mano sulla sua, quella che sta sulla mia spalla, si rilassa. – Cosa vuoi fare, adesso? Se non te la senti di andare giù con gli altri...
Com'è che ha detto Jo? Ignora la voce dentro la tua testa e, se questa sta gridando a pieni polmoni di no, che non me la sento, allora vuol dire che devo dire che per me va bene tornare giù? Non lo so, non mi convince, però ormai sono fuori dal dormitorio e ho addosso i vestiti più invernali del mio guardaroba.
- No, va bene, andiamo.
- Sei sicura? – abbassa la testa, guardandomi negli occhi.
- Sì... io... credo che prima o poi mi tocchi superare questa cosa no?
- Sono d'accordo, sì, però... non devi farlo di fretta, solo perché ti sembra che sia la cosa giusta, okay? Vai secondo i tuoi tempi, e se ancora non ci riesci, pazienza. Sarà per la prossima volta, non voglio che tu ti senta spinta da loro o da me.
Sorrido, perché Oliver preoccupato è la cosa più carina che abbia mai visto.
- Non ti preoccupare, Oliver. E'... tutto okay. Al massimo scappo via ancora – sdrammatizzo.
- Speriamo di no. Be', quindi, sei pronta? I gemelli non si risparmiano mica.
- Diciamo di sì. Anche perché non ho intenzione di arrivare a sessant'anni senza aver fatto una serie di cose solo perché...
Annuisce, come per dirmi che ha capito e che non serva che io continui a parlare, e si stacca dalla parete, trascinandomi con lui.
- Passaggio segreto? – chiedo, speranzosa. Lo so che quel coso fa paura, ma io sette piani di scale col cavolo che me li faccio.
- No.
- Ti prego.
- No.
- Per favore.
- No.
- Oliver. Ti prego.
Sospira, arrendendosi. – Va bene. Ma è l'ultima volta.
Mi guarda, come per accertarsi che stia bene, che non stia crollando in pezzi, ed è in questo momento che la voce riappare, sotto forma di uno di quei pensieri che non dovrei fare, non su di lui.
- Non è che... che lo stai facendo solo per... quello che è successo prima?
Non risponde, facendomi capire che, alla fine, è proprio per quello che ha acconsentito.
Mi allontano, guardandolo appena.
- Non voglio che tu ti senta costretto a fare cose che non vuoi fare solo perché... solo perché non... – non riesco neanche a pronunciarle, le parole che sto pensando.
- Non mi sento costretto. Mi preoccupo solo per te, Kenzie.
- Io... non la voglio la tua compassione, Olivier.
Gli volto le spalle, la voce che mi ripete che me lo sarei dovuto aspettare, dopo che mi sono aperta così con lui.
- Non ti sto compatendo, Kenzie – è un sussurro, quello che lascia le sue labbra, ed è un soffio che mi arriva dritto al cuore, oltre che all'orecchio. E' alle mie spalle, questo l'ho capito. – Se mi preoccupo, non vuol dire in automatico che ti compatisco. Mi preoccupo perché... – eccola, c'è un'altra cosa non detta, tra noi, anche se questa volta è lui a non riuscire a dire quello che pensa. – Perché ci tengo, a te, va bene?
Annuisco, non sicura del fatto che mi possa vedere. O che stia fissando la mia nuca dato che, normalmente, non si parla così con le persone.
Mi giro, neanche un centimetro separa la punta del mio naso dal suo. Sorrido, le braccia allacciate dietro al suo collo.
- Mi piace quando ti lascio senza parole – soffia, e ormai i nostri nasi si toccano; sono le labbra a esser separate da qualche centimetro che spazziamo via entrambi. Si cercano, le nostre labbra, come hanno fatto le nostra dita nella Sala Comune, e si rincorrono tra loro, proprio come è successo prima. Sorrido, le dita tra i suoi capelli e le sue sui miei fianchi. Ci separiamo quasi in sincrono, con una sintonia che potrebbe quasi far invidia a un gruppo musicale.
- E a me piace quando mi guardi così. Come se ci fossi solo io, anche se magari siamo in mezzo a una tonnellata di gente – sussurro, guardandolo. – Come se occupassi tutto lo spazio; come se fossi l'unica cosa che vuoi vedere; come se... come se fossi davvero importante.
- Perché è così. Sei davvero importante, Kenzie. E' che... non so in che altro modo fartelo capire, non mi interessa cosa ti dice la testa, ma per sarai sempre importante.
- La prendo come una promessa, Oliver.
- E' una promessa – afferma, sorridente.
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