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Capitolo 1 -Bel modo di ringraziarlo! -

Rebecca

Ma cosa diavolo ci fa uno scatolone abbandonato all'ingresso? Penso mentre pianto i palmi sul pavimento e faccio leva sulle braccia per alzare almeno il busto. Inginocchiandomi sul marmo ghiacciato posso permettermi di darmi un'occhiata intorno, tastando con le dita un punto preciso in fronte dal quale sento propagarsi un terribile dolore. Domani qui ci sarà un bernoccolo! Con mia somma sorpresa noto che ci sono molte scatole gemelle di quella che ha causato la mia caduta sparse per tutto l'atrio. Intravedo anche alcuni elettrodomestici. Una lavatrice e un frigo probabilmente. Non ci presto molta attenzione e mi alzo per raggiungere l'ascensore. Di solito cerco di usare le scale il più possibile per fare un po' di esercizio, dato che sono secoli ormai che non vado in palestra e non mi diletto in nessun altro tipo di sport, ma oggi direi di non sfidare il fato. Se facessi tre piani a piedi, nell'ipotesi migliore, metterei un piede in fallo e ruzzolerei di nuovo fino all'atrio. Oppure scivolerei in avanti e atterrerei di faccia su uno scalino fracassandomi il cranio. No, la mia non è una forma acuta di pessimismo cronico, è semplice realismo considerando l'ondata di sfiga che mi perseguita da stamattina. Quindi deciso saggiamente di infilarmi nell'ascensore e di non agevolare il karma che sembra volermi punire per chissà quale motivo. Proprio quando chiudo le porte e pigio il pulsante che mi porterà al mio piano, capisco che se davvero volesse il destino potrebbe comunque farmela pagare fermando, ad esempio, questa scatola di metallo e lasciandomi agonizzante a chiedere aiuto. Ti prego, ti prego, ti prego! Mormoro tra me e me, incrociando mentalmente le dita e chiudendo gli occhi. I secondi passano e la mia ansia aumenta, finché l'ascensore non si blocca all'improvviso. Sollevo prima una palpebra e poi l'altra emettendo un flebile gemito di sconfitta, quando mi rendo conto che la scatoletta di metallo non mi ha imprigionata e che, anzi, mi ha condotta sana e salva a destinazione. In fretta apro le porte ed esco sul mio pianerottolo. Se nell'atrio c'erano degli scatoloni, qui ce ne sono decisamente il doppio. Se ne stanno impilati anche fuori dalla mia porta e per entrare nel mio appartamento devo spostarli con un piede per farmi spazio. Dalla forza che devo impiegare per uscirne vincitrice deduco che non sono vuoti, ma che probabilmente contengono piombo o qualche cadavere fatto a pezzettini. Che pensiero macabro! Mi guardo in giro per capire chi ha deciso di disseminare il mio palazzo con oggetti ancora non ben identificati, anche perché su questo piano vivo da sola, e noto la porta difronte alla mia leggermente socchiusa. Devono finalmente aver affittato l'appartamento del signor Garda. Spero solo che non sia una famiglia con marmocchi rompiscatole che mi disturbino quelle poche ore che passo a casa.

Giro la chiave nella serratura per chiudere la porta e mi aspetto che il mio amico a quattro zampe venga a farmi le feste, ma poi mi ricordo che Po è dal veterinario perché ha avuto un'indigestione e che devono tenerlo in osservazione per qualche giorno. Quindi mi dirigo in cucina per prendere un sorso d'acqua. Non ho neanche voglia di cenare. O meglio, metterei volentieri qualcosa sotto i denti, però non ho le forze per mettermi ai fornelli. Perciò afferro una mela e mentre la sgranocchio mi stendo sul divano, con l'intenzione di riposarmi solo qualche minuto per poi prepararmi un bel bagno caldo e rilassarmi. Con l'immagine di me stessa che sprofonda nell'acqua torrida ricoperta di schiuma, le mie membra si rilassano sul serio e io cado in un sonno profondo e senza sogni.

È un rumore in lontananza a destarmi da questa quiete a lungo agognata e del tutto meritata. Un click metallico, il suono ovattato di qualcosa che sbatte su una superficie dura e il tintinnio delle chiavi che avevo lasciato attaccate alla porta che si muovono. Apro di scatto gli occhi e sobbalzo, dato che vivendo da sola nel mio appartamento non vola mai una mosca. Soprattutto quando io giaccio praticamente morente e profondamente addormentata da qualche parte. Con gli occhi ridotti a due fessure alzo di poco la testa e noto il torsolo della mela che stavo mangiando abbandonato sul mio sterno e ormai diventato marroncino. Che schifo! Lo afferro per buttarlo, ma ecco che risento quell'ormai familiare click e la presa sulla rimanenza del frutto viene meno, cosicché il torsolo cade a terra. Punto lo sguardo sulla fonte della mia inquietudine, la porta, e capisco che qualcuno la sta forzando dall'esterno. Le mie ipotesi sono confermate quando il mazzo di chiavi ruota lievemente. Oddio! Vogliono derubarmi! Vogliono fare irruzione nella mia casa! Tremo come una foglia e cerco convulsamente la mia borsa per afferrare il telefono e chiamare la polizia, ma il suono si fa sempre più vivido e capisco che forse al malvivente non manca molto e che riuscirà a scassinare la porta prima che le forze dell'ordine arrivino. Decido di procurarmi qualcosa per difendermi, nascondermi e solo dopo chiamare chi di dovere. Provando a non fare rumore mi avvio con passo felpato nella stanza più vicina, in cucina, apro gli sportelli e arpiono la padella più grossa e pesante che trovo. Mi nascondo dietro la colonna che divide l'ingresso dalla cucina in modo tale che se il ladro dovesse entrare non mi vedrebbe e potrei dargli una padellata in fronte con un po' di fortuna. Agguanto lo smartphone per far finalmente partire quella dannata chiamata, quando avverto un ultimo click e la porta aprirsi. Trattengo il fiato, deglutisco silenziosamente, mi passo la punta della lingua sulle labbra improvvisamente secche e, quando sento dei passi che si avvicinano lenti, esco dal mio nascondiglio improvvisato. Giocando sull'effetto sorpresa non mi fermo neanche a mettere a fuoco chi ho di fronte, anche perché con il buio che aleggia nell'ingresso, illuminato solo dal chiarore notturno che proviene dalla finestra, non ci mettere una frazione di secondo, ma qualche attimo in più che non posso di certo perdere. L'istinto mi guida e mi spinge a puntare involontariamente alla testa, concentrando tutta la forza che possiedo nelle braccia e indirizzando la padella sulla faccia dell'uomo.

-Pussa via, figlio di puttana! – urlo, approfittando del suo smarrimento e caricando un altro colpo che non tarda ad arrivare.

Il tizio barcolla e indietreggia fino a raggiungere l'atrio.

-Aiuto! Aiuto! – grido con quanto più fiato possiedo, rabbrividendo e continuando a cozzare il fondo della padella sul malvivente che ho difronte.

Appunto mentalmente di congratularmi con me stessa quando tutta questa storia sarà finita, perché a giudicare dalla stazza dell'uomo ho proprio fatto bene a puntare al capo, altrimenti non credo che con la mia esile forza lo avrei scalfito in qualche modo. Una donna gracilina e bassetta come me, che possibilità può avere contro un energumeno come questo, se non puntare alla testa o ai gioielli di famiglia? Mi si accende una lampadina in testa e, dopo aver dato tre padellare alla sua testa, punto la quarta dritta sulle sue parti basse proprio mentre la porta to difronte alla mia si spalanca. Il ladro di piega su se stesso e dall'appartamento ne esce un uomo assonnato, con i capelli scompigliati e con il segno del cuscino ancora stampato in faccia.

-Che succede? – chiede con voce impastata.

-Questa testa di cazzo ha scassinato la porta del mio appartamento ed è entrato in casa! –

Lo sconosciuto numero due sembra rianimarsi all'improvviso e sovrasta l'energumeno. Lo inchioda al muro e lo ferma con tutto il peso del suo corpo. Un bel corpo, a proposito! In questo momento posso solo scorgere delle spalle larghe e possenti e dei muscoli delle braccia tesi nel tentativo di tenere fermo il ladro che si sta riprendendo dopo i miei colpi coperti da una maglietta a maniche corte blu. Il suo abbigliamento notturno è completato da un paio di pantaloni del pigiama grigi che non possono nascondere due glutei di marmo, infatti il tessuto è tirato a causa della pressione alla quale è sottoposto. Dio, ma come può la stoffa resistere e non scucirsi sopra quella meraviglia? I miei pensieri, e i miei occhi curiosi, sono interrotti dalla voce profonda del mio salvatore:

-Chiama la polizia! –

Lascio cadere la padella a terra e mi precipito in casa per afferrare il telefono e far partire la chiamata. Dopo aver avvertito le forze dell'ordine che mi assicurano stanno per mandare una pattuglia, esco di nuovo, ma non vedo più nessuno. Temo che il ladro sia riuscito a fuggire, però mi tranquillizzo quando sento le imprecazioni dell'uomo che mi ha salvata che intima all'altro di stare fermo. La voce proviene dall'appartamento di fronte così mi scorgo dalla soglia e noto il malvivente con le mani legate dietro la schiena e tneute ferme da quello che presumo essere un pezzo di spago, mentre è seduto su una sedia di legno con l'altro uomo che termina di arrotolare dello scotch intorno alla sua caviglia per ancorarla alla gamba della sedia, come ha già fatto con l'altra. Ma chi è questo? Un serial killer? Sembra troppo esperto in quello che fa!

-Così non fuggirai. – afferma e si alza. Ruota il capo avvertendo il mio sguardo indagatore su di sé e, prima che dia voce ai suoi pensieri, rispondo capendo ciò che sta per chiedermi:

-La polizia sta arrivando. – sussurro, avvertendo l'adrenalina scemare e i miei arti iniziare a tremare. Tento almeno di regolarizzare il respiro e ci sono quasi riuscita quando quello che suppongo essere il mio nuovo vicino si accosta a me dopo aver abbandonato il rotolo di scotch argentato su uno scatolone e mi scruta la fronte. Posso permettermi di guardarlo meglio e quello che vedo non mi dispiace affatto. La prima cosa che noto sono due occhi celesti chiarissimi che mi esaminano con circospezione. Un naso dritto e una bocca rosea e carnosa, abbelliscono un volto mascolino con la barba leggermente incolta e incorniciato da una zazzera di cappelli castano scuro. Alza piano una mano e indietreggio spaventata non capendo quali sono le sue intenzioni, ma strabuzzo gli occhi avvertendo il suo tocco delicato che mi sfiora il bernoccolo che ho in fronte.

-È stato quello stronzo a colpirti? – mi domanda, continuando ad analizzare con le sue iridi limpide ogni mia reazione e abbassando i polpastrelli.

-No, sono inciampata prima su uno scatolone che un deficiente aveva lascito giù nell'atrio. – confesso e mi pento immediatamente capendo che quel deficiente è proprio l'uomo che ho difronte. Le numerose scatole che ci circondano nel suo appartamento me lo confermano, così come il fatto che ho ormai compreso che lui è il mio nuovo vicino. Chiudo gli occhi e scuoto impercettibilmente il capo. -Erano i tuoi, vero? – prendo tempo arricciando le labbra e ragionando su un modo per rimediare a questa mia figuraccia. Bel modo di ringraziarlo!

-Si. – mi conferma con un sorriso sghembo. -Mi spiace se sei inciampata. Stavo traslocando. –

-Si, lo avevo immaginato. – sospiro. -Sai una cosa? Siamo pari: io sono caduta a causa del tuo scatolone e tu mi hai salvato da questa testa di cazzo. Anzi, dimentica quello ho detto. Sto straparlando, sai l'adrenalina...- pronuncio le parole velocemente senza neanche respirare. Con me stessa voglio essere sincera e non posso incolpare solo quello che è successo, perché mentirei. Sto farneticando cose senza senso a causa del bellissimo uomo che ho davanti e, se prima avevo qualche possibilità di apparire meno sfigata sotto il suo sguardo, ora mi sono data definitivamente data la zappa sui piedi. Addio ad un buon rapporto tra vicini.

-Calma, calma... - mi tranquillizza, alzando le mani in segno di resa. Teme che stia per avere un attacco di ansia a causa della situazione, ma non sa che questo invece è il mio normale stato d'animo. Io, che sono l'ansia fatta persona, l'angoscia me la mangio a colazione! Osservo i suoi occhi posarsi sul mio petto e mi paralizzo sul posto, come se qualcuno mi avesse gettato una secchiata d'acqua gelida addosso, ricordandomi dell'incontro ravvicinato tra il trancio di pizza margherita e la stoffa bianca della mia maglietta. Non mi sta fissando le tette, probabilmente si sta chiedendo quale pazza squilibrata ha difronte.

Prima che possa rispondere per dire non so neanche cosa, un rumore alle mie spalle mi fa girare di scatto e scorgo due poliziotti sulla soglia.


NOTE DELL'AUTRICE: 

Salve, popolo di Wattpad. 

Che dire? Io sinceramente mi sono divertita parecchio per scrivere questo capitolo! Intanto vi anticipo che probabilmente tutti i capitoli saranno narrati dal punto di vista di Rebecca. In realtà, avevo in mente di alternare i POV dei due protagonisti (Marco e Rebecca), ma iniziando a scrivere i capitoli non ho mai avuto l'ispirazione per scrivere dal punto di vista del bell'avvocato. Per questo volevo rivolgervi una domanda: 

Voi preferite i libri scritti con entrambi i punti di vista per comprendere fin da subito i pensieri di entrambi  i protagonisti oppure preferite libri con un unico POV che vi lascia con il fiato sospeso sulle intenzioni e sulle opinioni dell'altro? 

SS.

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