23 - Elis
Il tavolo è tondo e appartato e concede una vista a picco sul lago davvero mozzafiato. Moser deve avere un debole per questo Hotel, le sue vittime le porta qui. Le pietanze al buffet erano solo l'antipasto, l'ho scoperto nelle ultime ore, non fanno che arrivare portate di ogni genere servite con l'inchino da camerieri in papillon: finora ci hanno portato tre primi piatti di mare e di carne e due secondi di pesce e di verdure e mi chiedo: se fanno così per una serata di ferragosto, a un matrimonio cosa portano? D'altro canto, dopo la colazione sontuosa che mi hanno servito l'altra mattina su questa stessa terrazza, di cosa mi stupisco? Intanto Rudolf si abbuffa come se non ci fosse un domani, è l'unico a gradire davvero, io e la mamma abbiamo puntato gli alcolici. Solo che lei è passata alla pratica e io no, perché ho preso il farmaco.
Ma non si limita a tracannare alcolici, da un po' non fa che guardarsi intorno.
«Che cerchi, mamma? Un altro flute? Hai bevuto pure troppo», la rimprovero.
«Cerco loro, non li vedo più da mezz'ora, ma che fine hanno fatto?», protende il collo e sposta il busto in tutte le direzioni infilando gli occhi nella calca che balla o si dimena in giro per il terrazzo.
«Loro chi?»
«C'è qualcosa che non mi quadra in quella coppia», blatera ingollando a testa indietro il terzo flute di Champagne francese.
Manca poco alla mezzanotte, Chicco è eccitatissimo all'idea che vedrà i fuochi d'artificio. Ma adesso è più interessato alla sua cena che trangugia seduto sulle mie gambe mentre gli imbocco le patatine fritte col Ketchup che ha preteso in lacrime.
«Quale coppia?».
«Moser e Vinny, che domande.» Si fa aria con un ventaglio enorme, che pare la coda di un pavone.
«Che cosa non ti quadra? A me sembrano perfetti.»
E deglutisco aria.
Alza gli occhi al cielo. «Hai presente il manifesto che campeggia davanti all'hotel? Quello che pubblicizza la nuova fragranza Dior.»
Non capisco cosa stia blaterando ma l'assecondo per quieto vivere. «Sì, mamma, quello all'entrata, l'ho visto, con la ragazza bionda che tiene il tappo del profumo con due dita sul suo collo.»
Lei sbuffa. «Certo, spiegato da te è proprio un'opera d'arte.»
«Volevi che enunciassi il potere iconografico della foto, mamma?»
«Volevo dire che la donna della foto è una bellezza conturbante e perfetta.»
Sbuffo. «Le scelgono bellissime apposta, devono sedurre come il profumo che pubblicizzano.»
«Appunto. Beh, quella è una ex di Moser», dichiara. «Una delle tante ex. Ed è pure una delle più brutte che ha avuto.»
La schernisco seccata. «Oh, ma pensa, che cosa interessante. E con ciò?»
Lei abbassa il mento e si fa cospiratoria: «Che ci fa Moser con tua sorella?».
«Ma mamma!»
«Ma no, è che... Vinny è carina, per carità, ma è imparagonabile alle soubrette con cui Moser si accompagna da sempre. Pensa che l'anno scorso stava insieme a un'imprenditrice tedesca, erano sempre paparazzati, una certa Blanche qualcosa, che era la fotocopia sputata di Charlize Theron, non so se ho reso l'idea. Perciò non capisco perché lui stia dietro a Vinny ormai da settimane, la porta dappertutto, la fa passare per una compagna fissa, e di sicuro non è attratto dalla sua dolcezza, mia figlia è un'arpia, ammettiamolo. Ma stasera che ho finalmente avuto modo di incontrarlo di persona mi sono resa conto che la tratta con una strana freddezza. Se non fosse impossibile giurerei che tra le mie due figlie sia tu quella che gli fa girare la testa.»
Mi stranisco. «Perché dici se non fosse impossibile? Sono così cessa?»
Alza gli occhi al cielo e si sventola veloce: «La fragranza Dior, mia cara, la fragranza Dior, devo ripetere tutto?». Tracanna il quarto flute. «Però ti mangia con gli occhi, in effetti....»
La incalzo: «Mamma? Ora mi metto a urlare e ti faccio togliere il vino. Stai vaneggiando, e dici cose senza senso».
«Facciamo una prova», dice lei divertita. «Adesso tu ti alzi e ti trovi qualcuno con cui ballare, ti ci strusci un po' addosso, e quando loro torneranno da non so dove si siano cacciati, scommetto che Moser la prenderà male e io sarò lì pronta a coglierne la reazione.»
«Non ci penso neanche.»
«Ma tu adori ballare! Cosa c'è di male?»
Mi innervosisco, sospiro, inizio a smaniare. «Ti ricordo che ho smesso dieci anni fa di ballare, mamma.»
Lei s'incupisce un istante, e il mio senso di colpa mi provoca uno scatto di nervi.
Merda, non lo dovevo dire.
Chicco si sposta, mi sente rigida e cerca di scendere dalle mie gambe, si lamenta: «Basta, siete pallose, voglio il gelato», e senza darmi modo di aiutarlo piomba con i piedi per terra trascinando le mani sporche di Ketchup sulla stoffa della gonna.
Lancio un urlo: «Chicco, no!».
Ma è troppo tardi, l'abito Valentino su misura ha due lingue di sugo da parte a parte.
«Cazzo!»
Si spaventa e inizia a piangere disperato. «Hai detto una parolaccia, cattiva, cattiva!»
«Scusami, piccolo, non volevo, non volevo urlare...», mi sento una stronza, cerco di afferrarlo ma lui si rifugia tra i seni di mamma e lei lo abbraccia e lo sventola col pavone sussurrandogli eresie come: lo sai che con i vestiti il sugo non si abbina.
Mi metto in piedi esasperata da mia madre e pure dal pianto isterico di mio fratello, e marcio fino alla portafinestra che accede alla sala da pranzo.
«Mi scusi?», mi rivolgo a un cameriere intento a trasportate un carrello di vivande verso il terrazzo, «Sa dirmi dove posso trovare il bagno?».
«Attraversi la hall, superi l'ingresso principale e lo troverà sulla sinistra guardando il bar.»
«Grazie», mi fiondo nella direzione che ha indicato con la speranza di far presto, otto minuti e perderò lo spettacolo pirotecnico.
Ma dove diavolo sta il bagno?
Mi aggiro sperduta e finisco addosso a un cameriere. Per poco non precipita. Lo afferro al volo.
«Mi scusi, io tendo a travolgere la gente», dico trafelata.
Sorride gentile, ma proprio accanto alla sua spalla si materializza una specie di giunone teutonica dall'aria incazzata.
Congeda il cameriere come se fosse un suo dipendente, ma lo fa in tedesco e non so cosa gli abbia detto. Subito dopo guarda curiosa me, mi fa la radiografia, e alla fine sorride sadica: «I camerieri mi hanno informata che sei tu la ragazzina che ha investito Kay.»
Perdo colore. «Moser?»
Ride. «Quanti Kay hai investito nella tua vita?»
Ammutolisco. Questa sembra proprio la fotocopia di Charlize Theron.
«Guardi, è stato un incidente, non l'ho fatto apposta.»
Sospira. «Già, peccato.» Si avvicina e mi annusa. «Tu puzzi di Ketchup», afferma infastidita.
Balbetto: «Sì, infatti stavo andando a lavarmi», indico il vestito.
«E questi lividi che hai sul viso?»
Non capisco cosa gliene frega. «Ho fatto a botte.»
«Hai fatto a cosa?», poi sussurra tra sé italiani selvaggi.
«Blanche!», il richiamo feroce ci fa sobbalzare entrambe.
Dall'angolo spunta Moser, e sembra più incazzato di questa tedesca che, evidentemente è la sua ex, mia madre ne sa una più del diavolo.
Si piazza davanti a me frapponendosi tra noi come uno scudo, e le afferra il braccio. Parla piano, sottile, sembra che la stia minacciando, ma non lo capisco, le parla in tedesco.
Lei lo ascolta incredula, poi sgrana gli occhi, fa un passo indietro sconvolta, e risponde in italiano guardando verso di me: «Allora esiste! Esiste qualcuno che ti fa fremere. Guarda come ti stai scaldando solo perché ho rivolto la parola a questa ragazzina selvaggia.»
Ragazzina selvaggia?
Mi scruta ancora facendo capolino oltre la spalla di Moser e lui d'istinto la spinge indietro e le dice qualcos'altro che non traduco.
La donna ride scuotendo la testa. «In effetti non capivo cosa ci facevi poco fa con quella stampella sciatta. Questa almeno ha la scusa dell'età, sembra una minorenne, roba fresca. Bene, ora so con chi me la prenderò. Goditela finché sei in tempo, Kay, perché presto questa ragazzina della giungla sarà solo un ricordo. Ti farò provare quello che ho provato io.»
Io non capisco quasi nulla del loro gioco di potere e delle loro minacce ma una cosa mi è chiara: 'sta tedesca è stronza come la maestra di Chicco, e io mi sono rotta di essere presa di mira non solo dalla famiglia, pure dagli estranei.
Scanso Moser con una manata che lo coglie di sorpresa e mi piazzo sotto al mento di Charlize Theron: «Senta signora, non so davvero chi si crede di essere, ma le ricordo che il nazismo è finito e che io sono di Viterbo e le sue minacce mi rimbalzano».
Lei sgrana gli occhi e mi fissa i lividi. «Se mi tocchi chiamo la polizia.»
Con le dita di una mano le puntello una spalla e la spingo indietro. «Ops, l'ho toccata.»
Lei chiama a gran voce: «Sicurezza! Sicurezza!».
E improvvisi come spari i fuochi d'artificio iniziano a scandirsi oltre la sala, è scoccata la mezzanotte.
Prima che Kay si metta in mezzo, un energumeno mi afferra il polso e io mi piego e gli mordo la mano così forte che è costretto a mollarmi e lancia un urlo. «Bastarda!»
Sta per afferrarmi di nuovo quando Kay lo blocca per le spalle. «Adesso non esagerare, ragazzo, vattene prima che decida di tritarti insieme alla tua direttrice.»
«Ma, signor Moser, la ragazzina mi ha morso!», si lamenta quello.
«Questa selvaggia!», esclama stizzita la tedesca.
Prendo la mira, sollevo il ginocchio e le pesto un piede con uno slancio che la costringe a gridare.
« È fortunata che ho le ballerine, perché se avevo un tacco, le dita gliele frantumavo!»
Kay ride e mi afferra per la cintola sollevandomi. Io scalcio, la tedesca urla impazzita, e Moser mi trascina via.
«Ascolta, mein kind, se continui così mi toccherà ripagare i danni a tutti, andiamo via prima che diventi una rissa».
Lui si diverte ma io continuo a scalciare. «Non so che significa Kind, ma mi faccia scendere, non ho ancora finito con la tedesca!»
Charlize Theron si affaccia e urla: «Kay, ti denuncio!».
Lui continua a trascinarmi e ride: «Ecco, hai visto? Mi sono beccato pure una denuncia.»
«Se mi lascia andare, io quella nazista la prendo a calci e poi non avrà più voglia di fare denuncie», e mentre mi sbraccio per liberarmi dalla sua presa gli colpisco lo zigomo e lui va indietro e si sbilancia.
«Oh, io, mi scusi», e mi rendo conto di averlo colpito forte.
«Mi sono sbagliato sul tuo conto», ride di me, «ti credevo un angioletto, e invece sei un diavoletto.»
«Ma la smetta e mi lasci andare!»
I fuochi d'artificio scoppiano senza sosta e la sala attorno a noi è vuota, sono tutti affacciati sulla terrazza.
Moser mi solleva fino a stringermi contro il suo petto, e ora sono prigioniera tra le sue braccia.
«Ti lascio solo se mi prometti che non farai altri danni.»
Inizio a sentirmi strana, quest'uomo mi taglia il fiato e non so il perché ma ringhio: «Io a te non ti devo promettere niente, stalliere, mettimi giù subito o chiamo Rudolf».
Scoppia letteralmente a ridere. «Chi chiami? Rudolf? Ha mangiato così tanto che se provasse a colpirmi scoppierebbe.»
«Allora chiamo mia sorella!»
«Meglio di no», smette di ridere. «Non saprei come spiegarle questo.»
«Questo cosa?»
Non finisco di chiederlo che le sue labbra premono contro le mie. Sono roventi, m'invadono i sensi, smetto persino di respirare e avverto una scossa. Come una scintilla. E sul tamburo di uno scoppio d'artificio gli sferro uno schiaffo sonoro.
Lui non perde la presa su di me, mi stringe in vita e lo fa con una forza che comprime contro il suo petto solido. Sembra un animale affamato che ha trovato la sua preda ma si tormenta per lasciarla andare. Eppure non la lascia, eppure non mi lascia.
«Mi hai colpito», dice in un fiato.
«Sì, l'ho fatto», tentenno.
Passa un lampo oscuro nelle sue pupille. «Allora ti punisco.»
«Cosa?»
Non so spiegare cosa succede, i suoi movimenti sono sicuri e veloci, mi stringe i capelli, con l'altra mano circonda la schiena e mi costringe a inclinare la testa. Mi bacia di nuovo. Ho le mani bloccate, è impossibile che io mi ribelli. Si appropria delle mie labbra cancellando all'istante la solitudine che mi circola dentro da dieci lunghi anni. La sua lingua che mi avvolge è così morbida e bollente da farmi avvertire un capogiro, le mie difese crollano, il mio corpo brucia e vorrei strapparmi questo vestito per trovare il contatto con la sua pelle e fargli sentire come arde in me il desiderio improvviso di essere posseduta da lui. E mentre mi stringe e mi sfiora la schiena e mi bacia senza rallentare ho le gambe molli, mi sento sciogliere e vorrei che non finisse mai. Ma lui si blocca e col viso si scosta da me ansimante e sconvolto ricordandomi chi sono e cosa faccio qui, che sto sbagliando tutto. Che stiamo sbagliando.
Mi tiene ferme le mani dietro alla schiena e poi mi osserva torbido. Quando il suo respiro si calma, non mostra più alcuna espressione, sembra diventato di ghiaccio. Mi fissa negli occhi per un tempo che pare infinito e che se non fosse scandito dai fuochi che esplodono fuori e intorno, sembrerebbe fermo come acqua di lago. E mi domando cosa vuole fare adesso? Prima che io inizi a dimenarmi mi lascia andare, mi mette giù e mi dà le spalle. E torna quella stretta che mi fiacca i muscoli, la stretta del vuoto lasciato dalla solitudine, appena mi mette giù la sento più devastante di prima. Ma dovrò farci l'abitudine, perché non penso che questo si ripeterà. È stata solo una parentesi di follia da parte di entrambi. Una cosa senza senso.
Con una voce gentile ma fredda come una lama dice solo: «Corri dalla tua famiglia, ti staranno cercando».
E mi scopro a dargli del tu. «E tu? Non vieni?»
E subito mi domando perché l'ho chiesto.
Lui non risponde e se ne va dalla parte opposta.
Ha cambiato umore in pochissimi secondi, prima era passionale, poi si è incupito e ha smesso di considerarmi.
Sono disorientata. Non capisco cosa provo, cosa voglio e se voglio qualcosa.
Me ne vado con le gambe che tremano fino alla terrazza. C'è il caos. I fuochi hanno rintoccato l'ultimo scoppio, la gente applaude e scatta selfie lungo la balaustra affacciata sul panorama notturno.
Arrivo alla borsetta rimasta incustodita sulla sedia e sfilo il cellulare.
Scrivo un messaggio.
Elis: Ciao Marco. Mi dispiace che tu stia trascorrendo il Ferragosto in ospedale, volevo sapere come va. È probabile che a quest'ora tu stia già dormendo ma... scusami per l'invadenza, volevo finire quel discorso, sai sono curiosa. Che trauma shakesperiano ha Moser?
Solo dopo un minuto la smetto di fissare supplichevole il display, le spunte sono due, segno che ha il cellulare acceso, ma non ha visualizzato il messaggio e io inizio a sentirmi patetica.
«Che fine hai fatto? E che è successo al tuo vestito?», la voce acida di Vinny mi fa sussultare. La osservo terrorizzata per un momento, e prima di sentirmi una stronza mi rendo conto che ha pianto, il trucco intorno agli occhi è colato.
«E a te», cambio discorso, «che t'è successo?», indico il suo viso.
Si passa una mano sull'orecchino a pendolo, lo rigira tra le dita guardando in basso.
«Sai dov'è Kay?», mi domanda a bruciapelo.
Deglutisco e lo stomaco si contorce. «Io? No, che ne so. Non era con te?», mistifico.
All'improvviso mi guarda e lo fa con lo stesso odio di sempre, come se nulla fosse mai cambiato tra noi, nemmeno adesso che le ho trovato il fidanzato. Ha capito tutto? Ci ha visti?
Dice: «Kay è un uomo complicato ma credo che ci sposeremo. Facciamo un sesso fantastico, lui mi vuole continuamente, lo facciamo dappertutto, sul letto, sul pavimento... e andiamo molto d'accordo», cambia espressione e mi sorride, «ho la tua benedizione?».
Il respiro si accorcia e le mani sudano. Si sposano?
Non mi rendo nemmeno conto di aver messo insieme queste parole, le ascolto mentre le pronuncio: «Solo se io ho il tuo perdono».
Lei ghigna. «Stai lontana da Kay e avrai il mio perdono.»
Cosa sa? Quanto sa?
Avvampo e non posso nascondere la reazione emotiva che mi provocano le sue parole inaspettate, sono diventata un cerino.
Mi accarezza i capelli intorno all'orecchio e si china sul mio viso per sussurrare: «Lo so che ti piace, piace a tutte. Ma tu mi hai già portato via un marito, non mi strapperai anche lui».
Era solo un bacio, solo un bacio, non l'ho ucciso, non te l'ho portato via.
Il mio cellulare trilla due volte e ci fa sobbalzare.
Volto il display senza sollevare il braccio e leggo a mento basso lungo il fianco.
Marco: Ciao fuggitiva. Una noia mortale, credimi. Tu cosa fai? PS lascia perdere Kay Moser e i suoi deliri, meglio che tu non lo sappia.
«Cazzo.»
«Che c'è?», chiede Vinny.
«No, niente, un mio amico. L'ho conosciuto in ospedale.»
Lei si rilassa. «Ecco, brava, pensa al tuo nuovo amico», si volta e aggiunge «che a Kay Moser ci penso io».
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