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Tempesta

Il mattino seguente la giovane poiana stava molto meglio. Forse anche troppo: all'alba aveva iniziato ad emettere quei suoi strani versi acuti, agitandosi e svolazzando intorno al tavolo in cerca di libertà. Canticchiò allegramente per almeno mezz'ora senza mai fermarsi, e Queenie fu costretta a svegliarsi. Aprì gli occhi e solo allora si rese conto di essersi addormentata sul divano. In effetti, quando cercò di muoversi si scoprì intorpidita e dolorante. Come si dice, il buongiorno si vede dal mattino. Se non altro, il suo sonno era stato profondo e tranquillo. I suoi fantasmi avevano deciso di lasciarla in pace per un po'. Difficilmente le sarebbe ricapitato. Si stiracchiò e sbadigliò, stropicciandosi gli occhi. Avrebbe gradito qualche ora di sonno in più. Lanciò un'occhiata al suo letto, si intravedeva appena dietro la porta semiaperta. Per un attimo l'idea di tornare a dormire non le sembrò poi tanto terribile. Ma l'uccello lanciò un altro grido stridulo e saltò sul tavolo, agitando freneticamente le ali per attirare l'attenzione della strega, e Queenie abbandonò ogni speranza. Si trascinò fino al tavolo della cucina e si sedette. Appoggiò i gomiti sul tavolo e prese a fissare negli occhi l'uccello, che smise di urlare e sostenne il suo sguardo, ergendosi in quel suo portamento fiero.
-Hai deciso di non farmi riposare?- disse lei.
La poiana strillò di nuovo.
-Proprio non ti piaccio, eh? Be', pazienza...- continuò Queenie. -è Newt quello bravo con gli animali, ma a quanto pare dovrai accontentarti-.
La poiana piegò la testa di lato, poi fece due salti sul posto e spiccò il volo. Si fiondò contro la finestra, ma era chiusa e finì per schiantarsi contro il vetro. Cadde rovinosamente a terra, ma il momento dopo era già in piedi, e osservava incuriosita la finestra. Sembrava studiarla in cerca una via di fuga.
-Ah, sei ostinata!- notò Queenie. -Non mi sorprende che Teenie abbia scelto proprio te. In un certo senso me la ricordi... ma ti prego, non fare tutto questo rumore, sveglierai la signora Esposito!
Il rapace non la degnò nemmeno di un'occhiata. Si limitò a gridare per l'ennesima volta, e Queenie represse a stento l'impulso di sbattere la testa contro il muro per la frustrazione.
-D'accordo, d'accordo, sei anche irrequieta- sbottò. -be', non so nemmeno perché sto parlando con te, ma suppongo che dovrei trovarti un nome...
Con un colpo d'ala l'uccello saltò su un mobile vicino e fece cadere il vaso in bilico sulla superficie di legno.
-Ma sei un uragano! No, una tempesta. Orage, è così che ti chiamerò!- decise la strega.
-Sembra quasi che riescano a capire, non è così?- commentò una voce alle sue spalle. -Gli animali. È incredibile...
-Newt! Buon Lewis, come fai ad essere sempre così silenzioso?- trasalì Queenie, riconoscendo la voce del Magizoologo senza nemmeno voltarsi.
-Anni di pratica...- rispose lui. -vedo che hai fatto amicizia con la nostra ospite!
-In realtà non credo di piacerle
-Secondo me sì
-Sei tu l'esperto, mi fido di te...
Orage emise un verso più basso, come per dire la sua.
-Visto?- disse Newt. -Ti adora! Orage, giusto?
-Mi sembrava appropriato. Significa tempesta- annuì Queenie. -in francese. Cosa ti preparo per colazione?
-Del tè sarebbe magnifico, grazie.- rispose Newt. Senza aspettare un secondo di più aprì la valigia e scese i primi gradini della scala. -Nel frattempo prendo qualcosa per la nostra amica.
-E per te, Teen? Il solito caffè?- domandò la Legilimens, prima di rendersi conto che la sua domanda non avrebbe mai ricevuto una risposta. Sarebbe mai riuscita ad abituarsi all'assenza di Tina? Un silenzio tombale piombò su di lei, ed ebbe la terribile sensazione di esserne schiacciata. Avrebbe mai più preparato quel caffè mattutino per sua sorella? Sospirò e strinse forte le labbra, si voltò e riscaldò l'acqua per il tè. Certo, i suoi infusi non erano nemmeno lontanamente come quelli inglesi, ma da quando aveva conosciuto Newt aveva deciso di dimostrargli che anche un'americana può preparare un buon tè. Era diventata ormai una sfida per lei, e ogni giorno sperimentava nuove tecniche e combinazioni nel tentativo di migliorarsi sempre di più. Quella mattina ci mise tutta se stessa. Cos'altro poteva fare? Non aveva intenzione di continuare a piangersi addosso. Newt tornò con due carcasse di piccoli uccelli, e Queenie non riuscì a trattenere un verso di disgusto. Quasi rovesciò il tè. Agitò la mano per allontanare quell'odore dolciastro di carne in putrefazione e si affrettò ad aprire un mobile. Afferrò al volo una boccetta di profumo e spruzzò il liquido almeno una ventina di volte prima di poter parlare.
-E quelle da dove vengono?- disse con gli occhi spalancati.
-Questi poveri malcapitati erano stati investiti da un'automobile- spiegò il Magizoologo -così ho pensato di metterli in valigia. Ho alcune Creature che li prediligono...
-Compresa la poiana?
-Compresa la poiana.
Newt si piegò molto lentamente e prese dalla valigia un guanto di pelle molto più grande della sua mano. Lo indossò e poi sollevò con cautela una carcassa.
-Orage!- chiamò, ruotando velocemente il polso.
Fischiò una volta e l'uccello si voltò, ma non si mosse. Si limitò ad osservare freddamente la carcassa e a fischiare a sua volta con aria di superiorità. Newt fischiò di nuovo, ma Orage non si mosse. Sembrava quasi indignata. Terzo fischio, niente.
-Lo so che non ti fidi, e hai perfettamente ragione,- mormorò Newt, -gli umani sono esseri crudeli ed egoisti, ma noi vogliamo solo aiutarti. Non aver paura-.
Al quarto fischio la poiana si arrese e con un balzo spiccò il volo, si appoggiò sul braccio di Newt e affondò gli artigli nel guanto.
-Brava, così!- sorrise Newt, mentre il rapace affondava il becco nella carcassa e la divorava con gusto. Queenie si tenne a debita distanza, intimorita e disgustata.
-Cosa faremo di lei?- chiese, distogliendo velocemente lo sguardo da quello che rimaneva della colazione di Orage.
-Credo che la cosa più giusta sia liberarla
-Mi mancherà questa piccola monella, ma credo che tu abbia ragione. Oggi la pasticceria è chiusa, andrò a Central Park e la libererò
-Vuoi che venga con te?
-Credo di poterla tenere a bada da sola
Newt si abbassò per appoggiare il rapace a terra e si sfilò il guanto.
-Allora avrai bisogno di questo- disse porgendo il guanto a Queenie.
Lei lo osservò per un attimo rigirandoselo tra le mani, poi lo appoggiò vicino al cappotto per non dimenticarlo. Ringraziò Newt e, ignorando gli strilli di Orage, gli allungò la tazza di tè. Lui ne bevve un sorso e annuì.
-Oggi ti sei proprio superata, Queenie!- si complimentò. -Davvero niente male per essere un'americana!
-Ammettilo, tu non riusciresti a fare di meglio!- disse fieramente Queenie mentre indossava il cappotto.
-Neanche per sogno. Dove vai?
-A Central Park
-Non mangi niente?
Queenie non aveva per niente fame, ma aveva bisogno di energie. Aprì la credenza e prese un pacco di biscotti, ne ingoiò tre controvoglia e poi raggiunse di nuovo l'uscita. Indossò il guanto e lo agitò come aveva visto fare a Newt, poi fischiò due volte e subito sentì il peso di Orage che le si posava sul braccio.
-Non smaterializzarti e non accarezzarla!- si raccomandò Newt.
Queenie annuì guardando la poiana, che le restituì lo sguardo fischiando piano
-A dopo!- salutò prima di chiudersi la porta alle spalle.

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