Madison
Ci sono dei momenti nella vita in cui credi davvero di essere a posto con il mondo, momenti in cui pensi che potrà solo andare tutto liscio, perchè di dolore ne hai già vissuto abbastanza, perchè hai scalato le tue montagne, sei scesa agli inferi e sei risalita di nuovo, da sola, senza l'aiuto di nessuno.
Ci sono momenti in cui anche se la testa ti dice di non fidarti, che il lupo non perde il vizio, ma il cuore urla di buttarti tra le onde e di cavalcare i sentimenti ad ogni costo, tu scegli di seguire il tuo maledetto cuore e ti fidi, ti abbandoni, smetti di riflettere e di pensare ed è li che arriva la bastonata in piena schiena, quando meno te lo aspetti, quando scopri il fianco, quando smetti di proteggerti.
Ero in piedi davanti alla porta aperta di casa di Jake, una donna mai vista si parava davanti a me, con lo sguardo puntato su di me e la bocca in una smorfia infastidita, mi guardava come se fossi un insetto, un parassita attaccato alla sua pelle, un essere schifoso da estirpare velocemente.
Una voce dentro di me ripeteva, sei solo un rimpiazzo, solo un gioco, mi ero rifiutata di ascoltarla fino a quel momento, ma adesso era evidente a chiunque che tra me e Jake, tra me e quel tipo di persone non sarebbe mai potuto esistere alcun legame.
Spalancai la porta dando fondo alle ultime riserve di dignità che mi erano rimaste, una cosa era certa, non mi sarei fatta affondare da nessuno di loro, nessuno avrebbe potuto piegarmi.
La mia testa dura era da sempre la mia salvezza davanti alle avversità della vita, davanti alle delusioni, davanti ai dispiaceri alle mancanze, alle sedie vuote.
Restai comunque nei paraggi, non mi sarei andata a nascondere come un topolino spaventato.
La donna alla porta avanzò con fare imperioso, come se fosse padrona in quella casa, come se avesse le sue ragioni nel guardarmi dall'alto in basso, infastidita dalla mia presenza.
"Ho dimenticato la borsa!" squittì in direzione di Jake, "ho preso tutto quello che serve ad Emily, ci vediamo più tardi, allora!"
Le ultime parole furono un pugno in pieno stomaco, insieme alla certezza che non avrebbe mai smesso di frequentare la sua ex moglie e le sue amicizie.
"A dopo!" rispose Jake mesto.
La donna si girò nuovamente verso di me squadrandomi ancora e lasciandomi definitivamente addosso una sensazione di disagio, come se fossi fuori posto, fuori luogo, fuori contesto.
Uscì.
Alzai i palmi delle mani in direzione di Jake come a dire: non parlarmi, non avvicinarti, scuotendo la testa mi diressi verso la camera da letto.
Afferrai in una manciata i mie abiti abbandonati sul pavimento, tutte le sensazioni negative che avevo cercato di ignorare urlavano a gran voce di scappare prima che le mie difese crollassero miseramente. Avevo solo voglia di piangere. L'avrei fatto, si, fino a non sentire più gli occhi sotto le palpebre gonfie, nascosta sotto il piumone nella mia stanza, però, di certo non davanti a lui.
Non venne in camera a vedere cosa stavo facendo, non mi avrebbe fermata pensai, mentre mi rivestivo e finivo di recuperare borsa e cappotto.
Gettai un ultimo sguardo alla camera e al letto ancora disfatto, c'erano i nostri corpi ancora incastrati, l'odore di noi insieme, la fusione del nostro essere, dei nostri cuori.
Una domanda salì alla mente, come faceva a fingere così bene? come faceva ad ingannare il mio cuore con tanta maestria? a portarmi ogni volta in paradiso e poi a lasciarmi cadere dall'alto, senza uccidermi veramente, ma condannandomi a soffrire per la sua mancanza?
Scesi al piano di sotto, Jake armeggiava in cucina come se nulla fosse accaduto, preparava sul tavolo la colazione per due, non alzò lo sguardo per incrociare il mio, sembrava cercare il coraggio di affrontarmi e io dal mio canto non trovavo il coraggio di affrontare il suo, di dirgli che me ne stavo andando e che forse non sarei mai tornata, che l'avevo capito che non eravamo fatti per stare insieme e che non mi sarei opposta agli eventi pur sapendo che quello che c'era stato tra di noi era perfetto, ma stava bene dove stava, non sarebbe mai diventato nulla di più.
Mi girò intorno, avvolgendomi nel suo profumo, lo annusai inspirandolo a fondo, forse per essere sicura che non l'avrei dimenticato.
Mi prese la borsa dalle mani e mi sfilò la giacca, volevo ribattere che non serviva a nulla, che non avrebbe cambiato la mia decisione, ma non ne ebbi la forza, i suoi gesti erano lenti e misurati, forse anche lui era arrivato alla stessa conclusione, non avevamo un futuro, lei sarebbe sempre stata tra di noi, ma sembrava voler procrastinare l'attimo in cui ci saremmo detti addio.
Mi versò un caffè bollente e mi porse la tazza spingendola verso di me. Prese un piatto e ci adagiò sopra due croissant appena sfornati, ancora caldi e fumanti, ma quando li aveva preparati?
Restai sorpresa da così tanta premura.
Mangiò senza dire una parola, senza alzare lo sguardo ed incrociare il mio, anche io cercavo di non guardarlo per paura di rompere l'incantesimo, sembrava di essere in un tempo sospeso, fatto di respiri, profumi e silenzi, un tempo tutto nostro.
Terminai quello che avevo nel piatto e mi accorsi di avere una fame da lupi, ero stanca e frastornata. Attesi un istante prima di prendere la parola:
"Jake, io, devo andare!" lasciai la frase sospesa, come se fosse una cosa temporanea e non una scelta definitiva, d'altra parte lui non aggiunse nulla e non ebbe bisogno di precisare se e quando ci saremmo rivisti.
Mi alzai prendendo borsa e cappotto appoggiati poco distante.
Ero già alla porta, con il cuore a pezzi, la gola stretta in una morsa dolorosa e le lacrime che pungevano negli occhi, quando la sua mano afferrò il mio braccio appena un attimo prima che potessi abbassare la maniglia.
"Ti prego non andare!"
Sentii il rumore indistinto del mio cuore che andava in mille pezzi e sentii le lacrime scendere copiose, non potevo più trattenerle. Scoppiai non riuscendo più a trattenermi.
"Che senso avrebbe restare, Jake, non siamo fatti per stare insieme, hai visto come mi guardava quella, non sarò mai all'altezza dei tuoi amici, della tua ex, sarò sempre quella da guardare dall'alto in basso, e io non lo sopporto."
"Non farti condizionare da quello che pensi di me e della mia ex, dei suoi amici o di quello che pensi di sapere sulla nostra storia, non è tutto rose e fiori credimi. Sono un branco di arricchiti che si credono di essere tutto loro e gli altri niente."
"Su una cosa siamo d'accordo, ma questo non cambia nulla, non siamo fatti per mostrarci al tuo mondo insieme. Non sopporto quegli sguardi, non sopporto il loro giudizio, non sanno un cazzo su di me, ho lavorato e combattuto per ogni singolo traguardo della mia vita, non hanno il diritto di sentirsi superiori solo perchè ancora appena nati avevano già tutto. Eppure mi trattano come se fossi meno e mi fanno sentire uno schifo."
"Tu vali molto più di tutte loro messe insieme, dammi una possibilità, Maddi, ti prego, io non sono così!"
L'ultima frase la pronunciò sulle mie labbra, ad un respiro dal mio, bloccando i battiti del mio cuore e i miei pensieri in un'istantanea di speranza e sogni.
La borsa cadde atterra, seguita dal cappotto e dal mio maglione.
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