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Tears Forgotten So Long Ago

*17 anni fa*

Sua madre aveva sempre detto che non c'era alcun motivo di temere l'oscurità.

Per quanto poteva nascondere possibili minacce, offriva anche un riparo.

E sua madre lo aveva cresciuto volendolo coraggioso. Non doveva avere timore del buio.

Salì al scale fino al sottotetto del palazzo, per quanto i suoi piedi potevano sostenerlo; la botola si aprì con un cigolio e Adrien salì al suo interno.

La tempesta infuriava là fuori e le gocce di pioggia colpivano le piccole finestre della mansarda con tutta la loro forza.

Sperando che non si rompessero, Adrien si sistemò davanti ad una delle finestre: era sera, ma il cielo era pieno di nuvole scure che non facevano passare la luce.

Ma Adrien aveva gli occhi buoni, ringraziando il cielo, e Villa Agreste era stato costruita in cima ad un'alta collina, permettendo così una splendida vista della città e, soprattutto, della baia con tutte le grandi navi.

A volte, la sua mamma lo portava in soffitta, durante i giorni soleggiati, apriva le finestre e guardavano tutte le navi che andavano e venivano. A volte le contavano.

Ma di recente aveva trovato una predilezione a memorizzare i loro colori, imparando quale apparteneva ai commercianti, quale alla Marina e così via.

Era uno dei suoi hobby preferiti, gli piaceva quasi quanto andare in spiaggia con la madre e giocare in acqua, costruendo navi e forti fatti con la sabbia.

Un lampo lacerò il cielo, seguito da un forte tuono, facendo sobbalzare Adrien per la sorpresa.

Istintivamente, avvolse le dita intorno l'anello d'argento che aveva in mano.

Sua madre lo aveva dato a lui l'anno precedente, dicendogli che lo aveva fatto e consegnato il giorno in cui era nato, ma era ancora troppo grande per le sue dita, anche dopo un anno.

Sperava di crescere più velocemente, volendo indossare l'anello e fare felice sua madre.

Quando un altro tuono rimbombò nel cielo, Adrien si concentrò ancora una volta sul mare: poteva vedere la navi che entravano nella baia e un grande sorriso apparve sul suo volto.

Sua madre sarebbe tornata a casa abbastanza presto e lui si infilerà nel suo letto e si farà raccontare la sua storia preferita della principessa del mare e le sue avventure con il suo cavaliere marinaio.

Non riusciva ad aspettare.

Suo padre non gli aveva mai permesso di dormire con lui e non gli aveva mai raccontato nessuna storia, ma cos'altro doveva aspettarsi quando suo padre non gli dava nemmeno la buona notte?

Adrien premette il naso contro il vetro freddo, cercando di vedere meglio attraverso la tempesta; vedeva che la nave non era nelle miglior condizioni di viaggio, ma ce l'avrebbe fatta.

Erano quasi qui.

Sua madre era quasi qui.

La pioggia iniziò a cadere più forte, costringendolo ad allontanarsi dalla finestra.

Ci fu un lampo di luce, ed improvvisamente il mare era in fiamme.

L'albero principale era illuminato come una candela e le vele avevano preso fuoco rapidamente.

Adrien capì quello che stava accadendo proprio quando l'albero si schiantò verso il basso, tagliando la nave in due.

«MAMMA!»

Nella casa si sarebbe potuto sentire il grido di terrore di Adrien, ma a lui non importava.

Iniziò a battere disperatamente i pugni sulla finestra, come se sua madre lo sentiva in qualche modo.

Aveva bisogno di uscire, aveva bisogno di andare in spiaggia e fare qualcosa.

Doveva.

Lui...

Adrien ha cercato di asciugarsi le lacrime gli offuscavano la vista; colpì ancora una volta la finestra, riuscendo a rompere il vetro ed a tagliarsi.

In lontananza, la nave stava velocemente sparendo sotto le onde, le fiamme venire facilmente spente dall'acqua.

E una volta che l'ultimo albero sparì sott'acqua, Adrien cadde in ginocchio, lasciando cadere le lacrime e cullando l'anello d'argento tra le mani insanguinate.

«Mamma!» gridò ancora una volta, sperando che sarebbe entrata dalla porta e, abbracciandolo, gli avrebbe detto che era tutto un brutto sogno.

Ma non ci fu risposta, solo la tempesta che infuria là fuori.

E Adrien era rimasto solo.


*11 anni fa*

Adrien scese i gradini di marmo del maniero in silenzio.

Era tardi e avrebbe dovuto dormire, non vagare per tutto il palazzo.

Aveva solo bisogno di un bicchiere d'acqua e non voleva disturbare i servi, che meritavano il sonno tanto quanto chiunque altro.

Adrien stesso era abbastanza esausto, ma a questo punto, era abituato ad esserlo.

Era esaurito da anni, costringendolo in un programma costante che non gli permetteva nessun tempo libero e, anche per quel poco che aveva, non gli era permesso uscire dal palazzo.

Parecchie volte si era sentito come un uccello in una gabbia di marmo, tenuto verso il basso con catene dorate.

Ma non aveva altra scelta.

Sperava ancora che suo padre avrebbe cambiato idea anche dopo la morte di sua madre e che, in qualche modo, potrebbero tornare ad essere una famiglia.

«... Adrien, sì.»

Il giovane ragazzo si fermò di colpo.

C'erano voci e luci provenienti dallo studio di suo padre, e c'era, ovviamente, un discorso che lo riguardava.

Adrien si morse il labbro.

Forse non dovrebbe farlo.

No, no, davvero non doveva farlo.

Origliare era sbagliato.

Eppure... cavolo, stavano parlando di lui! Doveva sentire quello che suo padre aveva da dire.

Non si era mai complimentato con Adrien, quindi, forse, avrebbe detto qualcosa di buono agli altri.

Adrien si mise in punta di piedi contro il muro, stando attento a non fare nessun rumore.

«È un bravissimo studente e laborioso oltre ogni immaginazione.»

Adrien riconobbe la voce di uno dei suoi istruttori, Nathalie.

«Ho sentito parlare bene di lui anche dall'Ammiraglio D'Argencourt. Mio figlio sta andando meravigliosamente della spada. A quanto pare, Armand è molto impressionato con la sua abilità.»

Adrien sorrise. Suo padre non aveva mai espresso nessun complimento direttamente: nel migliore dei casi, gli diceva che aveva fatto un lavoro decente, ma che poteva fare molto meglio.

Sentendo il padre complimentarsi in quel modo lo faceva sentire molto orgoglioso di se stesso.

Forse, se avrebbe reso suo padre abbastanza fiero, avrebbe iniziato a cenare con lui.

Dopo la morte di sua madre, Gabriel non prendeva nemmeno la briga di mettere le basi di una famiglia felice.

Adrien era consapevole che, in realtà, non erano una famiglia felice, non quando sua madre cercava di nascondere le lacrime o il rigonfiamento rosso sul viso, mentre le urla dei suoi genitori potevano essere sentite in tutta la villa.

Eppure, Adrien sperava, forse stupidamente, che il padre sarebbe cambiato in meglio. Forse, ora, stava facendo dei piccoli passi verso quella direzione. Poteva essere...

«Sai, in realtà credo che la morte di sua madre sia stata una buona cosa per lui. Ha smesso di essere così ribelle ed ha cominciato a concentrarsi su ciò che realmente conta. Quella donna rappresentava una vera e propria minaccia quando si trattava della corretta educazione di nostro figlio.»

Le braccia di Adrien crollarono.

Ovviamente.

Perché aveva sperato in un suo cambiamento?

Chiudendo i pugni, corse su per le scale, permettendosi di fare rumore non appena avrebbe raggiunto la sua camera.

Adrien strinse i denti mentre sbatteva la porta della sua stanza, pendente nei suoi confronti.

Come osava dire quelle cose su sua madre? Dopo tutto l'inferno che le aveva fatto passare non poteva nemmeno rispettare la sua memoria?

Adrien vide rosso.

Allungò la mano verso la cosa più vicina, che si rivelò essere la sua spada, ed iniziò a colpire qualunque cosa accecato dalla rabbia.

Voleva strappare qualcosa, rovinare qualcosa, ed aveva bisogno di andarsene prima che potesse correre al piano inferiore e uccidere suo padre in un impeto di rabbia.

Continuava a tagliare con la lama i pilastri letto quando inciampò e fece cadere la sua spada.

Camminò verso la scrivania, cercando di mantenere l'equilibrio quando vide un luccichio.

Con mano tremante, lo afferrò: era una collana, l'unica cosa che riuscì a salvare dai beni personali di sua madre prima che suo padre li gettasse; era un pezzo d'argento e si ricordò di sua madre che la indossava molto spesso.

Aprì il medaglione e Adrien fissò il contenuto: era un piccolo dipinto, commissionato in particolare per i gioielli; rappresentava sua madre che lo guardava con un sorriso luminoso sul volto, mentre il padre era rigido e orgoglioso accanto a loro.

L'aveva tenuta sperando che magari un giorno... ugh, il sogno di un bambino stupido.

Con le mani tremanti per la rabbia, Adrien afferrò il coltello che usava per aprire le lettere e in una sola mossa veloce tagliò il dipinto in due. Prese il foglio strappato con il padre e lo gettò nelle braci ancora ardenti del camino, poi chiuse il medaglione e lo mise attorno al collo.

Inspirò ed espirò più volte. Mettere la collana al collo gli servì a far aprire gli occhi.

Doveva andarsene.



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C'erano molte cose che Nino Lahiffe non si sarebbe mai aspettato sulla via del ritorno al porto.

Non si aspettava che un rapinatore gli saltasse di fronte chiedendo le borse che stava trasportando e tutto il resto; e di certo non si aspettava una figura in un cappotto blu scuro venire a soccorrerlo, combattendo contro il rapinatore con la precisione di un soldato addestrato, facendo scappare l'uomo.

Nino guardò con timore la figura incappucciata.

Avrebbe avuto una possibilità di vincere contro un rapinatore ubriaco, ma contro di lui? Sarebbe solo stato felice di uscire vivo.

L'uomo si girò verso di lui e si tolse il cappuccio.

Dire che Nino fu sorpreso era un eufemismo: il suo salvatore era un ragazzo biondo, che sembrava al massimo un anno più grande di lui.

Ripose la spada e gli sorrise, i suoi occhi verdi scintillarono nel buio della notte.

«Stai bene?» chiese, passandosi una mano tra i capelli d'oro.
«Sì, sì, sto bene.» annuì. «Grazie per il salvataggio.»
Il ragazzo sorrise. «Non c'è...» il rumore degli zoccoli lo interruppero.

Il ragazzo subito si mosse nell'ombra, cercando di nascondersi in una spaccatura nel muro, mentre i cavalieri passavano.

Nino si voltò verso di lui, ovviamente sorpreso

«Mi stanno cercando.» sussurrò appena Nino gli si avvicinò. «Per favore, non dire loro dove trovarmi. Non posso tornare in quel posto. Per favore.»

Nino lo guardò sorpreso. Per qualcuno che l'aveva salvato da un rapinatore in circa un minuto, sembrava terribilmente spaventato.

Ma, dopotutto, i cavalieri non erano noti per la loro lealtà e gentilezza.

«Perché l'esercito reale ti sta seguendo?»

Non sembrava un ladro, aveva buoni vestiti fatti, ovviamente, da un sarto costoso; E poi, se fosse stato un ladro, non poteva aver fatto cose orribili tanto da avere una dozzina di cavalieri a cavallo alle calcagna.

Nino lo guardò di nuovo.

Sembrava in qualche modo familiare, ma era sicuro che non si erano mai incontrati.

Allora, perché... oh.

«Tu sei il ragazzo sui manifesti, non è vero? Il ragazzo Agreste sparito?»
Si allontanò dal muro e si diresse verso Nino, annuendo. «Il mio nome è Adrien. Guarda ho i soldi, posso pagarti, però, per favore, non dire loro dove trovarmi.»

Nino sbatté le palpebre per la sorpresa.

C'era terrore nella sua voce e a lui non piaceva.

Afferrandogli le spalle, Nino sorrise. «Non andrò a dirlo a nessuno, amico.»

Il volto di Adrien illuminò e lo ringraziò.

«Allora, stai scappando?»
Adrien annuì. «Sai per caso qual è la prima barca che lascia questo porto?»
Nino inclinò la testa. «La nave su cui sto lavorando parte stasera, ma ehm... non credo sia nel tuo stile...» Adrien sembrava completamente confuso così Nino chiarì: «È una nave pirata.»
«Sei un pirata?»
«Perché? Non ne sembro uno?»
«Uhm ..., no?»
Nino gli colpì giocosamente il braccio. «Vieni o no?»

Adrien si morse il labbro, considerando le sue opzioni per un secondo, poi annuì con forza.

«Bene, allora avrai bisogno di un nuovo nome. Non tutti sono così gentili come me, soprattutto con la ricompensa per il tuo ritrovamento.»

Adrien sospirò.

Naturalmente, era scontato che suo padre avrebbe fatto una cosa del genere.

Voleva che il suo scintillante premio d'oro tornasse nella cella di diamante.

Beh, Adrien non aveva alcuna intenzione di tornare indietro.

Ci pensò un po ', prima di rivolgere la sua attenzione di nuovo al suo nuovo complice.

«Mi piacerebbe Chat Noir.»
Nino mise una mano sulla spalla di Adrien. «Allora ciao, Chat Noir. Ho la netta sensazione che saremo migliori amici da ora in poi.»



* 9 anni fa *

Non era la prima battaglia in cui la loro nave e l'equipaggio si imbatteva.

E ormai Adrien si era abituato: aveva imparato a mescolare la sua formazione professionale con la spada ad alcune mosse sporche e trucchi da pirati.

Ma questo attacco sembrava essere più di quanto potessero gestire.

Non erano stati attaccati da una maledetta nave pirata, ma da una nave della marina reale.

Avrebbe potuto essere sopportabile, se l'ammiraglio D'Argencourt non fosse stato su quella nave e non li stesse falciando come se fossero erbacce.

Il suo vecchio insegnante aveva un metodo con la spada che lui definiva imbattibile.

Dopo aver trafitto un altro soldato con la spada, Adrien rivolse la sua attenzione al capitano, che sembrava pronto ad attaccare l'ammiraglio D'Argencourt, che lo stava aspettando nella sua classica posizione di sfida, dando l'impressione che volesse essere pugnalato direttamente.

Adrien sapeva fin troppo bene che se avessero perso il loro capitano l'equipaggio sarebbe stato praticamente compromesso, soprattutto nella battaglia, avrebbero perso, sarebbero stati uccisi o fatti prigionieri.

E se D'Argencourt l'avrebbe riconosciuto sarebbe la fine; sarebbe stato riportato in catene da quella persona che aveva la sfortuna di chiamare padre e avrebbe perso tutto: il mare, la sua amicizia con Nino e la libertà.

Non sarebbe tornato indietro.

Stringendo la presa sulla sua spada, Adrien andò oltre il capitano, con l'obiettivo di attaccare l'ammiraglio.

La sua espressione era molto buono, non dando alcun accenno di compiacimento mentre aspettava il momento perfetto per difendere il suo petto esposto. Ma Adrien conosceva bene quella mossa.

Invece di colpire direttamente il torace, mosse la sua spada appena in tempo per contrastare il forte colpo dell'ammiraglio.

Velocemente, Adrien parò la spada dell'ammiraglio, facendogli perdere l'equilibrio; poi, afferrando l'elsa con entrambe le mani, trafisse il petto di D'Argencourt.

«Sembra che l'allievo abbia superato il maestro.» sussurrò udibile solo dall'uomo.
C'era un piccolo sussulto di sorpresa dall'Ammiraglio mentre lo guardò. «Adrien...»

Se c'era qualcosa che voleva dire, non ebbe la possibilità. Roteò gli occhi ed il suo respiro si fermò.

Il rumore dei combattimenti scomparve intorno a lui.

«Adrien non c'è più.» sussurrò più a se stesso.

Prese la sua spada insanguinata dal petto e Chat Noir si alzò in piedi, mentre la ciurma di pirati esplose in un applauso.

Il capitano era ancora sotto shock, ma poi qualcosa di simile all'orgoglio prese il sopravvento. «Un giorno, ragazzo, governerai questi mari dannati.»




*4 anni fa*

Ci sono stati giorni in cui Nino avrebbe voluto potuto scegliere qualcosa di diverso dall'essere pirata per mantenersi.

Avrebbe potuto essere un cantante, gli era stato detto che era abbastanza bravo. Diamine, sapeva che era abbastanza buono.

Ma no, aveva deciso di scegliere la carriera piena di lotte e morte.

Bel modo per mantenersi giovane.

Appena un altro cannone sparò, colpendo il fianco della nave, Nino prese la sua bottiglia di rum e bevve un sorso. Da quando ebbe il modo di conoscere Adrien, sembrava avere un bisogno quotidiano di bere.

Quel suo amico aveva accorciato la sua vita con la sua pazzia.

Un altro paio di cannoni spararono e Nino si strinse nelle spalle.

Se fosse morto, almeno poteva morire ubriaco.

«Stiamo perdendo.»

Naturalmente, non poteva morire in pace.

Nino guardò Chat che scivolò davanti a lui dietro ad un barile che era, sorprendentemente, ancora al suo posto.

«L'ho notato.» rispose Nino sardonico.
«Dobbiamo fare qualcosa.» disse Chat stringendo i denti.
Il moro alzò gli occhi. «Il nostro capitano è morto, così come la maggior parte del nostro equipaggio e c'è un ammiraglio su quella maledetta nave, che è due volte la dimensione della nostra. A meno che tu non possa dare magicamente fuoco a tutto non vedo come potremmo vincere.»

In quel momento, Chat ebbe quel luccichio nei suoi occhi che significava che aveva un piano, e Nino avrebbe voluto zitto; non ebbe nemmeno la possibilità di prendere un altro sorso di rum che Chat gli strappò la bottiglia quasi vuota dalla mano.

«Che cazzo stai facendo?!» domandò Nino appena Chat riempì la bottiglia con polvere da sparo.
«Fuochi d'artificio.» rispose sorridendo, fissando un lungo pezzo di corda nella bottiglia e accendendola. «Meglio che tu abbia un buon posto per goderti lo spettacolo.»

E con questo, cominciò a correre, afferrando una delle cine del grande albero.

Nino vide con orrore quando si lanciò fuori dalla nave, abbastanza alto per raggiungere il ponte della nave della marina; poi iniziò ad oscillare avanti ancora più veloce.

Appena tornò indietro ed atterrò sul ponte, la nave della marina, saltò in aria.

L'enorme imbarcazione stava bruciando e l'albero maestro cadde sotto il suo peso, facendo quasi affondare la nave.

Il vento permise all'incendio di propagarsi velocemente, mentre la loro nave si allontanò, i suoi membri ancora in soggezione dall'accaduto

«È stato un dannato miracolo!» disse Kim.
«No.» Nino scosse la testa.«È stato un uomo.» sì rivolse al suo migliore amico e sorrise. «Chat Noir!»

Il biondo sorrise con orgoglio appena i suoi compagni scandirono il suo nome.

Ma presto "Chat Noir" divenne "Captain Noir".

«Allora, che ne dici?» domandò Nino porgendogli un cappello nero.

Chat lo prese e lo mise in testa.

«Allora, mio capitano.» cominciò Max. «La nostra nave è praticamente distrutta. Avete un piano per questo?»
Chat sorrise. «Diciamo, signori, avete mai sentito parlare di La Coccinelle

Ci fu un rombo di sussurri tra la folla.

Fu Nino a parlare. «La nave di Hawkmoth? Conosciuto anche come il pirata più sanguinoso che vaga per i sette mari?»
Chat fece un sorriso ferino. «Oh, non sarà più la sua tra poco.»



*Presente*

La grande porta della sala venne aperta lentamente e un'ondata di sussurri trafissero il silenzio tra la folla come Chat Noir, il terrore dei sette mari, entrò.

Le due guardie lo tenevano stretto per le braccia, mentre le sue mani erano legate dietro la schiena.

Il suo cappello cadde sugli occhi, permettendo alla folla riunita di vedere solo un ghigno arrogante che, certamente, non apparteneva al volto di un uomo che sarà presto condannato a morte.

Il Magister sembrava estremamente soddisfatto e non c'era quasi un accenno di sorriso sul suo volto.

Le guardie si fermarono davanti all'enorme sedia dove il Magister era seduto, torreggiando sopra tutti gli altri.

«Chat Noir, finalmente. Sei più giovane di quanto pensassi.» disse l'uomo; notò che il pirata aveva ancora la testa chinata verso il basso ed il suo sorriso crebbe, poi continuò: «Per come la vedo, il pirata più potente dei sette mari non può nemmeno guardarmi negli occhi.»

Per un secondo, la sala era abbastanza in silenzio per sentire cadere uno spillo.

E poi una risata melodiosa echeggiò nel silenzio; lentamente, Chat Noir sollevò la testa.

Il volto del Magister impallidì in meno di una manciata di secondi e per la prima volta, la folla notò un emozione forte sul suo volto: shock.

Chat Noir ghignò acutamente.

«Ciao Padre. Ti sono mancato?»




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AAAAAAAAAAAAAAAAH SI TORNA ALLA GRANDE!

Oltre il fatto che Adrien aka Chat è la causa dell'alcolismo di Nino, poi il Magister è Gabriel e... BOOM!

ROBE!

AGGIORNO OGNI GIOVEDÌ E SABATO, esattamente come prima.

E vi giuro che è stra epico!

Beh, a giovedì :3

FrancescaAbeni

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