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Capitolo 11

Lei
Fino a qualche giorno prima, ero una ragazza come tante, piena di sogni, speranze, voglia di vivere la vita fino in fondo. Niente rimorsi, niente rimpianti, solo cogliere ogni occasione che mi si presentava. Volevo godermi ogni giorno come studentessa del liceo, ero all'ultimo anno, avrei preso il diploma finalmente e quegli anni sarebbero diventati un ricordo, uno dei più belli. Non ero la ragazza più popolare, ma nemmeno una sfigata, diciamo più una via di mezzo, ero una ragazza comunque molto apprezzata. Come tutte le ragazze della mia età, anch'io avevo un sogno, un sogno che ero a un passo dal realizzare. Desideravo diventare una ballerina, sia di danza classica che di danza moderna. Non era solo uno sport per me, era tutta la mia vita, era la mia passione, sapevo di essere nata per ballare. La mia vita non era stata molto facile, avevo vissuto dalla mia nascita fino ai miei 14 anni in un orfanotrofio, in attesa che colui che mi adottò compiesse la maggiore età. Ma non potevo lamentarmi della mia vita, in fondo mi piaceva. Avevo qualcuno che si prendeva davvero cura di me, avevo un ragazzo meraviglioso, un'amica fantastica ed ero riuscita ad ottenere un incontro con una accademia di ballo, stava andando tutto come avevo sempre desiderato, credevo che il destino fosse dalla mia parte, ma, a quanto pare, mi sbagliavo di grosso. Capii che il destino ce l'aveva con me quella sera, quando mi mandò colui che mi avrebbe portato via tutto, compresa la mia vita. Da allora tutto era cambiato, tutto amplificato, poi c'era la storia dell'asservimento a questo ragazzo, colui che mi aveva resa vampira. L'asservimento era la parte peggiore di tutto. Era come se io e lui fossimo una persona sola, come se io fossi costretta ad esaudire ogni suo bisogno o desiderio, di qualsiasi tipo, come se, in un certo senso, ci fosse una forza invisibile che mi diceva di amarlo. Ma, seriamente, come avrei potuto amarlo? L'unica cosa che provavo nei suoi confronti era odio. Comunque oramai avevo preso la mia decisione, ero andata via, e non sarei tornata indietro fino a quando non avrei portato a termine quello che mi ero prestabilita. Spegnere le mie emozioni.
"Signorina, vuole qualcosa da bere?"
Alzai lo sguardo e vidi una ragazza sui 25 anni, credo, che mi sorrideva cordialmente. Era una hostess, sì, ero su un aereo diretto a Londra. Avevo pensato che sarebbe stata una buona idea andare in quei posti che desideravo vedere. Era vero, avrei visitato i posti che avevo sempre voluto visitare prima di morire, ma lo stavo facendo sia perché dovevo allontanarmi dalla mia città, sia perché avevo come la sensazione di doverlo fare.
"Signorina?"
Mi richiamò la ragazza.
"Può venire un attimo con me?"
Le chiesi gentilmente alzandomi. La ragazza, un po' confusa, acconsentì a seguirmi. La portai lontana da occhi indiscreti e la soggiogai.
"Non urlare, non ti farò del male."
Dissi spostando il foular che aveva annodato al collo, per poi conficcare i miei canini nella sua giugulare. Il sapore non era male, ma non aveva niente a che fare con il suo. Mi staccai dopo poco e la costrinsi a dimenticare ciò che era successo, così da tornare al mio posto.
Feci un respiro profondo. Ero andata via da qualche ora e già sentivo la sua mancanza. Dovevo smetterla di pensare a lui, la cosa mi faceva solo sentire male. Decisi di provare a dormire un po', magari mi avrebbe fatto bene.

"Aurora, ti va di fare un gioco?"
Mi chiese.
"Che gioco?"
Le chiesi sorridendole.
"Un gioco molto divertente, ti piacerà."
Disse porgendomi la mano che accettai allegramente. Mi portò in una stanza, c'era un letto, un armadio, era molto semplice, la cosa che mi incuriosì fu la presenza di un uomo, seduto su quel letto.
"Per fare questo gioco bisogna essere o in due o in tre e, siccome ora ho alcune cose da fare, questo mio amico si è offerto gentilmente di giocare con te al posto mio."
Mi spiegò prendendomi in braccio.
"Siiiii, grazie."
Dissi entusiasta mantenendo il mio sorriso. La donna mi portò vicino a quest'uomo che si alzò per ricevermi tra le sue braccia.
"Sei davvero una bellissima bambina, lo sai?"
Quella voce, era così profonda e cupa, a chiunque altro avrebbe messo paura, ma a me... A me donava uno strano senso di sicurezza.
"Perché non cominciate a giocare voi due, eh? Io arrivo fra poco."
Disse la donna accarezzandomi la nuca, per poi uscire dalla stanza, lasciandomi con quell'uomo. Ricordo che aveva due occhi di un azzurro chiaro, quasi come quello del cielo quando è sbiadito dalle nuvole, come il ghiaccio, come se fossero quasi trasparenti. A chiunque avrebbero fatto paura, ma a me no, a me piacevano. Quando si risedette, mi fece sistemare a cavalcioni sulle sue gambe ed iniziò ad accarezzarmi il viso, poi i capelli, e non faceva altro che ripetermi quanto fossi bella. Ad un certo punto diventò tutto buio e l'ultima cosa che sentii fu un mio urlo di intenso dolore.

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