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Amore

Quel che Jude ricordava della sua vita non iniziava di certo con la storia della sua nascita. Non erano cose che gli erano state impresse, aveva sempre avuto una casa vuota e triste ed un cuore ancora più freddo. Probabilmente per questo compiuti i ventunanni aveva iniziato a darsi alla pazza gioia. Donne, scommesse, e gioco d'azzardo.
Ormai i suoi interessi giravano intorno a questo.

-Gioco d'azzardo? Stai scherzando?! -

I suoi occhi scuri saettarono su Caleb, rannicchiato a guardarsi le dita dei piedi che faceva muovere ininterrotamente. Doveva ancora capire se lo stava facendo per noia o per studiarne i movimenti.

-No, e per fortuna di mio padre ero pure bravo. -

-Lo sai Jude, non ti avrei mai dato dell'avido. -

Nemmeno lo stesso Jude riscontrava alcuna similitudine tra la sua persona e quella caratteristica. Eppure la sua intera esistenza aveva sempre girato attorno al denaro. Suo padre faceva letteralmente piovere contanti dal cielo ed era stato viziato a sufficienza da stancarsene subito. Non giocava per ottenere più denaro, ma semplicemente per non annoiarsi e non fare la fine della madre. A Trent'anni cominciò con gli scontri clandestini, e ci mise un nonnulla dallo scommettere su sé stesso invece che su altri.

-Sai, mi stai veramente sorprendendo. -

Interrotto nuovamente Jude assecondó la domanda postagli.

-Cioè? -

Inumidendosi le labbra iniziò a parlare schivo. Aveva questo modo di fare un po' viscido, ma se non ci facevi caso potevi vedere che Caleb era solamente curioso.

-Hai l'aria di essere una persona tranquilla. Non credevo celassi tanto materiale esplosivo. -

-Tante sono le cose che non sai ancora. -

-Per esempio? -

Per esempio che quando per errore uccise uno sfidante la sua vita di divertimenti e trasgressioni andò precipitando, fino a raggiungere il fondo della bottiglia. Per la prima volta suo padre decise di andare con la mano di ferro con lui, spremendo le sue meningi in qualcosa di più produttivo, come l'attività di famiglia.
E di cosa si occupava la famiglia Sharp se non di medicina? O almeno, questo era ciò che aveva sempre creduto, perché quando venne a conoscenza di quale mestiere faceva in realtà il genitore, il suo stato mentale venne stravolto.

-Questa è l'area dedita alla cura dei pazienti... -

A fargli fare il giro della struttura era un infermiere particolare. Di lui sapeva solo che si chiamava Jordan e che aveva un' aura così strana che quando sorrideva mentre gli parlava le rughe erano estremamente tese. Non riusciva a fidarsi di qualcuno che aveva qualcosa da nascondere.

-...Tutto qui? Esattamente il direttore ha detto dove mi vorrebbe? -

L'espressione su quel viso giovane si irrigidi per una frazione di secondo, ma Jordan fu veloce a nasconderla tornando al solito enigmatico sorriso.
Lo seguì dietro una porta di legno massiccio e lì lo scenario cambiò :
Dalla stanza tranquilla e pacifica da saletta d'ospedale si era passati ad un ambiente che ricordava un laboratorio.
Il metallo era il reale padrone di quel luogo e tutto sembrava così freddo che rabbrividiva ad ogni passo che faceva dentro il lungo corridoio.

-Cos'è questo posto?-

Cos' era questa sgradevole sensazione, voleva in realtà chiedere, ma non era certo di volerlo sapere.
Per poco non andò a sbattere contro la schiena di Jordan, che si era fermato sul colpo. A Jude non sfuggì che ormai non sorrideva più.

-Suo padre non glie l'ha detto? -

-Cosa avrebbe dovuto dirmi? -

I capelli raccolti in una perfetta coda lunga non necessitavano di nessun perfezionamento, eppure l'infermiere sentì la necessità di rifarsela, raccogliendosi nuovamente i capelli nell'elastico.

-Questa parte dell'edificio è la macelleria: luogo di preparazione del prodotto per poi essere portato alla vendita. -

Non ci volle molto a Jude per intuire che in quel centro, invece di curarare ed aiutare, utilizzavano i pazienti come contenitori per poi venderne gli organi.
Ed il peso di quelle parole ora gravava su di lui come un macigno.
Non proferì parola fino ai due mesi sucessivi. Il suo compito era in realtà quello di far quadrare le vendite come contabile, ma ogni volta non voleva metabolizzare che dentro ciò che usciva da lì ci fossero pezzi di corpi umani a cui era stata tolta ogni possibilità.
L'unica persona che sembrava riservargli particolari attenzioni era Jordan. Gli rivolgeva la parola e quando lo incrociava per il corridoio gli riservava sempre un sorriso cordiale, eppure non lo convinceva, aveva qualcosa che lo straniva, ma smise di pensarci una notte di fine ottobre.

-Halloween wooow.. -

Caleb imitò il verso di uno spettro alzandosi la maglietta fino all'attacatura dei capelli.

- Hai visto uno spirito? -

Stava ridendo e ci scherzava su. Ma Jude non aveva mutato espressione, anzi sembrava quasi più serio.

-No, è lì che ho incontrato te... -

Pioveva. C'erano poche finestre, ma la pioggia d'autunno andava crescendo sempre di più e ticchettava sul tetto facendosi sentire. Jude stava percorrendo il corridoio che lo avrebbe portato all'uscita quando il rumore metallico di qualcosa che cadeva lo distrasse.

-Hey fermati! -

Qualcuno si stava avvicinando nella sua direzione, si sporse leggermente.

-TOGLITI DI MEZZO!! -

Stava per essere travolto da quello che sembrava essere un ragazzo su una sedia a rotelle. Prese male la curva e si rovesciò. Gli infermieri lo avrebbero raggiunto a breve, ma il giovane uomo dagli scuri capelli si trascinava sul pavimento, incapace di poter muovere le gambe. E Jude giurò a sé stesso che non aveva mai visto tanta voglia di vivere e risultò scioccante vederla negli occhi di chi ormai era già morto.

-Eccoti! Invalido o no nessuno mi impedirà di legati la prossima volta. -

-Lasciatemi, LASCIATEMI!!! -

Vide uno dei due uomini estrarre un teaser, ma prima che spruzasse elettricità nel corpo del ragazzo, la sua voce uscì di impeto.

-Fermi. -

L'attenzione gli era pienamente rivolta e come un maestro d'orchestra non si fece scrupoli a manovrare la cosa ad opera d'arte.

-Certe maniere su un ragazzo che non può camminare, è brutale anche per un posto del genere. -

-Signore, questa non è la prima volta che cerca di fuggire, se continua così... -
-Allora vedete di mettere fine alla vostra incompetenza, dopotutto senza gambe dove volete che vada? -

L'infermiere era più alto, ma Jude gli si avvicinò abbastanza da soffiargli quelle parole in faccia. Il ragazzo era rimasto a terra a guardarlo.
E non fece neanche resistenza quando Jude lo aiutò a mettersi sulla sedia a rotelle.

-Ma signore... -

-Lasciate, per oggi non ho voglia di sistemare altri vostri danni. -

Il silenzio si propagó mano a mano che si avvicinavano alla stanza del paziente. Aveva preferito lasciare alle spalle i due sottoposti, non aveva voglia di dover stare attento anche a loro.

-Non vuoi dirmi il tuo nome? -

Ci vollero tre cigolii della sua sedia a rotelle prima di farlo parlare.

-Tu non mi hai detto il tuo.-

-Il mio nome non ha molta importanza. -
-Perché dovrebbe averne il mio allora? Sono solo un pezzo di carne nella vostra macelleria dopotutto. -

Ciò che fece pizzicare la sua curiosità fu lo spiccato modo in cui quel ragazzo disse l'ovvia verità. Era insolito, se non bizzarro, che tra i due fosse quello in carrozzina a sprigionare più vitalità.

-Ok, allora mettiamo che non lo fossi. Tu chi saresti. -

-Una persona in grado di correre. -

-Io mi chiamo Jude. -

Parole forti dette da lui. Si era solo presentato, così pareva, eppure in un attimo aveva spazzato tutte le pareti che ergeva di fronte a sé per quello strano individuo.
Non ricevette alcun fiato finché non giunsero di fronte alla cella numero quattro. Era troppo irrealistico chiamarla stanza.

-Sono Caleb, ma intanto te ne sarai già dimenticato-

Quella notte se ne tornò a casa con un sapore amaro in gola al ricordo di quell'incontro.
Passò esattamente un mese prima che potesse rivederlo, e no, non nel migliore dei modi.
Ricordava perfettamente la ferita sul collo del medico, per pochi centimetri non era stata recisa la carotide.
Non sapeva fosse stato Caleb, lo aveva intuito quando il suo numero era stato registrato per la prossima operazione.

-C'è un qualche motivo per questa anticipazione? -

Jordan non distaccó gli occhi dal fascicolo.

-È perché il paziente sta diventando instabile. Non riescono più a tenere sotto controllo i suoi attacchi. -

-È in sedia a rotelle. Davvero può essere così pericoloso? -

L'infermiere non continuó il suo discorso, si impegnò a finire il compito prima di andarsene. Quella fu l'unica volta che si scompose dalla solita aria da manichino e bastò un attimo a Jude per intravvedere un' espressione di puro astio. Quasi si spaventò.

-Ciao. -

Quando entrò nella piccola stanza Caleb era supino sul letto.

-Che cosa vuoi? -

-La tua operazione sarà il prossimo mese, volevo che lo sapessi. -

Gli stava dando una pugnalata al petto, ma non vide nessun sangue uscire dalla ferita.

-Finalmente. -

Aveva sentito bene? Non era sicuro.

-Morirai. -

-A 60, a 90, morirei lo stesso. Ma se da cadavere è l'unico modo per uscire da questo posto...ci sto, andata. -

-Non minimizzare così la vita. -

Appena le sue parole rieccheggiarono tra le pareti, Jude si rese conto di quanto potesse sembrare ipocrita. Lui che della sua ne aveva buttato via la maggior parte.
Si aspettava che gli rinfacciasse quanto lui era stato più fortunato, ma il paziente lo stupì di nuovo.

-Non farlo neanche tu. Esci, sposati e non rinchiuderti qua dentro per tutto il tuo tempo. -

Fu in quell'attimo che il carceriere comprese le reali intenzioni di quel paziente così sconsiderato e acuto, per quanto scarso di conoscenza.

-Tu non vuoi scappare. Tu vuoi morire... -

-Signor Sharp, mi permetta di dirle che lei è un po' tardo ad arrivarci solo in questo momento. -

Sì, si era sentito uno stupido a non esserci arrivato subito, e per quanto quel dubbio picchiettasse sulla sua mente come un martello non poté evitare di fare quella domanda tanto scontata.

-Lo sai, non tutti i pazienti sono destinati a morire, e seguendo le tue...-

Fece una pausa guardando le sue gambe.

- "condizioni", non credo che ti avrebbero riservato un trattamento simile. -

Caleb rise, un qualcosa di gracchiante come il ghiaccio quando si rompe.

-E credi che voglia affidare la mia vita a quelle probabilità? Se l'unico modo certo per essere libero è la morte, io la accetterò senza colpo ferire. -

Contrariato, si scostò dal letto come se avesse preso la scossa.

-Non puoi dire davvero così. -

-Non capisco perché debba preoccupartene tu? -

Scombussolato e con ancora il sapore amaro di quella risata, se ne andò di fretta ponendosi la stessa domanda.
Anche lui si chiedeva perché gli importasse tanto, ma aveva paura di darsi la risposta, spaventato che questo potesse compromettere la muraglia che si era costruito intorno. Così preferì evitare quel paziente, aspettando che la sua ora giungesse e che quel momento di debolezza se ne andasse con lui.
Le cose cambiarono però esattamente una settimana dopo.
Era alla ricerca di Jordan e dei fascicoli che da più di un ora stava aspettando: esasperato e stranito dal ritardo dell'altro, aveva deciso di andarlo a cercare. E sfortuna volle che lo trovò subito nella sua stanza, e raggelò quando udi la conversazione al suo interno.

-Dimmi che gli hanno fatto! Ti prego. -

-Non metterti nei guai più di quanto non lo sei già. Stai facendo troppe domande e se vuoi stare ancora tra i vivi ti consiglio di chiudere la bocca. -

-Ah è dunque questo che fate la dentro?! -

Ci fu un attimo di pausa e si sentì qualcosa andare in frantumi.

-Jordan! Come puoi rimanere impassibile davanti a quelle cose io non lo so, ma almeno dimmi di Caleb... -

-Al momento la sua situazione non è critica... -

-Al momento....Ho visto i farmaci che gli avete iniettato. Non servono per curarlo, ma lo usate solo come cavia sperimentale. -

Sentì un groppo alla gola salirgli, se le cose stavano così non avrebbe mai potuto essere un portatore di organi sano, e non capiva perché queste cose non erano scritte sulla sua cartella.

-Abbassa la voce... -

-Dammi una buona ragione per cui dovrei farlo? -

La voce sconosciuta si era imposta e da come Jude interpretò quella frase, morire era già stata considerata come opzione.

-Tra qualche giorno tutto finirà... -

Pesarono nel silenzio quelle parole pronunciate da Jordan con una notevole calma.

-Come?! -

-Fidati di me, non manca molto e tutto questo finirà. Tu cerca semplicemente di stare al tuo posto, non voglio trovarti morto. -

Jude si nascose nella stanza a fianco lasciando aperta la porta, scorgendo l'infermiere e un medico dai folti capelli rossi.
Era sveglio e ci mise veramente poco a elaborare tutte le informazioni che aveva appreso, ma tutto ciò non potevano che renderlo più lucido.

-Ti ho portato questo. -

Sta volta Caleb si era buttato giù dal suo letto e aveva la schiena appoggiata all marmo freddo della porta del bagno della sua cella.

-Lasciami in pace... -

Era più spento di quanto si ricordasse, ma non demorse e si sedette al suo fianco e gli mise sul grembo il libro illustrato che aveva portato con sé.

-È un modo per mostrarmi i luoghi che non potrò mai vedere? No grazie, preferisco rimanere nell'ignoranza questa volta. -

Fermò la mano quando quella di Jude si posò sulla sua. Si bloccò, perché non si era limitato a tenere le sue dita con delicatezza come il malato che era o con forza come per obbligarlo, ma esclusivamente con convinzione e determinazione.

-Puoi vederla così se ti è più semplice, oppure puoi decidere che quelli saranno i posti che visiterai una volta fuori da qua -

Verdi e grandi furono gli occhi per lo stupore di quelle parole.

-Cosa stai dicendo? È un nuovo gioco psicologico? -

-No-

Inclinó la testa di lato studiandolo come facevano i gatti.

-Perché sei così tanto interessato a me? -
-Perché non dovrei? -

In silenzio accettò quella sua risposta enigmatica decidendo che per quella volta lo avrebbe lasciato vincere, vedendo lo spiraglio di luce che gli mostrava e prendendo la mano che Jude gli stava porgendo.

-Cosa avviene tra pochi giorni? -

Anche se colto sul fatto, quando Jude incalzó Jordan esso non perse la sua faccia impassibile, ma si sollevò lentamente.

-Non credo che sia tenuto a dirglielo. -

-E se ti internassi? -

-Non direi nulla comunque. -

Anni di combattimenti avevano addestrato abbastanza i suoi riflessi da permettergli di bloccare l'infermiere prima che si ficcasse il bisturi nella gola.
E non poca fu la resistenza a cui andò in contro.

-FERMO,voglio solo sapere di cosa si tratta... -.

-PER COSA?! Continuare I vostri esperimenti? -.

-Per sapere se posso aiutarti!-

Vide la freddezza di Jordan abbassarsi per studiare la veridicità delle sue parole, e Jude aprofittó di quel momento per toglierli l'arma impropria di mano.

-Tu sei un soldato vero? -

Jude parlava al suo interlocutore a terra ormai senza fiato.

-Hai un atteggiamento troppo robotico e assolutamente distaccato per essere un infermiere, avrei potuto affibbiare questa cosa alle stronzate che vedo compiere qua, ma ho appena constatato che sei anche decisamente addestrato. Senti, io voglio solo liberare queste persone. Se ciò che hai intenzione di fare coincide con il mio desiderio ti prego mettimene al corrente. -

Stupirsi non risultò difficile nel sentire il suo superiore pregarlo di assecondare la sua richiesta. E Jordan si lasciò andare ad una piccola insubordinazione.

-Abbiamo intenzione di smantellare questa fabbrica, troppa gente è morta inutilmente e troppa è stata soggetta ad esperimenti a dir poco disumani. Mi bastava solo raccogliere le prove e le risorse necessarie a porre fine a questo mattatoio. -

-Un infiltrato... -

-No, ma un paziente è riuscito a inviare un messaggio abbastanza chiaro da poter essere decifrato. Io ero venuto solo per indagare... Non avrei mai sospettato di trovare....Ora come avresti intenzione di aiutarmi? -

Prontamente, a quella richiesta Jude affidò a Jordan un fascicolo.

-Questo è l'esercito privato che pattuglia l'area, fate molta attenzione, e questi sono i turni assegnati di solito. Se ci saranno spostamenti te lo dirò. -

La reclusione forzata non stava portando di certo Caleb alla sanità mentale, ma quando Jude lo veniva a  trovare tutto quel trambusto nella sua testa si placava. Aspettava con trepidazione le sue visite, in attesa consumava le pagine di quel libro.
Jude però cieco non lo era mai stato ed era determinato a tenere accesa quella determinazione nei suoi occhi.
Ma quando il giorno prima dell'evaquazione non lo trovò nella sua cella, fu lui ad andare nel panico.
Jordan corse  non appena chiamato e si pietrificò nel trovare la stanza completamente a soqquadro.

-Cosa è capitato?-

-Non si trova Caleb!-

Un mese aveva passato a tenerlo sott'occhio, e non poteva essere sparito dal nulla all'improvviso.

-Lo cercheremo. -

Non si dissero null'altro, entrambi scattarono pronti a quel qualcosa che non poteva far rivelare il loro piano.
A dire il vero, il primo pensiero di Jordan nel sapere della sparizione del ragazzo era stato Hunter; non lo aveva detto a Jude per il semplice fatto che non lo aveva trovato abbastanza lucido per ragionare, e preferiva controllare da sé se le sue informazioni fossero vere. E lo trovò in infermeria come al solito, ma notando un riscontro nettamente più cupo rispetto al solito. Non fece in tempo ad avvicinarsi che si sentì chiamare.

-Il signor Sharp sta cercando il figlio. Se lo trovi digli di andare immediatamente nel suo ufficio, non sembra circolare una bella aria. -

-Suo figlio, ma... -

-È un ordine! -

Nulla di buono gli attraversò i pensieri, e dette una veloce occhiata a Hunter prima di girare i tacchi e andare a recuperare Jude.

-Volevi vedermi, padre? -

L'uomo austero era comodamente seduto sulla sua sedia in pelle, con  le mani congiunte davanti al viso rigido. Jude era stato trascinato dalle guardie alla fine. Ed era costretto a reprimere la sua preoccupazione per Caleb con difficoltà.

-Se devi dirmi qualcosa muoviti, ho da fare se non ti dispiace. -

-Sì mi hanno riferito, ma non preoccuparti, andrò dritto al sodo. Tu sai per caso perché non sono presenti i documenti di spedizione? -

Jude gestì bene la sorpresa, limitandosi a irrigidire le spalle.

- Non si trovano? -

Jordan congeló, sapeva benissimo chi li aveva presi, e si pentì di aver messo in pericolo Hunter parlando con lui del piano d'evasione. Lo aveva fatto per tranquillizzarlo, eppure lo aveva spinto in realtà a raggiungere un altro livello di paura, tanto da entrare nell'ufficio di Jude. Il quale era dalla loro parte, ma per qualche oscuro difetto di memoria si era scordato di dirglielo.

-Lo sai Jude, da un po' di tempo stanno succedendo cose particolari. Mancano documenti importanti, i pazienti scarseggiano e come se non bastasse sta diminuendo anche la clientela. -

Era sempre stato un codardo di fronte al genitore, ma questa volta non era solo la sua vita in gioco, e non avrebbe mollato di certo.

-Lo so, sono stato io a smistare i fogli e a fare i registri. E se stai insinuando che io abbia a che fare con questo, mi difenderò prontamente alle accuse che mi rivolgerai. -

Per un attimo il signor Sharp sorrise.
... Per un attimo. Premette un bottone sulla scrivania

-Portatelo qui. -

Una porta laterale si aprì e venne trascinato per le braccia un malmesso Caleb. La freddezza di Jude vacillò.

-Che significa?-

-Non mi fido di te, e per quanto sia strano penso che tu centri qualcosa in tutto questo, figliolo. Aspettavo che diventassi uomo, certo, ma non così. -

Fece un cenno alla guardia al loro fianco, che estrasse la pistola dalla fondina. Jordan era uno spettatore esterno di una scena che mai avrebbe voluto vedere.

-Fermo! -

-Non dobbiamo arrivare per forza a questo, se mi dici quello che sai lo posso lasciar libero di strisciare dove vuole. -

-Se tu non ti fidi di me, come posso io fidarmi di te, padre? -

-Non hai altra scelta. -

Jude non guardò Jordan, ma l'infermiere sapeva che l'integrità della missione era in pericolo, e non voleva che tutto il lavoro svolto andasse perso. Ma questa scelta non dipendeva da lui: dipendeva da Jude, che si sentiva come se avesse una corda al collo.
Ma non fu lui a scegliere, bensì Caleb.
Che anche se pieno di botte, e mezzo tramortito, aveva capito la situazione fin troppo bene.

-Per essere un uomo d'affari non sai proprio gestire nulla eh. -

Arroganza, presunzione e adrenalina furono ciò che servì al ragazzo per prendere la pistola alla guardia che lo teneva e indirizzarla contro il padre di Jude. Ma non fu abbastanza veloce, Jude invece sì. E Jordan, fermo ed immobile senza respiro, guardò il proiettile  passare il corpo di Jude prima di trafiggere la testa di Caleb.
L'uomo che aveva sparato non avrebbe mai mancato il bersaglio: addestrato a soldato proprio come Jordan, non avrebbe sbagliato anche se non fosse stato così vino a Caleb, e Jude che lo sapeva aveva preferito cercare di proteggerlo con il proprio corpo sperando di poter evitare che l'altro venisse colpito, ma le sue speranze furono una mera illusione contro la Desert Eagle  ed I suoi proiettili .50AE.
E morì proprio come quella speranza che uccise anche Caleb.

-Sei un coglione. Ti potevi salvare se mi avessi lasciato morire. -

Jude spostò i capelli all'indietro e indirizzò gli occhi ad un cielo azzurro che aveva lasciato il bianco solo alle nuvole.

-Non potevo lasciarti andare così, dopotutto, avrei voluto mostrarti io tutto questo. Ricominciare. Senza di te non sarebbe stato possibile. -

Caleb gignó felice e tastó la sabbia con i polpastrelli delle mani.

-Beh possiamo ricominciare adesso. -

Il vento accolse entrambi in un turbinio di calore e spinse i loro sguardi verso il tramonto sulle onde del mare. Ora a mente aperta potevano vivere e respirare la libertà che tanto avevano agognato e con forza si strinsero la mano.

- D'accordo, allora che ti va di fare? -

-Voglio correre. -

~°~°~
L'uomo davanti alla tomba si stringeva nel cappotto mentre le mani si raffreddavano senza guanti a coprirle.

-Sapevo di trovarti qui, ecco tieni. -

Jordan accettò di buon grado il caffè offertogli, sentendo il tepore invadergli il palato.

-Sei venuto a crogiolarti nella disperazione anche tu...-

-Smettila Hunter. Non è stata colpa tua. -

I capelli rossi sventolavano come fuoco in quel vento invernale.

-Se per questo neanche tua. -

Osservò come il medico alla sua destra lasciò un mazzo di gigli sulla tomba di fronte a lui. Pensò a quanto dovesse aver patito per cercarli in pieno inverno, ma non gli parve il caso di interferire con il suo dolore.

-Quello che è certo è che senza di loro non avremmo mai potuto salvare tutte quelle vite; rimpiango esclusivamente la perdita delle loro. -

Hunter posó una mano sulla sua testa accarezzandolo dolcemente.

-Ora perlomeno siamo sicuri che stiano bene. -

Inutile: per quanto poco logica ed insensata fosse la sua affermazione, Jordan non poté non credere a quelle parole con lo sguardo con cui erano state pronunciate.

-Probabilmente hai ragione. -

-Dai vieni, ti offro la cena. -

Venne trascinato con impeto lungo la stradina che portava all'uscita del cimitero. E poteva accettare di aver sofferto abbastanza per quel giorno. Intanto ci sarebbe tornato il prossimo anno a trovarli, e guardando Hunter, certamente non da solo.

-Ok, ma stavolta offro io. -

THE END

SONO IMPERDONABILE. In realtà ci sto lavorando da mesi ma ho avuto un serio blocco dello scrittore ed anche un po' di depressione.
Così per scusarmi ho allungato la storia fino ad arrivare a quasi 4000 parole. Spero che vi piaccia e che seguaiate altre mie storie. Grazie per la lettura.
Jupiter013 Goditi il tuo premio, te lo sei  meritato.

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