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Capitolo 1

Lui
Avevo appetito. Era tutto il giorno che vagavo in cerca di qualcosa che mi attirasse, ma nulla. Sono sempre stato un tipo molto esigente, ma nell'ultimo periodo lo ero diventato particolarmente. Tutto ciò fu a causa di una ragazza che vidi, per caso, durante la mia passeggiata mattutina in città. Era molto invitante, in tutti i sensi. Il suo odore, il suo sangue, mi erano entrati nella testa e la mia gola voleva essere dissetata solo dal sapore del suo sangue. E perché non accontentarla?
Ero lì, fuori dalla sua finestra, aspettavo il momento giusto.
Un morso. Sarebbe bastato quello per condurla alla morte e per soddisfare a pieno la mia sete.
Era lì che parlava al telefono con una sua amica, sembrava così felice. Stava per chiudere la finestra, ma riuscii ad entrare in tempo.
"Sono solo un po' stanca."
Disse passandosi una mano sul collo. Aveva spostato i capelli di lato, mettendo in mostra il suo invitante collo, come se sapesse cosa sarebbe accaduto di lì a poco.
"Okay, a domani."
La sentii dire per mettere fine alla conversazione. Finalmente.
"Buona sera."
La salutai appoggiato allo stipite della porta. Lei si voltò confusa verso di me.
"E tu chi saresti?"
Mi chiese con un velo di timore nel tono.
"Il tuo peggior incubo."
Dissi con un sorrisetto. Fu un attimo. Mi ritrovai a prosciugarla totalmente della sua linfa vitale. Era qualcosa di indescrivibile, sapevo che quel sapore mi sarebbe mancato una volta morta.
Portai il suo corpo a casa mia, o meglio, a casa mia e di altri quattro vampiri.
"Lei chi è?"
Mi chiese Lucy appena feci il mio ingresso in casa con, fra le braccia, il suo corpo in fin di vita. C'era da ammettere che la ragazza era una attaccata alla vita. L'avevo morsa in più punti, eppure era ancora viva.
"Nessuno. Chiama gli altri e venite di sotto."
Dissi portandola nella cella che tenevamo accanto alla cantina.
"Come mai ci hai fatti chiamare? Che succede?"
Mi chiese Michael facendo il suo ingresso nella cella, seguito dagli altri. Mi allontanai per mostrarli il corpo della ragazza.
"È morta?"
Mi chiese John.
"No... Almeno non ancora."
Dissi rigirando tra le mani un pugnale.
"Perché non la trasformi?"
Mi chiese Lucy.
"C'avevo pensato, infatti le avevo fatto bere un po' del mio sangue, ma sono giunto alla conclusione che non ci è di alcuna utilità."
Dissi.
"Quindi che vuoi farne?"
Mi chiese Emily.
"Pensavo di colpirla con questo e tenerla qui, in previsione del futuro."
Dissi mostrandoli il pugnale.
"Ti conviene fare in fretta allora."
Mi fece notare John. La ragazza stava riprendendo colore e le ferite causate dai miei innumerevoli morsi si stavano rimarginando. Con un colpo secco le piantai il pugnale nel cuore. In quel preciso istante sentii come una leggera fitta al petto e un formicolio pervase tutto il mio corpo. La ragazza perse nuovamente colore, rendendo la sua pelle come putrefatta.
Eravamo al piano di sopra a parlare, ridere e scherzare, anche se in realtà io ero del tutto assente mentalmente. Mi sentivo strano, stranamente afflitto, avvilito, malinconico, triste, solo.
"Scusate ragazzi, io me ne vado in camera."
Dissi alzandomi dalla mia poltrona, per dirigermi nella mia stanza. Mi buttai a peso morto sul letto. Ero stanco, mi sentivo pesante, non capivo che cosa mi stasse succedendo. Senza che me ne rendessi conto, delle lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guance. Mi affrettai ad asciugarle incredulo. Erano almeno cento anni, se non di più, che non piangevo. Improvvisamente sentii come una scarica piena di rabbia, frustrazione, delusione, odio, pervadermi, a tal punto da iniziare a buttare le cose per aria e a scaraventarle contro i muri, per poi ributtarmi sul letto, sfinito, senza neanche un briciolo di forza in corpo. Ero a pezzi, non capivo davvero il perché. Chiusi gli occhi per cercare di ritornare in me, ma la situazione peggiorò soltanto. Immagini di quella ragazza iniziarono ad offuscare la mia mente, la mia vista, i miei sensi. Che il mio fosse senso di colpa? Impossibile, non provavo più quel genere di cose da tempo ormai. In realtà, non provavo più nulla, ma quella sera fu come se le mie emozioni, represse da anni, volessero fuoriuscire, cosa che non avrei mai permesso, per nessuna ragione al mondo.

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