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La routine di Aria

∂ Angolo autrice ∂ 

No, l'immagine non c'entra nulla con il capitolo, ma ci sta sempre bene ahah

Buona lettura C:

◊Aria POV◊

Mi svegliai con una sensazione di nausea: avevo esagerato di nuovo ieri sera. Mi girai e vidi un ragazzo dormire di fianco a me e mi innervosii subito, ricordandomi chiaramente di avergli detto di andare via.

Alzandomi vidi a terra il mio pigiama, che consisteva semplicemente in una maglietta molto lunga. La indossai guardando quel ragazzo, Luca, dormire profondamente.

Lo scossi «svegliati, devi andare».

Lui si mosse solo leggermente e non dava cenno di volersi alzare. Allora presi il telefono, aprii il lettore musicale, misi il volume al massimo e feci partire "Jesus of Suburbia" direttamente nel suo orecchio.

Luca si sveglio di soprassalto «ma che cazzo?!».

Aveva un'espressione visibilmente confusa, poi guardandosi attorno fece mente locale. «Potevi anche essere più delicata» disse arruffandosi i capelli.

«Non vedo perché dovrei» replicai freddamente. «Ti avevo detto ieri sera di andare casa tua se volevi dormire, quindi almeno adesso sbrigati ad andare, io devo uscire».

«Ok ok, certo che sei un po' lunatica».

Sorrisi. Probabilmente aveva ragione ma non mi importava cosa pensasse. Avevo conosciuto quel ragazzo qualche mese prima, al pub dove andavo di solito con i miei amici. Era semplice parlare con lui ed aveva un bel  fisico.  Perciò le sere in cui avevo voglia lo chiamavo, bevevamo qualcosa e tornavamo a casa assieme, dove trovavamo altri modi per divertirci. Niente di più.

Era un comodo sistema per non trovarsi in tristi periodi di astinenza, e per passare serate diverse rispetto al solito.

Mi diressi verso il bagno per fare una doccia. Avevo ancora due ore prima di iniziare il turno, quindi potevo prepararmi con calma.

La mia casa era molto semplice. Un appartamento al piano seminterrato, composto da una camera da letto e un soggiorno con angolo cottura.

Avevo solo i mobili strettamente necessari che avevo preso da varie "eredità". Per questo motivo non si legavano molto tra loro, erano semplici -marrone chiaro o scuro- e rovinati.

Un muretto su cui era appoggiato un piccolo divano a due posti separava l'angolo cottura, composto solo dal lavandino incorporato in un mobile marrone scuro ed una macchina del gas.

Tuttavia, non me ne curavo molto. Finché avevo uno spazio dove tenere i miei oggetti e una sedia su cui mangiare andava più che bene.

Uscita dalla camera attraversai il salone, passai vicino l'angolo cottura e mi ritrovai in bagno.

Non capii subito se le occhiaie profonde erano dovute alla mancanza di sonno o all'eye-liner colato della sera prima. Mi lavai e vidi con dispiacere che le occhiaie rimasero.

Perché ci spero ancora? So che non passeranno, quel medico disse che erano così «per costituzione»

Mentre mi pettinavo mi soffermai su tutti gli altri dettagli del mio corpo che odiavo. Le narici erano troppo larghe, il mio profilo troppo paffuto, le sopracciglia troppo folte, le labbra asimmetriche, le spalle troppo larghe e il seno troppo piccolo.

E questi erano solo i difetti che notavo ad una prima occhiata.

Fui soddisfatta invece di come i suoi capelli fossero tornati sani, ad eccezione delle punte bionde, a causa delle innumerevoli tinte e decolorazioni a cui li aveva sottoposti dai 16 ai 21 anni. 

Dopo essermi lavata indossai pantaloni morbidi ed una maglietta, le mie fedeli Vans ed il giacchetto di jeans nero fuori misura. Uscii salutando il mio gatto, a cui quella mattina avevo prestato davvero poche attenzioni.

Benché fosse ormai primavera inoltrata quel giorno il vento portava ancora con sé un'aria pungente, ma non mi dispiaceva e speravo davvero che l'estate tardasse ad arrivare. Per me significava solo caldo, vestiti con cui non ero a mio agio e la temutissima sessione d'esami.

Quel vento invece mi fece venire in mente posti lontani. Immaginai che quel profumo arrivasse dai posti più isolati e remoti al mondo, anche se probabilmente l'odore proveniva solo dai fiori sbocciati nel cortile del palazzo.

Fortunatamente il lavoro era vicino casa. Mi bastò infatti attraversare viale Trastevere, dove avevo la fortuna di abitare, per trovarmi subito in un bar aperto di recente e curato nei dettagli. Il bancone i tavoli e le sedie erano in legno chiaro, in netto contrasto con le ampie vetrate, che presentavano decori in ferro nero.

«Buongiorno. Vado a cambiarmi e arrivo» dissi dirigendomi verso lo spogliatoio.

Mi piaceva lavorare lì. Era un posto tranquillo ed elegante ed era sicuramente meglio del pub lurido in cui lavorava prima, dove quasi ogni sera un idiota ubriaco ci provava con me.

Indossai il grembiule del bar, che mi faceva sentire abbastanza idiota. Andai verso il bancone dove per sei ore non feci altro che servire e pulire tavoli e tazzine.

Quando finii ero esausta e, ad ormai pomeriggio inoltrato, tornai a casa dove iniziai a studiare. Ormai gli esami si avvicinavano e non potevo certo restare indietro proprio adesso.

Finalmente ad Ottobre mi sarei laureata, proprio la settimana del mio 22-esimo compleanno. 

Finii alle 10 di sera e decisi di uscire con i miei più cari amici, nonché gli unici che consideravo tali. Non avevo assolutamente voglia di cucinare.

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Il giorno seguente mi preparai con calma ed uscii in anticipo. Arrivata in facoltà presi un caffè alle macchinette. Quale modo migliore per iniziare una giornata?

Entrata nell'aula magna mi diressi il più lontano possibile da tutti gli altri. Le mie amiche -se così posso chiamarle- non frequentavano quel corso e non avevo intenzione di sentire i discorsi idioti di sconosciuti. Non sopporto le persone in generale e gli studenti di economia mi sembrano più stupidi della media.

Iniziai a leggere il giornale sul telefono mentre aspettavo l'inizio delle lezioni. Mi  interruppi quando entrò il professor Aizawa. 

Lo fissai, senza neanche rendermene conto. Non sapevo da dove venisse il suo nome, ma gli unici segni giapponesi visibili erano i capelli e gli occhi scuri. Il viso e il corpo erano invece tipici di un europeo. Era alto, con un fisico snello e allenato, il naso sottile ed il viso allungato.

Varie volte avevo pensato a quanto fosse attraente, ma non avevo mai pensato realmente a lui in senso romantico o altro. Sarebbe stato solo complicato e non avevo bisogno di altri problemi.

Inoltre ero sicura che un uomo come lui non si sarebbe mai interessato a me. Sono solo una ragazzina e non potrei mai intrattenere una conversazione con lui senza sembrare una perfetta idiota.

Come se non bastasse, avevo iniziato a provare un certo astio verso Aizawa, perché troppo spesso sentivo le ragazze, soprattutto nei bagni, dire frasi come "ma quant'è bello" o un più diretto ed elegante "quanto vorrei farmelo".

Di certo una di loro ci è riuscita continuavo a ripetermi oppure è fidanzato.

Quando iniziò la penultima lezione del semestre scacciai via tutte quelle idiozie e mi concentrai solo sulla materia. Tuttavia, presto mi resi conto che facevo davvero fatica a leggere ciò che era scritto alla lavagna.

Non era mai stato un problema sedersi lontano, avendo un'ottima vista, ma a volte mi capitava di dover usare gli occhiali, altrimenti sforzandomi mi sarebbe venuto mal di testa tutto il giorno.

Cercai gli occhiali nello zaino, senza successo.

Ora che faccio? Non posso seguire due ore di lezione così.

Non avendo alternative, presi le mie cose e mi spostai in prima fila, direttamente davanti a lui, dove continuai a seguire la lezione senza problemi.

Al termine mi avvicinai per chiarire un dubbio su un esercizio. A quel punto, vedendolo così vicino, capii che non mi ero sbagliata affatto sul suo aspetto.

Aveva davvero un volto virile. Il naso era dritto e non troppo piccolo, la mascella pronunciata, gli occhi così neri da non poter distinguere iride e pupilla. Arrossii notando che sotto l'occhio destro vi era una cicatrice che lo faceva sembrare più un teppista che un professore.

Quando Aizawa ammise di aver sbagliato l'esercizio fui stupita.

Sarà anche giovane, ma non è certo un assistente, non dovrebbe fare errori così banali..

Con questi pensieri mi andai in biblioteca, dove avrei passato l'intero pomeriggio a studiare.

Durante una pausa dallo studio ripensai alla sera prima, e mi resi conto che ormai Luca si fermava tutte le notti a dormire da me.

Devo darci un taglio. Inoltre quella sera mi ha chiesto di «frequentarci come due persone normali», qualunque cosa voglia dire, e ormai non c'è più niente di nuovo tra noi.

Così, per amor di chiarezza, decisi di scrivergli un messaggio.

Aria:  Ciao. Volevo solo dirti che non credo che potremmo uscire di nuovo assieme, comunque è stato divertente in questi mesi C:

Aria:  Buona fortuna per gli esami <3

Avrei potuto impegnarmi di più ma non sono brava in queste cose e non riuscii ad inventare niente di meglio.

Dopo un paio d'ore vidi che il messaggio era stato letto, ma non aveva risposto. Poco importava, forse semplicemente non aveva nulla da dirmi.

Smisi di studiare solo perché erano le 8 di sera e la biblioteca stava chiudendo, così presi tutte le mie cose e quando uscii dall'università era già buio.

Mi diressi verso viale Marconi per prendere l'autobus, cercando nello zaino lo spray al peperoncino e mettendolo in tasca. Teoricamente una bomboletta di quella quantità era illegale ma non mi importava, perché dovevo percorrere un sottopassaggio per superare i binari della metro, che non era propriamente sicuro.

     Arrivai poco prima dei binari quando vidi una macchina accostare e voltandomi scoprii con sorpresa che era il professor Aizawa. 

«Scusi, sono il suo professore. Mi rendo conto che sembra strano, ma vuole un passaggio? La strada è buia, e ho sentito che gli autobus sono bloccati».

Cazzo gli autobus, me ne ero dimenticata, altrimenti sarei tornata prima. Beh non ho molta scelta, andrò a piedi, di certo non mi serve nessun aiuto.

«Buonasera. Non si preoccupi, me la cavo. Andrò a casa a piedi, non ci metterò molto».

 Aizawa insistette «lascia almeno che la accompagni oltre il sottopassaggio, non mi sembra affatto sicuro».

Ci pensai un attimo. Non mi cambiava molto, erano solo cinque minuti in più a piedi. Mi girai, guardando quel gruppo di uomini poco distanti, che in effetti avevo già notato da qualche minuto.

In fondo è solo un passaggio..

«Accetterei volentieri, se non la disturbo».

«Affatto» replicò Aizawa «salga».

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