Capitolo 2
Lui
"Amico, tutto bene?"
Mi chiese Michael provando a toccarmi il braccio, contatto che evitai prontamente.
"Sì, alla grande."
Dissi con 0 entusiasmo nel tono. Dopo la sera precedente, credevo che la mattina seguente mi sarei sentito meglio e invece niente. La situazione era uguale, se non peggiore. Ero piuttosto irritabile e per questo diedi peso al fatto che non avevo ancora fatto colazione.
"Ragazzi, ho portato da mangiare."
Esordì Emily facendo il suo ingresso nell'enorme soggiorno, accompagnata da tre ragazze. Una per Michael e Lucy, l'altra per John e Emily e la terza per il sottoscritto. Il mio appetito era maggiore rispetto a quello dei miei amici, loro si avevano reciprocamente, mentre io non avevo nessuno, ero solo. Di nuovo quella insopportabile sensazione si fece strada dentro di me, così, per scacciarla via, mi catapultai sulla ragazza e iniziai a bere, con una velocità, una furia, una voglia che non avevo mai provato prima. Ma mi sentii il vuoto, come se non avessi avuto nulla da quella ragazza tra le mie braccia, solo aria, come se fosse già stata svuotata. Senza il consenso dei miei amici, iniziai a mordere, prima una e poi l'altra, le due ragazze che erano per loro. Le avevo uccise, tutte e tre, le avevo completamente prosciugate, eppure la sensazione, al posto di migliorare, peggiorò soltanto. Andammo avanti così per altri due giorni. Mi sentivo sempre peggio e anche gli altri si erano accorti che c'era qualcosa che non andava.
"Sarà la tua ventunesima vittima questa, nel giro di tre giorni! Si può sapere che ti è preso?"
Mi chiese furioso John, non tanto perché avevo ucciso delle ragazze, ma per il fatto che più volte li avevo lasciati a secco e perché ho rischiato di farmi beccare.
"Ragazzi, non lo so. Mi sembra di impazzire."
Dissi sedendomi sulla mia poltrona e tenendo la testa fra le mani, mi sentivo sempre peggio, non ce la stavo facendo più.
"Okay, Ben. Ascoltami, ora dovrai rispondere ad alcune mie domande, te la senti?"
Mi chiese dolcemente Michael. Mi limitati ad annuire.
"Allora, da quando ti senti così?"
Mi chiese.
"Dalla sera di quattro giorni fa."
Risposi mantenendo lo sguardo verso il pavimento. Immagini di lei annebbiarono ancora la mia mente.
"Okay, spiegami cos'hai provato dal primo istante fino ad ora."
Mi istruì.
"Ho sentito come una leggera fitta al petto, un formicolio per tutto il corpo. Ho iniziato a sentirmi strano, stanco, arrabbiato, deluso, triste, malinconico, provavo odio nei miei confronti, mi sentivo come vuoto, come a metà, come se avessi perso qualcosa di davvero importante. Avevo iniziato a prendermela con gli oggetti presenti nella mia stanza, ma la situazione non era cambiata. Non ho fatto altro che piangere, a vostra insaputa, in questi giorni, a cominciare da quella sera. Più bevo sangue umano, più mi sembra di non ingerire nulla, come se quella che succhiassi fosse solo aria. Tutto ciò aumenta di giorno in giorno. Non ce la faccio più."
Li confidai. Mi sentii leggermente meglio, come se mi fossi tolto un peso.
"Bene, rispondi a quest'ultima domanda, riflettici bene, è importante."
Mi avvertì Michael. Fu allora che alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
"In questi giorni, hai pensato che la tua esistenza fosse inutile, che continuare a stare su questa terra fosse sbagliato, perché ti manca qualcosa e ciò ti ha portato a pensare di ucciderti una volta per tutte?"
Mi chiese serio. Aveva centrato in pieno il bersaglio.
"Sì."
Dissi flebilmente. Le mie parole furono accompagnate da delle innumerevoli lacrime. Tutto ciò, scioccò visibilmente i miei amici che se ne stavano lì, a guardarmi.
"Venite tutti con me, soprattutto tu, Ben."
Ci ordinò Michael.
Ci aveva condotti nella cella, dove risiedeva ancora il corpo di lei.
"Ben, ascoltami bene, ora dovrai estrarre il pugnale e dirmi esattamente cosa proverai l'attimo dopo."
Mi istruì con tono fermo, deciso e concentrato. Anuii nuovamente. Mi avvicinai a quel corpo senza vita, una sensazione di dolore mi colpì dritto il petto, per poco non caddi a terra.
"Avanti Benjamin."
Mi incoraggiò Lucy. Presi il pugnale fra le mani e lo estrassi. Una nuova sensazione mi pervase. Speranza, ecco cos'era.
"Come ti senti?"
Mi chiese Michael scrutandomi attentamente insieme agli altri.
"Sento il petto più leggero e, non so perché, ma spero che si risvegli."
Dissi guardando il corpo della ragazza.
"Andiamo di sopra. Appena si sveglierà, vi spiegherò tutto."
Ci comunicò Michael, mentre si dileguava verso il piano di sopra.
"Michael, è da almeno un'ora e mezza che le ho tolto il pugnale, perché ancora non si è svegliata? Abbiamo lasciato la cella aperta, perciò verrebbe qui, se solo si svegliasse."
Mi lamentai seduto sulla mia poltrona.
"Sta calmo, ha bisogno di tempo, vedrai che si sveglierà."
Mi rassicurò. Stavo per buttare un urlo per la frustrazione, quando le mie narici si riempirono di un profumo, per me, inebriante, familiare. Era il suo. Sentimmo tutti come una nuova presenza, sentimmo un respiro affannato, così ci voltammo verso la fonte. Tutte le sensazioni che avevo provato in quei giorni, in quell'esatto istante, svanirono, sentii solo come una sensazione di gioia incontenibile.
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