Capitolo 18
Lui
Mi svegliai con un profumo di fragole e menta che mi riempiva le narici. Sentivo qualcosa di delicato sul viso e, al contempo, fastidioso, dato che mi provocava un leggero prurito. Scossi il viso per liberarmi di quel fastidio e poi aprii gli occhi. Era ancora lì, mi stringeva fra le sue braccia ed era come se non volesse lasciarmi andare. Sorrisi. C'era riuscita di nuovo, aveva di nuovo riacceso le mie emozioni, i miei sentimenti. Se ne stava lì, a stringermi come se fossi il suo peluche preferito, le palpebre chiuse, respiro e battito regolari, capelli sparsi un po' sul cuscino e un po' ricaduti lungo la spalla, sembrava così in pace, come se fosse tornata bambina. Sospirai, per poi richiudere gli occhi e stringerla più forte, come se potesse andarsene da un momento all'altro... di nuovo.
Sentii qualcosa di morbido accarezzarmi dolcemente il viso, feci un respiro profondo e mugugnai in apprezzamento, per poi aprire gli occhi. Era lì che mi guardava, mi scrutava, come se cercasse qualcosa nel mio viso... nei miei occhi. Mi accarezzava la guancia, il mento, le labbra, i capelli, il braccio attorno alla sua vita. Era delicata, dolce, premurosa nei movimenti. La cosa che mi destabilizzava era il fatto che il suo viso era totalmente inespressivo... Ah, già. I miei sentimenti e le mie emozioni erano tornate, ma le sue no... Il suo interruttore era ancora spento. Sospirai abbassando lo sguardo avvilito.
"Che hai?"
Mi chiese cercando il mio sguardo.
"Nulla."
Dissi lasciando il suo corpo e posizionandomi a pancia in su, con la sua mano lasciata adagiare sul mio petto.
"Sei avvilito... Cosa c'è che non va?"
Mi chiese poggiandosi sul gomito e mantenendosi la testa con una mano, mentre l'altra faceva su e giù, dal mio petto al mio addome e viceversa.
"Nulla, davvero."
Negai ancora. La sentii sbuffare.
"Non puoi mentirmi, lo sai."
Mi ricordò. Sbuffai a mia volta.
"Non mi va di parlarne."
Cercai di chiudere lì il discorso.
"Perché vuoi che io parli con te, ma tu non vuoi fare altrettanto con me?"
Mi chiese.
"Non puoi aspettarti che gli altri facciano quello che faresti tu."
Le dissi freddamente, come per farle imparare una lezione di vita. La sentii sospirare, per poi sentirla muoversi sul letto e ritrovarmela a cavalcioni su di me. Rimasi piuttosto sorpreso e confuso da quella sua azione.
"Che fai?"
Le chiesi. Lei riprese ad accarezzarmi, il viso, i capelli, il collo, le spalle, le braccia, il petto, l'addome, fino ad arrivare a far combaciare le nostre mani ed intrecciarne le dita.
"Io e te siamo un'unica cosa..."
Disse quasi in un sussurro, come se lo stesse dicendo più a se stessa che a me, mentre manteneva incatenati i suoi occhi ai miei. Fece un mezzo sorriso, il suo sguardo si addolcì. Sentii come una morsa allo stomaco e una stretta al cuore. Un senso di malinconia, paura, dolore, tristezza, mi pervase. Improvvisamente sentii come l'impulso di stringerla a me, baciarla, renderla mia, come se quello fosse l'ultimo momento insieme. Capii che c'era qualcosa che non andava, lei stava pensando qualcosa... stava provando qualcosa.
"Lo sai che non ti lascerò andare, vero?"
Dissi lasciando le sue mani e mettendomi dritto con la schiena, per poi avvicinarla di più a me.
"Lo sai che non ti permetterò di lasciarmi di nuovo, vero?"
Dissi ancora, tenendo lo sguardo fisso sulle sue labbra, per poi spostarlo ai suoi occhi.
"Lo sai che ho capito che senza te non posso stare?"
Dissi ancora. Era vero, io e lei non ci conoscevamo, in fondo, ma avevamo l'eternità per scoprirci, io in quel momento volevo solo avere la certezza che non le venisse in mente di abbandonarmi, di fare una qualche pazzia. Una lacrima rigò il suo viso e prontamente gliel'asciugai.
"Io ho bisogno di te, come tu hai bisogno di me."
Dissi ancora. Lei rise amaramente.
"Solo per la storia dell'asservimento, quello che proviamo non è reale."
Parole che mi ferirono come lame impregnate di verbena, quella pianta che, se entrava in contatto con noi vampiri, ci procurava ustioni e tanto dolore, un po' come se ci esponessimo ai raggi solari senza le nostre pietre. Cercai di non demordere.
"Siamo noi a decidere cosa sia reale o meno... Tu davvero credi che non sia reale?"
Le chiesi.
"Io... Non lo so... So solo che tutto questo mi spaventa, mi fa paura... Quello che provo è qualcosa che non riesco a controllare."
Disse mentre altre lacrime iniziarono a scendere copiose lungo le sue rosee guance.
"Credimi, so bene cosa provi..."
Dissi con un mezzo sorriso.
"Credi che a me tutto ciò non spaventi? Ho passato 164 anni senza provare nulla, niente, zero, fino a quel nostro primo incontro di otto anni fa. Ho passato questi ultimi anni, da allora, a cercare di sopprimerli nuovamente, o, per lo meno, a contenerli, a gestirli, ma quando ti ho rincontrata, ti ho trasformata, i miei sforzi sono risultati vani. Tu mi hai sconvolto l'esistenza e, davvero, devi credermi, non so proprio dove sto trovando il coraggio di dirti tutte queste cose e non so nemmeno perché te le sto dicendo. L'unica cosa che so, è che, quello che ti sto dicendo, è ciò che provo."
Dissi mantenendo il suo sguardo. Lei era lì, sopra di me, nel più totale silenzio.
"Scusa, ho bisogno di stare un po' sola... Vado a fare un giro."
Disse allontanandosi da me, mettendosi le prime cose che trovò, sotto il mio sguardo che seguiva ogni suo movimento, anche il più piccolo, per poi uscire da quella stanza, lasciandomi da solo, su quel letto. Mi buttai a peso morto emettendo un rumoroso sospiro. C'era qualcosa che non andava. Sentivo che in Aurora c'era qualcosa che non andava... E anche in me. Fu in quel momento che mi venne spontaneo chiedermi una cosa. Lei aveva riacceso i miei sentimenti, le mie emozioni, quindi anche i miei sensi di colpa, il mio dolore, allora perché non provavo nulla di spiacevole? Tralasciando la mia preoccupazione per Aurora, perché mi sentivo bene? Perché mi sentivo come se non avessi mai fatto del male nemmeno ad una mosca? Perché non provavo dolore, sensi di colpa, mancanze, rimpianti, rimorsi, tristezza, voglia di farla finita? Frasi dette da Aurora la notte prima mi ritornarono alla mente, come se in esse avrei trovato le risposte alle mie numerose domande... E infatti fu così.
"... Ora non ho bisogno che tu mi salvi. Lascia che sia io a proteggerti adesso."
"Non sei solo, saremo in due. Ti aiuterò io a sopportare tutto."
"Ricordi? Io e te siamo un'unica cosa."
Non poteva essere vero... Non potevo crederci... Non poteva essere una cosa plausibile... Non poteva averlo fatto davvero... Dovevo trovarla immediatamente.
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