La strada del silenzio
Queenie non impiegò molto a capire che qualcosa turbava Newt, era tanto evidente che non dovette nemmeno ricorrere al suo potere. Bastava vedere i suoi occhi persi nel vuoto, pensierosi, i suoi movimenti distratti...
-Ehi, Newt- lo chiamò.
-Sì?- Newt si riscosse e si voltò in direzione di Queenie, ma i pensieri che affollavano la sua mente non si dissiparono, non del tutto.
-Qualcosa ti turba. Ne vuoi parlare?- chiese lei senza troppi giri di parole.
Newt esitò per un attimo, poi si alzò senza una parola e prese la copia del New York Ghost che aveva abbandonato sulla scrivania. La allungò a Queenie, che sbiancò immediatamente. Rilesse il titolo più e più volte, sperando di averlo in qualche modo interpretato male, ma più guardava quelle parole, più la paura si faceva strada in lei.
-È tornato...- mormorò, incredula. -è... tornato!-
Lasciò cadere il giornale a terra, e Jacob lo raccolse. Anche lui lesse l'articolo in prima pagina, e rimase, se possibile, ancora più sconvolto, in particolare quando lesse il luogo dell'attacco. Blackpool.
Blackpool! Il suo sguardo saettò dal giornale a Tina, il cui volto non tradiva alcuna espressione, solo una totale indifferenza.
-Noi due dobbiamo parlare- le disse. Per un attimo un'ombra attraversò lo sguardo di Tina, ma lei annuì e seguì Jacob in un angolo appartato, fingendosi sorpresa.
-Cosa diavolo hai in mente?- le domandò, incrociando le braccia.
-Scusami?- replicò lei, evitando il suo sguardo.
-Tu lo sapevi! Sapevi dell'attacco, perché non ha detto nulla?- insistette Jacob.
-Non so di cosa tu stia parlando- dichiarò Tina, sulla difensiva.
-Delle persone sono morte!- Jacob era incredulo. -Avresti potuto salvarle, ma non l'hai fatto! Perché?-
-Jacob, credo proprio che tu abbia bisogno di riposare, stai delirando. Come potevo saperlo? Quello che dici è semplicemente assurdo!-
Inutile dire che, per quanto Jacob insistesse, Tina non si lasciò sfuggire nemmeno una parola e lui, esasperato, fu costretto ad arrendersi.
-D'accordo... ma ne riparleremo, puoi starne certa.
Nei giorni successivi Tina riacquistò poco a poco la fiducia del MACUSA. Era bastato qualche articolo sul giornale che ingigantisse l'atto già di per sé eroico che aveva compiuto a cancellare quasi tutti i sospetti della gente e a restituirle una reputazione più che buona. Dopotutto, la sua vita si riduceva a quello: eroina un giorno, l'ultima delle criminali quello dopo. Era come camminare eternamente su un filo. Era sempre stato così, e così sarebbe sempre stato. Nessuno avrebbe mai conosciuto la vera Tina, soprattutto non attraverso un giornale, sebbene il suo volto, per un motivo o per un altro, osservasse spesso i lettori dalla prima pagina. Forse perché lei non era un'eroina, né una criminale, o forse perché, in realtà, la vera Tina Goldstein non esisteva affatto, o meglio, non ne esisteva una sola, perché quella ragazza poteva essere tante cose diverse, anche opposte, contemporaneamente. Come se la sua anima fosse formata da innumerevoli sfaccettature.
Erano in pochi a capire e ad accettare questa sua caratteristica, ma di certo Philip Weiss lo aveva fatto. Si fidava di lei, e non perché, come molti, era stato influenzato dai giornali, ma perché aveva riconosciuto il suo potenziale. Ecco perché, quando ebbe bisogno di qualcuno che lo aiutasse nella sua campagna elettorale, non esitò a scegliere la giovane Auror. Lei fu lieta di potersi rendere utile, e si dedicò alla promozione del collega con tutta se stessa. Lo aiutò a preparare un discorso a dir poco brillante, cercò di convincere praticamente chiunque a votare per lui e preparò persino dei volantini, facendo del suo meglio perché apparissero quantomeno presentabili: era di vitale importanza per l'intera Comunità Magica americana che Weiss venisse eletto Presidente, era l'unico che avrebbe potuto impedire la caduta del MACUSA.
Fortunatamente, Tina non era stata la sola a capirlo, e quando arrivò il giorno delle elezioni fu subito chiaro che Weiss avrebbe trionfato: essendo un discendente di Helmut Weiss, aveva il voto dei maghi più legati alla tradizione assicurato. Inoltre, con la scomparsa di Abernathy l'altro candidato aveva perso ogni attrattiva anche agli occhi di chi era dalla sua parte, senza menzionare il fatto che Tina era sicura di aver indirizzato un certo numero di persone verso la scelta giusta.
Esattamente come previsto, infatti, Philip Weiss vinse le elezioni. Appena la notizia giunse a Tina, l'Auror si sentì come sollevata da un peso enorme. Finalmente tutto volgeva al meglio, la sua vita era di nuovo perfetta. Avrebbe potuto esserlo, si corresse. Quasi le dispiaceva lasciare tutto per il suo piano, ma doveva farlo, non c'erano alternative. Almeno adesso aveva l'assoluta certezza che il MACUSA sarebbe stato in buone mani.
Quella notte, Tina continuava a rigirarsi sotto le pesanti coperte del suo letto, ma non riusciva in nessun modo ad addormentarsi. Aveva paura di quello che a breve avrebbe fatto. Molto probabilmente avrebbe fallito, non voleva farlo, ma ogni volta che il pensiero di rinunciare a tutto la sfiorava, immediatamente si sentiva una nullità, e odiava quella sensazione. Passò la mano sul morbido cuscino, e si stupì di trovarlo umido: aveva pianto. In quel momento non le era concesso essere debole, non poteva piangere, non doveva assolutamente farlo, così si costrinse a smettere. Si asciugò le lacrime che ancora le bagnavano le guance e affondò la testa nel cuscino. "È più facile leggere chi soffre", pensò, e Queenie non doveva assolutamente conoscere i suoi pensieri. "È più facile leggere chi soffre", continuò a ripetersi, i denti stretti nello sforzo di tenere la sua mente chiusa. Presto, però, quella frase non diventò altro che una cantilena priva di senso e Tina, sfinita, lasciò andare i suoi pensieri, sperando che Queenie dormisse.
Ma l'urlo inorridito di sua sorella giunse presto alle sue orecchie, e capì di non aver avuto fortuna. Era finita.
Si mise a sedere di scatto, volgendo lo sguardo a Queenie, che aveva gli occhi sbarrati e boccheggiava, incapace di parlare. Era scioccata.
-Queenie...- tentò di parlarle Tina, ma lei scosse violentemente il capo.
-No!- urlò, sull'orlo delle lacrime. -Non puoi farlo!-
-Queenie, ti prego...- la implorò Tina. -ascoltami, ti supplico, ascoltami!-
Queenie emise un altro grido strozzato e poi si calmò. Guardò Tina negli occhi, continuando a piangere in silenzio.
-So che sei preoccupata, ma devi fidarti di me. L'attacco di Blackpool è solo il primo di una lunga serie. Presto ti sposerai e avrai una famiglia, e io voglio solo che i Kowalski vivano una vita felice in un mondo migliore.
-Ma Tina, tu sei la mia famiglia! Non puoi farmi questo.
-Andrà tutto bene.
-È troppo pericoloso...
-Ce la farò, è una promessa, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me- mentre parlava, Tina si sedette ai piedi del letto di Queenie, guardandola seria, ma allo stesso tempo comprensiva. -non devi parlare a nessuno di questa storia, nemmeno a Jacob o a Newt. Nessuno. Credi di poter mantenere questo segreto?-
Queenie abbassò lo sguardo, ma non rispose.
-Ti prego, è davvero importante...- continuò Tina. -lo farai per me?-
La sorella minore rimase in silenzio. Non voleva che quell'incubo si realizzasse, aveva paura, ma doveva fidarsi di Tina. Annuì debolmente.
Maledetto il giorno in cui scelse la strada del silenzio: se avesse parlato, probabilmente non avrebbe mai perso sua sorella.
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