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8 - Kay


Le mani di Rossana s'insinuano decise e morbide lungo la mia schiena contratta, la modellano, disegnano cerchi concentrici e poi l'accarezzano. Non sembra una fisioterapista che pratica un massaggio decontratturante per la mia schiena in convalescenza, sembra che stia cercando di eccitarmi. E ci sta riuscendo.

Ho il mento poggiato al piccolo cuscinetto e le mani intrecciate sopra la testa. Quando le sue dita esperte frizionano la mia nuca e stringono i capelli, capisco che ho ragione.

«Ros», è solo un rimprovero appena soffiato ma lei capisce e si ritrae.

Ricomincia col massaggio terapeutico, meno eccitante e molto più doloroso. Tocca regioni del mio corpo che sembrano in guerra e mi fa impazzire di dolore ma resisto, stringo i denti e cerco di respirare piano.

Le sue braccia si allargano e lei si china a parlarmi spalmata sulla mia schiena, con le tette premute contro la mia pelle nuda e con la bocca nel mio orecchio: «I tuoi muscoli dorsali sono qualcosa di mai visto, mi fai morire, Kay».

Sorrido a occhi chiusi.

Poi risale e le sue mani sciolgono la cervicale mentre sussurra: «Ci stai ancora con la tua ultima conquista, Blanche, l'imprenditrice tedesca?».

Scuoto appena la testa e lamento una specie di: «No».

«Non ti appagava tra le lenzuola?», ridacchia e arriva senza motivo ai glutei, li accarezza, li stringe, sembra che voglia mangiarli.

«A dire il vero», mento spudoratamente, «mi appagava solo tra le lenzuola», mi sta venendo duro. Rossana è proprio una furia sessuale.

«Ummm», mugugna lei, «sei un intellettuale esigente. Non troverai mai una donna che appaghi la tua mente contorta. Accontentati delle lenzuola».

Sto per mettermi supino e al diavolo la schiena malandata e l'astinenza forzata, le voglio piazzare davanti la mia erezione, ma lei fa l'unica battuta che riesce a spegnere ogni desiderio possibile.

«Non ho ancora capito come gestisci il voto di castità dedicato a Sophie. Una donna te la fai e l'altra no, se ci vai a letto le molli subito e se non ci vai a letto te le tieni come bambole sulla sedia, le vizi, le mantieni, ma non le scopi. Niente legami. Con Blanche ci sei stato un anno e dici che era appagante, ma teoricamente non dovresti essertela fatta...»

«Please, stop!», ordino perentorio.

Bussano e fermo l'impeto.

«Chi è?», chiede Rossana.

Un tipo in camice si affaccia: «Scusate, in sala d'attesa c'è una donna per il signor Moser. Dice per l'incidente».

Per una ragione che non metabolizzo mi calmo all'idea che l'angioletto sia qui.

Subito mi informo: «È sola?».

Magari è venuta con l'avvocato, dopo la telefonata idiota di Hollistar potrebbe essere terrorizzata.

«Sola, signore», risponde il medico.

«Perfetto», ruoto il busto e nel farlo troppo repentinamente soffro da morire, ma invito la mia Rossana a porgermi l'asciugamano, qualcosa di molto più esaltante delle sue mani miracolose mi aspetta: la vendetta.

Ci vuole un po' prima che io abbia rimesso la fascia intorno al busto e sia riuscito anche a infilare una camicia, ma non potevo presentarmi in vestaglia e pantofole, non è nel mio stile, e a vestirmi mi hanno aiutato in due. Fisso le stampelle. Odio l'idea di andare in giro sorretto a due grucce ma ho rifiutato la sedia a rotelle e non ho scelta, per qualche tempo, finché il dolore non scomparirà del tutto e il coccige sarà andato a posto, dovrò farlo.

Un passo alla volta percorro il corridoio del reparto e quando sono a pochi metri dalla sala d'aspetto ho un sussulto: la strega. La gazzella. La puledra in calore.

A conti fatti: di nuovo una strega al posto di un angelo. Non va bene. Adesso la mia sarà una vendetta spietata: ora questa puledra accetterà le mie richieste, oppure pretenderò un risarcimento stellare. E voglio parlare con sua sorella.

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